La guerra fredda di Enrico e Matteo.

Il Corriere della Sera: “Tensione alta tra Renzi e Letta. Il segretario: finora fallimenti. Poi incontra il premier”, “il Presidente del Consiglio: giudizi sbagliati. Il sindaco conferma che vedrà Berlusconi”.

L’editoriale, firmato da Massimo Franco, è titolato: “Ma così non si va da nessuna parte”, dove si parla del “governo dei separati in casa”. A centro pagina: “Le armi chimiche verso Gioia Tauro. Proteste in Calabria. Bonino: ingiustificate”.

 

La Repubblica: “Renzi-Letta, duello senza fine. ‘Troppi fallimenti, così ci spazzano via’. Il premier non ci sta: ho fatto bene”. “Il segretario Pd: riforme subito. Poi cena a Palazzo Chigi, ma nessun chiarimento. Domani incontro con Berlusconi sulla legge elettorale”. A centro pagina: “Armi chimiche in Siria, rivolta a Gioia Tauro”. “Nel porto una nave con sessanta container di veleno. I sindaci: pronti a impedire l’approdo. Il governo: la sicurezza sarà garantita”.

 

L’Unità: “Renzi-Letta, guerra fredda. Il leader Pd accusa: dieci mesi di fallimenti. E cita gli scontri tra Kennedy e Krusciov. Il premier: su di noi giudizio sbagliato. La minoranza: il governo non è figlio di nessuno. Direzione: 150 sì, 35 astenuti”. A centro pagina: “Nave dei veleni: la rabbia di Gioia Tauro”.

 

La Stampa: “Renzi, attacco al governo. ‘Dieci mesi di fallimenti’. Letta: periodo duro, sbaglia. Ieri sera faccia a faccia. Il segretario: l’intesa sulla legge elettorale entro lunedì, anche con Berlusconi”. A centro pagina: “Le armi chimiche siriane a Gioia Tauro”.

 

Il Giornale parla di “svolta: “Accordo Renzi-Berlusconi. L’intesa sulla legge elettorale c’è e sarà ratificata nell’incontro di domani. Mezza sinistra s’indigna, Alfano e i suoi sono sempre più in difficoltà. Il segretario Pd: Letta ha fallito, mesi buttati”. L’editoriale di Alessandro Sallusti è titolato: “Renzizzare Forza Italia?”.

 

Il Fatto quotidiano: “Renzi e B., ecco l’accordo. Guerra di missili con Letta. Intesa sul modello elettorale spagnolo, domani l’incontro con Forza Italia. ‘A Matteo serve un killer per far cadere il governo, eccoci’. Il premier non va alla direzione Dem, il segretario spara sull’Esecutivo. ‘Io ed Enrico come Kennedy e Krusciov su Cuba’. Poi tra i due teso faccia a faccia fino a notte”. A centro pagina: “De Girolamo vuota il sacco. La registrazione anti -Pd: dal suo avvocato al Tg5”. “A Montecitorio dovrà spiegare lo scandalo sannita, dagli appalti al 118 al bar (dello zio) dell’ospedale, passando per le bufale dell’amico. Anche Scelta Civica si sveglia: ‘Il ministro valuti l’opportunità di dimettersi”.

 

Il Sole 24 Ore: “Stretta Ue sui gas serra, l’allarme dell’industria. Lettera di Squinzi a Letta e Barroso: ‘No a un taglio del 40 per cento della CO2”. “Pressing sull’Europa in vista delle decisioni del 22 gennaio”. Di spalla: “Renzi sferza il Goiverno. ‘Mesi di fallimenti’. Letta: giudizio diverso. Sindaco avanti verso l’accordo con Berlusconi sullo ‘spagnolo’”.

 

Letta, Renzi

 

Durante i lavori della Direzione del Pd il premier Letta – che non ha partecipato ai lavori – ha replicato a Renzi con una nota in cui ha ribadito di volere un “nuovo inizio” per il suo Esecutivo ed ha difeso il lavoro svolto nei suoi primi nove mesi, ricordando come il suo incarico sia nato “in uno dei tempi più complessi e travagliati della nostra storia recente”. Scrive il Corriere della Sera che Renzi nel suo intervento ha “giocato dialetticamente su due livelli: ha spazzato via le ambiguità su durata del governo e lealtà al premier, ma al tempo stesso ha randellato l’esecutivo. ‘O il Pd realizza le riforme o andiamo incontro a una devastante campagna elettorale con la demagogia di Berlusconi e di Grillo’”, ha detto. “Nei prossimi quattro mesi dobbiamo portare a casa dei risultati, se andiamo avanti come se niente fosse saremo spazzati via”. Renzi, scrive ancora il quotidiano milanese, ha addebitato a Letta “dieci mesi di fallimenti” ed ha proposto un “’accordo alto e nobile per dar vita a un anno costituente’, in cui riscrivere sistema di voto, nuovo Senato e riforma del Titolo V”.

 

L’editoriale del quotidiano milanese è firmato da Massimo Franco: “I toni usati ieri nella Direzione del Pd da Matteo Renzi sono perentori, quasi minacciosi: verso gli avversari interni e verso il governo. Non ci sono concessioni a chi ha criticato il dialogo sulla riforma elettorale con Silvio Berlusconi. Viene bocciato qualunque cambio nei ministeri. Il progetto rimano quello di archiviare le ‘intese larghe o striminzite’ e di avere un sistema che preveda il premio di maggioranza. E chi pensa di tramare contro di lui col voto segreto in Parlamento deve sapere che la coalizione salterebbe. Il senso è chiaro: il dominus del partito e dunque anche del governo è il segretario votato alle primarie di dicembre”. Franco ricorda che Renzi dice ci voler criticare il governo “’non per fargli le scarpe ma per aiutarlo’, e infatti lo pungola ruvidamente, imputandogli errori e inadeguatezze e chiedendogli ‘una visione, non un rimpastino’: frecciate indirizzate a Palazzo Chigi ma destinate a colpire lo stesso Quirinale. Eppure, dietro tanta perentorietà, si percepisce un filo di preoccupazione. E’ come se Renzi si rendesse conto di guidare dirigenti e parlamentari perplessi dai suoi metodi: al punto da attaccarlo in modo strumentale quando conferma un incontro con Berlusconi ‘per provare a chiudere’”. Franco ricorda che Renzi ha rinviato a lunedì la decisione sulla riforma elettorale, in attesa di capire le vere intenzioni di Berlusconi. E scrive: “Se l’accordo sulla legge elettorale si fa a prescindere dagli alleati e contro uno di loro, il Nuovo Centrodestra, maltrattato anche ieri, c’è da chiedersi come Renzi possa pretendere obbedienza e lealtà ad una coalizione governativa che lui per primo non riconosce come perno della sua strategia. Se poi il calcolo o anche solo la conseguenza di questa polemica fosse di spingere Angelino Alfano e il suo partito di nuovo nelle braccia di Berlusconi, per la sinistra sarebbe un capolavoro alla rovescia: l’ultima ‘figuraccia’”.

 

L’Unità, in un retroscena dal titolo “Legge elettorale, il leader Pd punta al sistema spagnolo”, scrive che lunedì tornerà a riunirsi la Direzione del Pd per indicare la proposta del partito: “O meglio, quella su cui Renzi avrà capito che in Parlamento ci sono i numeri per approvarla, sia alla Camera che al Senato”. Nelle prossime ore Renzi vedrà Berlusconi e il segretario, secondo il quotidiano, si è accorto di quanti rischi ci siano di fronte a lui, e quindi “ha la necessità di blindare il partito e di conseguenza i gruppi parlamentari”. Tanto da mettere in guardia da chi pensa (come fa intendere Formigoni) al voto segreto per far saltare tutto. Il Pd verrà travolto se non riuscirà a onorare il mandato ricevuto dalle primarie, ovvero una riforma della politica riformando tutto il sistema: per questo Renzi a Berlusconi proporrà non solo una intesa sulla legge elettorale ma anche un pacchetto di riforme con dentro il cambiamento del Titolo Ve e il superamento del Senato. Se Berlusconi metterà la firma su una ipotesi del genere, lunedì in Direzione chiederà un voto di fiducia al parlamentino Pd che – ha ricordato – è la sede della decisione. Renzi spinge per il modello spagnolo, quello che a Berlusconi non dispiace, e che produrrebbe un probabile addio di Alfano alla maggioranza: ma a quel punto, scrive il quotidiano, un governo di scopo per fare le riforme (magari con Renzi o una figura istituzionale alla guida) non sarebbe più una fantasiosa congettura. Nella pagina di fianco si legge che il Presidente dell’assemblea Cuperlo “spinge per un Letta bis” per non riportare sulla scena Berlusconi. Nel suo intervento ha sottolineato che, “per la prima volta, ci sono le condizioni per una maggioranza parlamentare favorevole al doppio turno”, respingendo l’ipotesi di liste bloccate.

Su La Stampa, ancora sulla Direzione: “Lo sconcerto della sinistra. D’Alema uscendo lo gela: ‘ormai siamo alle comiche’”. Secondo il quotidiano ai bersanian-dalemiani in sala non è piaciuto affatto il messaggio indirizzato da Renzi all’Assemblea, cioè che alle decisioni in Direzione dovranno allinearsi. Ed è sulle liste bloccate, in particolare, che si rischia una spaccatura del partito. Il timore è che siano solo i leader a scegliere quali debbano essere i candidati, mentre il doppio turno di collegio o le preferenze svincolerebbero di più le minoranze dal pugno di ferro dei leader. E anche se il voto in Direzione si è concluso con una vittoria schiacciate di Renzi – ovvero 150 sì e 35 astenuti sulla sua relazione – lo scontro potrebbe scaldarsi nel redde rationem parlamentare.

 

La sinistra, secondo La Stampa, ha parlato con una voce sola, poiché Cuperlo e i bersaniani Fassina e D’Attorre hanno chiesto il doppio turno, hanno espresso un no al tandem con Berlusconi ed hanno auspicato un sostegno pieno e convinto ad un esecutivo da rinnovare, però totalmente, sempre a guida Letta.

 

Regioni, candidature

 

Tra un mese si celebreranno le elezioni regionali in Sardegna. In testa ai sondaggi, secondo La Stampa, ci sarebbe Michela Murgia, scrittrice candidata di una lista civica. Il Movimento 5 Stelle ha deciso di non partecipare alla consultazione. La Stampa la presenta così: “Indipendentista da dieci anni”, ha tuttavia dato vita ad una “rifondazione dell’indipendentismo mondato da nazionalismo, reducismi e sentimentalismi anti-storici”. Nel 2010 ha iniziato lanciando “progetu Republica”, iniziando a lavorare sul territorio, con migliaia di incontri. Parallelamente si è impegnata in una associazione tra tutti i soggetti della filiera del libro (dagli scrittori agli editori, dai librai ai bibliotecari) per organizzare in rete eventi, festival e progetti con gli studenti. Il risultato è che è stata fermata la moria di librerie indipendenti e i fatturati sono raddoppiati. La coalizione da lei guidata si chiama “Sardegna possibile”, si sono uniti a questo progetto indipendentisti e amministratori locali e militanti senza partito. Il presidente uscente Ugo Cappellacci, centrodestra, ha già detto che teme solo Michela Murgia. E lei: “C’è un pezzo di sinistra che non vede l’ora di non votare Pd”. E i voti di Grillo? “Quelli non sono di Grillo ma dei sardi”.

 

L’Unità intervista Francesco Pigliaru, candidato Pd alle regionali, docente di economia politica alla Università di Cagliari. La coalizione da lui guidata è formata da 11 liste che riuniscono le diverse anime del centrosinistra. Su questa coalizione dice che è quella che centrosinistra “che ha vinto negli ultimi cinque anni tutte le competizioni elettorali in cui si è presentata, da Cagliari a Olbia, fino ad Alghero ed Oristano, tutte strappate al centrodestra”. In più si sono aggiunte formazioni politiche e movimenti che si richiamano alla tradizione tutta sarda dell’autonomismo e dell’autodeterminazione. Punti fermi del programma: “Pari opportunità per tutti i sardi, istruzione di qualità a tutti i livelli, accompagnamento attivo dei disoccupati verso un nuovo lavoro, miglioramento, semplificazione e trasparenza della macchina amministrativa, costruzione di un sistema di valutazione che consenta di avere la misura dell’incidenza delle politiche pubbliche nella vita dei sardi”.

 

Passando al Piemonte, La Repubblica scrive che Roberto Cota, il governatore leghista della Regione – che si è visto annullare la sua elezione dai giudici del Tar qualche giorno fa – ha incassato ieri una nuova stangata con la richiesta di rinvio a giudizio per lui e per la sua maggioranza. Si tratta dell’inchiesta sulle “spese pazze” della Regione: scontrini e ricevute per un valore di 1,7 milioni di euro, tra i quali compaiono migliaia di caffè e cene, giochi per bambini, solarium, e le famose mutande verdi.

 

Sul Corriere: “Rimborsi in Piemonte, nuova tegola per Cota. I pm: va processato”, “Il governatore: per altri colpo di spugna”. Ci si riferisce alla decisione della Procura di archiviare le accuse nei confronti della ex presidente e candidata sconfitta alle Regionali del 2010 Mercedes Bresso. Le era stata contestata la spesa di 9000 euro per alcuni video realizzati nella campagna elettorale e poi messi a carico del suo gruppo. I magistrati la consideravano una illecita forma di finanziamento ai partiti, ma – scrive il quotidiano – si sono ricreduti dopo aver constatato l’esistenza e l’effettivo utilizzo di quei video”.

 

Il Giornale: “Pm a due velocità, processo per Cota e Bresso archiviata”.

 

La Repubblica intervista il sindaco di Torino Piero Fassino che, in vista delle regionali in Piemonte, dice che Sergio Chiamparino “è il miglior candidato per il centrosinistra e per il Piemonte”. Chiamparino è pronto a fare le primarie, a patto che siano vere. E’ un passaggio necessario? “No, nel momento in cui abbiamo la disponibilità di Sergio a candidarsi la decisione da prendere è una sola: dire sì. E’ legittimo che qualcuno possa avere aspirazioni, ma quella di Chiamparino è l’opzione più forte”, anche perché “è più di altri un efficace antidoto rispetto al centrodestra”, “è in grado di intercettare un elettorato largo, di opinione, al di là delle appartenenze”.

 

Gioia Tauro, proteste

 

“Armi chimiche, la bonifica della Siria fa tappa a Gioia Tauro2, titola La Stampa spiegando che il governo ha deciso che le armi chimiche destinate alla distruzione negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Germania “transiteranno” per il porto di Gioia Tauro, dove saranno trasbordate da un cargo danese alla nave statunitense che le porterà fuori dal Mediterraneo”. Ma i sindaci dell’area sono, come scrive il quotidiano, “sul piede di guerra”. E per La Repubblica sono pronti a chiudere il porto. Il ministro degli Esteri Emma Bonino risponde ai timori in un’intervista al Corriere: “Sono male informati. Quel porto ha già gestito sostanze simili”. “Per essere chiari -dice- va detto che stiamo parlando di materiale tossico, non di armi chimiche. Nei container l’agente chimico e gli inneschi sono ovviamente separati: diventano armi solo se vengono messi assieme, di solito nella testata del razzo. Il trasbordo, che avverrà da banchina a banchina, senza stoccaggio, impiegherà più o meno 48 ore”. Quando? “Le operazioni sono un po’ in ritardo per problemi in Siria. Il trasbordo sulla nave americana Cape Ray, a Gioia Tauro, dovrebbe avvenire a fine mese o a inizio febbraio. La Cape Ray poi distruggerà i materiali in acque internazionali mediante idrolisi. I residui saranno trasferiti in Germania e Gran Bretagna per essere convertiti in sostanze utilizzabili dall’industria”. Ma dovevamo proprio accettare questo passaggio per il porto di Gioia Tauro? “Fin dall’inizio -dice Bonino- abbiamo portato avanti la linea di uno sforzo internazionale per la più grande operazione di distruzione di un arsenale chimico da dieci anni. Una volta ottenuta, un Paese serio partecipa. Come partecipano Germania, regno Unito, Danimarca, Norvegia e altri Paesi”.

La Repubblica intervista il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi che, in riferimento alla rivolta dei sindaci, dice: “Abbiamo studiato quest’operazione e la condurremo con le massime garanzie, in sicurezza. Ma una cosa dev’essere chiara: nessuno deve giocare a terrorizzare la popolazione, ogni giorno operazioni di trasferimento di agenti chimici simili a queste vengono condotte con serietà e professionalità nei nostri porti. E questo faremo”, “Mi stupisce che ci siano amministratori locali che vogliono chiudere quei porti in cui già vengono trattati materiali chimici: allora dovrebbero chiuderli tutto l’anno”.

Se ne occupa su La Repubblica Adriano Sofri, che spiega: “La geopolitica vigente, cioè la Russia, non ammette che il carico sulla nave americana venga effettuato direttamente al porto siriano di Lattakia, dunque viene imbarcato su due navi, danese e norvegese, scortate da una fregata, che lo trasbordino. Per fare questo occorre un porto idoneo, benché i container sigillati non siano destinati a sostare ed essere stoccati sulla banchina, e il trasbordo avvenga da nave a nave”. Più avanti Sofri scrive: “Nel corso del 2013 il porto di Gioia Tauro ha movimentato 30 mila tonnellate di sostanze pericolose dello stesso livello attribuito a quelle siriane, che ammontano a 560 tonnellate. Stando così le cose, non si capisce l’allarme e tanto meno il proposito di barricate e blocco del porto. L’allarme non è peraltro condiviso dagli addetti ai lavori. Caso mai, come dice Silvio Greco, biologo marino di esperienza internazionale e già denunciatore dei malannni e malaffari dei mari di Calabria, si deve guardare più attentamente allo smaltimento finale dei materiali una volta che siano stati trattati”.

Su La Stampa ne scrive il corrispondente da New York Mastrolilli: “per distruggere l’arsenale di Assad ci vorranno almeno novanta giorni. L’attività di eliminazione del gas Mustard avverrà in acque internazionali”. Una fonte coinvolta nelle operazioni spiega: “una volta sottoposte all’idrolisi sull’unità americana Cape Ray, diventeranno solo acqua sporca”. Un articolo molto dettagliato sulle suddivisioni degli agenti chimici in diverse categorie, ai fini della loro distruzione, operate dagli esperti Onu e Opcw (Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche).

 

Internazionale

 

L’inserto R2 de La Repubblica è dedicato all’Egitto, dove trionfa il sì al referendum sulla Costituzione voluto dai militari al potere: un risultato che “prepara l’ascesa al potere del generale Abdel Fattah Al Sisi”. Che viene descritto come “il nuovo rais”. Ne scrivono Bernardo Valli e Fabio Scuto. Si sottolinea che più che approvare il testo proposto, il voto serve a legittimare il golpe del 3 luglio scorso che ha defenestrato l’ex presidente islamista Morsi.

Bernardo Valli sottolinea che più che la percentuale dei sì – oltre il 90 per cento – è indicativa la partecipazione. Alle urne sarebbe andato poco più di un quarto dell’elettorato secondo Al Ahram. Secondo il governo l’affluenza sarebbe stata del 40 per cento.

Fabio Scuto: “Code ai seggi e scontri al Cairo. Divisi i giovani di piazza Tahrir”. Non tutti i ragazzi che rovesciarono Mubarak hanno appoggiato la Carta che dà mano libera all’esercito: movimenti giovanili come ‘6 aprile’ si sono schierati contro il referendum.

Il Giornale: “Israele vuole vietare la parola ‘nazista’. Carcere per chi la dice”. La Knesset ha approvato in via preliminare un disegno di legge che vieta il termine “nazista” e la rappresentazione di simboli legati al Terzo Reich, se non legati a propositi educativi o storici. La proposta è stata lanciata da un deputato del partito laico di destra Israel Beitenu ed era stata approvata da una commissione ministeriale. Ci vorranno altre votazioni del Parlamento prima che diventi legge. Ma il dibattito è aperto. Infrangere il divieto potrebbe portare ad una multa pari a 20 mila euro e al carcere fino a sei mesi. L’idea parte dalla considerazione secondo la quale, in Israle, nella routine politica ma anche nel gergo giovanile, il termine nazista come offesa sarebbe diventato di uso comune.

Il Paese è spaccato, l’ex leader laburista Yakimovich dice: “Sono la figlia di un sopravvissuto dell’Olocausto ma chiedo a tutti di votare contro questa legge”. Zahava Galon, della sinistra di Meretz, accusa: “Settimana dopo settimana state tentando di ridurre al silenzio la popolazione e prevenire la libertà di espressione”. Il Procuratore generale Weinstein ha sollevato problemi di costituzionalità in una lettera ai deputati: “E’ giusto in uno stato democratico vietare un intero mondo di immagini dal discorso politico per proteggere i sentimenti della popolazione? Non tutti i comportamenti che offendono il pubblico devono essere trattati come un crimine”, ha detto.

Su Il Sole 24 Ore il corrispondente da Londra Maisano scrive che l’Ue è una “mina vagante per Cameron” perché il premier conservatore non sembra più in grado di contenere il fronte anti-Bruxelles. Il governo contava di far confermare la partecipazione britannica all’Ue dopo aver rinegoziato i termini dell’adesione ma, dopo aver “dato in pasto” agli euroscettici dell’Ukip (Uk Independence Paty) l’idea di un referendum su un eventuale addio all’Ue, sembra che il risultato sia stato quello di lasciare uscire irrimediabilmente “il genio dalla lampada”, come dice al Sole 24 Ore un ex ministro tory. L’idea, insomma, si è rivelata un azzardo che neanche in epoca thatcheriana fu tentato.

 

 

 

 

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