Boris Johnson in campo per la Brexit (e per la leadership)

Il Corriere della Sera: “’Fiducia sulle unioni civili’”, “L’ipotesi a sorpresa di Renzi: intesa con Ncd senza adozioni. Insorge la sinistra”, “Il premier all’assemblea Pd. I 5 Stelle: ‘Ma se togliete il canguro noi pronti ad approvarla’”.

Il quotidiano intervista il ministro Alfano, leader di Ncd: “’E ora subito lo stralcio’”.

Sui “numeri in Senato” l’analisi di Renato Benedetto e Marco Galluzzo: “’Strani amori’ e maggioranze spesso variabili”.

Al governo Renzi è dedicato l’editoriale di Ernesto Galli Della Loggia: “L’egemonia ha bisogno di un’idea”.

A centro pagina: “Milano capitale dei furti, Firenze della ricettazione”, secondo i dati Istat.

In grande evidenza a centro pagina la foto del sindaco di Londra Boris Johnson (ritratto nell’atto di tirare una fune): “Lo strappo con l’Europa del sindaco di Londra”, “Boris Johnson non segue Cameron e dice no all’Ue”.

Di fianco, un reportage dalla Danimarca di Marco Imarisio sulle “paure del Nord Europa”: “Polpette di maiale ai figli dei migranti. Nella città dove finisce l’accoglienza danese”. La città è Randers.

A fondo pagina: “L’ultimo show di Totti: in tribuna da tifoso”, “Lui protesta in tv, Spalletti lo esclude. Poi all’Olimpico con Ilary: lo stadio freme, ma è la fine?”.

La Repubblica: “Adozioni, Renzi tratta sulla Cirinnà. L’appello dei 400: approvatela così”, “Il premier apre a Alfano: intesa e voto di fiducia, con gli M5S rischiamo. Lite con la minoranza”.

Il prezzo dello stralcio” è il titolo della rubrica “Il punto” di Stefano Folli.

Sul governo Renzi, in prima anche l’analisi di Marc Lazar: “Le due facce di Matteo”.

A centro pagina: “Il sindaco di Londra: usciamo dalla Ue. Allarme Fmi: così rischia tutta l’Europa”, “La sfida a Cameron di Johnson. Lagarde: incertezza preoccupante”.

Sul tema Brexit la riflessione dello storico Niall Ferguson: “La profezia di Enrico VIII”.

Sul terrorismo: “Orrore a Damasco, quattro attacchi Is, più di 120 morti”.

Anche qui troviamo una foto di Francesco Totti: “Totti, finale di partita”, “Litiga e va in tribuna, la Roma vince 5-0”.

A fondo pagina: “La stazione si blinda e il ladro non c’è più”, “A gennaio reati giù del 33%”.

Le “mappe di Ilvo Diamanti”: “Se anche il tifo diventa una passione triste”.

Sulla colonna a destra, “la polemica”: “Date il Nobel ai pescatori della mia Lampedusa”, di Gianfranco Rosi. Dopo l’Orso d’oro per il film sui rifugiati “Fuocoammare”.

La Stampa: “Renzi: 7 proposte per cambiare la Ue”, “Dagli incentivi alle banche, al ministro del Tesoro unico. Oggi Padoan presenta il piano”, “Offerta Pd al Ncd: no alle adozioni e fiducia. Ma a Milano la piazza sfida il premier. Appello di intellettuali e imprenditori: ‘Si voti la Cirinnà’”.

Chi aspetta il falso passo del premier” è il titolo del commento di Ugo Magri.

Poi i titoli sui dati della statistica: “Basta interviste, l’Istat ora punta sui Big data per misurare la realtà”.

E sul gioco d’azzardo: “Babele di norme e ricorsi. Ecco come si vanifica la lotta al gioco d’azzardo”.

A centro pagina, con foto di Ennio Morricone: “Oscar, parte la corsa di Morricone”.

Di fianco: “Siria, offensiva Isis. Oltre 180 le vittime”, “Nel mirino degli jihadisti i luoghi di culto sciiti”.

A fondo pagina, “I Giamburrasca della politica”. Sono Boris Johnson (“Johnson, il mister no alla battaglia d’Inghilterra”, di Alessandra Rizzo) e Donald Trump (“Il kitsch di Trump che piace all’americano medio”, di Gianni Riotta).

Sulla colonna a destra, “misteri d’Italia”: “Achille Lauro, così saltò il blitz italiano”, di Fabio Pozzo.

Il Fatto: “Renzi sfascia le unioni civili”, “Retromarcia. Fiducia con Ncd e Verdini senz’adozioni. M5S: ‘Sì a tutta la Cirinnà’”.

Poi il richiamo ad un’intervista a Pippo Civati: “’Non sarò io, ma per Milano ho già l’anti-Sala’”.

Più in basso la “storia di copertina”, con le immagini di Guido Bertolaso e Denis Verdini e, sullo sfondo la Lupa di Roma: “O con Silvio o con Matteo. La Cricca è tornata”.

A sinistra, intervista ad Achille Occhetto: Parla Occhetto: ‘Ecco i killer della sinistra’”.

Sotto la testata: “Umberto Eco, giovane cattolico che insegnava il Dio progressista”, “I ricordi. Gli amici Gianni Vattimo e Francesco Guccini”.

E il caso Totti: “Totti spedito in tribuna: la gran leggenda sporcata”.

A fondo pagina: “Tutte le salme del secolo breve”, “ A corpo morto. Da Padre Pio al Che, passando per Lenin e Mussolini”, di Fabrizio D’Esposito.

Il Giornale: “Le spese nascoste del governo”, “Altro che spending review”, “Premier sbugiardato: nel 2015 la spesa pubblica è cresciuta di 52 miliardi”, “Unioni gay, Renzi vuole la fiducia. Caos Pd”.

Poi il “Controcorrente” firmato oggi da Stefano Filippi: “ Le vite degli italiani convertiti al Corano”, “Chi sono e cosa fanno i nostri connazionali che hanno scelto Maometto”.

La foto è per Dino Zoff: “’Quando Woityla mi confessò: siamo colleghi’”.

Più in basso, un caso che riguarda Treviso: “Espropri, il caso arriva in Parlamento”, “Case sequestrate per i profughi”, “Forza Italia attacca: il governo deve chiarire. Salvini: il prefetto cambi lavoro”.

E sulle elezioni a Roma: “Anche la Meloni stoppa la Lega: ‘Senza Bertolaso salta l’alleanza’”.

In prima anche la notizia della morte dell’antropologa Ida Magli, che del quotidiano era collaboratrice: “L’antropologa che ci aveva messo in guardia su Europa e islam”, di Giordano Bruno Guerri.

Brexit

Il Fatto: “Johnson usa il grimaldello della Brexit per prendere il posto di Cameron”, scrive da Londra Caterina Soffici parlando di “pugnalata alle spalle”. Il sindaco di Londra farà campagna contro il premier e per l’uscita dall’Ue. Johnson -scrive Soffici- è molto popolare tra i conservatori e i sondaggi (che al momento danno i pro e i contro la permanenza della Gran Bretagna nella Ue pari al 41%) hanno calcolato che il sindaco può essere davvero l’ago della bilancia, spostando il 15% dei consensi. Adesso la strada di Cameron si fa sempre più in salita, dopo che già 6 membri del suo governo (5 ministri e un sottosegretario) si sono schierati per la Brexit. Se davvero la Brexit dovesse vincere, le dimissioni di Cameron sono una mossa quasi scontata. E Johnson, il cui mandato di sindaco di Londra scade a maggio, pone la sua candidatura a succedere a Cameron. I due leader conservatori si conoscono da una vita, compagni di scuola a Eton, il prestigioso liceo dell’alta società britannica.

Su La Stampa: “Johnson contro Cameron, ‘Regno Unito fuori dalla Ue’”, “Il sindaco conservatore di Londra si schiera a favore delle Brexit, ‘Rischiamo di perdere sovranità’. Ignorato l’appello del premier”. Alessandra Rizzo, da Londra, riferisce che Johnson ha elogiato Cameron per il negoziato con l’Europa, ma ha spiegato: “Nessuno può realisticamente affermare che si tratti di una riforma fondamentale dell’Ue o del nostro rapporto con l’Ue”. Ha definito “tormentata” la sua decisione. 51 anni, ciclista appassionato. È una vera e propria celebrity: chi lo incontra lo chiama per nome e gli chiede un selfie. Nato a New York da famiglia privilegiata e cosmopolita, è stato giornalista, ha scritto libri e biografie, da ultimo quella su Churchill, suo eroe politico. Eletto sindaco di Londra per due volte, è molto conteso per la sua capacità di pescare voti al di là delle simpatie politiche.

Sul Corriere della Sera: “Brexit, il tradimento di Boris, ‘Con me per lasciare l’Europa’”, “Il sindaco della capitale in campo contro Cameron. Tories in ordine sparso”, scrive Fabio Cavalera. Il sindaco ha compiuto il grande passo, scrive Cavalera: vuole più garanzie a difesa della sovranità e del Parlamento nazionale. Dice: “L’Unione europea si sta sottraendo al giusto controllo democratico”. E’ sempre stato un convinto assertore delle porte aperte agli immigrati, all’Europa e al mondo. Ma ora spinge perché Londra se ne vada per un’altra strada, l’accordo con l’Ue non gli piace e alcuni suggeriscono che la sua “sterzata” sia dovuta all’intenzione di creare grattacapi a Cameron, indebolendolo per poi prenderne il posto.

Sulla stessa pagina, intervista all’imprenditore Flavio Briatore, che ha vissuto a Londra per 17 anni: “Londra città globale ma fa storia a sé. Vinceranno i no-Ue”.

Su La Repubblica: “Brexit, lotta nei Tories, Johnsono sfida Cameron, ‘Dico no all’Europa’”, “Il sindaco di Londra: ‘Troppi lacci nell’Ue’. Il premier: ‘Se andiamo via conteremo meno’”. E racconta “il personaggio” Enrico Franceschini: “L’ultima battaglia di Boris, il campione dei tabloid. Dopo la capitale ora vuole Downing Street”.

A pagina 7 il commento dello storico Niall Ferguson: “La tentazione di Enrico VIII, perché per noi britannici restare un’isola è impossibile”, “Londra può scegliere che forma dare al suo vincolo con il resto dell’Unione ma di certo non può separarsi e basta. Si aprirebbe un futuro di instabilità”.

Alle pagine seguenti, l’economista Mariana Mazzucato, che insegna all’università del Sussex, dice, parlando della situazione di crisi europea: “’Mancano gli investimenti, crescita troppo fragile. Se Londra esce sarà imitata”, “I governi europei sono incapaci di trovare una strategia che porti sviluppo e reddito. E la finanza resta debole”, “Dopo l’accordo strappato da Cameron ogni Paese potrà fare lo stesso: le decisioni saranno ancora più lente”.

Su Il Messaggero segnaliamo il commento di Francesco Grillo: “E se l’uscita di Londra scuotesse l’Europa?”. “La maggiore concessione strappata dal Regno -scrive- è stata, alla fine, la possibilità che uno Stato Membro congeli i sussidi di disoccupazione ai migranti venuti dagli altri Paesi dell’Unione per sette anni (nonché di commisurare eventuali assegni di assistenza destinati ai figli dei migranti al costo della vita prevalente nel Paese d’origine). Il punto è, però che i cittadini europei che chiedono benefici sociali nel Regno Unito sono stati – per il Department for Work and Pensions – circa 114 mila: il 3% dei 3 milioni e ottocentomila individui che ogni anno in Inghilterra fruiscono del sussidio. Peraltro, i migranti provenienti dall’Unione che vivono nel Regno sono quasi due milioni; tra di loro ci sono quasi la metà dei dirigenti che guidano le banche della City e dei docenti delle università più prestigiose, e meno del 6% di loro chiede assistenza, mentre la percentuale è quasi doppia per la popolazione locale. È su questa epocale battaglia che Cameron ha investito il suo futuro politico e i leader europei hanno concesso un doloroso accomodamento.

Per il resto nel testo c’è (quasi) nulla dopo tanto rumore. Il riconoscimento che l’idea costitutiva che l’Europa sia destinata ad una sempre maggiore integrazione non vale per il Regno Unito; come se questa fosse una novità, laddove per onestà intellettuale dovremmo cominciare a riconoscere che questa ineluttabilità non vale neppure per gli altri 27 Paesi che non riescono più a difendere neppure la libera circolazione. La concessione di un improbabile “freno a mano” che può essere tirato da un Paese che dell’area euro non fa parte, su decisioni che riguardano solo le nazioni dell’area EURO che pure dovrebbero aver diritto a decidere di un’unione monetaria già instabile, senza doversi preoccupare di chi non ne fa parte.

Due rassicurazioni assolutamente simboliche e una vittoria su un aspetto marginale hanno l’effetto controproducente di far perdere di vista una questione molto più grande perché l’Inghilterra (che, peraltro, probabilmente si troverebbe senza la Scozia se decidesse di abbandonare l’Europa) decide – attraverso il referendum – anche il ruolo che vuole avere nel mondo. Del resto, il sindaco di Londra Boris Johnson ci ha messo un solo giorno – dopo essersi conto che le decisioni del Consiglio Europeo assomigliano proprio a quei pasticci che rendono tanto indigesta l’Europa agli elettori britannici – per sciogliere le riserve e schierarsi con chi fa la campagna per l’uscita: una scelta che rischia di spezzare l’equilibrio finora assoluto tra i due schieramenti

Siria

La Stampa: “Offensiva dell’Isis in siria. Stragi a Homs e Damasco”, “Serie di attacchi kamikaze: almeno 180 morti. Nel mirino i luoghi di culto sciiti. Il segretario di Stato Usa John Kerry: accordo con Mosca sul cessate il fuoco”. Spiega Giordano Stabile che le forze arabo-curde e quelle governative hanno messo sotto pressione l’Isis nel Nord e nell’Est della Siria: pertanto gli islamisti hanno reagito con una serie di attacchi kamikaze a Homs e a Damasco, di nuovo intorno al santuario sciita di Sayyda Zeinab, la nipote di Maometto e figlia di Alì, il successore legittimo del Profeta, per gli sciiti.

La Repubblica: “Siria, doppio attacco contro gli sciiti”, “Gli attentati, a Homs e Damasco, fanno oltre 140 morti. Sui social media la rivendicazione dello Stato islamico. Kerry possibilista: ‘Un cessate il fuoco può arrivare presto’. Ma sul terreno restano ancora molti ostacoli”, scrive Fabio Scuto.

Sulla stessa pagina, l’intervista che il presidente siriano Assad ha concesso a El Pais/Lena: “Assad: pronto a trattare ma non con i terroristi”, “Fra 10 anni vorrei aver salvato il mio Paese anche senza esserne più a capo”, “Più di 80 Paesi di tutto il mondo sono schierati dalla parte dei jihadisti: alcuni offrono armi, altri protezione politica”, “La Turchia non rispetta le risoluzioni Onu che impongono di sospendere gli aiuti a gruppi armati”.

Usa (primarie)

Su La Repubblica: “Primarie, il ciclone Trump sbaraglia i repubblicani, ‘Partita chiusa, vincerò io’”, “Il magnate newyorkese ha conquistato un terzo dei voti in South Carolina. Sotto shock l’establishment che ora deve scegliere fra Rubio e Cruz”, scrive Federico Rampini.

E a pagina, su Jeb Bush: “Jeb, lacrime e sconfitte, il candidato senza qualità che chiude la saga Bush”, “Battuto anche all’appuntamento di sabato, l’ultimo rappresentante della dinastia che ha guidato l’America per due generazioni annuncia il ritiro”, di Vittorio Zucconi.

Sul Corriere: “Casa Bush, fine di una dinastia”, “Si arrende Jeb, il rampollo ‘intelligente’. Non sarà il terzo presidente di famiglia”. Di Maria Laura Rodotà.

E il “commento” di Massimo Gaggi: “Rivincita del fratello ‘semplice’ (George W. Bush) su quello ‘troppo garbato’ (Jeb)”. “L’America -scrive Gaggi- seppellisce la dinastia politica più importante della sua storia e volta pagina. Ci si poteva immaginare la fine dell’era Bush come uno spettacolo tragico e maestoso, un trionfo di arroganza politica, di potere spregiudicato e incancrenito, punito dagli elettori. Invece Jeb, il personaggio che gli analisti hanno sempre considerato l’intelligenza politica più fine della famiglia, un uomo con un forte senso etico, esce in punta dei piedi e con gli occhi umidi, dopo la sconfitta alle primarie del South Carolina. Travolto dalla sua gentilezza, prima ancora dalla sua biografia. In un anno elettorale nel quale gli americani, per ora, premiano un Donald Trump sempre più simile a quello spietato Robert Duvall nel Vietnam di Apcalypse Now” (che amava l’odore del napalm), Jeb “è stato respinto da due Americhe: quella che vede in lui il figlio e il fratello di presidenti che non hanno lasciato un buon ricordo e quella che lo percepisce come una specie di cartone animato, un Heidi della politica”.

Su La Stampa: “Trump e quello sfarzo ostentato che fa sognare l’America impoverita”, “Per alcuni intellettuali è ‘fascista’, ma la sua base elettorale è la stessa di Reagan”, scrive Gianni Riotta.

Sulla stessa pagina, sui democratici in Nevada: “Sanders è un ricordo, Hillary affila le armi per la Casa Bianca”, “Teme Rubio e ritiene di poter battere il magnate”. Ne scrive Paolo Mastrolilli.

Unioni civili

Il Fatto, pagina 2: “Renzi dimezza le unioni. Di Maio: ‘Sì alla Cirinnà’”, “Addio stepchild. Il premier vuol porre la fiducia con Alfano e Verdini su maxi-emendamento senza adozioni. M5S: ‘Votiamo tutta la legge’”, “Pd a pezzi. L’ipotesi va votata nel gruppo del Senato domani: la minoranza bersaniana si oppone”.

Su La Stampa, pagina 2: “Milano, folla in piazza Duomo, ‘Il tempo per la legge è scaduto’”, “Flash mob, almeno diecimila manifestano spontaneamente”. E di fianco, sull’appello per l’approvazione del ddl Cirinnà: “Jovanotti, Cattelan, gli editori: appello al premier e all’aula”. Tra i firmatari ci sono anche Piergaetano Marchetti e Rodolfo Debenedetti.

A pagina 3: “Renzi apre al Ncd e alla fiducia. Ormai a rischio le adozioni gay”, “’Possibile un accordo di governo’. Il premier adesso non crede più ai cinque stelle: ‘Il loro obiettivo è soltanto fare il male del Pd’”. E sulla stessa pagina: “Orlando media con la sinistra Pd. E la Concia: ‘Rischiamo il Vietnam’”, “Nel nuovo accordo un ddl per la riforma delle adozioni”. Di fianco, intervista a Roberto Speranza: “’Se saltano le stepchild adoption io dico no”.

Sul Corriere, pagina 2: “Unioni civili, Renzi apre a Ncd”, “Accordo di governo senza adozioni e ipotesi fiducia. Critiche da sinistra. Il leader contro M5S, che replica: votiamo subito la Cirinnà in Aula”.

E il “retroscena” di Maria Teresa Meli parla del piano B elaborato da Renzi anche dopo un confronto con il premier gay del Lussemburgo, Xavier Bittel.

A pagina 3, intervista al ministro Alfano: “Alfano ora chiede lo stralcio” (della stepchild, ndr.): “’Ma se qualcosa va storto avanti con il voto segreto”, “Né vincitori, né vinti, ci sono segnali di buon senso”.

Poi il punto di vista di Roberto Speranza, leder della minoranza dem: “Matteo dia un’altra chance ai grillini e salvi le adozioni”, “Il premier deve rispettare i patti. La fiducia? Se ci sarà dovremo votarla”, “Nel 2012 quando Bersani vinse le primarie nel mandato popolare c’era già la stepchild adoption”.

Su La Repubblica, pagina 2: “Unioni civili, Renzi cambia: ‘Patto di governo e fiducia’. Adozioni verso lo stralcio”, “Annuncio all’assemblea Pd: ‘Voti insufficienti, si cambi’. Ok dall’Ncd. Ma la sinistra dem si ribella: arma impropria”.

Il quotidiano intervista l’ex presidente della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick: “’Costituzionale anche con la steplchild”.

E “il retroscena” di Goffredo De Marchis: “La via obbligata del premier, ‘Con i 5 Stelle è un Vietnam’. Alfano: aprire a Forza Italia”, “Il consiglio del leader del Lussemburgo, gay e sposato: ‘Matteo, meglio fare un passo per volta’”.

A pagina 4: “’Approvate subito la legge, riguarda milioni di italiani’”, “L’appello di oltre 400 esponenti della cultura e dello spettacolo. Da Jovanotti a Camilleri: abbiamo finalmente l’occasione di fare la storia”. Il quotidiano riproduce a centro pagina il testo dell’appello.

E un’intervista al promotore, Sebastiano Mauri: “’E’ una battaglia di tutti, non solo dei gay”.

E poi

Sul Corriere: “L’antropologa che analizzava noi come ‘l’altro’”, “Addio a Ida Magli, dall’amore per la musica alle battaglie su donne, Europa e Islam”. Ne scrive Maria Luisa Agnese. Che ricorda come avesse a lungo collaborato con La Repubblica e L’Espresso: a fine anni ’90 iniziò “un percorso in solitaria di nuova radicalizzazione del suo pensiero”.

Su La Stampa, su Nikita Kamaev: “L’ex capo dell’antidoping russo era pronto a rivelare i segreti”, “Il giallo di Kamaev morto il 14 febbraio. Voleva scrivere un libro-verità”, sul doping russo. Ne scrive Lucia Sgueglia.

Sul Corriere: “La ‘questione ucraina’ è una battaglia di libertà”, scrive Federigo Argentieri ricordando il secondo anniversario di Piazza Maidan.

Su La Repubblica: “Meriem, pentita dell’Is, ‘Vi prego, aiutatemi, voglio tornare a casa’”, “Padova, intercettata dal Ros la telefonata a un parente della ragazza fuggita in Siria”.

Sulla stessa pagina, parla del caso Regeni Anne Alexander, docente a Cambridge e collaboratrice del ricercatore ucciso in Egitto: “’Giulio non era in pericolo per colpa nostra’”.

Sul Corriere: “Nuova taglia su Rushdie, il gioco ambiguo dell’Iran”. Ne scrive Guido Olimpio raccontando che 40 organizzazioni mediatiche iraniane hanno offerto 600 mila dollari di taglia sulla testa dello scrittore. Un appello alla vendetta nell’anniversario della fatwa dell’ayatollah Khomeiny, nel febbraio del 1989.

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