‘Chazaqà’. La terza volta di un Papa in Sinagoga.

Il Corriere della Sera, con foto dell’abbraccio tra il Papa e il Rabbino capo Riccardo Di Segni, ieri alla Sinagoga di Roma: “’Mai violenza in nome di Dio’”, “L’abbraccio del Papa al Rabbino capo. Francesco: voi sorelle e fratelli maggiori”, “Il no al terrore e la memoria della Shoah al centro della cerimonia in Sinagoga. Di Segni: nuova era”.

Su questo tema l’analisi di Andrea Riccardi (“Il forte legame nelle differenze”) e un’intervista al presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane Renzo Gattegna (“Uno stesso filo tra le tre visite” dei Papi in Sinagoga).

A centro pagina, sulla guerra in Siria: “Attacco Isis, colpiti i civili, ‘Centinaia uccisi o rapiti’” , “E a Kabul razzo talebano sull’ambasciata italiana”.

Poi le notizie dal Burkina Faso: “Bimbo italiano tra le vittime”, “morta la mamma ucraina”.

L’editoriale è firmato da Francesco Giavazzi: “I migranti e la logica tedesca”.

Più in basso, sul caso Banca Etruria: “I 4 anni di scontri fra l’Etruria e Bankitalia”, di Fabrizio Caccia e Mario Gerevini.

Sul tema delle unioni civili: “Bagnasco elogia il Family day”.

A fondo pagina: “E l’evasore siciliano perde la Rolls Royce”, “Super automobili e jet: 3.200 sequestri in sette mesi. Tra i morosi anche 160 politici”, di Sergio Rizzo.

Poi il richiamo alle pagine delle “Idee&Inchieste”: sullo “smartworking”, “Il lavoro (a casa) piace alle aziende”, di Rita Querzé; e su “uomini e donne”, “Lezioni di parità in Norvegia”, di Alessandra Coppola e Elena Tebano.

La Repubblica: “Unioni civili, i dubbi del Colle. Pronte modifiche”, “Il governo pensa a emendamenti per evitare le equiparazioni tra coppie di fatto e matrimoni”.

A questo argomento è dedicato “Il Punto” di Stefano Folli: “La cambiale dei cattolici”.

In grande evidenza la foto del Papa ieri in sinagoga a Roma: “Il Papa: non uccidete in nome di Dio. In Siria l’Is massacra trecento civili”.

L’analisi di Alberto Melloni: “La shoah e Francesco”.

Sul terrorismo: “Burkina Faso, anche un bimbo italiano di 90 anni tra le vittime di Al Qaeda”.

A fondo pagina, “la storia” raccontata da Ettore Livini: “Il golpe monetario di Varoufakis, ‘Blitza alla Zecca e via dall’euro’”, “il ministro dopo il referendum perso”.

Poi “il caso”: “La rivincita delle Università, tornano a crescere le matricole”, “90mila studenti in più in un anno”,

Sulla colonna a destra: “La Silicon Valley e il nuovo pensiero positivo”, “L’American Dream rivive corretto con il realismo dei giganti del web”, di Federico Rampini.

Infine, “le mappe” di Ilvio Diamanti si occupano oggi delle polemiche tra il nostro presidente del Consiglio e il presidente della Commissione Ue Juncker: “Il premier euro-tattico”.

La Stampa: “Ppa Francesco nella sinagoga, ‘Incompatibili fede e violenza’”, “I musulmani in Itali raccolgono la sfida: il dialogo è possibile”, “La visita del Pontefice: no ad ogni forma di antisemitismo. Di Segni: simbolo di una nuova era”.

E Francesca Paci, inviata a Tunisi, raccoglie le voci della casbah: “Nella casbah di Tunisi: ebrei nostri cugini”.

La grande foto in prima ritrae il piccolo Miche Santomenna, 9 anni, in braccio a sua madre: “Un bimbo italiano morto in Burkina”, “Mattarella: i terroristi vogliono distruggere il senso stesso dell’umanità”.

E un commento di Domenico Quirico sulla Siria: “Perché l’Is rapisce i figli dei soldati”.

A centro pagina: “Anche la Slovenia pronta a chiudere le frontiere”, “Merkel: respingimenti rapidi per chi arriva dal Nord Africa”.

Sulle unioni civili: “Bagnasco apre la campagna, ‘Sì al family day”, “Le altre spine di Renzi: banche e Unione europea”.

L’editoriale è firmato da Mario Deaglio: “Il fattore-Iran che spaventa l’economia”, “Effetti del dopo-sanzioni”.

Il Messaggero: Svolta fisco, cambiano i controlli”, “In arrivo la riforma delle agenzie, verifiche meno invasive e più ricorso al web. La vigilanza passerà direttamente a Palazzo Chigi. Evasione, per l’Fmi troppi ritardi”.

A centro pagina la foto in Sinagoga ieri a Roma: “Il Papa prega in Sinagoga, ‘Non uccidere in nome di Dio’”, “E’ il terzo pontefice nel Tempio Maggiore”. Ne scrive Franca Giansoldati”.

Sulle unioni civili: “Unioni civili, la svolta dei vescovi. E arriva il sostegno al Family day”, “La svolta di Bagnasco”.

Poi i titoli sull’attentato in Burkina Faso: “Burkina, morto bimbo italiano. Razzi sull’ambasciata a Kabul”, “Era figlio del titolare del bar assaltato. Paura in Afghanistan”.

Ancora sull’attualità internazionale lo “stallo a Tripoli” di Cristiano Tinazzi: “Libia sul baratro, slitta la formazione del nuovo governo”; e la “strage in Siria”: “Isis, uccisi o rapiti donne e bambini, centinaia di vittime”, di Roberto Romagnoli.

L’editoriale, firmato da Francesco Grillo, è dedicato a “energia e crescita”: “Dalla crisi del petrolio una nuova idea di mondo”.

A fondo pagina: “Trivelle in Adriatico, legge antireferendum” di Alberto Gentili.

In Sinagoga

La Stampa, pagina 2: “Francesco e Di Segni in sinagoga, ‘Basta violenze in nome di Dio’”, “Il Pontefice alla comunità ebraica: le radici dei cristiani sono nella vostra tradizione”. Ne scrive Andrea Tornielli. E il “retroscena” di Giacomo Galeazzi: “L’abbraccio con la gente del ghetto, ‘Conquistati dalla sua semplicità’”, “Ma c’è chi dice: ‘Perché non ha nominato Israele?”.

Il Corriere della Sera, pagina 2: “L’abbraccio di Francesco agli ebrei”, “Il Pontefice alla Sinagoga di Roma. Il rabbino Di Segni: è consuetudine. La presidente della comunità difende Israele: non si crea pace con i coltelli” (il riferimento è a Ruth Dureghello, presidente della comunità ebraica romana e prima donna ad aver parlato dall’altare, ndr.)

La Repubblica, pagina 6: “Il Papa in sinagoga: ‘La violenza è in contraddizione con ogni religione’”, “Francesco: ‘Gli ebrei nostri fratelli maggiori’. L’abbraccio con i sopravvissuti della Shoah”.

Il Corriere intervista Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane: “La visita è un segnale politico e un inno alla vita”. Perché, spiega, “in questo momento storico vengono colpiti sia gli ebrei che i cristiani. Entrambi sono considerati nemici da quelle forze che vogliono governare con i caos e il terrore”.

A commentare la visita del Papa è Andrea Riccardi: “Contro violenza e guerre una fratellanza religiosa”. Scrive Riccardi che “secondo la tradizione giuridica rabbinica, un atto ripetuto 3 volte diventa “chazaqà”, consuetudine fissa”. Lo ha detto il rabbino Di Segni nel tempio di Roma: “alludeva alla terza visita di un Papa alla sinagoga, quella di Francesco, ‘Il segno concreto di una nuova era dopo tutto quanto è successo nel passato’”. Poi cita le parole di Francesco: la fede faccia crescere la “benevolenza” verso ogni persona. “Una santa alleanza tra religioni? In realtà giunge a maturazione il processo inaugurato da Giovanni Paolo II ad Assisi nel 1986, quando auspicò ‘energie nuove per un nuovo linguaggio di pace….che spezzeranno le catene fatali delle divisioni ereditate dalla storia’”.

La Repubblica intervista il cardinale Kurt Koch, che è succeduto a Walter Casper nel delicato incarico al dicastero per il dialogo con le altre confessioni, che dice: “Le fedi disarmino le loro parole ma senza nascondere i simboli”. “La violenza fisica -sottolinea Koch- è sempre preceduta da parole di guerra”, “occorre purificare il linguaggio, che deve essere aperto agli altri, benevolo, non ostile”. Sull’antisemitismo sottolinea quanto detto dal Papa, ovvero che “non si può essere cristiani e, insieme, antisemiti”. L’antisemitismo esiste ancora? “Per fortuna appartiene al passato. Aò Concilio la dichiarazione Nostra Aetate ha condannato ogni forma di antisemitismo e discriminazione”. Per favorire la convivenza pacifica, i cristiani potrebbero rinunciare al crocifisso e gli ebrei alla kippah? Risponde Koch: “penso che in questo senso i simboli debbano rimanere presenti, anche in modo pubblico. Del resto non solo le religioni, ma tutta la società moderna vive di simboli. A mio avviso il fatto che a creare problemi siano i simboli religiosi è sintomo di una società che non riesce ad avere una relazione sana con la religione stessa. Il problema non è dei simboli ma di chi non sa guardarli nel modo corretto. Senza i simboli non ci può essere una società sana. E, insieme, una totale privatizzazione del religioso chiude ogni possibilità di dialogo religioso”.

Su La Repubblica Alberto Melloni scrive che Papa Francesco “non si è fermato in quel primo miglio del dialogo interreligioso, fatto di carinerie a basso prezzo. E ha evitato tutte le convenienze diplomatiche (anche quella di menzionare lo Stato di Israele). Al contrario, ha inquadrato la Shoah, l’incontro, la pace, in quella visione di Dio e dell’uomo che l’ebraismo ha insegnato al mondo: quell’universalismo dell’umano che consente oggi ai cristiani non solo di condannare il terrorismo (cosa così ovvia che lui neppure ha pronunciato la parola), ma di poter dire che ‘la violenza dell’uomo sull’uomo è in contraddizione con ogni religione degna di questo nome, e in particolare con le tre grandi religioni monotestitiche’”.

In moschea

Su La Stampa, a pagina 3, intervista al segretario generale del Centro islamico culturale d’Italia, Abdellah Redouane, che dice: “’L’Islam raccolga la sfida del dialogo tra le fedi’”, “Redouane, segretario generale della Grande Moschea: ‘Crudeltà e morte non avranno l’ultima parola davanti a Dio’”. Dice Redouane: “Noi musulmani d’Italia siamo onorati di essere stati testimoni privilegiati dell’avvicinamento tra la comunità ebraica italiana e la Chiesa. Questa visita del Pontefice è un passo importante e storico nella costruzione dei rapporti tra le due fedi”; il messaggio del Papa “è stato importante per me come musulmano, e credo per i numerosi fedeli in Italia, che il Pontefice abbia richiamato le tre religioni monoteiste a collaborare e a impegnarsi per la pace nel mondo, esortando i credenti a non uccidere in nome di Dio. Io, come rappresentante della comunità islamica, ero certamente invitato come ospite di questa giornata storica, ma le parole del Pontefice hanno parlato anche all’Islam”.

Sulla stessa pagina, il reportage da Tunisi di Francesca Paci: “le voci della casbah di Tunisi: ‘Gli ebrei sono nostri cugini, il vero nemico è oggi l’Isis’”, “I commenti al discorso del Papa nelle botteghe del suk”.

La Repubblica intervista l’imam Pallavicini, responsabile del dialogo interreligioso della Grande Moschea di Roma, che dice: “No a chi uccide in nome di Dio, ora Bergoglio venga in moschea”.

Isis

Su La Stampa, a pagina 4, il massacro in Siria: “Blitz dell’Isis, rapiti i figli dei soldati”, “Siria, massacro a Deir ez.Zor: 280 civili giustiziati, 400 portati via e usati come scudi. L’esercito di Assad resiste asserragliato in una base. Islamisti all’attacco anche a Ramadi”, di Giordano Stabile-

E sulla stessa pagina un commento di Domeico Quirico: “Una guerra mistica e feroce che ignora il ‘valore’ degli ostaggi”, “E’ probabile che non cercheranno di usarli come merce di scambio”.

Sul Corriere, pagina 5: “L’assedio, poi 400 civili rapiti. A Deir Ezzor il massacro dell’isis”, “Decine di vittime, tra cui donne e bambini. Il regime di Damasco: 300 innocenti trucidati”. Di Davide Frattini.

E sul Corriere Sara Gandolfi racconta “il caso” relativo al leader laburista britannico Jeremy Corbin: “Corbyn e la proposta di trattare l’Isis come l’Ira” irlandese.

La Repubblica intervista Joshua Landis, che guida il Center for Middle East dell’università dell’Oklahoma: “Il Califfo perde consensi e si vendica sui civili inermi”, “Gli uomini di Al Baghdadi stanno perdendo l’appoggio delle popolazione: avevano promesso la stabilità ma la guerra peggiora e la gente è sempre pipù stanca”.

Frontiere d’Europa

Su La Stampa, Tonia Mastrobuoni da Berlino: “Slovenia pronta a chiudere i confini”, “Dopo Svezia, Danimarca, Germania, Austria, anche Lubiana potrebbe sospendere Schengen. La cancelliera Merkel: respingimenti più rapidi per i migranti che arrivano dal Nordafrica”. La cancelliera avrebbe concordato, insieme al primo ministro della Baviera Horst Seehofer, un respingimento più rapido per i migranti che arrivano dal Nordafrica. Anche se Marocco, Algeria e Tunisia non sono ancora stati dichiarati “Paesi sicuri”, Cdu e Csu vogliono convincere l’alleato di governo Spd ad adottare una legge simile a quella già adottata per i Balcani occidentali. I migranti di quei Paesi saranno respinti in ogni caso più rapidamente. E sono migranti che arrivano molto spesso dall’Italia.

Sulla stessa pagina il reportage di Fabio Poletto dal Passo del Brennero: “Brennero, il timore dello stop, ‘Alle frontiere sarà il caos’”, “Fra i camion del valico: ‘L’Ue non ci aiuta, dobbiamo cavarcela da soli’”.

La Repubblica: “’Profughi, emergenza permanente’”, “Allarme Onu. Dal 2000 quadrupilcati i bisognosi di sostegno internazionale: 125 milioni, la metà sono rifugiati”. E il quotidiano intervista la vicepresidente della Commissione Ue Kristalina Georgieva, che è coautrice del rapporto delle Nazioni Unite su come colmare il buco nei finanziamenti degli aiuti umanitari, nonché responsabile del bilancio Ue. Dice: “Gli aiuti umanitari sono convenienti. Accogliere chi fugge costa molto di più”, “se non vogliamo che partano, agiamo prima”.

Iran

La Stampa, pagina 10: “Usa-Iran, ultime scintille. Obama: felici, ma vigileremo”, “La Casa Bianca impone sanzioni (leggere) per i missili. Israele: ayatollah più forti”. Scrive Francesco Semprini da New York che quelle imposte da Obama sono sanzioni sul programma missilistico di Teheran, sospese all’inizio dell’anno. Insomma, la Casa Bianca “vuole mantenere una certa pressione su Teheran -scrive Semprini- sia per garantire il rispetto degli accordi presi, sia per evitare che la Repubblica islamica ceda ad altre tentazioni pericolose”, perché la rimozione delle vecchie sanzioni “libera una enorme quantità di denaro che potrebbero anche essere utilizzate per spese militari audaci. Ed è questo il grande timore di Israele, dove prevale un clima di sconfitta, con il tabloid ‘Yediot Ahronot’ che titola a tutta pagina ‘La vittoria iraniana’ e parla di ‘successo della politica degli ayatollah’”.

Sulla stessa pagina il “retroscena” da New York di Paolo Mastrolilli: “Ora Washington chiederà a Teheran un aiuto per fermare la guerra in Siria”, “La Casa Bianca pronta a rispondere a violazioni, ma comincia la fase 2”. Scrive Mastrolilli che “il banco di prova per le nuove relazioni con l’Iran saranno le trattative per fermare la guerra in Siria. Ad ammetterlo, forse per la prima volta, sono autorevoli fonti dell’amministrazione Obama, durante una conference call con i giornalisti. Finora l’accordo nucleare era stato tenuto separato dal resto del contenzioso ra Washington e Teheran, per non condizionarlo e non creare aspettative troppo alte”.

A pagina 11 una intera pagina dedicata alle conseguenze dell’accordo sul nucleare: “Arriva il greggio iraniano, chi vince e chi perde”, “Il Paese rilancia l’export di petrolio in un mercato già saturo: il rischio è che la caduta del barile acceleri. Per la Cina è un’opportunità, per l’Ue un’incognita sui prezzi. Gli Usa tremano e la Russia rischia la recessione”. E i riflessi di questo accordo negli Usa (“Produttori verso il fallimento. Wall Street teme gli speculatori”), in Cina (“Pechino pronta ad accelerare le importazioni da Teheran”), in Europa (“Energia sempre più low cost. Ma la deflazione fa paura”) e in Russia (“L’onda d’urto sconvolge i bilanci. Mosca taglia sanità e pensioni”).

A questo tema è dedicato l’editoriale in prima di Mario Deaglio: “Il fattore-Iran che spaventa l’economia”. Per l’Italia, scrive, l’aumento di domanda derivante dalla fine di sanzioni internazionali in Iran potrebbe rappresentare una sorta di parziale compensazione a fronte dei danni derivanti all’economia italiana dalla sanzioni internazionali alla Russia. Ma “nel giro di poche settimane, l’Iran si prepara a inondare il mercato petrolifero con almeno mezzo milione di barili aggiuntivi al giorno, stando al suo ministro degli Esteri, il che farà aumentare di almeno un terzo lo squilibrio tra un’offerta abbondante e una domanda molto debole, visto l’elevato livello delle scorte già esistenti”. E la razionalità dei comportamenti dei produttori di petrolio pare “un ricordo del passato e la componente religiosa è largamente determinante. Il più che millenario conflitto tra i musulmani sciiti (che hanno il proprio capofila precisamente nell’Iran), appoggiati dalla Russia, e i musulmani sunniti (che hanno nel territorio dell’Arabia saudita il principale centro religioso e l’origine dei maggiori flussi di petrolio) determina i comportamenti dei governi e i prezzi dei mercati”.

Su Il Messaggero l’analisi di Francesco Grillo: “Dalla crisi del petrolio una nuova idea di mondo”. Grillo cita le opinioni di quanti ritengono che su petrolio si sta consumando una drammatica partita a poker nella quale il giocatore di poker più forte -l’Arabia saudita e le altre potenze del Golfo- si stanno giocando la sopravvivenza, quindi hanno inondato il mercato di greggio per metter fuori gioco gli altri concorrenti, a partire dai produttori americani che, utilizzando le tecnologie di trivellazione laterale hanno fatto degli Stati Uniti il primo produttore a livello mondiale”. Ma, sottolinea Grillo, “non possiamo più dipendere da regimi autoritari che assicurano stabilità temporanee in cambio di tensioni permanenti. Gli Stati Uniti non possono più permettersi di fare da ‘cane da guardia’ di un mondo sempre più esposto a forze centripete che le stesse tecnologie della comunicazione innescano”.

Su La Repubblica: “Obama: ‘Evitata una guerra’”, “Il presidente americano dopo l’accordo con Teheran: ‘Non avranno l’atomica’. Rouhani: ‘Una vittoria’. Gli Usa scongelano 1,7 miliardi, ma intanto impongono nuove sanzioni. Crollano le Borse dei paesi arabi”.

Sul Corriere a pagina 14: “Obama: successo. E subito annuncia nuove sanzioni”, “Il presidente attaccato dai repubblicani: debole”. Ne scrive da New York Giuseppe Sarcina. E di fianco, un articolo di Viviana Mazza: “Rouhani esulta. Ma i riformisti già banditi dal voto”, “Elezioni a marzo: escluso ieri il 60% dei candidati”.

La Repubblica intervista l’analista Vali Nasr, ex consulente del Dipartimento di Stato (autore de “La rivincita sciita”). Dice: “Ora tocca all’economia approfondire il dialogo, con l’Iran si può parlare”, “Vedremo quante altre crisi, dallo Yemen alla Siria, beneficeranno della svolta”. E’ sicuro che rta dieci anni, quando si parlerà di questo accordo sul nucleare “il credito andrà a Obama come quello per l’apertura alla Cina è andato a Nixon”. Dice Nasr: “E’ chiaro che le differenze tra Iran e Usa restano e i repubblicani sono pronti a rimarcarle. In entrambi i Paesi ci sono elezioni e l’opposizione per vincere attacca”. A Teheran circolano voci che il presidente Rouhani possa un giorno diventare Guida suprema dopo Khameney. Nasr risponde: “non mi stupirei affatto, perché anche Khameney è diventato Guida suprema dopo esser stato presidente”.

Turchia

Da La Repubblica segnaliamo il colloquio con lo scrittore e premio Nobel per la letteratura Orhan Pamuk: “Arresti e censura, in Turchia non c’è una vera democrazia”, “Abbiamo elezioni, ma non libertà di parola. Fermare accademici per una petizione è inaccettabile”, “Oggi i reporter sono sotto tiro come 10 anni fa noi scrittori”. E l’Europa “vede il mio Paese solo come un filtro per gli indesiderabili”.

Libia

Sul Messaggero a pagina 8: “Libia sul baratro: slitta di due giorni il varo del governo di unità nazionale”, “I deputati di Tobruk (l’unico parlamento che era stato riconosciuto dalla comunità internazionale, ndr.) disertano la riunione per non votare la lista dei ministri. Il nodo Haftar, generale con grande seguito”. Scrive Cristiano Tinazzi che la missione libica delle Nazioni Unite per il varo di un governo di unità nazionale sembra essere finita in un limbo a causa degli infiniti ricatti portati dalle due parti. Uno di questi è la presenza del generale Khalifa Haftar nella nuova compagine governativa, intransigente militare che vede terroristi dietro ogni porta, soprattutto quella di Tripoli, che a sua volta giudica il generale come un vero e proprio criminale di guerra.

E sulla stessa pagina l’articolo di Alberto Gentili si occupa dell’atteggiamento possibile del nostro governo: “Una coalizione anti-Isis se salta tutto. ‘Ma l’accordo resta la strada maestra’”, “Roma pensa di estendere il raggio d’azione dell’alleanza che già combatte in Siria e in Iraq”.

Unioni civili

Il Corriere, pagina 13: “Bagnasco attacca le unioni civili e incoraggia la piazza del Family day”, “Il presidente Cei: Parlamento distratto, altri i veri problemi. Manifestazione condivisibile”.

La Repubblica, pagina 2: “I dubbi del Quirinale sulle unioni civili. Le modifiche del governo”, “Pronti gli emendamenti dell’esecutivo per evitare equiparazioni col matrimonio vietate dalla Consulta”. A scriverne è Claudio Tito, facendo riferimento ad una sentenza della Corte costituzionale del 2010 contro l’uguaglianza tra unioni civili e matrimonio. A quel tempo, comunque, Mattarella non era ancora giudice costituzionale. Il quotidiano intervista poi la senatrice Monica Cirinnà, relatrice del disegno di legge sulle unioni civili, che dice: “Non cambio nulla, la legge rispetta la Carta”. Le unioni civili -spiega- sono state definite nel testo “formazioni sociali specifiche”.

Il Messaggero: “Unioni civili, sì dei vescovi al Family day”, “L’intervento di Bagnasco sulla manifestazione del 30 gennaio: necessaria, altri i veri problemi che il Parlamento deve affrontare”, “testo in aula al Senato a fine mese, rebus numeri per l’esecutivo. No alle adozioni da Ncd e cattolici Pd, i renziani però vanno avanti”.

Milano

Il Corriere intervista Pierfrancesco Maiorino, assessore al Welfare della giunta Pisapia, il primo a candidarsi alle primarie (e anche l’unico a cui chiedono di ritirarsi, come fa notare Andrea Senesi): “Corro per vincere. Basta rivolgersi alle élite, ai soliti noti della sinistra”, “Vedrei bene Pisapia al posto di Alfano”.

E poi

La Stampa intervista Roberto Saviano, dopo che il suo ultimo libro “ZeroZeroZero” è stato ritrovato nel covo del boss dei narcos El Chapo: “Chiamateli criminali, non analfabeti”, “Non sono le bestie descritte in tanti gialli americani”.

La prima pagina dell’inserto “Affari&Finanza” de La Repubblica è dedicata alla Cina: “La Ue apre la porta alla Cina. In Italia 400mila posti a rischio”, scrive Alberto D’Argenio.

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