Berlusconi, ancora un attacco a Napolitano

Corriere della Sera: “Berlusconi attacca, scontro con Napolitano”, “Duro faccia a faccia tra il Cavaliere e Alfano: vicini alla rottura nella notte”.

A centro pagina, con foto: “Frustati e gettati in are: 13 migranti morti in Sicilia”.

A centro pagina anche la situazione economica italiana: “Tensione sullo spread poi il recupero. Iva, scatta l’aumento”.

In taglio basso: “Timori di illeciti, lo Ior chiude 900 conti”.

 

La Repubblica: “Il Papa: così cambierò la Chiesa”, “Dialogo tra Francesco e Scalfari: ‘Ripartire dal Concilio, aprire alla cultura moderna’”.

Di spalla: “No a Berlusconi dai ministri Pdl e il Cavaliere attacca Napolitano”.

In taglio basso: “Spinti in mare a frustate, morti 13 migranti”.

 

La Stampa: “Crisi, è l’ora dei veleni”, “da Berlusconi attacco al Quirinale. La replica: parole deliranti e diffamatorie. Il Cavaliere: via libera a Iva e legge di stabilità, poi elezioni. Il Pd: irricevibile”. A centro pagina, con foto dalla spiaggia di Scicli: “Frustati e gettati in mare, strage di migranti”.

 

Il Fatto quotidiano: “B. spara: ‘Napolitano telefonò per cambiare la sentenza Cir’”. A centro pagina: “Il condannato dà sette giorni a Letta. Il premier non ci sta: è un ricatto”.

Libero: “Il Pd stoppa il Letta bis”. “I democratici chiudono la porta: vogliono votare per impedire a Renzi di conquistare il partito”, “Berlusconi congela la scissione del Pdl e dà i sette giorni al premier, ma con Alfano è braccio di ferro”. “Rubata una telefonata del Cav: ‘Napolitano sarebbe intervenuto sulla sentenza Mondadori’”.

A centro pagina una caricatura per la presidente della Camera: “Quando la Boldrini lavorava al programma tv con le ‘veline’”.

 

Il Giornale: “Scatta la tassa Letta”, “nuovo regalo della sinistra: oggi sale l’Iva. Berlusconi dice basta. Mette in riga il partito e conferma: governo finito, subito al voto”. “Alfano contro ‘Il Giornale’”, “telefonata rubata al Cavaliere su Napolitano e i magistrati”. A centro pagina foto della Presidente della Camera: “I tanga nascosti della Boldrini”, “coautrice di uno show tv ‘scollacciato’”.

 

L’Unità: “Berlusconi fa il pazzo per votare”. A centro pagina, con foto: “Frustati per tuffarsi, 13 morti a Ragusa”. E sul lodo Mondadori: “L’ultimo delirio del Cav: il Colle chiamò i giudici”.

 

Il Sole 24 Ore: “Spread e Borsa, sale la tensione. Il differenziale Btp-Bund vola a quota 288, poi recupera e chiude a 265”. Di spalla: “Berlusconi attacca il Colle. Napolitano: invenzioni deliranti e diffamatorie. L’ex premier al telefono: pressioni per cambiare la sentenza Mondadori”.

 

Berlusconi, Napolitano, governo, Grillo

 

Ieri il programma di Corrado Formigli su La 7 Piazza Pulita ha mandato in onda una telefonata tra Berlusconi e un deputato pidiellino. Il parlamentare in questione aveva lasciato attivo il vivavoce, permettendo di registrare il colloquio, nel corso dell’intervista. Spiega La Repubblica che l’accusa di Berlusconi era relativa al Capo dello Stato, che avrebbe interferito sulla Cassazione che lo ha condannato a pagare 494 milioni di euro alla Cir. Il Capo dello Stato avrebbe fatto pressioni per impedire un taglio di 200 milioni della somma dovuta. Queste le parole del Cavaliere: “Mi è stato detto che il Capo dello Stato avrebbe telefonato per avere la sentenza prima che venisse pubblicata. Dopodiché ha ritelefonato, ha fatto ritelefonare da Lupo, il presidente della Cassazione, che ha chiamato il presidente di sezione costringendolo a riaprire la camera di consiglio”. “La sentenza era già pronta il 27 di giugno, e nel riaprire la camera di consiglio hanno tolto 200 milioni”.

Sul Corriere della Sera si riproduce il comunicato del Quirinale: “Quel che sarebbe stato riferito al senatore Berlusconi circa le vicende della sentenza sul lodo Mondadori è semplicemente un’altra delirante invenzione volgarmente diffamatoria nei confronti del capo dello Stato. Lo stesso presidente della Cassazione, Santacroce, si è fatto sentire, bollando come “pura fantascienza” i contenuti della telefonata.

Il Giornale parla di “scippo” di una telefonata di Berlusconi, “sottratta con allegra violazione della privacy del Cavaliere, inopinatamente registrata e puntualmente mandata in onda ieri sera, per conquistare qualche virgola in più di audience”.

 

Ieri Berlusconi ha riunito i gruppi parlamentari Pdl. Scrive Massimo Franco sulla prima del Corriere: “Il fatto che il ‘dibattito’ di ieri nel Pdl si sia ridotto a un monologo di Silvio Berlusconi dice già molto. E la decisione di sfiduciare il governo di Enrico Letta senza che pubblicamente i ministri o altri siano riusciti a sollevare obiezioni sembra chiudere il cerchio”. A pagina 2 c’è il racconto della riunione, per quel che è filtrato. Si riferisce che per esempio avrebbe alzato la mano Fabrizio Cicchitto per intervenire, ma è stato sconsigliato a farlo. Berlusconi stesso gli avrebbe risposto: “Fabrizio, con i capigruppo avevamo deciso che avrei parlato solo io… Ma se vuoi dirmi qualcosa, forza, vieni a cena da me stasera”. Nel corso della riunione il Cavaliere avrebbe detto: “Il governo è finito qui”, “ho deciso tutto io”, “Forza Italia non è una forza estremista”. Secondo il quotidiano Alfano e gli altri 4 ministri Pdl “sarebbero a un passo dalla rottura, e non escluderebbero l’ipotesi di formare gruppi autonomi pro-Letta”. Sono convinti che ci sia ancora spazio per combattere, vogliono che deputati e senatori Pdl, prima della fiducia o sfiducia al governo in Parlamento, si esprimano con un voto sulle decisioni da prendere. E tutti pensano che a strappare per primo dovrebbe essere Alfano che è segretario Pdl e vicepremier, dunque il più alto in carica, ma lui pare tormentatissimo.

 

Su Il Giornale: “Letta si gioca tutto. Senza i numeri si dimetterà subito”. E sulla pagina di fianco, in un retroscena: “Mancano venti voti, ma i dissidenti Pdl sarebbero solo 7”. Scrive Il Giornale: “i nomi di chi non gradisce lo strappo, di chi vorrebbe ancora dare fiato al governo, continuano a circolare tra conferme, silenzi e smentite. Nella lista ieri c’era chi inseriva addirittura Roberto Formigoni, una nuova formazione, di area moderata, è una idea non fantasiosa, nonostante nessuno ne parli ufficialmente. Al Senato l’astensione equivale al voto negativo, e anche se i ‘dissidenti’ o colombe che dir si voglia scegliessero questa strada, la loro decisione sarebbe un chiaro rifiuto della linea del partito. Indirettamente un appoggio a Letta”.

 

La Repubblica parla dei ministri Maurizio Lupi e Mario Mauro come registi della campagna per spiazzare Berlusconi al Senato. Secondo questa ricostruzione sarebbero in quindici i senatori pronti a lasciarlo. E l’idea è quella di un gruppo ispirato al PPE. Sono convinti che se ci sta Alfano uscirebbero in 40. Il quotidiano intervista Fabrizio Cicchitto, secondo cui “è un errore far cadere il governo, sia per quel che riguarda Berlusconi, sia per il Pdl che per l’Italia”. Anche perché “è un sogno di una notte di mezza estate pensare che si voti a novembre, con questa legge elettorale. Questa legge, tra l’altro, a dicembre sarà messa in discussione in due o tre punti dalla Consulta”. “Rischiamo di passare da un governo Letta-Alfano che garantiva, pur tra i limiti, entrambe le parti, ad un esecutivo di scopo. Non si sa chi li presiederebbe e sarebbe comunque ostile al Pdl”. Inoltre “facendo cadere oggi il governo Letta facciamo anche un favore al Pd, che era diviso sulla necessità di tenere in piedi l’esecutivo. E probabilmente facciamo un favore anche a Renzi”.

 

Su La Stampa: “Colombe verso l’uscita. Pressing di Lupi, ma Alfano è tormentato”. Secondo il quotidiano il segretario avrebbe proposto al Cavaliere la via di un appoggio esterno all’esecutivo.

Va registrata anche la polemica tra i 5 ministri Pdl e il direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti. Che si è concretizzata in un comunicato congiunto in cui ammoniscono lo stesso direttore: “Se il ‘metodo Boffo’ ha forse funzionato con qualcuno, non funzionerà con noi”. Il direttore Sallusti risponde sulla prima del quotidiano, definendo “delirante e minaccioso” il comunicato dei ministri. “Lo chiamerei ‘metodo Alfano’: parlare a nuora (io) perché suocera (a me sconosciuta) intenda quando le cose non vanno come lui avrebbe voluto. Nel calcio si chiama ‘fallo di frustrazione’”.

 

Su Il Giornale, si ci occupa del Pd: “Le trame dei big Pd. Epifani e D’Alema tifano per le elezioni”. Il quotidiano lo deduce dal fatto che il segretario Pd abbia bocciato l’idea di un ‘governicchio’”, con una maggioranza “fatta con un po’ di transfughi”. Analoga presa di posizione da parte di Massimo D’Alema, secondo cui si darebbe vita a un governo debole, esposto alle pressioni quotidiane.

 

Sul Corriere: “Ora il congresso Pd potrebbe saltare”. “D’Alema fa infuiare i renziani. ‘Se si vota presto, primarie solo per il premier’. Epifani: no a un governo di transfughi. E critica Letta: errori da lui e da Bersani”. E si riferiscono le parole di D’Alema: “Se si va al voto tra fine febbraio e i primi di marzo, temo che a dicembre si dovrebbero fare le primarie per il premier”. Salterebbero quindi le primarie per il segretario. Inoltre, D’Alema ha ricordato che “oltre a Renzi e Letta nel Pd ci sono diverse personalità che potrebbero rappresentare dei buoni candidati a premier”. Quanto a Epifani, si riferiscono così le sue parole: “Pierluigi Bersani ha sbagliato a fare una campagna elettorale di conserva, a sottovalutare la domanda di cambiamento del Paese. Non ha sbagliato solo lui, ma tutti quelli che gli erano intorno, compreso Enrico Letta”. In un dietro le quinte del Corriere si piega: “I bersaniani puntano a dicembre (per il voto anticipato) per non far prendere il partito al sindaco. Per Renzi il momento giusto è a marzo”.

 

Su L’Unità: “Renzi tifa per il voto a febbraio, ‘ma il congresso va fatto’”.

 

Su Il Fatto: “Letta rischia-tutto. Fiducia senza Caimano e sfida a Renzi”, “il presidente del Consiglio domani va alle Camere: non vuole i voti di Berlusconi. Se non spacca il Pdl si dimette. Nei sondaggi ha già raggiunto il sindaco”. I sondaggi di cui si parla sono quelli di Ipr marketing.

Anche su La Stampa: “Dentro il Pd cresce la tentazione del voto” , “una scissione nel Pdl viene considerata improbabile e non si escludono più neanche le elezioni entro l’anno”.

 

Il Fatto racconta così invece la decisione di Beppe Grillo di fare un “blitz” alla sede Rai di viale Mazzini, “per protestare contro l’occupazione politica della Rai”. Grillo ha attaccato Enrico Letta e Fabio Fazio, che domenica scorsa lo ha intervistato: “La Rai ha 11 mila dipendenti, 1300 giornalisti, perde 200 milioni l’anno – elenca. “Fanno servizi come quello che avete visto, dove Fazio sta lì come un zerbino ad ascoltare palle di cui non è nemmeno informato”.

 

Spiega La Stampa che nel salotto di Fazio, secondo l’accusa di Grillo, Letta si è permesso di dire che il movimento 5 Stelle chiede di votare con il Porcellum, mentre lui, Letta, il sistema elettorale lo vuole cambiare. Grillo gli ha ricordato che assieme al suo partito ha bocciato la mozione Giachetti che avrebbe riportato le lancette ai tempi del più sano Mattarellum.

Altre parole di Grillo riferite da La Repubblica: “Se vogliono modificare la legge elettorale, è per farla diventare un super Porcellum, e non fare entrare noi in Parlamento. Meglio andare al voto, dopo ci penseremo noi”.

La polemica, spiega L’Unità, è proseguita sul web, perché il Pd Giachetti ha ricostruito i giorni del voto sulla sua mozione per il ritorno al Mattarellum, 4 mesi fa, firmata da 100 parlamentari. Letta chiese al Pd di votare contro quella mozione, ponendo nei fatti una questione di fiducia.

 

Internazionale

 

Oggi il primo ministro israeliano Netanyahu parlerà alle Nazioni Unite. Ieri ha incontrato il presidente Usa e La Stampa titola: “Netanyahu frena Obama. ‘L’Iran vuole distruggerci’”. “Il premier israeliano: finte aperture. Il Presidente: aspetteremo i fatti”. Scrive il quotidiano che la telefonata di Obama al Presidente iraniano Rohani ha colto di sorpresa Gerusalemme. Ha detto Netanyhau: la priorità è impedire all’Iran di arrivare all’atomica, perché esso persegue l’eliminazione di Israele”, e “deve smantellare il programma nucleare militare”. Inoltre, ha sottolineato Netanyahu, “se l’Iran è tornato a negoziare è solo grazie alle sanzioni e alla credibile minaccia della forza”. Il quotidiano riferisce che questa linea accomuna Gerusalemme a molti dei più stretti alleati arabi di Washington, a cominciare dall’Arabia Saudita. La risposta di Obama: “Le parole di Teheran non bastano, abbiamo bisogno di azioni concrete”, ha detto, ribadendo di essere “personalmente impegnato a impedire che l’Iran abbia l’atomica”. Obama ha detto di sperare in una soluzione diplomatica, ma ha aggiunto che “nessuna opzione è esclusa”.

Sul Corriere della Sera, intervista alla premio Nobel per la pace e dissidente iraniana Shirin Ebadi, che si dimostra cauta sulle aperture del Presidente Rohani, e ricorda che in Iran i diritti umani sono ancora violati quotidianamente. Dice ancora la Ebadi che le sanzioni economiche “hanno fatto capire al regime che la politica precedente non era corretta, e che l’Iran non è un’isola, non è isolato dal resto del mondo. Hanno fatto capire che bisogna riprendere i rapporti con l’occidente, e anche con gli Stati Uniti.

 

Tornando alla Stampa, segnaliamo un “focus” di Marta Ottaviani sulla presentazione, ieri, da parte del premier turco Erdogan, di un pacchetto di riforme per la democratizzazione del Paese. Spiega la Ottaviani che si tratta di un’opera lasciata per il momento a metà: “La Turchia muove passi importanti verso le minoranze, e per creare una nazione a impronta meno nazionalista. Numerose località nel sudest del Paese, dove i curdi sono più numerosi, potranno tornare alle vecchie denominazioni. Termina il divieto di utilizzare le lettere dell’alfabeto curdo x, w, e q. La campagna elettorale potrà svolgersi in lingue diverse da quella turca. Il monastero siriaco di Mor Gabriel vedrà restituite le terre espropriate dalla magistratura turca”. Ma che l’opera sia incompleta lo testimoniano due mancanze vistose: la prima riguarda la mancata riforma elettorale, che fissa al 10 per cento lo sbarramento per entrare in Parlamento. La seconda è data dalla istruzione in una lingua diversa dal turco, che potrà avvenire solo negli istituti privati e non nella scuola pubblica: “Se a questo aggiungiamo la liberalizzazione del velo nei palazzi pubblici, viene da pensare che la Turchia di Erdogan possa veramente diventare un Paese più inclusivo, ma dove rimangono paletti rigidi. Una sorta di ‘democrazia controllata’. Rimane da vedere l’atteggiamento nei confronti del dissenso”.

E’ sulla questione del velo che attirano l’attenzione le analisi di Marco Ansaldo su La Repubblica: “Turchia. Colpo allo stato laico. Torna il velo in ufficio”, “Erdogan annuncia riforme, il Paese si divide. Cadono a uno a uno i pilastri di Ataturk”. Il velo, ha ricordato Erdogan, “rimane severamente proibito negli ambienti militari e nella magistratura”. Il provvedimento è stato subito contestato dagli ambienti più laici. Il decadimento di questo divieto consentirà alle donne velate di candidarsi in Parlamento. Secondo Ansaldo le aperture verso i curdi non convincono. Anche per L’Unità l’attenzione è sul velo: “Via il bando sul velo. Erdogan: è democrazia”. Ora che cade il tabù laicista che impediva alle impiegate statali di indossare il velo, spiega L’Unità, si fa “un passo in avanti verso il riconoscimento del diritto a seguire i dettami della propria fede religiosa, secondo il partito islamico al governo, l’AKP, ma per gli avversari è uno strumento subdolo di coercizione verso quelle donne che finora potevano farsi scudo delle leggi vigenti per resistere alla pressione di ambienti sociali e culturali conservatori”.

 

 

E poi

 

I quotidiani riferiscono ampiamente della nuova tragedia verificatasi ieri sulla spiaggia di Scicli (Siracusa), tredici migranti morti. Stavano cercando di raggiungere a nuoto la riva, dopo esser stati costretti dagli scafisti, a furia di bastonate, a lanciarsi in acqua da un barcone che si era arenato. Su Il Sole 24 Ore, alla pagina commente e inchieste: “La regia delle ‘ndrine sui flussi di clandestini”. “LA criminalità calabrese apre un nuovo fronte si sfruttamento legato persino alla gestione dell’accoglienza”.

 

Prosegue il dialogo tra Eugenio Scalfari e Papa Francesco, oggi nella forma di un colloquio tra i due, dopo la lettera del Pontefice a Repubblica. “La Chiesa ha il dovere di aprirsi alla modernità”, il titolo, con le parole del Papa. “I mali del mondo: i giovani senza lavoro e i vecchi soli”.

Dice tra l’altro: “In Curia ci sono talvolta dei cortigiani, ma la Curia nel suo complesso è un’altra cosa. E’ quella che negli eserciti si chiama l’intendenza, gestisce i servizi che servono alla Santa Sede. Però ha un difetto: è Vaticano-centrica. Vede e cura gli interessi del Vaticano, con sono ancora, in gran parte, interessi temporali. Questa visione Vaticano-centrica trascura il mondo che ci circonda. Non condivido questa visione e farò di tutto per cambiarla. La Chiesa è o deve tornare ad essere una comunità del Popolo di Dio, e i presbiteri, i parroci, i vescovi con cura d’anime sono al servizio del popolo di Dio”.

A Scalfari più avanti dice: “Da quanto ho capito è un non credente ma non un anticlericale”. Scalfari ammette di non essere anticlericale ma “di diventarlo quando incontro un clericale”. Il Papa sorride e dice: “Capita anche a me, quando ho di fronte un clericale divento anticlericale di botto. Il clericalismo non dovrebbe avere niente a che vedere con il cristianesimo. San Paolo, che fu il primo a parlare ai gentili, ai pagani, ai credenti in altre religioni, fu il primo a insegnarcelo”.

Poi parla del Concilio Vaticano II e dice che esso “decise di guardare al futuro con spirito moderno e di aprire alla cultura moderna. I padri conciliari sapevano che aprire alla cultura moderna significava ecumenismo religioso e dialogo con i non credenti. Dopo di allora fu fatto molto poco in quella direzione. Io ho l’umiltà e l’ambizione di volerlo fare”.

Il Papa ricorda di aver deciso come prima cosa di nominare un gruppo di otto cardinali “che siano il mio consiglio”, non cortigiani ma persone sagge e animate dai miei stessi sentimenti. Questo è l’inizio di quella Chiesa con una organizzazione non soltanto verticistica ma anche orizzontale. Quando il cardinal Martini ne parlava mettendo l’accento sui concilii e sui sinodi sapeva benissimo quanto fosse lunga e difficile la strada da percorrere in quella direzione”. E la politica? “Perché me lo chiede? Io ho già detto che la Chiesa non si occuperà di politica”, “le istituzioni politiche sono laiche per definizione e operano in sfere indipendenti”. E ancora: “La Chiesa non andrà mai oltre il compito di esprimere e diffondere i suoi valori. Almeno fin quando io sarò qui”. A Scalfari, che fa osservare che la Chiesa non è stata sempre così, il Papa risponde: “Non è quasi mai stata così. Molto spesso la Chiesa come istituzione è stata dominata dal temporalismo, e molti membri ed alti esponenti cattolici hanno ancora questo modo di sentire”.

 

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