Putin-Obama. La sfida di San Pietroburgo.

Corriere della sera: “Pd e Pdl sempre più lontani”, “Nuove tensioni su Berlusconi, poi la tregua fino a lunedì”. A centro pagina: “Obama , il mondo non resti in silenzio”.

La Repubblica:  “Obama, il mondo stia con me”. Di spalla: “Letta: ‘il mio governo deve andare avanti’. Ma il Pdl pronto alla crisi”. In prima ancche le notizie sulla Fiat: “Fiat, con un m,iliardo riparte Mirafiori”.

La Stampa: “Putin sfida Obama, ‘Il gas è dei ribelli’. Il presidente Usa: il mondo non resti in silenzio”. In evidenza a sinistra in prima: “Fiat, un miliarod per Mirafiori”.

L’Unità: ” Berlusconi minaccia l’Italia. Il pdl pronto a far cadere il governo. Epifani: sulla decadenza non vediamo”. A centro pagina la Siria, con foto di Obama, il titolo “fermiamo la guerra” e una intervista al Ministro della Difesa Mario Mauro.

Libero: “Via Letta, è pronto Amato”. Il quotidiano parla del “ricatto” che  si preparerebbe. Napolitano nominerebbe Giuliano Amato alla Corte Costituzionale per “tenerlo in caldo” in caso di caduta del governo Letta. I ministri per sarebbero pronti alle  dimissioni ma Berlusconi “frena”. “Aspettiamo 48 ore”.

Il Giornale: “Il Pd affossa Letta”. “Epifani chiude al pdl sulla decadenza di Berlusconi. E’ una bomba contro il governo”. Il quotidiano annuncia anche un video messaggio di Berlusconi per rilanciare Forza Italia.
Anche Il Foglio annuncia il messaggio, ma lo fa con un punto interrogativo.

Europa “O si salva lui o l’Italia”, con foto di Berlusconi.

Il Fatto quotidiano: “Scudi umani scatenati ped salvare B. al Senato”.

G20, Siria, Obama, Putin

“Spiragli e minacce”: questo il messaggio lanciato ieri mattina con un’intervista dal presidente russo Putin in riferimento alla Siria, secondo il Corriere della Sera. “Spiragli” perché ha detto che se al Consiglio di sicurezza Onu venissero presentate prove certe sull’uso delle armi chimiche da parte dell’esercito siriano, Mosca potrebbe appoggiare un’azione sotto l’egida Onu: ma è chiaro, scrive il Corriere, che per Putin questa è solo un’ipotesi teorica, visto che ha anche affermato che “nessuna prova concreta è stata presentata”. E su questo Putin si è esibito in una raffica di critiche all’amministrazione Obama, fino all’accusa al segretario di Stato John Kerry di aver mentito sul ruolo di Al Qaeda in Siria e di “sapere di mentire”. Putin si riferiva all’intervento al Senbato Usa di Kerry, il quale aveva definito “fondamentalmente non vero” che l’opposizione siriana sia sempre più infiltrata da Al Qaeda. Invece l’organizzazione terrorista, secondo il presidente russo, è ormai uno dei pilastri della resistenza armata e “loro lo sanno”. Per Putin i responsabili dell’amministrazione Usa “mentono magnificamente”. “Ho visto il dibattito al Congresso”, ha detto. Per cui l’autorizzazione all’intervento armato è sostanzialmente un invito “a un’aggressione, perché tutto quello che avviene al di fuori delle Nazioni Unite è semplicemente aggressione”. Putin ha anche ricordato che la Russia ha fornito all’Iran batterie di missili S-300 che, ha ricordato, sono “molto efficaci”: ma ha sottolineato che il governo ha per ora sospeso la consegna di altri elementi per renderle operative. Quindi, secondo il Corriere, la minaccia della Russia è chiara : se gli Usa procedessero unilateralmente, Mosca saprebbe come comportarsi, “magari anche con la consegna di armamenti sensibili un altre zone del mondo”, coma ha detto Putin.
La Stampa evidenzia anche un altro punto del messaggio di Putin: “’I ribelli hanno il gas’”. Sono i ribelli siriani ad aver usato le armi chimiche, secondo il presidente russo: il 19 marzo, in un sobborgo di Aleppo, nella ricostruzione fornita dai russi, 26 militari e civili sarebbero morti e altri 86 sarebbero rimasti intossicati dall’utilizzo di un ordigno chimico “costruito artigianalmente con materiali non in dotazione all’esercito siriano”. Mosca sostiene insomma di avere le prove della colpevolezza dei ribelli: il documento di 100 pagine di perizie compiute da esperti russi sui campioni raccolti dai siriani, è stato consegnato all’Onu. Pertanto Putin ha rilanciato la sua accusa sull’attacco chimico: si tratta di una “provocazione dell’opposizione siriana per dare ai suoi protettori il pretesto per intervenire”.
Scrive La Repubblica che per Obama il G20 che si apre a san Pietroburgo “è il summit internazionale più difficile” dei cinque anni di presidenza Obama, poiché il presidente deve uscire da una situazione di evidente isolamento, su un solo dossier, ovvero la Siria: pur trattandosi di un vertice economico che dovrebbe avere ben altra carne al fuoco, i temi resteranno in secondo piano rispetto alla questione siriana. Ieri pomeriggio, nel corso della sua visita a Stoccolma, Obama è tornato ad appellarsi alla comunità internazionale: “Il mondo fermi Assad”, sintetizza La Stampa dando conto del suo intervento. “In gioco la credibilità del mondo”, riassume La Repubblica. Parole di Obama: “non sono io ad aver fissato un alinea rossa ma è la comunità internazionale ad averlo fatto approvando il Trattato contro le armi chimiche, ratificato da Paesi che rappresentano il 98 per cento del pianeta”. La Stampa riferisce anche della risposta data da Obama ai cronisti che lo incalzavano sollevando dubbi sulla credibilità delle accuse ad Assad evocando il precedente dell’Iraq: “Ero contro la guerra in Iraq -ha detto- non ripeteremo gli errori commessi allora, quando la comunità internazionale si trova davanti a crimini come quelli commessi in Ruanda o Kosovo deve agire”. A chi gli chiedeva se non sentisse una contraddizione nella situazione attuale, avendo ricevuto il premio Nobel per la pace nel 2009, il presidente Usa ha risposto: “dissi che rispetto ai predecessori non lo meritavo e spiegai che ogni nazione ha delle responsabilità e quelle dell’America sono di evitare crimini contro l’umanità quando si verificano in Ruanda, Sierra Leone, Libia o Siria”. Si tratta, nel caso della Siria, di un intervento obbligato, secondo Obama, mirato ad  “indebolire l’arsenale chimico di Assad e spingerlo a non usare più i gas” e puntando “ad una soluzione politica attraverso il dialogo a Ginevra”. Quanto al ruolo di Mosca, Obama ha detto che con il suo contributo “saremmo più efficaci”, ma Mosca “continua ad impedire all’Onu di compiere ogni passo”, anche se la Casa Bianca condivide con il Cremlino “la pericolosità dei ribelli di Al Nusra (legati ad Al Qaeda, ndr.), la necessità dell’integrità territoriale siriana e della soluzione politica”.
E ieri in commissione esteri del Senato Usa, Obama ha ottenuto una piccola vittoria, scrive La Repubblica: via libera alla mozione per sostenere l’attacco alla Siria con 10 voti favorevoli contro 7. Non un vantaggio brillante, scrive il quotidiano. Il testo prevede un intervento mirato e limitato nel tempo: 60 giorni, prolungabili a 90 solo con un preavviso e solo se ci sono “buone ragioni”. Niente truppe a terra e un costante aggiornamento da parte del Pentagono sugli sviluppi del blitz. Il sì è arrivato dopo una giornata agitata, scossa dalle dichiarazioni del repubblicano John McCain che aveva minacciato di votare contro e poi ha espresso il proprio sostegno, dopo aver incassato un piccolo successo personale, ovvero l’inserimento nel testo della frase “gli Usa puntano a cambiare le dinamiche della battaglia in Siria”. Cosa finora negata da Obama, chiosa La Repubblica. Una ricostruzione dell’animato dibattito in Senato Usa si ritrova su La Stampa: “McCain minaccia il ‘no’ e incassa  risoluzione per indebolire il regime”. I senatori Menendez (capo della Commissione esteri al Senato) e Corker  (vicepresidente, repubblicano), avevano scritto una risoluzione che puntava a convincere soprattutto i moderati che l’America non sta per entrare nella guerra civile siriana, limitando lo scopo dell’operazione.
Il Sole 24 Ore ricorda anche che ieri si sono tenute alla Camera anche le audizioni del segretario Usa Kerry, di quello della Difesa Hagel e del capo di Stato maggiore Dempsey e ragiona sui tempi: almeno due settimane, hanno calcolato alla Casa Bianca, poiché in una settimana si chiuderà tutto al Senato, mentre per la Camera ci vorrà più tempo. “Poi, ogni giorno sarà buono per lanciare i missili Tomahawk”, conclude il quotidiano.
In un’analisi dello stesso quotidiano, Ugo Tramballi sottolinea che “da quando sono iniziate le primavere arabe, è la prima volta che Stati Uniti e Russia, le vecchie potenze, sono più importanti dei protagonisti principali”. E mai come ora, è Putin ad avere il controllo della situazione: nel senso che ha nelle sue mani l’arma della diplomazia e ha l’opportunità di decidere cosa farne. Può soccorrere Obama, che tutto avrebbe voluto fare tranne che trovarsi di fronte ad un’azione militare che contraddice le sue idee, dopo aver compiuto il grave errore di fissare una linea rossa sull’uso dei gas, “diventata un allettante richiamo per tutti i nemici”, mentre Putin andava “di conserva”. Oppure il capo del Cremlino può decidere di accentuare l’isolamento di Obama, costringendolo a ordinare il bombardamento della Siria, che vorrebbe dire una escalation regionale, un “gorgo oceanico” in cui verrebbero risucchiati Libano, Israele, Iran, Turchia, Usa, Russia: “sarebbe l’eventualità migliore, se l’obiettivo di Putin fosse ricreare una stagione da Guerra fredda nella quale la Russia può esaltare i suoi arsenali militari e celare i suoi limiti”.
“Conto alla rovescia a Damasco: parte il risiko di chi sta con chi”, titola Il Giornale spiegando che Turchia, Israele e Giordania stanno con gli Usa, mentre il Libano “si aspetta il peggio”.
Su La Repubblica Federico Rampini scrive: “la Francia è un punto fermo. E’ l’alleato principale, ieri ha dibattuto alla sua Assemblea nazionale l’azione militare in Siria, usando letteralmente gli stessi termini (“barbarie”) di Obama e John Kerry al Congresso di Washington”. Dal dialogo con la Cina Obama si aspetta ben poco: la Cina è d’accordo con la Russia per usare il potere di veto all’Onu. Pur non avendo -scrive Rampini- gli stessi interessi strategici di Mosca, la Cina vede crescere la sua dipendenza dal petrolio arabo e muove le sue pedine per rafforzare la sua presenza in quell’area. Ma nel G20 siedono anche Turchia e Arabia saudita, due voci importanti a favore dell’intervento che sono critici verso Obama perché gli Usa avrebbero dovuto fare molto di più e molto prima per aiutare l’opposizione siriana.
Francia esclusa, sono gli europei, secondo Rampini, il problema più grosso per Obama. Ieri il presidente Usa si è sentito rivolgere dal premier svedese Reinfeldt due obiezioni: aspettare il verdetto degli ispettori Onu (posizione pilatesca per gli Usa perché gli ispettori non sono autorizzati a dire chi ha lanciato il gas nervino) e opportunità di un avallo giuridico di una risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu.
La Stampa dedica attenzione alle armi italiane presenti nell’arsenale chimico di Assad: Roma “è il primo fornitore fra i Paesi europei nell’ultimo decennio” ed ha contribuito a modernizzare i tank del raiss.Era il lontano 1998, gli Usa di Clitnon scommettevano sul giovane Assad, delfino designato dal padre, ritenendo che avrebbe potuto riportare la Siria nel novero delle nazioni civili. La Siria uscì quindi dalla lista nera dei Paesi produttori di stupefacenti, furono cancellate alcune sanzioni, attenuato l’embargo all avendita di armi. A ruota seguirono gli alleati, italiani in primis: il risultato fu una maxi commessa di 400 miliardi di lire (206 milioni di euro) per la nostra industria militare.

Politica italiana

Tutti i quotidiani riferiscono le dichiarazioni di Enrico Letta che ieri, a San Pietroburgo per il vertice G20, ha concesso una intervista a Russia 24.
“Io sono ottimista e ho il dovere di essere determinato perché gli italiani aspettano delle risposte concrete e queste risposte possono arrivare sono davanti a noi e le raggiungeremo”, ha continuato. È sul serio ottimista? ” Sì sì lo sono”.
“Le apparenze e la realtà” è il titolo del commento di Stefano Folli sul quotidiano di Confindustria.
Lo stesso quotidiano ricorda che ieri, dopo oltre due ore di discussione, non si é trovato all’ufficio di presidenza della giunta per le Elezioni e le immunità del Senato l’accordo sul calendario da seguire per l’esame della decadenza di Silvio Berlusconi. È evidente, osserva il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi, che “il passaggio di lunedì sarà cruciale”. Lupi ieri ha chiesto al Pd se si assume la responsabilità di applicare la legge Severino, “una norma retroattiva”,  facendo decadere Berlusconi. Epifani ha risposto che il Pd è “responsabile”, che esaminerà con attenzione in Giunta la questione è che la legge va applicata.
La crisi di governo più ‘telefonata’ della storia  è  sospesa a mezz’aria da settimane ed ha discrete probabilità di restare virtuale” scrive Stefano Folli sul Sole 24 Ore .Folli scrive che “la logica  e l’esperieza insegnano che un governo cade in seguito a eventi improvvisi o sulla base di un calcolo di potere”. E “non esiste”  di solito un casus belli preannunciato con mesi di anticipo. L’impressione, scrive che il notista politico del quotidiano di Confindustria, è Berlusconi si sia “reso conto che la sua stagione parlamentare è  finita “

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