Fare satira in Turchia
ai tempi di Erdogan

Da Reset-Dialogues on Civilizations 

“Mentre pensiamo al disegno da mettere in copertina abbiamo sempre posto attenzione alla legge e alla percezione del pubblico. Una volta bastava tenere conto di questo mentre ora siamo costretti anche a considerare se dopo questa copertina qualche persona al potere si arrabbierà con noi”.

Jeans e maglietta dai colori slavati, sandali, lunga coda di capelli e barba incolta. Memo Tembelçizer sembra il paffuto gestore del negozio di fumetti nei cartoni animati dei Simpsons ma potrebbe benissimo essere il personaggio di una delle strisce che riempiono le riviste satiriche turche. Le tre più conosciute – Uykusuz, Pengun e Leman – messe insieme vendono circa 100 mila copie a settimana. Tembelçizer è una firma storica della satira politica turca. Negli anni ’90 ha iniziato a disegnare fumetti su celebri riviste come L-Manyak o Lombak. Dal 2004 lavora per Uykusuz (l’insonne) la rivista di satira più venduta in Turchia.

Lo incontro sulla sponda asiatica di Istanbul in uno dei tanti locali del quartiere liberal Kadikoy, davanti a noi, oltre il canale azzurro del Bosforo, si intravede la penisola storica dove svettano i minareti della Moschea Blu e di Santa Sofia. Poche settimane prima il presidente Erdogan aveva pubblicamente attaccato Leman, uno dei settimanali satirici più venduti nel paese. Il presidente turco non ha gradito una copertina che lo ritraeva intento a farsi un selfie con una persona dalle fattezze di Abdullah Öcalan, leader incarcerato dal 1999 del PKK, partito curdo fuori legge con cui Ankara è in guerra da oltre trent’anni. “Questo cosiddetto fumetto – ha affermato il presidente – non ha limiti nel disturbare e insultare. Devono stare al loro posto e scusarsi”. Il sorriso rilassato sulla bocca di Tembelçizer da quando ci siamo incontrati si spegne per un momento, guarda altrove. “Quando Erdogan parla di qualcuno succede sempre qualcosa di terribile a queste persone. Infatti stiamo aspettando di vedere cosa succederà a Leman, dopo questo episodio non siamo molto a nostro agio”.

Il complicato rapporto tra politica e i fumetti satirici in Turchia ha una storia lunga quanto la tradizione della satira: una tradizione addirittura di epoca ottomana, quando già circolavano fogli che mettevano in ridicolo il potere. Per le riviste di satira è oggi diventato sempre più difficile riuscire a trovare il modo di scherzare in una Turchia dove vengono commissariati i media di opposizione e molti giornalisti sono regolarmente sotto processo se non in carcere. Per questo molti autori non vogliono parlare con la stampa della loro situazione. Questo succede anche a causa dell’aria pesante che si respira dallo scorso anno a causa del terrorismo. Negli ultimi 12 mesi più di 250 civili sono stati uccisi in una serie di attentati che hanno colpito il paese. L’ultimo attacco è stato messo a segno da 3 kamikaze che la sera del 27 giugno si sono fatti esplodere all’aeroporto Atatürk di Istanbul uccidendo 45 persone.

Per cercare di difendersi da ogni tipo di pressione le riviste di satira scelgono di non avere pubblicità e vengono stampate da case editrici indipendenti. I settimanali mettono ogni settimana in copertina un disegno che fa satira sull’attualità politica. Se per l’argomento da trattare in copertina viene sempre cercato un accordo a livello di tutta la redazione, all’interno dei magazine gli autori sono totalmente liberi di irridere la politica e la società nel modo in cui preferiscono. Una libertà che può costare caro, come è successo qualche anno fa a Bahadır Baruter, direttore della rivista Penguen, che è stato per anni a processo e poi condannato a pagare una multa a causa di una vignetta giudicata offensiva nei confronti della religione musulmana.

Sebbene il settimanale per cui lavora Tembelçizer non sia mai finito sotto processo, due numeri di Uykusuz usciti recentemente sono stati associati col terrorismo. In primavera due studenti sono stati arrestati ad una manifestazione politica e accusati di supportare il partito armato curdo PKK. Tra le prove dell’accusa anche due copie di Uykusuz trovate a casa dei giovani. “Hanno arrestato dei ragazzi – spiega Tembelçizer – a casa loro hanno cercato la prova della loro appartenenza ad associazioni terroristiche, hanno trovato Uykusuz e hanno inserito la rivista tra i materiali che proverebbero il fatto che sono terroristi. Cose di questo tipo succedono sempre in Turchia. Ti trovano un accendino in casa e dicono che sei terrorista perché andrai a dare fuoco a qualche posto!”.

Se le pressioni a livello governativo o i processi non sono niente di così nuovo, Tembelçizer è soprattutto colpito da quella che descrive come una trasformazione della società turca negli ultimi 20 anni. “Ho iniziato negli anni ’90 e in quell’epoca non ho mai avuto accuse da parte del pubblico contro i miei fumetti. Ora quando disegno qualcosa che ad esempio ha a che fare con il sesso oppure quando mettiamo il presidente Erdogan in copertina riceviamo moltissimi insulti sui social network. Questa è cultura popolare – continua – se percepisci un’aggressività da parte del pubblico devi scegliere se limitarti e andare incontro a quello che vuole il pubblico o essere underground. È così che ci sentiamo. Negli anni ’90 potevamo disegnare quello che volevamo ma giorno per giorno la società è diventata sempre più aggressiva. Si tratta di persone che non comprendono la nostra satira, non capiscono le battute o il linguaggio speciale che utilizziamo, se fai satira sulla questione etnica, sulla religione o sul sesso scrivono su internet: ‘Dovreste fare cose divertenti e invece fate politica’, il punto è che è un secolo che si fa questa satira politica!”

In vent’anni di attività, Memo Tembelçizer non ha mai cambiato mestiere ma ora oltre ad essere preoccupato per la situazione politica in Turchia vede una situazione allarmante anche in Europa. “In tutto il mondo vedo nella società una tendenza all’aggressività su temi come la religione o il tema etnico. In generale vedo che le libertà vengono limitate. Pensiamo a quello che è successo ai nostri colleghi di Charlie Hebdo. Il giorno dell’attacco ho pensato che questa situazione fosse dappertutto. Ci eravamo sempre illusi che fuori dalla Turchia ci fosse un paradiso ma non è così. Anche i governi occidentali stanno diventando sempre più autoritari, Angela Merkel ha autorizzato Erdogan a fare mettere sotto processo un comico tedesco che ha fatto satira su di lui in Germania. Francamente non sono molto sorpreso dall’atteggiamento di Erdogan ma da Merkel anche se devo dire che ultimamente la vedo sempre sorridente nelle foto con il nostro presidente”.

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