Dopo Colonia (tra raid anti-immigrati e integrazione)

La Repubblica: “Bufera M5S, il sindaco resiste a Grillo”, “Quarto, il movimento si divide. Perquisita la casa di Capuozzo. Cantone: appalti regolari”.

E sulle intercettazioni l’articolo di Dario del Porto e Conchita Sannino: “I boss erano pronti a votare per il Pd”.

Più in basso: Camera, via libera alle riforme. Il fronte del no: le aboliremo”, “Il ddl sul nuovo Senato. Attacco alla Boschi”.

La rubrica “Il Punto” di Stefano Folli: “Renzi versus Merkel, un gioco pericoloso”.

Campeggia nella parte alta della prima pagina una foto di David Bowie, per presentare l’inserto R2 speciale: “Uno, cento, mille David Bowie”. Ne scrivono Gabriele Romagnoli (“Un eroe per tutti”), Giuseppe Videtti e lo scrittore anglo-pakistano Hanif Kureishi (“Il mio amico Duca ribelle”).

A fondo pagina “il caso” raccontato da Salvo Palazzolo da Cinisi (Palermo): “L’omaggio al boss mafioso nel paese dei Centopassi” (fuochi d’artificio per i 100 anni del capomafia più anziano del mondo, Procopio Di Maggio).

Sulle molestie a Colonia la notte di Capodanno: “Colonia, è caccia agli immigrati. Verbali-shock sulle violenze”.

Di spalla a destra il reportage dal Kenya di Pietro Del re: “Nel college dei ragazzi che sfidano la Jihad”, “Nove mesi dopo la strage riapre in Kenya la scuola di Garissa”.

Il Corriere della Sera, sul caso Quarto: “’Ecco chi sapeva’ Quelle telefonate su Quarto e 5 Stelle”, “L’inchiesta. La sindaca: Di Maio avvisato, deve commissariare”.

Più in basso: “Approvato il nuovo Senato. Parte la corsa al referendum”, “Il comitato del no: c’è la quota per la consultazione”.

Elena Tebano, dalla Germania: “Dopo gli assalti di Colonia scattano i raid anti-stranieri”.

Anche sul Corriere una grande foto di David Bowie: “I volti di un mito”. Con i contributi di Beppe Severgnini (“Noi ragazzini pazzi di Ziggy”), Matteo Persivale (“Oltre la musica e la sessualità”) e Mario Luzzatto Fegiz (“Voce magica in solitudine”).

L’editoriale in prima è firmato da Massimo Gaggi: “L’eredità (in)visibile di Obama”.

A fondo pagina: “Non sarà più reato guidare senza patente”, “Le resistenze dei centristi al piano di depenalizzazione all’esame del governo”.

Poi i dati sui tumori dell’Istituto Superiore di Sanità: “Terra dei Fuochi: emergenza bimbi”, di Margherita De Bac.

La Stampa: “Libia, blitz umanitario dell’Italia”, “A Misurata la prima operazione militare: medici e uomini del Viminale per portare a Roma 15 cadetti feriti in un attacco dell’Isis”, “Germania: dopo le violenze di Colonia, gruppi estremisti ‘a caccia di immigrati’. Appello del Papa per i profughi: l’Europa non dimentichi il valore dell’accoglienza”.

Con l’editoriale di Stefano Stefanini: “Il passo avanti per la stabilità di Tripoli”.

E un articolo di Karima Moual: “I connazionali convertiti: così l’Islam ci ha convinti”.

Di spalla a destra il reportage di Paolo Mastrolilli dal New Hampshire: “Le voci del popolo di Trump: ‘Fuori gli stranieri’”.

A centro pagina, con foto dell’omaggio dei fans al quartiere natale di Bowie a Brixton, Londra: “I mille volti di Bowie, marziano della musica”. “Pioniere di un tempo senza confini” è il titolo della riflessione di Gianni Riotta.

Sulla colonna a destra anche un’intervista alla madre di Giuseppe Di Matteo, il bimbo sciolto nell’acido da Giovanni Brusca: “’Sciolse nell’acido mio figlio: niente permessi a Brusca’” (è uscito dal carcere per un permesso di tre giorni, ndr.)

Poi “la storia”: “Cuneo, il sindaco che non ci vede, ‘Ma ascolto tutti’”.

Il Fatto apre con il voto della Camera ieri alle riforme costituzionali: “Schiforme, c’è chi dice NO”, “Raggiunte le firme dei parlamentari per la consultazione popolare”, “La Camera vara la legge Boschi, ma ci sono le prime adesioni al comitato che chiede di cancellarla”.

Con un commento di Gustavo Zagrebelsky: “I riformatori incostituzionali”.

Poi sul caso banche: “Banca Etruria &C, messaggi e paure, la commissione d’inchiesta è sparita”.

A centro pagina: “La sindaca di Quarto: ‘Mi hanno lasciata sola’. E oggi Grillo la caccia”, “Politica e camorra. I carabinieri perquisiscono il Comune e la casa della Capuozzo”.

E “Il Giglio magico riabilita Saviano: attacca il M5S”, scrive Daniela Ranieri.

Sulla morte di David Bowie il quotidiano riferisce le opinioni di Renato Zero (“Non piangiamo, uno così non muore mai”) e intervista il manager dello spettacolo David Zard (“Volle venire in Italia dove le star avevano paura”). Stefano Benni scrive che “si vestiva da clown ma era un genio serio”.

L’editoriale del direttore Marco Travaglio è dedicato al reato di immigrazione clandestina: “Cervelli clandestini”.

Obama, Usa

Sul Corriere in prima l’editoriale di Massimo Gaggi è dedicato all’ultimo discorso sullo Stato dell’Unione che Obama pronuncerà oggi (alle 21 di Washington). Scrive Gaggi: “con una misura notata da pochi che limita l’uso dei condizionatori d’aria, Barack Obama ha creato le premesse per ridurre dell’1% i consumi energetici americani. Altri cali arrivano dalle auto con le norme che obbligano i costruttori a produrre vetture capaci di raddoppiare la distanza percorsa con un litro di benzina. Così cominciano a cambiare i comportamenti degli americani. E per la prima volta, grazie anche alla maggiore estrazione di shale gas e alla chiusura delle centrali a carbone più inquinanti, negli Usa diminuiscono le emissioni”; “non ci sono solo la riforma sanitaria, il dimezzamento dei disoccupati, il rilancio dell’economia e il salvataggio dell’industria dell’auto nell’eredità che Obama lascia all’America. Anche se i cittadini, che gli assegnano un basso indice di gradimento (poco superiore a quello di George W. Bush nel 2008, ma lontano dalla popolarità di Clinton e Reagan a fine mandato) non gliene danno atto, la presidenza del primo leader nero della storia Usa si lascia dietro i semi di un cambiamento che, dalla scuola alla finanza, sarà più profondo di quanto non appaia a prima vista”.

Su La Stampa in prima la corrispondenza di Paolo Mastrolilli da Windham, New Hampshire, tra i sostenitori di Donald Trump, “il ‘popolo’ de magnate che si esalta per la linea dura su Isis e migranti” e che ha sfidato il gelo per ascoltarlo. E le parole di Trump: “Angela Merkel è folle. Quello che sta facendo con i rifugiati è pazzesco”, “ma avete visto cosa è successo? Centinaia di stupri. I tedeschi e gli europei non ne possono più di questa politica permissiva coi rifugiati. Vedrete che costruiranno il muro, seguendo l’esempio di quello che io alzerò al confine col Messico”.

Libia

Su La Stampa, a pagina 2: “Blitz umanitario a Misurata. Così l’Italia mette piede in Libia. Il premier Sarraj chiede l’intervento del governo. Un C130 con medici e infermieri atterra nel Paese, prende 15 feriti nell’attentato di Zlitan e li porta a curarsi al Celio”. Francesco Grignetti e Guido Rutolo spiegano che il nostro C130 è volato a Misurata per prelevare i feriti dell’attentato alla scuola di polizia di Zlitan. Domenica scorsa il premier designato Sarraj ha scritto una lettera formale a Palazzo Chigi per chiedere di portare i quindici cadetti a curarsi nelle strutture italiane. L’operazione umanitaria di ieri -scrivono i due cronisti- dimostra quanto l’Italia sia in prima linea nella partita libica, Roma parla di operazione umanitaria, ma l’occhio è rivolto alla missione militare che verrà. E l’analisi di Stefano Stefanini: “Roma garante e alleato principale. La rotta verso la stabilità è avviata”, “Dopo la richiesta di sarraj, il nostro Paese deve dimostrare capacità di leadership”. Scrive Stefanini che, da uomo d’affari, Sarraj non perde tempo: il 28 dicembre, a Roma, aveva ricevuto dal Presidente del Consiglio la promessa di pieno sostegno italiano al governo di unità nazionale. Sabato, il ministro Gentiloni glielo aveva confermato telefonicamente. L’Isis aveva appena fatto una strage di reclute della polizia a Zlitan: chiedendo l’evacuazione di 15 cadetti, oggi già in cura al policlinico del Celio, al-sarraj ha immediatamente incassato l’aiuto italiano, Forte dell’alto livello di preparazione militare italiana (da mesi la Difesa si tiene pronta) e dell’avallo politico libico, l’operazione è riuscita senza colpo ferire. Le piccole dimensioni umanitarie non sminuiscono il significato. Innanzitutto, invitando l’Italia, il premier designato ha ese4rcitato un atto di sovranità su un territorio statale che non controlla. L’Italia gliel’ha riconosciuta. In secondo luogo, ha dimostrato di avere la comunità internazionale al proprio fianco, con l’Italia in testa. Quasi contemporaneamente la notizia che la Germania invierà soldati per addestrare le forze armate libiche. Fayez al-Sarraj ha urgente bisogno di accreditare sul terreno l’accordo di unità nazionale del 17 dicembre”.

E il quotidiano intervista il generale Mauro Del Vecchio, che fu responsabile delle missioni in Bosnia e in Kosovo: “L’aspetto umanitario è fondamentale nelle operazioni di peace keeping”, “non si può soltanto sparare ai cattivi”, “le popolazioni devono sapere che siamo lì per aiutarli e non per invaderli”.

Sul Corriere della Sera, pagina 17: “Libia, giallo sul radi anti-Isis. Parigi: non siamo stati noi”, “Berlino: 200 soldati per addestrare i locali insieme agli italiani”. Scrive Lorenzo Cremonesi che “è giallo” sull’identità dei caccia militari che ieri mattina avrebbero bombardato un convoglio Isis presso Sirte. La prima reazione è che possa essere stata la minuscola aviazione del governo di Tobruk, comandata dal controverso generale Khalifa Haftar, ma i portavoce negano. E altrettanto vale per gli egiziani, che da tempo operano al fianco di Haftar. Dal Cairo si parla di arei sconosciuti operanti in Libia e la polizia di frontiera egiziana è in allerta. Il ministro degli Esteri francese Fabius ha smentito che possa trattarsi di loro aerei.

Colonia, Germania

La Stampa: “A Colonia è ‘caccia allo straniero’. Pestaggi e ronde contro i profughi”, “Gruppi di hooligan e di estrema destra hanno organizzato la rappresaglia sul Web. Tra il 19 immigrati fermati per la notte di Capodanno nove sono arrivati nel 2015”. Ne scrive Tonia Mastrobuoni da Berlino. Che spiega come i teppisti avessero concordato la caccia all’uomo tramite alcuni siti di destra su Faceook: la rappresaglia è iniziata nel tardo pomeriggio di ieri con l’assalto a sei pachistani e poco dopo ad un siriano. Che il clima stia precipitando lo dimostra anche la decisione del Comitato centrale dei musulmani di staccare le linee dei telefoni, intasate da Capodanno dalle migliaia di insulti e minacce. E per aggiungere confusione a confusione, i 135 inquirenti della task force della polizia di Colonia che stanno ricostruendo i fatti, hanno smentito ieri il ministro della Giustizia Maas, che aveva parlato di un attacco pianificato e coordinato: “che ci siano stati al livello nazionale -ma anche in altre città europee- episodi criminali simili, fa pensare piuttosto che i crimini non siano stati pianificati al livello temporale, né che ci sia stata una regia”, hanno detto.

E Francesca Paci, inviata a Colonia, racconta la storia di Ramy, fuggito dalla Siria e arrivato in Germania nel 2014: dirige una rivista in arabo. In questi giorni sta preparando il secondo numero e passa il tempo su Skype a discutere con i 30 collaboratori volontari su come narrare ai rifugiati, in buona parte suoi connazionali, la rabbia delle donne. E’ arrivato in Germania con una borsa di studio della Heinrich Boll Foundation.

A pagina 5 le parole del Papa: “’L’Europa non dimentichi i suoi valori di accoglienza’” nell’articolo di Andrea Tornielli e un’intervista a Emma Bonino, che dice: “Dobbiamo decidere cosa dare e cosa pretendere da milioni di immigrati”, “si parla di muri e di Schengen, non di integrazione”, “Va spiegato che nei nostri Paesi valgono per tutti regole di fondo che riguardano la libertà delle persone”. Dice Bonino: “la violenza sulle donne è storicamente lo sport più praticato al mondo, senza bisogno di stadi e di Olimpiadi: dal Ratto delle Sabine in poi, sul corpo delle donne è passato di tutto, dai matrimoni obbligati alle mutilazioni genitali alla violenza domestica”. Sulla notte di Colonia: “Non c’è dubbio che attaccare donne, libere per strada la notte, sia un simbolo molto potente, che penso sia stato in qualche modo organizzato. Bisogna aprire un discorso, che però l’Europa non vuole aprire, sull’integrazione”, si perde tempo a discutere di muri “mentre non si fa un discorso serio sui diritti e sui doveri dell’integrazione”, “è chiaro che i rifugiati hanno diritto di protezione, ma, una volta protetti, va fatto capire loro che i diritti umani, compresi quelli delle donne, sono universali”.

Su La Repubblica, la corrispondenza di Andrea Tarquini da Colonia: “Raid anti-immigrati. Polizia, rapporto shock sulla notte di Capodanno”, “A Colonia e Lipsia caccia allo straniero: 12 feriti. La Bild: ‘Abusi e molestie, ecco cosa è successo’”. Si tratta di 13 pagine in cui la testata ha pubblicato il rapporto sugli abusi di Capodanno: riporta minuto per minuto molestie e soprusi, descrizioni “sconvolgenti”, secondo Tarquini, che ne cita una delle 0,50 nella piazza del duomo (“Più donne vittime. A tutte hanno cercato di infilare le dita nella vagina. Non è riuscito grazie ai collant”).

A pagina 11 Anna Lombardi dà conto delle testimonianze delle attiviste e delle studiose che nei Paesi del Mediterraneo si battono contro discriminazioni e maltrattamenti: “’Il problema non è solo arabo, la violenza è un male sociale’”, “’Quello che è accaduto in Germania non si può paragonare a ciò a cui abbiamo assistito a piazza Tahrir: sbagliato generalizzare”. Parlano Shereen El Feki (angloegiziana, autrice di un saggio sulla sessualità nel mondo arabo), Noora Flinjkman (dell’associazione egiziana HarrasMap).

A pagina 13 le opinioni a confronto dello scrittore tedesco Ingo Schulze (“Ora servono politiche nuove per non diventare come l’Ungheria”, “in questo momento servirebbero alternative vere per il paese: ma la sinistra ha argomenti fragili e timidi”, “la cancelliera è vulnerabile ma nessuno può spodestarla: il suo partito non la scaricherà mai”) e dell’economista e politologo tedesco Daniel Gors, che ora dirige il Center for European Policy Studies di Bruxelles (“Sugli immigrati troppe divisioni. Merkel debole fa male alla Ue”; l’economista mette in guardia contro i ritardi della politica comune sulla gestione dei flussi migratori e dice che “finiremo come con l’euro, ostaggio di tensioni ed egoismi”; e dei fatti di Colonia dice che “è stata una notte di follia in cui la polizia ha avuto le sue colpe: ora le ripercussioni si sentiranno oltre i nostri confini”).

Sul Corriere: “Caccia ai profughi in Germania. Inviti alle rode su Facebook”, “tre feriti, e a Lipsia si scatenano i naziskin. Sono 18 gli indagati per Capodanno”. E’ Elena Tebano da Colonia a raccontare gli ultimi sviluppi della vicenda, mentre Giusi Fasano e Lisa Pronzato si occupano del 4 febbraio: data del tradizionale carnevale della città: “A Colnia? Il sì (ideale) delle femministe”, “L’adesione di tanti gruppi. Qualcuna però ricorda: preoccupiamoci della violenza in Italia”. Con le opinioni di Cristina Comencini, Lella Palladino, Vittoria Tola, Lorella Zanardo, dell’Udi. Mentre le femministe tedesche al momento tacciono.

Russia

Sul Corriere, la corrispondenza da Mosca di Fabrizio Dragosei dà conto delle dichiarazioni del presidente Putin al quotidiano tedesco Bild, che così riassume: “Putin: dopo il crollo dell’Urss, tutto sbagliato”. La Russia di Eltsin, ha detto Putin, sbagliò a “non difendere i propri interessi nazionali” dimostrandosi troppo accondiscendente con gli Stati Uniti. Alle domande sull’Ucraina e l’annessione della Crimea risponde che essa avvenne dopo un regolare referendum: “nessuna violazione della legge. Sotto carta Onu, ogni nazione ha il diritto all’autodeterminazione”. E ha citato il Kosovo: “dichiarò la sua indipendenza. Tutto il mondo l’accettò”. Gran parte dei problemi che ha oggi il mondo dipendono da quel peccato originale di 25 anni fa, con lo scioglimento dell’Urss, quando la Russia smise di rappresentare il “secondo polo”. “Inciampa però in un errore” sulla storia, fa notare Dragosei, quando parla della caduta del muro di Berlino, che invece era avvenuta due anni prima, nel 1989.

Su Il Fatto l’articolo di Giuseppe Agliastro da Mosca: “Zar Putin: ‘La guerra fredda non è mai finita”, “Intervista a Bild: ‘Dopo il crollo del Muro la Nato voleva sedersi sul trono d’Europa: questo è il risultato’”.

Su La Stampa: “Putin inizia la campagna anti-sanzioni. La prima mossa è convincere Berlino”, “Il presidente russo parla alla Bild: ‘I nostri legami più forti degli attacchi’. Poi rivendica il ruolo di Mosca contro il terrore e si difende sull’Ucraina”. Scrive Francesca Sforza che la campagna di Putin per la sospensione delle sanzioni economiche è ufficialmente cominciata: la Bild è la corazzata dell’informazione del gruppo Axel Springer, il quotidiano più venduto d’Europa. Due ore di intervista. Due gli argomenti usati da Putin per lanciare il messaggio sulle sanzioni, il cui prolungamento sarà discusso a Bruxelles il giugno prossimo: l’importanza della Russia nella lotta al terrorismo e la situazione in Ucraina. Sul secondo fronte, ha detto che il punto 11 degli accordi di Minsk sulla riforma costituzionale “non è stato ancora portato a termine per responsabilità di Kiev, che non ha reso possibile l’autonomia dei territori dell’Ucraina orientale”.

Alle pagine dell’economia del Corriere della Sera Fabrizio Massaro scrive che “Unicredit centra il primo significativo obiettivo del piano industriale con l’uscita dall’Ucraina, una presenza che da anni provocava perdite per l’istituto guidato da Federico Ghizzoni. Dopo mesi di trattative, la cessione ad Alfa Group- conglomerato controllato dal miliardario russo Mikhail Fridman, che ha in pancia fra le altre cose VimpelCom e, quindi, in Italia, Wind- consente a Unicredit di alleggerire il bilancio e, per di più, di puntare sulla crescita del conglomerato”.

Su La Stampa, Marco Zatterin, da \Bruxelles, torna sullo scontro sul gasdotto No5rd Stream: Putin ha chiesto aiuto all’Italia per completare il raddoppio del gasdotto che collega la Russia alla Germania e che permette a Mosca di aggirare l’Ucraina (che perderebbe 3 miliardi di diritti l’anno, circa l’1% del Pil).

E poi

Su La Stampa un articolo di Karima Moual da Bergamo, sugli italiani convertiti, “tra i connazionali che hanno scelto di abbracciare la religione di Allah, Chi per curiosità, chi per inseguire un amore, chi per una scelta politica. Per tutti è stato fondamentale il web”: “’Con l’Islam abbiamo trovato le risposte che cercavamo’”.

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