Voto palese su Berlusconi, la Giunta ha deciso.

Il Corriere della Sera: “Il voto sarà palese, ma il governo resiste”, “La scelta della Giunta, l’ira di Berlusconi. E Alfano annuncia: daremo battaglia”.

A centro pagina si riprendono le rivelazioni della rivista Panorama: “’Il Papa e i tre cardinali che indagarono sul Corvo spiati dagli americani”.

 

La Repubblica: “Sì al voto palese, governo a rischio”, “L’ira di Berlusconi: democrazia violata. Alfano: battaglia in Parlamento”.

A centro pagina: “I Ligresti alla Cancellieri: ‘Fai uscire Giulia dal carcere”, “Nell’inchiesta di Torino le telefonate con il Guardasigilli che attivò il Dap: ‘L’ho fatto per ragioni umanitarie’”.

In prima un richiamo alla notizia dell’avviso di garanzia a Nichi Vendola, comunicato dai magistrati che indagano sull’Ilva.

 

La Stampa: “Berlusconi, niente voto segreto”, “Il Senato accelera sulla decadenza. Alfano: ora battaglia in Parlamento”.

Sotto la testata: “Napolitano alle banche: ‘Finanziate le imprese’” e le parole del ministro dell’Ecomia: “Saccomanni: ‘Sgravi graduali per la ripresa’”.

A centro pagina, con foto di Papa Francesco: “’Datagate, spiato anche il Papa’”, “La rivelazione di ‘Panorama’. Ma l’Nsa smentisce: notizie false”.

 

L’Unità: “Nessuno può salvarlo”, “La Giunta del Senato decide il voto palese sulla decadenza di Berlusconi. Il Cavaliere non riceve Alfano e minaccia: non resta che la crisi. Epifani: polemiche oltre il limite, la legge è uguale per tutti”.

A centro pagina, foto del Papa: “Bergoglio intercettato, ‘Non temo nulla’”.

In prima un richiamo per un reportage: “I dimenticati di Lampedusa”.

 

Il Fatto: “’Alitalia rischia il crac, biglietti non garantiti’”, “L’agenzia di viaggio olandese che serve la Commissione Ue sconsiglia di volare con la compagnia italiana: ‘Se fa bancarotta, non rimborsiamo’. Air France non si fida: pronta a sfilarsi dall’aumento di capitale per il salvataggio. Oggi il cda decisivo”.

A centro pagina: “Amato regalò 2 milioni alla figlia di Salvo Lima”, “Nel 2006, da ministro dell’Interno del governo Prodi, il futuro giudice costituzionale concesse un altissimo risarcimento all’erede del politico andreottiano colluso con Cosa Nostra, che lo fece assassinare nel marzo del 1992 come ‘traditore’. I parenti dei caduti in via dei Georgofili: ‘Cifra esorbitante, i morti non sono tutti uguali’”.

Poi su Berlusconi: “Decadenza B., voto palese. Ma la partita non è chiusa”.

 

Il Giornale: “porcata palese”, “Golpe contro la democrazia: in odio a Berlusconi, il Pdl fa abolire al Senato il voto segreto. Ora Alfano dovrà scegliere se stare col Cavaliere o con la sinistra”.

A centro pagina, un richiamo alla vicenda Ilva, dopo la richiesta di rinvio a giudizio per Nichi Vendola: “Il maestrino indagato”.

 

Libero, ancora sul voto palese deciso ieri sul caso Berlusconi: “Lo vogliono in galera”, “Altro che alleati”, “Pd e Scelta civica calpestano il regolamento e aboliscono il voto segreto: così il Senato può consegnare Berlusconi nelle mani dei pm. Cinica operazione che mette a rischio il governo. Sulla pelle degli italiani”.

A centro pagina, una vignetta di Benny ritrae il sindaco di Firenze seduto sul w.c.: “Il testamento di Renzi scritto sulla carta igienica”.

In taglio basso: “Concussione: Vendola indagato per l’Ilva”.

 

Il Sole 24 Ore: “Rischio instabilità sullo spread”, “Differenziale con il Bund sale fino a 250, massimo da 20 giorni, dopo la decisione su Berlusconi”. Nel sottotitolo: “A segno l’asta dei Btp con rendimenti in calo per i titoli a 5 e 10 anni”.

In taglio basso, le parole del capo dello Stato: “’Più credito alle imprese’”.

 

Giunta

 

Il Fatto ricorda in prima pagina che il voto della Giunta, che ha deciso per il voto palese sulla decadenza di Silvio Berlusconi ai sensi della legge Severino, non è definitivo. La Giunta per il regolamento non ha infatti modificato il Regolamento del Senato, ma ne ha interpretato due articoli , il 135 ter e tre commi del 113. La Giunta ha stabilito che il voto non riguarda la “persona” ma la composizione dell’assemblea. A coloro che sono contrari al voto palese resta – secondo il quotidiano – la possibilità di appellarsi ad una violazione della Costituzione, ovvero la retroattività della legge Severino, attravberso un ordine del giorno, se sottoscritto da venti firmatari. A questo punto tocca al Presidente Grasso decidere: può respingere l’Odg, tornare alla Giunta oppure far esprimere l’Aula sulla questione. Grasso dovrà anche convocare la conferenza dei capigruppo per inserire nel calendario dei lavori la votazione. Visto che l’Aula del Senato deve occuparsi del decreto sull’istruzione e della legge di Stabilità, fino a ieri si ava per scontato che sino al 22 novembre la questione non sarebbe arrivata in Aula. Oggi, scrive il quotidiano, “si comincia a cerchiare di rosso la settimana dal 12 al 15. A circondare Grasso, soprattutto”.

Anche Il Sole 24 Ore parla degli “spiragli”, seppur “minimi” che ci sono ancora perché prevalga il voto segreto. I 20 senatori possono chiedere lo scrutinio segreto “nel caso si debba tutelare la corretta applicazione di alcuni articoli della Costituzione: quelli che vanno dal 13 al 32 (eccetto il 23). Nel caso di Berlusconi, 20 senatori potrebbero invocare l’articolo 25, quello che prevede l’irretroattività della norma, cioé della Severino. Ma poi dovrà essere sempre il Presidente Grasso a decidere, consultando magari ancora una volta la Giunta, la cui maggioranza, però, è ormai schierata a favore della trasparenza”. Secondo il quotidiano il voto dell’Aula sulla decadenza ci sarà a metà novembre.

Luigi Zanda, capogruppo del Pd al Senato, in una intervista a La Repubblica, dice: “Chi avrebbe voluto trasformare il voto sulla decadenza in una grande tombola, adesso non potrà più farlo”.

 

Sulla prima pagina del Corriere, Antonio Polito scrive: “I sondaggi dicono che il popolo vuole trasparenza, e dunque voto palese. Ma insieme alla trasparenza dovremmo avere caro anche il valore della libertà del parlamentare, il quale non deve ubbidire a nessuno se non alla propria coscienza, specialmente quando si decide sulle persone. Il voto segreto in questi casi serve infatti a proteggere la sua libertà anche dalla disciplina o dalle imposizioni di partito. Che Grillo non lo capisca, passi: lui vorrebbe trasformare gli eletti del popolo in suoi dipendenti legati da un vincolo contrattuale. Ma la cosa paradossale è che gli altri hanno assecondato il voto palese proprio perché temevano che nel segreto dell’urna i 5 Stelle ciurlassero nel manico per salvare Berlusconi e dannare il Pd”.

Su Il Giornale, un retroscena di Laura Cesaretti evidenzia come in segreto i Democrat tremino. Si racconta che mentre ieri al Senato la Giunta per il Regolamento abbatteva il voto segreto, alla Camera si arenava il decreto sulla scuola, e la seduta proseguiva a singhiozzo. C’è quindi grande preoccupazione nell’ala governativa del Pd per le ripercussioni sulla stabilità del governo. Dice Beppe Fioroni, Pd: “Sapete cosa disse Natta alla Jotti, che voleva limitare l’uso ddel voto segreto? ‘Se abdichiamo a questo principio quando si tratta di persone, dimostriamo che come parlamentari non rispondiamo alla nostra coscienza ma ai nostri partiti’. Con la scelta dei nostri al Senato stiamo facendo un gran regalo a Berlusconi, che potrà urlare alla persecuzione politica, e un passo indietro nella difesa della democrazia.

Il Pd Boccia, presidente della Commissione Bilancio: “Il voto segreto sulle persone è un principio che andava difeso, invece che arrendersi alla propaganda grillina. Ci sono mancate le palle, in questa storia”.

Il franceschiniano Garofani: “Se la preoccupazione era la tenuta del gruppo nel segreto dell’urna si potevano trovare mille espedienti per riconoscere il voto, come abbiamo fatto alla Camera in altre occasioni”: Il bersaniano Stumpo: “Ero contro fin dall’inizio e l’ho detto pubblicamente, evidentemente ha prevalso la paura del trappolone che i 5 Stelle avrebbero potuto giocarci nel segreto dell’urna, salvando Berlusconi per poi dare la colpa a noi. Conoscendoli, sarebbero stati capaci di farlo”.

La Stampa: “La Bindi e i tanti dubbi nel Pd. ‘Forse era meglio non forzare’. Perplessità anche tra i giovani turchi e i lettiani: regolamento piegato”.

L’Unità intervista la senatrice di Scelta Civica Linda Lanzillotta, che ha rappresentato l’ago della bilancia e che ha deciso, dopo alcune esitazioni, per il voto palese: spiega che ha prevalso “la convinzione che per quel che riguarda l’applicazione della legge Severino non si tratti di un voto che riguardi la sfera personale dell’eletto, su cui giustamente deve valere il voto segreto in libertà di coscienza”. L’ambito di applicazione della legge, infatti, “è del tutto nuovo, e riguarda, come dice la norma stessa, la composizione della Assemblea sotto il profilo della integrità e della dignità. Questo è il senso e l’obiettivo della legge Severino. Quindi non andremo a votare su una persona, ma sulla qualità della nostra Assemblea di eletti dal popolo”.

 

La Repubblica in un retroscena parla di un Berlusconi “fuori di sé”: i 4 ministri Pdl si preparavano ieri a raggiungere Palazzo Grazioli per un pranzo, ma hanno ricevuto la disdetta proprio dal capo delegazione Alfano. Berlusconi ha invece preferito invitare Sandro Bondi e Denis Verdini, Daniele Capezzone, Giancarlo Galan e Raffaele Fitto: “E’ già Forza Italia in movimento”, commenta La Repubblica.

Il direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti parla della voglia di “uno stretto gruppo di notabili dell’ex Pdl oggi Forza Italia di liberarsi di Silvio Berlusconi”: “Loro il Cavaliere non lo hanno mai amato e forse neppure stimato. Sopportato sì, usato alla stragrande”, “chi governatore, chi ministro o capogruppo, grazie a Berlusconi sono stati famosi, hanno avuto potere ma sempre turandosi il naso. Sono dei reduci di Dc e Psi”. E “ora Alfano deve scegliere. Capo della mini congiura o custode orgoglioso di una storia che è anche la sua?”.

Il direttore di Libero Maurizio Belpietro: “Altro che pacificazione. Gli ‘alleati’ del Pd vogliono Silvio Berlusconi in galera il più in fretta possibile. E per esser certi di non sbagliare il colpo, per non avere sorprese nel segreto dell’urna con qualche franco tiratore che in un soprassalto di coscienza potrebbe votare a favore del Cavaliere, hanno deciso che la decadenza da senatore del leader di centrodestra non debba essere decisa con un voto segreto, come si è sempre fatto in passato, ma palese”. Per Belpietro “quella decisa ieri è una specie di piazzale Loreto degli anni 2000, una fucilazione alle spalle”. E alle pagine interne: “Ira Berlusconi: ‘sfrattati’ Alfano & C.”.

Su La Repubblica, intervista a Paolo Romani: “Fallite tutte le mediazioni possibili, abbandoniamo chi pugnala Berlusconi”. E sulle stesse pagine: “Ma Alfano resiste al Cavaliere, ‘ormai ho fatto la mia scelta’. Pressing dei falchi, via i ministri’”. Secondo il quotidiano Berlusconi avrebbe offerto la vicepresidenza di Forza Italia ad Alfano, ma senza dare garanzie sulle deleghe. Alfano avrebbe detto di no, di non voler mollare gli altri ministri, e un ministro che, scrive La Repubblica, concorda ogni passo con lui, ha spiegato, in anonimato: “Non vorremmo mai strappare, ma è chiaro che se ci ritrovassimo a dover scegliere tra governo ed elezioni, non avremmo dubbi: sceglieremmo il governo”.

Su La Stampa: “E Alfano gela il Cavaliere: ‘col voto anticipato vince Renzi’. ‘Non possiamo regalare le elezioni alla sinistra, noi saremmo divisi e senza leader’”. Il Corriere intervista il ministro Pdl Quagliariello: “Il governo non cade su una vicenda grave che riguarda il Parlamento, e non cade poi anche perché non deve vincere il partito trasversale delle elezioni anticipate che, in questo momento, possono convenire solo a Grillo e a Renzi, ma non certamente al centrodestra”. Ieri Quagliariello aveva sottolineato anche che il centrodestra, in caso di elezioni anticipate, si troverebbe senza un leader: “Dobbiamo prendere atto – dice – che il ruolo di Berlusconi resta carismatico, ma che la sua posizione istituzionale è modificata. E’ un dato di fatto. Quindi, probabilmente, abbiamo necessità di un po’ di tempo per trovare un nuovo assetto”. Quagliariello dice anche che se il governo cade, “non si va sicuri al voto: perché a questa strana maggioranza che abbiamo, potrebbe subentrare, sia pure per poco tempo, una maggioranza stranissima”.

Sulla successione a Berlusconi segnaliamo le pagine R2 Diario de La Repubblica: l’ipotesi che sia Marina Berlusconi a diventare il capo del partito fondato da suo padre riporta al centro della scena tutte le anomalie dell’ultimo ventennio italiano: “Dinasty. Quando la politica è un affare di famiglia” è il titolo dell’analisi che Giancarlo Bosetti dedica a questo tema. Bosetti cita gli esempi dei Kennedy, dei fratelli Miliband, dei Gandhi in India: ma qui in Italia “quel che accadrebbe di speciale, unico, sarebbe l’imposizione dall’alto, per designazione dinastica, del transito in capo a Marina della perfetta anomalia italiana, quella di una rendita monopolistica e di un conflitto di interesse, che hanno condizionato clamorosamente la formazione dell’opinione e alterato il sistema di controlli antitrust con una legislazione di favore”. Se ne occupa anche Francesco Merlo, in questo stesso inserto: “Il destino dell’erede prigioniera di papà”, “chi è la donna che potrebbe prendere la leadership del Movimento”. Scrive Merlo: “Proust direbbe che Marina è ‘la prigioniera’ e non solo del padre che invece di liberarla di sé vuole ingombrarla al punto di riprodursi uguale in lei, di clonarsi. ‘Rischio di diventare la parodia della discesa in campo, la caricatura di mio papà’, ha confidato la vera Marina”.

 

Cancellieri, Amato, Vendola

 

La Repubblica, con un richiamo anche in prima, si occupa della inchiesta di Torino sui Ligresti, segnalando con evidenza il coinvolgimento dell’attuale ministro della giustizia Cancellieri. Tutto nasce dal fatto che il 17 agosto la compagna di Salvatore Ligresti, Gabriella Fragni, al telefono con il cognato, Antonino Ligresti, raccontava le preoccupazioni per la figlia del capostipite, Giulia, in carcere e sofferente di anoressia. Chiamata direttamente dallo stesso Antonino, il ministro della giustizia avrebbe risposto e si sarebbe attivata parlando con i due vicecapi di Dipartimento del Dap. La Cancellieri ha spiegato al procuratore aggiunto Nessi: “Si è trattato di un intervento umanitario assolutamente doveroso in considerazione del rischio connesso con la detenzione”.

Su Il Fatto quotidiano ci si occupa invece di Giuliano Amato: nel 2006 Susanna Lima, la figlia dell’eurodeputato Dc ucciso nel 1992 a Palermo, scrive il quotidiano, ha ricevuto dallo Stato la somma di 1 milione e 815 mila euro, incassata grazie al fondo di rotazione che la legge 512 del 1999 ha creato per i familiari delle vittime di mafia e terrorismo, costituitisi parte civile nei processi, garantendo loro il risarcimento dei danni liquidati in sentenza. Per il Fatto è forse la somma più alta concessa fino ad oggi a vedove, figli e parenti assassinati per mano mafiosa. E ad erogarla alla primogenita “del potentissimo luogotenente di Andreotti in Sicilia” (già nel 1976 riconosciuto dalla relazione di minoranza della Commissione Antimafia come ‘contiguo ad ambienti mafiosi’) è il governo guidato da Romano Prodi: il fondo di rotazione è gestito dal ministero degli Interni, che nel 2006 è gestito da Giuliano Amato”. “Nessuno può parlare di indennizzo illegale”, scrive Il Fatto, ma l’erogazione “suona come una beffa” se si legge la sentenza della Corte d’Assise di Palermo che, nel 1998, condannando gli assassini di Lima, sottolineava anche che l’eurodeputato Dc era stato assassinato perché non era riuscito a mantenere l’impegno affinché l’assegnazione del ricorso per Cassazione del maxiprocesso venisse affidata alla Prima Sezione Penale presieduta da Corrado Carnevale.

Sul fronte Ilva sono state chiuse le indagini: “53 indagati, c’è anche Vendola”, titola La Stampa. Per la Procura di Taranto deve andare alla sbarra tutta la classe dirigente pugliese. Spiega L’Unità che per quel che riguarda Vendola, l’accusa è di concussione. Sarebbe stata messa in atto nei confronti del direttore generale dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente pugliese, Giorgio Assennato, per ammorbidire il suo operato e quindi mettere le briglie ai controlli dell’Agenzia regionale su Ilva. L’accusa è di favoreggiamento nei confronti di Vendola, invece, per quel che riguarda lo stesso Assennato, il direttore scientifico Blonda, l’assessore regionale all’ambiente Lorenzo Nicastro e l’ex assessore alle Politiche giovanili Nicola Fratoianni. Indagati per associazione a delinquere, invece, tra gli altri l’avvocato del gruppo Riva Francesco Perli e il responsabile delle relazioni esterne Archinà.

La Repubblica intervista lo stesso Nichi Vendola: “Sì, mi sono battuto per salvare la fabbrica, ma non sono mai stato al soldo dei Riva”, “Dimissioni? Non mi hanno mica trovato diamanti o lingotti d’oro”, “C’è stato un solo vero punto di contrasto con gli ambientalisti: io non volevo la morte del siderurgico”. Il quotidiano evidenzia nei titoli della cronaca da Taranto la “frase incriminata” che Vendola avrebbe pronunciato: “’Quelli dell’Agenzia per l’ambiente hanno rotto’”.

 

Internazionale

 

Su Il Sole 24 Ore segnaliamo un reportage di Alberto Negri: “Petrolio ostaggio del caos libico”, “Gli attacchi dei ribelli fanno crollare la produzione, nel mirino anche gli impianti Eni”.

Secondo rivelazioni della rivista ‘Panorama’ in Vaticano con i sistemi del Datagate sarebbero stati spiati anche Papa Bergoglio e molti cardinali. La Nsa ha smentito. Se ne occupa ampiamente il Corriere della Sera, che offre ai lettori un’intervista al neoambasciatore Usa John Phillips: “Raccogliamo solo i dati necessari per proteggere l’America e l’Italia”, dice. Ma annuncia che “le procedure saranno riviste”.

Su La Repubblica segnaliamo un intervento di Anthony Giddens: “Solo la Merkel può fermare la Ue tedesca”. “Di fatto”, la cancelliera è anche la “presidente” dell’Ue, ma il suo ruolo rispetto all’Europa non ha alcuna legittimazione. Giddens sottolinea che l’introduzione della moneta unica ha accresciuto a dismisura “l’interdipendenza economica dei Paesi dell’Eurozona, ma anche degli Stati rimasti al di fuori. Questa condizione di interdipendenza -con la vulnerabilità collettiva che ne consegue- dovrebbe essere affiancata dai livelli di coesione economica e politica necessari ai fini della stabilità”. Ovunque la fiducia degli elettori dell’Ue “ha subito un tracollo” e il rischio che partiti euroscettici e populisti assumano un ruolo determinante con le prossime elezioni europee è alto, secondo Giddens: la Merkel deve riflettere su questo, anche perché la posizione economica del suo Paese è solo apparentemente solida e il successo attuale non è dovuto solo a disciplina e rigore: “senza la sua appartenenza all’eurozona, ampi settori dell’industria tedesca cesserebbero di essere competitivi da un giorno all’altro”. Un coordinamento migliore, seppur limitato ad un gruppo ristretto di Stati o esteso agli altri “non può essere il surrogato di una maggiore integrazione. Sono necessari progressi più rapidi verso l’Unione bancaria”, scrive Giddens.

 

E poi

 

Su La Repubblica, alle pagine della cultura, Vittorio Zucconi recensisce un libro che arriva in libreria a cinquanta anni dall’assassinio di John Fitzgerald Kennedy a Dallas: è un libro-inchiesta firmato da Philip Shenon, in cui si rilancia la tesi dell’insabbiamento dell’inchiesta. E si sostiene che l’attentatore Oswald nel settembre del 1963 riuscì ad entrare in contatto con alti funzionari giunti da Cuba.

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