In attesa del messaggio di fine anno

Il Corriere della Sera. “Svolta contro il lavoro nero”. “Multe fino a 10 volte. Spread mai così basso dal luglio 2011”. “Milleproroghe, Napolitano firma i decreti economici. Tetto agli stipendi dei dirigenti pubblici”. In evidenza anche la vicenda dei genitori adottivi in Congo: “Congo, violenza e adozioni ferme. Il dramma delle famiglie italiane. Paura nel Paese, genitori senza figli forse fino a settembre”. L’editoriale è firmato da Antonio Polito, ed è dedicato a Matteo Renzi: “L’impazienza di un leader”.

 

La Repubblica apre con le parole del segretario Pd “’Niente voto, ma Letta cambi’”, “la road map di Renzi: legge elettorale e lavoro entro gennaio”.

 

L’Unità: “Le mine vaganti per Letta. Il 2014 sarà un anno pieno di insidie, su lavoro, legge elettorale e riforme si gioca tutto”. “Rischio elezioni in agguato. Stasera il messaggio di Napolitano: più coraggio nel risolvere il disagio sociale”. In prima il richiamo ad una intervista a Gianni Cuperlo: “Senza svolta meglio il voto”. E in taglio basso: “L’Italia è più povera e con i salari bloccati”.

 

Il Sole 24 Ore: “Borse, l’anno della rivincita”, “listini al top. Tokyo + 56,7 per cento davanti a Wall street e Francoforte”. In taglio basso: “Da oggi 69 proroghe”, “social card, sfratti, lavoro nella Pa, revisori: tutte le novità”, “con il via libera di Napolitano in vigore il Milleproroghe diviso in due decreti”.

 

La Stampa: “Strage in Russia: il terrore minaccia i giochi di Putin”.

 

Libero: “Come salvarsi da Euro e tasse”. Si tratta delle anticipazioni di un libro di Mario Giordano. In prima un richiamo ad una intervista ad Angelino Alfano: “Non torno con Silvio, farò il Silvio”.

 

Il Giornale punta sul messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica: “Il Capo-danno”. “Nel discorso di questa sera dirà ancora una volta di no alle elezioni, ma gli italiani sono stufi delle sue ingerenze e la popolarità dell’inquilino del Quirinale è ai minimi storici”. La foto a centro pagina è per uno dei clandestini che si sono cuciti la bocca nel Cie di Ponte Galeria: “Il simbolo dei progressisti è un clandestino criminale. Si era cucito la bocca, ora è agli arresti”.

 

Il Fatto quotidiano, in riferimento alle proteste delle madri provenienti dalla cosiddetta Terra dei fuochi: “Il grido delle madri, ‘il Colle non risponde’”.

A centro pagina attenzione per una indagine relativa all’arresto di un ex giudice del tribunale fallimentare: “Viaggi e denaro contante, il mercato delle sentenze”.

 

Napolitano, Renzi, governo

 

Su Il Giornale un retroscena: “Altro che dimettersi. Napolitano dirà no al voto anticipato. L’ottavo discorso del Presidente della Repubblica sarà breve e metterà l’accento sulle riforme. FI attacca: ‘Il Colle ha fallito’”. Scrive Stefano Folli sul Sole 24 Ore che Giorgio Napolitano parlerà ai cittadini più che alle istituzioni, e che il suo messaggio avrà al centro riforme e lavoro. Due priorità che giudica ineludibili, al punto da non escludere le dimissioni. Il segretario della Lega Salvini ha detto che guarderà il cartone animato di Peppa Pig anziché ascoltare il discorso di San Silvestro di Napolitano, e i seguaci di Grillo, scrive Folli, hanno diritto a sintonizzarsi sul web invece che sui canali televisivi: l’uso del telecomando è quasi un diritto civile, nel nostro Paese. Ma il problema è un altro: dietro questi messaggi goliardici si nasconde la volontà di delegittimare il Quirinale per impedirgli qualsiasi margine di manovra che non sia lo scioglimento delle Camere, secondo i desideri del triangolo 5Stelle-Berlusconi-Lega. La sfida e l’assedio di questo fronte trova il suo culmine nelle invettive di Grillo, che insiste sul tema dell’impeachment, questione del tutto priva di senso giuridico. Quel che conta è disarticolare ciò che resta delle istituzioni, “colpire nel Quirinale il residuo punto d’equilibrio del sistema”. “A tale gioco Renzi si è logicamente sottratto, la sua iniziativa politica senz’altro piuttosto ruvida, forse è anche priva di lucidità, ma è tutta rivolta al governo Letta”. E sulla stessa pagina si scrive che l’obiettivo di Renzi, impegnato in una “guerra di nervi”, è fare la nuova legge elettorale entro febbraio: secondo il quotidiano il leader Pd vuole la riforma per avere un potere reale sul governo. Per prenderne il controllo, “ma dall’esterno, senza rimpasti o patti di coalizione”, scrive il quotidiano.

 

Un altro articolo de Il Giornale è dedicato alla popolarità del Presidente, che sarebbe “ai minimi storici”. L’articolo, basato su un sondaggio Demos pubblicato ieri da La Repubblica, spiega che la stragrande maggioranza degli italiani “è ormai favorevole a eleggere direttamente la prima carica dello Stato, come avviene in Francia e negli Stati Uniti. Un chiaro segnale di sfiducia contro le liturgie parlamentari e allo stesso tempo il superamento di uno storico tabù post-fascista, cioè non c’è più paura dell’ ‘uomo forte’”.

 

La Repubblica dedica le prime pagine alla “road map di Renzi” e riassume così il suo pensiero: “Non si voterà nel 2014 ma ora il governo cambi passo”. Parole di Renzi: Il nodo “non è il rimpasto né aggiungere o togliere ministri”. Subito dopo l’Epifania il calendario renziano ha una data cerchiata in rosso ed è il 10 gennaio: quel giorno il leader presenterà ufficialmente la proposta di riforma della legge elettorale e l’atteso job act. Vorrebbe arrivare ad un ok definitivo della Camera entro metà febbraio.

Per restare al Pd, un dietro le quinte di Maria Teresa Meli evidenzia come i dubbi si allarghino anche alla minoranza, che si unisce in una domanda: “Senza svolta perché andare avanti?”. Non a caso Cuperlo chiede “qualcosa di concreto”, Matteo Orfini scalpita e dice che “bisogna cambiare passo” e Massimo D’Alema sottolinea che “il governo deve cambiare registro sennò si va a sbattere”. E lo stesso Gianni Cuperlo viene oggi intervistato da L’Unità: “Io fino ad oggi ho difeso Letta e la sua azione e non me ne pento, ma sottovalutare o tacere il distacco che c’è tra governo, Parlamento, partiti e il dramma sociale che si consuma, più che una disattenzione sarebbe una colpa imperdonabile, “a Letta chiedo uno scatto d’orgoglio perché il suo e il nostro destino non è quello di galleggiare”. Altrimenti è meglio andare a elezioni? “Se siamo in grado di imprimere questa svolta bene, se non siamo in grado se ne prenda atto”.

Spiega Cuperlo che di fronte alla drammatica perdita di posti di lavoro se qualcuno “si ostina a dire che il problema è la difficoltà a licenziare è solo un matto o un bugiardo. Altra cosa è aiutare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro aiutando a stabilizzarli”; per creare lavoro e rilanciare la crescita “bisogna ripensare lo Stato e il suo ruolo”, “serve un ruolo straordinario dello Stato nei settori vitali”; servono riforme che colpiscano “le rendite annidate negli apparati dello Stato e delle istituzioni che sono le vere caste”; colpire chi ha depresso le risorse del Paese “dall’inefficienza amministrativa al funzionamento della giustizia, per finire al modello di capitalismo assistito che ha dominato la nostra storia”; e, sull’Europa, parla di “linea sciagurata” seguita fino a questo momento, è utile adottare “una politica dei redditi su scala europea, tenendo conto dei diversi livelli di competitività, dare alla Bce le funzioni di una vera banca centrale”, e battersi “per una vera unione bancaria con una garanzia europea dei depositi e una condivisione dei debiti pubblici”.

 

Su Il Fatto: “Renzi, Letta e Re Giorgio, vince chi logora (di più)”. Per il quotidiano è un “logoramento continuo” che ricorda “altri precedenti storici”, come la guerra feroce tra Craxi e De Mita premier. E’ un “triangolo psico-politico” perché Colle e Palazzo Chigi “sono la tenaglia per fermare, ingabbiare, imprigionare il leader Pd fino al 2015, con un patto di governo, a metà gennaio”.

Su La Repubblica: “Il Colle nel mirino dell’opposizione. Grillo pronto al controdiscorso. Forza Italia divisa sul boicottaggio”. Il quotidiano intervista Emanuele Macaluso, storico amico del Presidente. Crede che se non si faranno le riforme Napolitano si dimetterà? “Io penso proprio di sì”. E quando? “Nel suo discorso di insediamento aveva parlato di un anno e sei mesi per modificare la Costituzione, quindi entro l’estate-autunno”. Cosa vogliono le opposizioni coalizzate? “Lo sfascio. Demolire il sistema politico costituzionale di cui Napolitano è stato il garante. E poi vogliono le elezioni. Ma con quale legge? Non sono nemmeno capaci di approvare le nuove regole elettorali”. E poi: “Fintanto che c’è un governo e una maggioranza il capo dello Stato ha il dovere costituzionale di non sciogliere il Parlamento”.

 

Libero: “’Riforme con tutti’. Regalo di Capodanno del Colle al Cavaliere”, “Napolitano, deluso dall’operato del governo, potrebbe minacciare l’addio nel discorso di stasera. I nodi vanno sciolti subito. Se serve, anche con Berlusconi”.

 

Il Corriere della Sera scrive che sul fronte del centrodestra “non sfonda” il pressing dei falchi anche sul boicottaggio del messaggio presidenziale. Il Cavaliere guarderebbe con un certo distacco a queste iniziative.

Invece secondo La Stampa Berlusconi sarebbe “furioso” per il discorso che arriverà dal Colle: “Avrebbe ricevuto anticipazioni da una ‘talpa’” secondo cui alcuni passaggi del discorso presidenziale sarebbero dedicati alle vicende giudiziarie del Cavaliere. Il quotidiano ricorda che per il Cavaliere avrebbe potuto essere l’ultima occasione di riabilitazione da parte di Napolitano: tra qualche settimana scatterà l’esecuzione della pena e Berlusconi in qualche modo sente di avere le mani legate dalla sua condizione di condannato che dovrà presentarsi in udienza per concordare i termini dell’affido ai servizi sociali o della carcerazione a domicilio. Tra i falchi, Daniela Santanché attacca: “State certi che il messaggio di Napolitano sarà un’altra delusione: solo un discorso di ricatti”, mentre “sulla pacificazione continuerà a far finta di niente”.

 

Libero intervista il vicepremier e leader del Nuovo Centrodestra Angelino Alfano: gran parte delle domande riguardano gli appelli a tornare in Forza Italia. Alfano dice che secondo gran parte dei sondaggi il Nuovo centrodestra sarebbe oltre il 7 per cento, ovvero “la quarta forza politica del Paese, a un mese dalla nascita”. Poi spiega: “noi non siamo usciti da Forza Italia. Si è chiusa l’esperienza del Pdl”, non c’è ragione “per cui dovremmo rinunciare a questo nuovo movimento”. “Detto questo – sottolinea Alfano – la struttura del centrodestra è sempre stato una coalizione, quindi l’articolazione in 4 partiti che ci ha fatto vincere in passato può tornare a esserci”. Non si sente messo fuori gioco dal dialogo a distanza tra il Cav e Renzi sulla legge elettorale? “Fuori gioco sono quelli che non parteciperanno alle riforme e alle scelte del governo. Noi invece siamo decisivi per la vita del governo”, “se qualcuno ritiene di poterci creare imbarazzo proponendo cambiamenti rapidi della legge elettorale o del bicameralismo, sappia che noi saremo quelli che spingeranno di più per queste riforme”. Ma un sistema a turno unico vi azzopperebbe…Alfano risponde che il partito proporrà quello che considera il sistema elettorale più appetibile ovvero il ‘sindaco d’Italia’.

 

Lavoro

 

Su L’Unità si leggono i numeri del rapporto Istat sulla Coesione Sociale. 1 milione e 800 mila famiglie circa (il 6,8 per cento) e l’8 per cento dei cittadini sono in povertà assoluta: dal 2005 la percentuale è raddoppiata e addirittura triplicata se si considerano solo le regioni del nord (da 2,5 a 6,4). Per quel che riguarda la povertà relativa (la cui soglia massima è una spesa mensile di circa 990 euro a coppia) tocca quasi un italiano su 6 (il 15,8 per cento) e un nucleo su 8 (il 12,7 per cento, pari a 3 milioni e 232 mila famiglie). I dati sono riferiti al 2012.

Sul Sole 24 Ore: “Al nord poveri triplicati in otto anni”. Scende ancora il numero degli occupati. I lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato nel 2013 sono diminuiti dell’1,3 per cento rispetto al 2012, attestandosi a quota 10 milioni 352.343. Il calo è più forte per gli under 30 (-9,4 per cento). C’è stato invece un boom dei lavoratori stagionali: sono passati da 79.269 (nel 2012) a 136.817 nel primo semestre 2013 (+ 72,6 per cento). Sono lavoratori esclusi dal contributo addizionale della cosiddetta Aspi (assicurazione sociale per l’impiego) prevista per i contratti a tempo determinato dalla legge Fornero. Sulla stessa pagina una intervista al ministro del lavoro Enrico Giovannini, che parla della “inversione del ciclo” sul fronte occupazione. Nel terzo trimestre del 2013 il saldo tra assunzioni e cessazioni è tornato a crescere, e – dice il ministro – il dato “lascia ben sperare”. Occorre ricordare che la domanda di lavoro “ripartirà solo dopo che saranno riassorbite la cassa integrazione e le riduzioni di orario (cosa che già nel terzo trimestre sta accadendo nell’industria manifatturiera)”, e che “non c’è un intervento che da solo possa soddisfare le esigenze di tutte le imprese”. Giovannini ricorda che gli incentivi per assumere i giovani a tempo indeterminato hanno prodotto – al 20 dicembre – 15.300 neoassunti, mentre solo tremila sono trasformazioni di contratto a termine, ed anticipa un altro dato, da una indagine Excelsior sull’ultimo trimestre, da cui risulta che l’80 per cento delle imprese dichiara di conoscere i contenuti del provvedimento, e che circa il 9 per cento di queste imprese – cioè circa 150 mila imprese – dichiara che utilizzerà gli incentivi per le nuove assunzioni. Solo il 17 per cento di queste 150 mila imprese avrebbe assunto comunque. Per il prossimo mese Giovannini annuncia un “cantiere per le semplificazioni amministrative con le parti sociali e i consulenti del lavoro”, con l’obiettivo di rivedere le “dieci procedure più onerose per le imprese entro un mese”. Sul dibattito di questi giorni sul contratto unico: “Sono pronto a discutere di contratto unico o di altre misure al più presto con i responsabili per il lavoro di tutti i partiti”.

 

Internazionale

 

Ieri mattina, poco dopo l’alba, un kamikaze si è fatto saltare all’interno di filobus nella città di Volgograd, nella Russia orientale. Non erano passate nemmeno 12 ore dall’attentato alla stazione ferroviaria della stessa città. Alla vigilia dei giochi invernali di Sochi, il terrorismo rischia di distruggere quello che Il Sole 24 Ore definisce “il sogno da 50 miliardi di dollari del presidente russo”. Perché è un azzardo volere i giochi a un soffio dai luoghi in cui nasce la jihad russa. Fin dall’estate l’autoproclamato emiro del Caucaso Dokku Umarov aveva dichiarato guerra alle Olimpiadi “sulle ossa dei nostri antenati”. I due attentati dimostrano che fermare i terroristi è quasi impossibile, dal momento che – come aveva detto lo stesso Umarov, per i militanti islamici il teatro di guerra non è più il Caucaso ma la stessa Russia. Un primo attentato a Volgograd ci fu in ottobre, e uccise sei persone. Per quel che riguarda l’attentato di due giorni fa alla stazione, inizialmente si era parlato di una donna kamikaze, ma ora le autorità sarebbero arrivate alal conclusione che si tratterebbe di un russo della regione di Mari El, nella parte orientale della Russia europea. Lo avrebbero identificato come Pavel Pechjonkin, un paramedico che si sarebbe convertito all’islam unendosi ai militanti del Daghestan, la repubblica del Caucaso divenuta l’epicentro della rivolta: “Sono venuto per guadagnare il Paradiso”, aveva detto il ragazzo in un video rispondendo ai genitori che la supplicavano di tornare a casa. Al momento dal sito Kavkazcentre gli uomini di Umarov non hanno rivendicato gli attentati.

 

Su La Stampa: “Pavel, il mujaidin biondo conquistato dalla guerra santa”. Nel video indossava la fascia verde sui capelli biondi e mostrava di possedere un russo molto più fluente rispetto alla parlata contadina dei suoi genitori. Si presentava come Ansar Al-Rusi. Ad organizzare la strage di Volgograd era stato Dmitri Sokolov, russo convertito da sua moglie, che si era fatta esplodere su un autobus. I nuovi terroristi sono cani sciolti convinti di essere eroi.

Il Corriere scrive che Pavel sarebbe un inferimere di Kazan, altra città sul Volga, che da un anno non aveva più dato notizie di sé in famiglia.

 

Su La Stampa Anna Zafesova scrive che da ieri non si possono più mandare pacchi chiusi con destinazione Sochi. Ulteriore misura di sicurezza che va ad aggiungersi ad uno schieramento che Mosca ha messo in piedi per i giochi invernali. Il ministro dell’Interno ha promesso già mesi fa l’impiego di 30 mila agenti di polizia e di truppe interne (a Londra, già colpita da attacchi terroristici, nell’estate del 2012 vennero impiegati ‘solo’ 18 mila uomini). Un intero esercito assistito da altri 1500 uomini della Protezione civile, senza contare 5500 telecamere, droni ,metal detector, cani che fiutano l’esplosivo. I telefoni saranno talmente monitorati che il dipartimento di Stato Usa consiglia di lasciare a casa smartphone e portatili. Lungo i confini meridionali russi sono stati disposti sei sistemi di difesa missilistica. Ma il pericolo restano i terroristi solitari che si aggirano a piedi o prendono l’autobus.

La portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Hayden, come riferisce La Repubblica, ha detto che “il governo americano offre tutto il proprio appoggio in materia di sicurezza per i giochi di Sochi”.

 

E su questo quotidiano segnaliamo l’analisi di Adriano Sofri: “I signori del terrore”. Sono un giovane russo convertito e una giovane daghestana ad aver attuato “la loro micidiale staffetta terroristica”, scrive Sofri, ricordando che la prima guerra russo-cecena (1994-1996) era ancora lo scontro tra la Russia imperiale e l’indipendentismo ceceno e del Caucaso del nord; “quando il nazionalismo ceceno fu ferocemente annientato, il sogno antico della indipendenza o della Federazione della montagna lasciò il posto all’internazionalismo islamista e allo slogan dell’emirato del Caucaso”. Putin ha voluto aggiudicarsi i giochi invernali del febbario 2014 per mettere spettacolarmente in scena il trionfo sulla ribellione cecena, che gli aveva spianato la strada. Ha scelto Sochi, scenario prossimo al Caucaso indomato”. Ricorda Sofri che peraltro “i ceceni della diaspora sono un reparto tra i più agguerriti e prestigiosi della internazionale islamista, e in Siria, dove si è dislocato il conflitto tra sunna e shia, combattono una guerra interposta contro i russi protettori di Bashar Al Assad”.

Il tema torna anche in una analisi di Alberto Negri sul Sole 24 Ore: “Quel legame con i ribelli qaedisti in Siria”, dove si spiega che nel luglio scorso il capo dei servizi sauditi Bin Sultan aveva incontrato Putin e gli avrebbe proposto di far di tutto per controllare i ceceni che minacciano i giochi di Sochi in cambio della decisione di Mosca di abbandonare il presidente siriano Assad al suo destino (ricevendo come contropartita mano libera sui gasdotti, un patto di ferro per controllare il prezzo del petrolio, un contratto da 15 miliardi in armi e il mantenimento della base russa in Siria, a Tartus). Putin ha respinto l’offerta di Ryad ma tre settimane fa è tornato da incontrare Bin Sultan. Questa volta alle sontuose proposte si sarebbe aggiunta la richiesta di un rinvio della conferenza sulla Siria del 22 gennaio, con l’obiettivo di tenerne fuori l’Iran e preparare la transizione della Siria senza Assad.

 

Su Il Giornale un reportage dalla Grecia: “In fumo i sacri ulivi olimpionici. La Grecia brucia la sua storia”, “mezzo milione di greci senza gasolio per scaldarsi. A Creta bruciano gli alberi bimillenari le cui foglie care ad Atena incoronavano gli atleti”.

Il Fatto evidenzia come i colpi esplosi la scorsa notte ad Atene contro l’abitazione dell’ambasciatore di Germania sono “un triste viatico per il semestre di presidenza greca dell’Ue, che si apre domani”. Un commando di 4 persone armato di Kalashnikov ha colpito i muri dell’edificio, testimoniando l’astio per le politiche di rigore imposte dalla Ue e dalla Germania. L’antiterrorismo indaga sugli anarchici e sulla sinistra rivoluzionaria. Il partito Syriza, sinistra radicale euroscettica, ha espresso “piena condanna” dell’episodio.

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