Iowa. Clinton 49,8%, Sanders 49,6%.

Il Corriere della Sera ha in prima le foto di Hillary Clinton e Donald Trump: “La sconfitta di Trump in Iowa. Clinton soffre contro Sanders”.

Di fianco, il titoli sulle tensioni tra il nostro governo e la Ue: “Un fronte anti Italia sulla flessibilità. ‘La Ue ha già dato’”, “Ppe e Pse attaccano. Renzi: niente lezioncine”.

A centro pagina: “Primo voto sulle unioni civili. Adozioni, il Pd frena Alfano”, Al Senato. Bocciate le pregiudiziali. Compatti dem e M5S”.

Su “centrodestra e piazza”: “Al circo Massimo qualcosa di nuovo”.

A fondo pagina: “Finti sceicchi e 007 per ingannare l’Inter”, “Dallo sponsor arabo a un’università del calcio: il club usato per truffare un albergatore”.

Poi la situazione politica in Spagna: “Il re di Spagna incarica Sanchez”.

E su “effetto petrolio e banche”: “Tonfo delle Borse. Milano giù del 3%”.

In prima anche un’analisi di Dario Di Vico: “Perché calano le partite Iva”.

L’editoriale di Gian Antonio Stella: “La società poco civile”, “Il Paese dei furbi” (“ci sono pezzi di ‘società civile’ che danno francamente la nausea. Come la signora che usava il contrassegno disabili della zia morta da nove anni”, e via dicendo.

La Repubblica: “Kerry all’Italia: ‘Insieme contro l’Is’, mille soldati in Iraq”, “Mosul, 450 militari difenderanno i lavori della diga. Flessibilità, dalla Ue altro stop alle richieste di Roma. E sui fondi alla Turchia Schaeuble attacca: no ai ricatti”.

Di fianco, foto di Hillary Clinton che fa il segno della vittoria: “Iowa, Sanders spaventa Hillary, si sgonfia Trump, ora c’è Rubio”.

A centro pagina: “Unioni civili, primi sì in aula, i dem respingono l’offerta di Alfano”.

Poi la “replica in tv” del conduttore di Ballarò: “Giannini: il Pd non può licenziarmi”.

A fondo pagina: “Grillo torna al mestiere di comico: ‘Scherzavo, sono diventato leader’”, In scena a Milano: dal palco vedo meglio la realtà”.

Poi “la polemica”, di cui si occupa con un commento Benedetta Tobagi: “Se i giudici a scuola trovano la Faranda”.

In prima anche il nuovo scandalo a Roma: “Affittopoli a Roma, caos al comune. Regolare solo un contratto su cinque”, “Gli elenchi: tanti i pensionati a basso reddito”.

Poi “l’inchiesta”: “Spese pazze in Liguria, va a processo il vice-Salvini”, “Il leghista Rixi tradito dalle ostriche”.

Sulla colonna a destra “il racconto”: “Dieci donne che non possiamo dimenticare”, “Ieri altri due femminicidi, nel 2016 una vittima ogni tre giorni”. Ne scrive Michela Murgia.

La Stampa: “Prove di dialogo tra Chiesa e M5S sulle Unioni civili”, “La legge supera il primo test, il Pd ad Alfano: avanti anche sulle adozioni”, “Europa, Moscovici a Renzi: avete già avuto molto. Palazzo Chigi: le politiche di austerity hanno fallito”.

E il “retroscena” di Marcello Sorgi: “Quando Merkel chiese a Renzi: ‘Siamo amici?’”.

Il quotidiano offre oggi ai lettori 4 interviste sui temi di stretta attualità. Sul rapporto Roma Bruxelles Enrico Letta: “Se l’Italia continua così rischia un pericoloso isolamento”. Sui diritti civili, monsignor Galantino: “Basta strabismi, prima difendete le famiglie tradizionali”. Sul futuro dell’Ue il ministro degli Esteri britannico Philip Hammond: “Londra vuole un buon accordo anche se non arriverà subito”. Sulle primarie Usa, il sindaco di New York Bill De Blasio: “Vincerà Hillary: nessuno è credibile tra i repubblicani”.

A centro pagina, con foto di una colonna di auto di miliziani Isis in Libia: “Libia, truppe speciali italiane nella coalizione”, “Ecco il piano discusso con gli Stati Uniti per la pacificazione: operativo quando si insedierà il governo”.

L’editoriale di Giovanni Orsina è dedicato al “ruolo dei conservatori”: “La domanda di destra senza offerta”.

Su Torino, nel decennale delle Olimpiadi invernali che si tennero nella città, segnaliamo un intervento dell’ex presidente Carlo Azeglio Ciampi: “Torino si rinnovi con lo spirito delle Olimpiadi”.

Il Fatto: “Missione di Juncker in Italia per capire cosa vuole Renzi”, “La finta guerra. Il premier attacca sui 3 miliardi perché ne vuole 25”. “A Bruxelles non capiscono qual’è l’obiettivo del nostro Paese che, anche ieri, è andato alo scontro con l’Ue. Il sospetto è che la vera posta in gioco siano le clausole di salvaguardia per la manovra 2017”.

Di fianco, le parole del conduttore della trasmissione “Ballarò”: “Giannini: la Rai può licenziarmi, il Pd no”. Al tema Rai è dedicato l’editoriale del direttore Marco Travaglio: “Quelli della notte”.

A centro pagina, con fotomontaggio dei due marò e Sonia Gandhi: “Giallo indiano: ‘Marò in cambio di dossier contro Sonia Gandhi’”, “Un agente locale di Finmeccanica scrive a due Corti internazionali”, “Christian James Michel, già finito a processo a Busto Arsizio per la commessa degli elicotteri Augusta-Westland al governo di Delhi, racconta di un incontro all’Onu in cui il presidente Modi propose a Renzi lo scambio”.

Di fianco, con foto dell’ateneo privato Koer di Enna: “Enna, nel regno di Mirello: ateneo-farsa e Parentopoli”, “L’ateneo Kore e gli amici di Crisafulli”.

A fondo pagina: “Ted Cruz, il cubano che parla di Dio per battere Trump”, di Giampiero Gramaglia.

Usa, primarie

Sul Corriere, a pagina 2, l’articolo di Giuseppe Sarcina da Des Moines, Iowa: “America, l’Iowa riapre i giochi”, “Il miliardario Trump battuto dal conservatore integralista Cruz. Clinton strappa una vittoria striminzita sul senatore Sanders”. “Trump scivola in Iowa, al primo impatto con i voti reali -scrive Sarcina- Si ferma al 24%. Lo ha battuto il conservatore-integralista Ted Curz, con il 28%. Ma la vera insidia, probabilmente, viene dal candidato che si è piazzato alle sue spalle, a pochissima distanza, il rampante Marc Rubio. Con il 23%, il più ortodosso del gruppetto di testa o, semplicemente, il meno estremista”. Il percorso, tuttavia, è lunghissimo: Cruz ha conquistato 8 delegati, Trump e Rubio 7 ciascuno. Sono rimasti in piedi anche il chirurgo Ben Carson con il 9% e 3 delegati, e, piccola sorpresa, il liberal Rand Paul con il 5% e un rappresentante alla Convention. Ma ne serviranno 1.237 a luglio per la nomination alla Casa Bianca. Per quel che riguarda il campo democratico, “Hillary Clinton è riuscita a contenere la tumultuosa e rumorosa avanzata di Bernie Sanders. L’ex segretario di Stato strappa una vittoria di misura, ma in termini politici il risultato sorride al settantaquattrenne senatore del Vermont che ha impegnato quella che definisce ‘la più potente macchina organizzativa degli Stati Uniti’, inchiodandola in un estenuante testa a testa. In sei caucus, le assemblee dei votanti, si è dovuto addirittura far ricorso al lancio della monetina per decidere a chi assegnare i delegati”. Ad Hillary Clinton vanno dunque 23 rappresentanti, all’avversario 21. E a questi vanno assegnati i “superdelegati” espressi dall’apparato del Partito democratico: 362 stanno con Clinton, che quindi sale a quota 385. Solo 8 con il senatore che insegue a 29. Il quorum per ottenere la nomination in casa democratica è pari a 2.382.

Su La Stampa: “L’Iowa lascia Trump a bocca asciutta. Cruz: una nuova era”, “Il senatore texano vince i caucus e batte il magnate. Terzo a sorpresa Rubio, favorito dell’establishment”. Di Francesco Semprini, che ne scrive da Des Moines.

Su La Repubblica: “Hillary prima, ma è in affanno e Sanders parla da vincitore”, scrive Federico Rampini, secondo cui “per l’ex segretario di Stato sarà una gara ad ostacoli”, perché “la base diffida dei suoi legami con l’establishment e con Wall Street”. Mentre del senatore del Vermont Bernie Sanders “piace ai giovani la coerenza”.

A pagina 5 del Corriere il “Chi vince e chi perde nel primo round Usa”. Di Giuseppe Sarcina. Sul fronte democratico: Clinton: “Un avvertimento per l’ex First lady: sarà lotta dura”. Bernie Sanders: “Il settantaquattrenne che ha entusiasmato soprattutto i giovani”. Per quel che riguarda i repubblicani: Ted Cruz, “Successo iniziale a base di Bibbia e Costituzione”. Il suo primato fra i repubblicani, secondo Sarcina, è “provvisorio”: il senatore texano ha fatto il pieno nel suo ecosistema naturale, raccogliendo il voto delle comunità religiose più conservatrici, mentre quelle progressiste hanno scelto Sanders. Si presenta come un conservatore, tutto Bibbia e Costituzione, però ha anche rispolverato la “rivoluzione reaganiana”. E nell’Iowa ha funzionato. Per quel che riguarda Donald Trump: “Anche nei panni dello sconfitto resta in corsa”, ha esordito in un ambiente a lui poco congeniale, perché l’Iowa è uno Stato pervaso da un’intensa visione morale della vita sociale e quindi anche della politica. Trump è riuscito comunque ad attirare anche una parte dei conservatori repubblicani, molti provenienti dalle chiese evangeliche. Su Marc Rubio: “Piace, lavora bene. Il partito potrebbe puntare su di lui”. E’ la sorpresa del primo round: il senatore della Florida si era presentato nell’Iowa “nel cono d’ombra del duo Trump-Cruz” e i dirigenti del partito potrebbero puntare su di lui facendo convergere appoggi organizzativi e finanziari. Da qui in avanti probabilmente diventerà il bersaglio polemico numero uno di Trump e di Cruz: “entrambi cercheranno di bollarlo come il candidato dell’establishment, una parola che ormai equivale a un insulto”. Infine, Jeb Bush: “Tanti spot inutili: ultima chiamata per ‘lo zio saggio’”. E’ il grande sconfitto: con la sua aria da zio saggio, ma completamente spaesato, lascia nello Stato dell’Iowa buona parte della due già esigue possibilità.

Su La Repubblica a pagina 15 l’analisi di Vittorio Zucconi: “Cruz batte Trump in nome di Dio ma l’establishment tifa per Rubio”. Zucconi parla del “triangolo” dei tre repubblicani: Il Bello, il Bullo e il Pio, ovvero Rubio, Trump e Cruz. Al vertice del triangolo c’è “il campione della Destra cristiana Ted Cruz, il figlio di un pastore protestante che due anni fa presentò ai leader delle potenti comunità religiose in una chiesa dell’Iowa il figlio, imponendogli le mani e battezzandolo come il politico in missione per conto di Dio. Unanimemente detestato dai colleghi senatori, oratoria meccanica e stridente da avvocato quale era, Cruz ha saputo opporre la croce alle falangi secolariste del newyorkese Donald Trump, frettolosamente e poco credibilmente convertito negli ultimi giorni”.

A pagina 3 del Corriere, sul “personaggio” Rubio : “Dalle retrovie avanza la sorpresa Rubio: ‘Sono l’unico che può arrivare fino in fondo’”, “Il terzo posto lancia il giovane senatore repubblicano della Florida. ‘Il mio turno è adesso’”. Ne scrive Massimo Gaggi.

Su La Repubblica Alexander Stille, a proposito di Rubio: “Il terzo posto sa di vittoria”. Dove si sottolinea che la forma del caucus “limita la partecipazione al dieci per cento del potenziale elettorato”, che è “la parte più motivata”. Inoltre, lo Stato dell’Iowa “è anomalo: è uno Stato quasi esclusivamente bianco in un Paese sempre più misto. Il suo elettorato repubblicano è più conservatore e il suo elettorato democratico più a sinistra del resto del Paese”.

Su La Stampa: “Clinton-Sanders, un pareggio trasformato in successo”, “L’ex segretario di Stato avanti per 0,2 evita la beffa come nel 2008. Ma il rivale conquista i giovani e riesce a portare nuovi elettori al voto”, scrive Paolo Matrolilli.

E lo stesso Mastrolilli intervista il sindaco di New York Bill de Blasio: “De Blasio lancia Hillary: ‘Vincerà lei, nessuno credibile tra i repubblicani’”, “Questa campagna è tutta basata sulla lotta alla disuguaglianza e l’agenda dell’ex first lady è la più progressista di sempre’”, “Il successo di Trump è legato al fatto che sta affrontando il tema della disuguaglianza economica, ma non è un candidato credibile”, “Sanders? E’ diventato la voce dei più poveri. Era un messaggio di cui il nostro partito aveva bisogno da molto tempo”. La rivalità tra Hillary e Bernie non rischia di spaccarvi? “No, è un dibattito salutare. Renderà il Partito democratico più progressista, e capace di vincere a novembre”, risponde De Blasio.

Su Il Fatto: “Hillary vince l’Iowa al lancio della monetina”, “Batte Sabders a testa o croce. Sorpresa fra i repubblicani: Donald il miliardario ko”, di Giampiero Gramaglia.

E a pagina 11, su Ted Cruz: “L’ultraconservatore che ha ‘visto la luce’ ora è l’anti-Trump”, “Il discorso d’esordio lo tenne in una università evangelica, le sue parole chiave: speranze, libertà e fede in Dio”. Di Giampiero Gramaglia.

Ue-governo

Su La Repubblica, pagina 2: “Il Ppe a trazione tedesca dà l’aut aut a Renzi. ‘La flessibilità è finita’”, “Weber: anche il socialista Moscovici la pensa così. Il premier: non prendiamo più lezioncine dai partner”, scrive Andrea Bonanni da Bruxelles.

Su La Stampa, pagina 2: “’Basta flessibilità all’Italia’. Nuovo schiaffo al governo”, “Il leader dei Popolari Weber attacca: il vostro Paese ha già avuto troppo. Renzi: diamo 20 miliardi alla Ue, basta lezioncine. Moscovici: non vi capisco”.

Sul Corriere della Sera: “Flessibilità, Renzi attacca ancora. L’alt di Moscovici: così non ci aiuta”, “Il commissario Ue duro, poi frena. Il premier contro i burocrati: la cornice non tiene più”. Ne scrive Marco Galluzzo, dando conto delle dichiarazioni del capogruppo Ppe Weber e del commissario agli Affari economici Pierre Moscovici, che appartiene alla famiglia socialista.

Sulla stessa pagina il “retroscena” di Francesco Verderami: “Troppi scontri con Bruxelles. E ora l’insofferenza rischia di far breccia nel Pse”.

La Repubblica: “La lotta Merkel-Schaeuble e la rivolta dei falchi di Berlino: ‘Basta con il ricatto italiano’”, “Il potente ministro delle finanze di Berlino alza il livello dello scontro in vista delle prossime elezioni locali”, scrive Tonia Mastrobuoni da Berlino. E riferisce le parole della cancelliera: “Quando le guerre saranno finite, i profughi torneranno nei loro Paesi d’origine”. Poi scrive che “nel governo tedesco ridimensionano le parole contro Renzi del capogruppo Ppe” Manfred Weber.

Su La Stampa l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta dice: “Ma se l’Italia continua così rischia un pericoloso isolamento”, “L’ex premier: le polemiche contro la Ue alimentano l’anti-italianismo. E avverte: potremmo diventare una seconda Grecia”, “Abbiamo bisogno di un’Europa capace di gestire sicurezza e migrazioni: soluzioni nazionali non esistono”, “per anni abbiamo appaltato la nostra sicurezza agli Usa. Senza un sistema di alleanze affondiamo”, “Polemiche anti Ue per contendere voti a Grillo e Salvini alimentano effetti controproducenti”.

Su Il Fatto: “Duello infinito con Juncker: l’obiettivo vale 25 miliardi”, “A fine mese. Il presidente della Commissione prepara la sua visita da noi per capire cosa vuole davvero Renzi. La posta in gioco sono le clausole di salvaguardia”, scrive Stefano Feltri.

Brexit

Sul Corriere della Sera: “Londra ottiene un pacchetto di riforme. Ma l’uscita dalla Ue non è scongiurata”, “Freno ai benefit per gli immigrati. E i parlamentari potranno bloccare le direttive”, “David Cameron convocherà il referendum per il 23 giugno”.

Su La Repubblica: “Welfare, la Ue cede a Londra”, “Il Consiglio europeo accorda alla Gran Bretagna il ‘freno d’emergenza’ sui benefici per gli immigrati comunitari. Mossa per scongiurare la Brexit. Cameron: ‘Progresso sostanziale’. Ma gli euroscettici: ‘No, è uno schiaffo’”.

Su La Stampa: “Tusk, mano tesa a Cameron: ‘Più libertà al Regno Unito’”, “Sul tavolo il piano per evitare la Brexit: sì ai veti dei Parlamenti nazionali sulle leggi europee e welfare ridotto per i migranti. Il ruolo di Hollande”. Ne scrive Marco Zatterin da Bruxelles.

Il quotidiano intervista il ministro degli Esteri britannico Philip Hammond, che dice: “Voglio un buon accordo. Non mi interessa che arrivi subito”, “Italia nostra alleata per la riforma dell’Ue”, “Il documento di Tusk recepisce le nostre richieste in tutte le aree e questo 4 anni fa sembrava impossibile”, “Siamo soddisfatti della proposta, ma ora servono dei meccanismi per metterla in pratica”.

Su Il Fatto: “Unione in frantumi per scongiurare la Brexit di Cameron”, “Le proposte di Bruxelles possono soddisfare le richieste del premier inglese, ma minano i fondamenti Ue, scrive Marco Palombi.

Iraq, Isis, Libia

Sul Corriere, a proposito della riunione ieri a Roma della coalizione anti-Daesh, cui era presente il segretario di Stato Usa John Kerry: “Vertice a Roma sull’Isis: una lunga guerra”, “Alla Farnesina il summit di 23 Paesi contro il Califfato. Gentiloni: in Libia tempi stretti per il governo. L’elogio del capo della diplomazia americana Kerry all’Italia: ‘Non potremmo avere partner migliore’”.

La Repubblica: “’Schiacceremo l’Is’. Gli Usa aumentano il budget: 7,5 miliardi. Pressing sugli alleati”, “A Roma vertice della coalizione contro il Califfato. Kerry: ‘Battagli alunga, serve l’impegno di tutti’”.

A pagina 7: “Iraq, più soldati italiani: saranno mille”, “Dopo il via libera al contingente per la diga di Mosul il nostro impegno potrebbe salire”, “Subito altri 130 uomini ed elicotteri. Fino a diventare la seconda forza sul campo dopo gli Stati Uniti”, scrive Giampaolo Caladanu.

Su La Stampa: “La risposta di Roma agli alleati. Soldati a Erbil e alla diga di Mosul”, “Il ministro degli Esteri francese Fabius: non ci avete lasciati soli”.

Su La Stampa il “retroscena” di Fabio Martini: “Tornado e reparti speciali. Così l’Italia prepara l’intervento anti-Isis in Libia”, “Prende forma la coalizione internazionale. Ma prima serve un governo”.

Francia

Su La Repubblica: “Lotta al terrorismo, gli intellettuali contro Hollande”, “Da Picketty a Cohn-Bendit appello su ‘Le Monde’. ‘Parlamentari, non cambiate la Costituzione’”. Ne scrive da Parigi Anais Ginori.

Spagna

Sul Corriere: “Spagna verso sinistra. Incarico di governo al socialista Sanchez”, “’Farò una coalizione con le forze del cambiamento’”. Il giovane leader -scrive Elisabetta Rosaspina- ha chiesto al re un mese di tempo. Ma faticherà a trovare i voti necessari. Sanchez ha lanciato un appello alla destra e alla sinistra, escludendo solo gli indipendentisti catalani. Le ultime elezioni hanno chiuso l’epoca del bipolarismo: pesantemente ridimensionati dalle urne, socialisti e popolari devono ora fare i conti con nuove formazioni all’attacco, come la sinistra populista di Podemos, frutto dell’onda lunga degli Indignados e guidata dal poco malleabile professore di scienze politiche Pablo Iglesias (37 anni). O come Ciudadanos, partito nato in Catalogna una decina di anni fa e arrivato a Las Cortes con un altro giovane leader, il conservatore Albert Rivera (36 anni), che ha fatto tutta la sua campagna elettorale promettendo che resterà all’opposizione. E con cui Iglesias ha messo in chiaro di non voler stabilire alcuna alleanza alternativa. Iglesias ha detto che è disposto ad appoggiare i socialisti, in cambio della vice presidenza del governo e di ministeri sostanziosi per il suo partito. Anche ricorrendo all’estrema sinistra di Izquierda Unida, il leader socialista Sanche faticherà a trovare la base parlamentare necessaria. E se anche dovesse miracolosamente farcela, grazie a strategiche astensioni, faticherà a pilotare un consiglio dei ministri tanto eterogeneo.

Unioni civili

Su La Stampa: “Le pregiudiziali non passano. Il Pd difende le adozioni”, “La Cirinnà non molla: ‘Questa è già una sintesi moderata del ddl’. I centristi giocano le ultime carte: ‘Tentiamo di trattare fino all’ultimo’”.

E sulla stessa pagina il “retroscena” di Jacopo Jacoboni: “Quei parlamentari M5S tentati dal no. I cinque stelle e il canale col Vaticano”, “Le visite di Di Battista, Morra e Lombardi da Becciu e Fisichella. I renziani: attenti, alcuni grillini possono affondare il ddl”.

La Repubblica intervista il senatore cattolico Dem Giorgio Tonini, che dice, a proposito della presa di posizione di Angelino Alfano di votare a favore del disegno di legge se si elimina l’articolo sulle adozioni: “L’offerta di Ncd è un fatto nuovo, ma non c’è vincolo di maggioranza”. Spiega: “E’ un fatto nuovo che i centristi dicano ‘votiamo la legge, a condizione…’ Avevano sempre affermato che non andava bene in nessuna sua parte”. E’ rischioso per la maggioranza far passare la legge con una maggioranza Pd-M5S? Tonini: “Questo è un provvedimento parlamentare, non rientra negli accordi di governo”.

“Definire il Family Day reazionario e’ assolutamente improprio. Su come regolare le questioni della vita non si puo’ applicare la coppia progresso-reazione. Quella

folla esprime un modo di vedere la famiglia che appartiene a una

vasta parte della società italiana”, dice al Corriere della Sera, Giuseppe Vacca, presidente della Fondazione istituto Gramsci. “Io -dice- penso che sia un bene che la legge sulle unioni civili passi. Ma si deve risolvere il nodo della stepchild adoption: trovo fondate le osservazioni di chi dice che puo’ essere un modo surrettizio per introdurre la maternità surrogata, l’utero in affitto”.

Su La Stampa, intervista il segretario generale della Cei Monsignor Nunzio Galantino: “Basta con questo strabismo. Le famiglie tradizionali sono quelle da difendere di più”, “Family day? Giornata positiva”. Dice Galantino: “Comincio da una banalità che sembra ignorata: le famiglie composte da padre, madre e figli sono assolutamente maggioritarie rispetto ad altre forme di convivenza. Dinanzi a questa realtà è ovvio chiedersi: ma quanto investono i nostri governanti per tenere viva e produttiva questa realtà?”.

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