Libia, il premier arriva in gommone a Tripoli. Ed è subito guerriglia

 

Il Corriere della Sera: “Sbarca il premier, scontri a Tripoli”, “Serraj arrivato via mare scortato dagli aerei delle forze alleate. Kerry: occasione storica da non perdere”, “Milizie in rivolta contro l’insediamento del governo riconosciuto dall’Onu. Spari in strada”.

Sul caso marò: “L’India: Girone non rientra (ma Roma ha due sponde)”, scrive Danilo Taino.

Più in basso, le cifre diffuse ieri dall’Inps: “Le mini pensioni degli italiani sotto i 750 euro”. Sulle pensioni al Sud: “Invalidità sospette: una su 3”, di Sergio Rizzo.

Sotto la testata: “Renzi e il caso Regeni: ora gli atti ai nostri pm”.

L’editoriale di Michele Ainis in apertura a sinistra è dedicato al referendum sulle trivellazioni: “Il valore segreto di un referendum”.

A fondo pagina: “‘Boettcher capirà che male mi ha fatto'”, “Barbini, vittima dell’acido, parla dopo la condanna: vincerò la tentazione di nascondermi”.

Di fianco: “Alla Camera niente disabili”, di Gian Antonio Stella.

E sul tema “noi e l’Islam” un’analisi di Maria Serena Natale: “Il passo indietro su libertà e diritti”.

La Repubblica: “Libia, si spara sul governo dell’Onu”, “Serraj sbarca a Tripoli da un gommone e si insedia: fuoco delle milizie e battaglia tra le fazioni. Ora più probabile un intervento militare. Migranti: 2.800 ieri in Sicilia, previsti 270mila arrivi”.

Più in basso: “Jihadisti d’Italia. Tra gli arrestati per terrorismo rilasciato uno su 4”, scrive Fabio Tonacci.

A centro pagina la foto -diventata subito virale sui social network- del premier canadese Justin Trudeau, immortalato mentre fa yoga sulla scrivania: “Trudeau, i muscoli del Canada pacifista”, “Il successo del giovane premier: così la leadership Usa si scopre vecchia”. Ne scrive Vittorio Zucconi.

In apertura a sinistra il caso Regeni: “‘Verità su Giulio’, una rete mondiale chiede giustizia. Egitto, nuovo pool”, “Renzi: non ci fermeremo”.

E un commento su questo tema di Melania Mazzucco: “Il corpo come prova del male assoluto”.

A fondo pagina, gli “arresti eccellenti” di ieri a Trapani: “Il cemento d’oro della finta antimafia”, di Enrico Bellavia e Attilio Bolzoni.

Di fianco: “Assalti con l’acido, altri 23 anni ad Alex”.

La Stampa: “Libia, pronti gli addestratori italiani”, “Arriva Al Sarraj e tripoli insorge: ‘Vattene o è guerra’. Scontri nella capitale”, “L’insediamento del governo apre la strada all’opzione militare, Migranti, gli sbarchi via mare cresciuti dell’80%”.

Più in basso, la “battaglia sui marò all’Aja”: “‘Girone ritorni in patria’, braccio di ferro con l’India”, “Udienza al Tribunale internazionale. Nuova Dehli: ‘Rientro inammissibile'”-

Di fianco, sull’omicidio Regeni: “Torture, bugie e piste false. In un dossier il suo martirio”, “L’agonia di Giulio in trecento pagine. Il premier: avanti fino alla verità”.

Alla politica estera del governo Renzi è dedicato il commento di Giovanni Orsina: “Gli scenari che Renzi non controlla”.

A centro pagina: “Conti, Padoan stringe l’asse con la Francia”, “‘Sì alla disciplina fiscale, ma più flessibilità'”.

Poi, sulla politica italiana, le primarie Pd: “Il piano D’Alema. Schierare Marino contro Matteo”.

Più in basso, l'”allarme della Corte dei Conti”: “Il welfare sanitario non tiene. Mancano 10 miliardi di euro”, “Nei nostri ospedali un macchinario su due è obsoleto. E gli italiani spendono un miliardo l’anno per i farmaci griffati”. “La bomba che ticchetta inesorabile” è il titolo del commento di Luigi La Spina su questo tema.

Il Fatto: “Nella morsa tra Egitto e Libia. Per Renzi è l’ora della verità”, “Regeni. Investigatori italiani rientrati con ‘informazioni carenti’ e ‘elementi inidonei'”, “‘Sbarco’ a Tripoli del governo Onu, subito scontri tra milizie. Domani il premier da Obama”.

“Tiranni a fin di bene” è il titolo dell’editoriale del direttore Marco Travaglio che prende spunto dalla situazione in Libia.

Sul caso Regeni un intervento di Alessandro Bergonzoni (“Il Cairo, le torture e i grazie comunque”) e una pagina di opinioni a confronto sul tema: “Giusto o sbagliato mostrare le immagini del coropo d Giulio?”.

Di fianco, con foto di Bernardo Mattarella, “storico esponente della Dc siciliana”, si citano fra virgolette le parole del pentito Franco Di Carlo: ‘Il padre di Mattarella era un mafioso doc'”, “L’ex boss di Altofonte ripete quanto dichiarò già venti anni fa: ‘Tra il 1963 e il 1964 mi fu presentato come uomo d’onore di Castellammare del Golfo'”.

Sotto la testata, titoli sull’elezione prevista per oggi del nuovo presidente di Confindustria: “La Confindustria è come i partiti: voto ai gazebo e franchi tiratori”, “Veleni & Sospetti. Testa a testa Boccia (Marcegaglia) e Vacchi”, “Per la prima volta controlli ‘blindati’ stile elezione Quirinale: tende per la privacy, oggi due scrutatori estrarranno le preferenze. Il pressing della presidente Eni (Marcegaglia, ndr.) per il ‘suo’ candidato e le 10 schede ‘libere'”.

Di fianco: “Mafia Capitale, le indagini alla cieca sui poliziotti ‘spie’ di Carminati”, “Liberi da 15 mesi. C’è la targa dell’auto intestata alla questura”, “Nelle intercettazioni dicevano al cecato ‘Adesso te stai sotto inchiesta’, e poi ‘devi evità, devi evitare…’. La versione del questore di Roma, Nicolò D’Angelo: ‘Soggetti ancora indeterminati'”.

Il Sole 24 Ore: “Telecom, via alla svolta: Cattaneo è il nuovo ceo”, “Priorità al risanamento dei conti e alle partnership”, “Il board del gruppo di Tlc affida il turnaround al top manager di Ntv. A Recchi deleghe su Security e Sparkle”.

“Necessario tagliare costi e debito” è il titolo dell’analisi di Antonella Olivieri. Più in basso: “Al numero uno il compito di cambiare”, “le sfide del manager dalla banda larga al Brasile” (di Marigia Mangano) e “Bolloré e l’abilità della leva sul capitale”, “Il finanziere. La lunga catena che porta a Telecom” (di Fabio Pavesi).

A centro pagina: “Boom delle pensioni di anzianità”, “Inps: +72,8% nel 2015, in calo gli assegni di vecchiaia. Invalidità civile +50,5%”.

Di fianco, un colloquio con Gian Maria Gros Pietro, presidente di Banca Intesa: “Così il credito sosterrà l’innovazione”, dice a Mario Platero.

Su tassi e crescita l’editoriale di Fabrizio Galimberti: “Il fattore geopolitico e la volatilità dei mercati”.

Sulla colonna a destra: “Renzi: su Regeni ci fermeremo solo davanti alla verità, i magistrati italiani abbiano accesso a tutte le carte”.

E l’analisi di Alberto Negri su questo caso: “La dignità di un Paese”.

Più in basso: “In Libia si insedia il nuovo governo ma a Tripoli fazioni in lotta e caos”, di Gerardo Pelosi.

Poi “Caso marò, l’Italia all’Aja: Girone rientri”.

E il titolo sull’appuntamento centrale di oggi per Confindustria: “Oggi Confindustria sceglie il presidente designato”.

Il Giornale: “Sottomissione in corso”, “Autolesionismo occidentale”, “L’Olanda mette al bando le minigonne per non urtare i musulmani”, “Marò, l’India ci umilia: ‘Inaccettabile il rientro di Girone in Italia’”, “Caso Regeni, la nuova balla egiziana: ucciso da trafficanti di reperti”.

“Ora combattiamo il burqa in redazione”, scrive in un editoriale Nicola Porro.

Poi un titolo con una formula che, confessiamo, ci appare incomprensibile e che comporta l’imposizione ai Paesi europei di “vessare i loro contribuenti”: “Questa è la formula delle tasse”, “Scongiurato l’aumento dell’Iva”. Ne scrive Fabrizio Ravoni.

A centro pagina: “Prendono soldi pure i partiti già morti”, “Lo Stato foraggia non solo i movimenti in Parlamento, ma anche quelli che non esistono più”. Di Fabrizio de Feo.

Sulle banche: “Banche, non c’è la firma. Il governo truffa i truffati”.

A fondo pagina: “L’ultima lezione di Esselunga: cresce del 50% nell’Italia ferma”, di Paolo Stefanato.

Di fianco: “Rivoluzione Telecom. Cattaneo è il nuovo ad”, di Maddalena Camera.

Sulla colonna a destra un intervento-appello di Antonio Tajani, vicepresidente del Parlamento europeo: “L’islam moderato ci dia una mano a salvare Asia Bibi”.

Libia

La Repubblica, pagine 2 e 3: “Libia, blitz dal mare per insediare il nuovo governo. Ma a Tripoli si spara”, “Il premier Serraj sbarca da un gommone. ‘Sono in carica’. Tra le fazioni è battaglia”, scrive Vincenzo Nigro. Lo sbarco è avvenuto con dei piccoli gommoni nella base navale di Abu Sittah: nei pressi di questa località c’è un caserma della milizia del capo misuratino ribelle Salah Badi, “una testa calda che da mesi è ormai fuori del controllo politico dei suoi colleghi di Misurata. I suoi uomini si sono avvicinati sparando al cordone che protegge la base navale, hanno bloccato la strada per l’aeroporto mentre altri miliziani hanno bloccato la Piazza dei Martiri, l’ex piazza Verde di Gheddafi, di fatto dividendo a metà Tripoli. In piazza dei Martiri i miliziani hanno sparato in aria per disperdere i cortei di tripolini che avevano provato a scendere in strada per manifestare a favore del governo voluto dalle Nazioni Unite”.

A pagina 3 un’analisi di Giampaolo Caladanu: “Con il via libera dell’Onu si avvicina la missione contro terrorismo e scafisti”, “I governi europei si sono impegnati per un intervento a patto che ci sia una richiesta da un esercito legittimo. Soluzione che apre ad aiuti militari nel Paese delle milizie armate”.

Sul Corriere della Sera a pagina 5 l’articolo di Francesco Battistini: “Tripoli, milizie contro l’arrivo del premier”, “Il leader scelto dall’Onu sbarca nella capitale, barricate in strada. ‘O se ne va o lo cacciamo con le armi'”. E sulla stessa pagina Marco Galluzzo ricostruisce l’Operazione “rientro”: la spola tra Tripoli e Sfax per trasportare sette ministri mentre Londra, Roma e Parigi monitoravano la rotta”, “L’operazione del generale italiano Paolo Serra ha preparato il terreno”.

A pagina 6 un’intervista di Paolo Valentino a Paolo Scaroni, ex amministratore delegato di Eni, ora vicepresidente della banca Rotschild, che dice: “La Libia unita, un sogno impossibile. L’Italia punti tutto sulla Tripolitania”. Spiega Scaroni: “La verità è che se guardiamo i libri di storia, si scopre che Cirenaica, Tripolitania e Fezzan sono da poco un Paese. Fummo noi italiani, nel 1934, a inventarci la Libia, invenzione coloniale che non è sentita da nessuno. Ora, se invece di cercare di comporre questo puzzle difficilissimo, ci semplificassimo la vita e cercassimo di favorire la nascita di un governo in Tripolitania, che poi facesse appello a forze straniere che lo aiutino a stare in piedi, credo che potremmo risolvere parte dei nostri problemi: i nostri migranti economici non vengono da Bengasi, partono tutti dalla costa tripolina”.

Su Il Fatto: “Ora Renzi dovrà dire a Obama che intervento farà in Libia”, “Domani l’incontro. Il presidente Usa si aspetta che l’Italia mantenga le promesse”.

E sulla stessa pagina un’analisi di Fabio Mini sul generale Haftar, uomo forte di Tobruk e sostenuto dall’Egitto: “Ostaggi del generale teleguidato dal Cairo”, “Haftar a est e le milizie a ovest promettono di contrastare ogni missione”, “La posta in gioco. La Casa Bianca deve rispondere alle critiche dei Repubblicani sul disimpegno in Medio Oriente”.

Su La Stampa, pagina 2: “Al Sarraj arriva in Libia via mare. Tripoli insorge: vattene o è guerra”, “Spazio aereo chiuso per il premier designato che sbarca con una nave al porto di Abu Sitta. L’esecutivo islamista: ingresso illegale. E si appella alle milizie. Spari e scontri nella capitale”. Di Rolla Scolari.

E sulla stessa pagina il retroscena di Paolo Mastrolilli da Chicago: “L’obiettivo degli Usa sono gli jihadisti. Alla stabilità pensino gli europei”, “L’America darà assistenza, ma non vuole un altro fronte militare”.

E a pagina 3 Francesco Grignetti racconta “il caso”: “Ora è possibile l’opzione militare. All’Italia il coordinamento del ‘Liam'” (Libya International Assistance Mission, prevista dall’Onu). “Della missione di assistenza prevista dall’Onu fanno parte trenta Paesi. Dovranno addestrare l’esercito. Raid aerei e forze speciali contro l’Isis”.

Karim Mezran, senior fellow all’Atlantic Council di Washington, intervistato da Francesca Schianchi, dice: “Finalmente potremo veder chi lavora al futuro del Paese”, “Ogni fazione dovrà prendersi le proprie responsabilità e proteggere il governo”.

Il caso Regeni

Sul Corriere a pagina 10 un articolo di Giovanni Bianconi: “Le mani legate di Roma sul caso Regeni. E’ l’Egitto a decidere cosa condividere”, “Raggiunta una prima intesa con il Cairo. Renzi chiede che la Procura ‘abbia accesso a tutte le carte'”. Si ricorda in apertura di articolo il fatto che tra l’Egitto e l’Italia non c’è un trattato di cooperazione giudiziaria: “il poco che è accaduto finora nei rapporti fra magistrati è solo frutto delle rispettive buone volontà, come quello che potrà accadere in futuro. Spirito di collaborazione, nient’altro”.

Il Fatto se ne occupa alle pagine 2 e 3: “Regeni, i nostri tornano a casa, ‘Ci mancano le informazioni'”, “Carabinieri e poliziotti inviati al Cairo rientrano a Roma, attendono la visita dei colleghi egiziani. ‘Elementi inidonei’. Nessun rapporto diretto con chi conduce le le indagini”.

Sulla stessa pagina, in un’intervista, Ilaria Cucchi, che svelò il volto tumefatto del fratello, dice: “‘La parola non basta. E tocca alle donne'”. A pagina 3, 6 opinioni a confronto sul tema: mostrare o no le immagini del corpo martoriato di Regeni? La madre di Giulio ha infatti detto “speriamo di non dover arrivare” a dover mostrare le immagini. Rispondono Antonio Padellaro (“speriamo non sia necessario ma noi siamo con Regeni”), Enrico Mentana (“non le manderei mai in onda perché non cambierebbe nulla”), Lucia Annunziata (“può smuovere le coscienze anche al di là del Mediterraneo”), Marco Belpoliti (“solo la madre può decidere di far vedere il figlio morto”), Oliviero Toscani (“tutti devono vedere e sapere, la famiglia non attenda ancora”) e Caterina Soffici (“denuncia, non sciacallaggio, una risposta alle menzogne”).

Su La Repubblica Giuliano Foschini racconta la mobilitazione che travalica i confini: “Il network di amici che lotta per Giulio, ‘Così la sua morte è diventata un caso globale'”, “Da New York a Parigi, da Bogotà a Londra. a due mesi dal delitto decine di iniziative per chiedere giustizia”.

E “il testimone smonta la pista dei rapinatori”, scrive ancora Foschin dando conto dell’ultima “bufala”: lo zio di uno dei rapinatori uccisi in un pullmino -che le autorità egiziane avevano indicato come gli autori del delitto- in un’intervista, ha detto che non c’è stato nessun conflitto a fuoco con le forze di polizia egiziane: “mio nipote è stato arrestato nella sua abitazione, poi è stato portato sul bus dove è stato eliminato con il resto del gruppo”.

La Stampa: “Nuove torture e vecchie bugie. In un dossier il martirio di Giulio”, “L’agonia di Regeni in 300 pagine. Renzi: ci fermeremo solo davanti alla verità”. Il dossier è stato consegnato ieri mattina in Procura dal professor Vittorio Fineschi, il medico legale della Sapienza di Roma, che ha guidato l’équipe dell’autopsia italiana.

In basso, intervista di Francesca Paci allo scrittore Alaa Al-Aswany, che dice: “Il regime non fa differenza tra realtà e menzogne”, “Con Al Sisi la repressione è più dura che sotto il governo di Mubarak”.

Jihad, terrorismo in Europa, come reagire

La Repubblica: “Jihadisti d’Italia, è caos”, “Arrestati con l’accusa di terrorismo, uno su 4 è scarcerato”, “Indagini superficiali o confusione nelle procure? Intanto nelle carceri è emergenza radicalizzazione”. Si tratta di un’inchiesta firmata da Giuliano Foschini e Fabio Tonacci.

Su La Repubblica: “Hollande: niente revoca della nazionalità”, “Retromarcia dell’Eliseo sul progetto di riforma costituzionale annunciato dopo le stragi di Parigi”. Di Anais Ginori.

Ne scrive sul Corriere Stefano Montefiori: “Hollande cede sulla revoca della cittadinanza”, “In Francia salta il progetto di riforma costituzionale. Vertice Ue sul ‘modello Tel Aviv’ negli aeroporti”. Lo stop di Hollande arriva proprio quando la sua popolarità è tornata ai minimi. Hollande chiedeva di inscrivere nella Costituzione lo stato di emergenza e la possibilità di togliere la cittadinanza ai condannati per terrorismo. Puntava all’unità nazionale, ma la destra ha boicottato il voto del progetto e la sinistra ha contestato il presidente, accusandolo di svendere i suoi valori a favore di una svolta autoritaria. Si è creato ben presto un pasticcio giuridico: il diritto internazionale vieta di creare apolidi, cioè persone prive di cittadinanza. La misura avrebbe quindi riguardato (nel testo approvato dal Senato) solo i bi-nazionali. Si sarebbero create inevitabilmente due categorie di cittadini, puniti in due modi diversi a parità di crimine: i francesi di serie A non avrebbero potuto perdere la nazionalità, mentre quelli di serie B, per esempio francesi e algerini, francesi e marocchini, ecc, sì. Contro questa discriminazione si era schierata la sindaca di Parifi Anne Hidalgo, il ministro dell’Economia Macron, l’ex premier Ayrault. A fine gennaio si era dimessa la ministra della Giustizia Christiane Taubira, ultima rappresentante ancora al governo dell’ala sinistra del partito.

Su La Stampa: “Il dietrofront di Hollande. La Francia bnon toglierà la nazionalità ai terroristi”, “Salta la riforma costituzionale: ‘Non c’è consenso in aula’”.

L’Islam e noi, la convivenza tra fedi

Sul Corriere un intervento di Michela Marzano alle pagine delle opinioni: “Tolleranza non è ridurre le libertà delle donne”: “Dopo il caso delle minigonne vietate negli uffici di un quartiere di Amsterdam, c’è da chiedersi se in nome del rispetto di altre culture come quella islamica sia giusto imporre limiti a conquiste costate anni di battaglie”.

Su La Repubblica un intervento di Tommaso Montanari: “La difesa del crocifisso non aiuta l’inclusione” (“non è forse il momento in cui i cristiani d’occidente ribadiscano con forza che la laicità dello Stato, la neutralità religiosa dello spazio pubblico e un rispetto incondizionato per le minoranze religiose non sono altrettante ‘paganità laiciste’, ma valori non sradicabili dalla nostra identità di cittadini? Lungi dall’essre un cedimento, una simile scelta sarebbe la più ferma delle risposte: non accettiamo il ruolo dei crociati. Da cristiano credo che Gesù ci abbia insegnato l’uguaglianza più radicale. Ma da cittadino italiano credo nell’articolo 3 della Costituzione, che ci invita a rimuovere gli ostacoli che impediscono un’uguaglianza sostanziale”).

Usa (primarie)

Sul Corriere una intera pagina curata dal corrispondente Giuseppe Sarcina: “Hillary ad Harlem. Nel teatro Apollo l’abbraccio dei ‘Black'”. E’ stato il giorno del grande “rientro a casa”, come recitava un cartello sorretto da due ragazzine: “in questa città e anche in questo anfratto leggendario, tra gli stucchi dorati e l’odore di un legno misterioso, Hillary Clinton è diventata politicamente adulta. Qui è stata eletta due volte senatrice. Dal 2001 al 2009 ha rappresentato anche questa gente che ieri mattina si è fatta più di due ore di coda per venirla a vedere”.

In basso, un altro articolo di Sarcina si occupa della campagna repubblicana: “Trump in rotta con le donne, ‘Punieri chi abortisce'”. “Ero favore della libertà di scelta per la donna -ha detto- ma ho cambiato posizione nel corso dell’ultimo anno. Ora sono contro l’interruzione di gravidanza con tre sole eccezioni. Ammetto l’aborto in caso di stupro, incesto, o se la vita della madre è in pericolo”. E negli altri casi? “Se l’aborto diventasse illegale, dovrebbe esserci qualche forma di punizione per le donne che non portano a termine la gravidanza. Ma non ho ancora chiaro quale tipo”. Sarcina dà conto anche della querelle sulle accuse nei confronti del responsabile della campagna di Trump, Corey Lewandowski. per aver aggredito la reporter Michelle Fields.

Trudeau

Vittorio Zucconi su La Repubblica prende spunto dalla foto del premier canadese Justin Trudeau che impazza sul web: fa yoga sulla scrivania (“posizione del pavone”). E’ diventata, come si dice, “virale”: “Il Canada -scrive Zucconi- replica al macho Putin e agli attempati candidati Usa”, “Il suo è un messaggio politico prima che fisico: multiculturale e progressista”.

Politica italiana

Su La Repubblica: “Voto il 5 giugno per le comunali. E i dem litigano sulle trivelle”, “Bersani: ‘Incredibile l’invito della segreteria a non andare a votare'”.

Sul Corriere Massimo Franco scrive che “la data del voto si trasforma in atto d’accusa a Palazzo Chigi”, “Le opposizioni vedono nella scelta del 5 giugno il tentativo di favorire l’astensionismo che in realtà riguarda tutti i partiti”.

Su La Repubblica si dà conto della conferenza stampa alla sede della Stampa estera ieri a Roma, con cui l’ex sindaco di Roma ha presentato il suo libro “Un marziano a Roma”. Nei titoli le dichiarazioni di Marino: “‘Se davo retta al Pd finivo in carcere'”, “Nuovo affondo di Marino contro Renzi: ‘Vicino alle lobby’. Orfini: ‘Il suo è un romanzo fantasy'”. E il quotidiano intervista il senatore Pd Stefano Esposito: “‘Un bugiardo seriale, per definire Ignazio ci vuole un medico’”, “‘Dice di avere risanato la città, ma chiedete al nuovo dg dell’Atac quanti debiti ha lasciato'”.

Su La Stampa: “Marino: ‘Seguendo i consigli del Pd oggi sarei in cella’”, “La presentazione del libro diventa un ring”, scrive Ugo Magri.

E sulla stessa pagina un “retroscena” di Francesco Bei: “Il piano di D’Alema per il congresso, candidare il ‘marziano’ contro Renzi”, “L’ex premier prova a convincere i bersaniani a mollare Speranza”.

Su La Stampa: “L’ultima carta di Berlusconi. Un grande centro con ‘Alfio'”, “Proposta a Marchini: rinuncia, sarai candidato alle politiche 2018”. Ne scrive Amedeo La Mattina.

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