Attacco a De Gennaro

La Repubblica: “Diaz, il Pd all’attacco: ‘Via De Gennaro da Finmeccanica’”, “Polemica dopo la sentenza della corte di Strasburgo. Anche Sel e M5S contro l’ex capo della Polizia”. A questo tema sono dedicati i commenti di Gianluigi Pellegrino (“La responsabilità delle torture”) e il “retroscena” di Goffredo De Marchis (“La moral suasion di Palazzo Chigi”).
A centro pagina: “’Spianare i campi rom’, bufera su Salvini”, “Il Vaticano: frasi stupide e assurde. Boldrini: parole inquietanti”.
In prima anche gli sviluppi dell’inchiesta su Ischia: “Coop, l’ex presidente nascondeva in casa busta con 16mila euro, ‘Rapporti con politici pd”.
A fondo pagina il richiamo ad una intervista di Liana Milella al pm Nino Di Matteo: “Antimafia, il Csm boccia Di Matteo. ‘Che amarezza, vincono le correnti’”.
E dagli Stati Uniti: “Usa, poliziotto smentito dal video. Sparò alle spalle di un nero in fuga”.
Nella colonna a destra Federico Fubini dà conto del confronto che si è tenuto a Parigi nell’ambito della sesta conferenza “Inet” tra George Soros (che è il creatore di questo think tank), Thomas Picketty e Joseph Stiglitz: “Economisti contro il mondo sempre più diseguale”.

La Stampa: “De Gennaro sotto attacco, ‘Lasci Finmeccanica’”, “Lo chiede Orfini (Pd) dopo la condanna europea per il G8 di Genova”, “’Vergognoso che sia presidente’. Alla Camera la legge che introduce il reato di tortura”.
Su questa vicenda il quotidiano intervista tanto Matteo Orfini (“Il governo deve farlo dimettere”) che l’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola (“I media di destra contribuirono al clima violento”).
“Renzi tace ma vorrebbe le dimissioni”, scrive nel suo “retroscena” Fabio Martini.
A centro pagina, foto delle proteste a North Charleston, nella Carolina del Sud: “Poliziotto uccide un nero, incastrato dal video”, “Un nuovo caso scuote l’America. L’agente subito incriminato per omicidio: rischia la pena capitale”.
Nella colonna a sinistra un intervento di Marta Dassù sulla situazione dello Yemen: “Una nuova minaccia per l’Europa”.
Sulla manovra: “Padoan: ‘Meno tasse, più lavoro. Sui conti l’Ue ci promuoverà’”. “Ma è scontro con i Comuni”, ricorda il quotidiano.

Il Corriere della sera: “‘Ecco la rete tra coop e Pd’. Un altro manager collabora. Una busta con 16 mila euro e la scritta ‘Baffo'”. E poi: “Corruzione. Secondo il rapporto annuale della Guardia di finanza è irregolare un appalto su tre”.
Il titolo di apertura è per il Def e la revisione della spesa: “Il taglio dei fondi fa litigare le città italiane”. “A Firenze e Verona una sforbiciata del 30 per cento”.
In basso il “caso De Gennaro”: “‘Via da Finmeccanica’. Orfini attacca. Serracchiani: ‘Decida lui'”.
A centro pagina anche una fotonotizia: “Marine Le Pen vuole vincere. E caccia il padre”.
In alto: “Usa, un altro afroamericano vittima della polizia. Otto colpi sparati alle spalle. Un video inchioda l’agente”.

Il Sole 24 Ore: “Diaz, il Pd apre il caso De Gennaro. Orfini: ‘Lasci Finmeccanica’”.
Il titolo più grande è per il rapporto della Guardia di Finanza: “‘Irregolare un appalto su tre, oltre 8000 evasori totali”. “I dati della Gdf: nel 2014 assegnazioni contestate per 1,8 miliardi, danni dai funzionari infedeli per 2,6 miliardi”.
E poi: “Ampi poteri a Cantone nella riforma del codice dei lavori pubblici”.
A centro pagina: “Regioni, enti locali e stretta sulle partecipate”. “Domani il piano nelle linee guida del Def”.

Il Giornale: “‘Rubiamo mille euro al giorno. Le vecchine possono morire'”. Si tratta di una “intervista” al programma tv Mattino 5 di due giovani rom. Scrive Il Giornale: “Corsa a legare le mani ai poliziotti. Intanto le giovani nomadi ladre sanno che non rischiano nulla, come i violenti in piazza. E il Pd ‘usa’ il G8 per prendersi Finmeccanica”.
Il titolo di apertura: “‘Le tasse non aumenteranno’. Intanto aumentano i suicidi degli imprenditori”.
A centro pagina: “Quando Fitto insultava il traditore Alfano”.
E poi: “Il pentito coop svela gli affari col Pd. Verrini vuota il sacco. E spunta una busta con 16 mila euro e la scritta ‘Baffo'”.

Il Fatto ha in prima le foto del presidente dell’Autorità Anticorruzione e del fondatore di Eataly Oscar Farinetti sotto il titolo: “Cantone contro Expo: ‘Inammissibile l’appalto senza gara a Eataly’”, “Il commissario anticorruzione contesta a Giuseppe Sala, responsabile di Milano 2015, dieci anomalie nel contratto pubblico che ha regalato a Oscar Farinetti due padiglioni da 8 mila metri quadrati per la ristorazione e per la vendita dei suoi prodotti: ‘Nessun controllo sui costi e sui prezzi, nessuna ricerca di altri concorrenti, possibili violazioni del Protocollo di Legalità’”.
A centro pagina: “Condono fiscale, ci riprovano”, “Nel Documento economico per Bruxelles il governo promette di salvare lo ‘spirito originario’ del decreto di Natale: quello del colpo di spugna per le evasioni e le frodi fiscali fino al 3% dell’imponibile dichiarato. Scopo esplicito: ‘Tutelare non il fisco, ma i diritti delle grandi imprese e dei contribuenti’. Infedeli”.
Sul caso De Gennaro: “G8, De Gennaro non si tocca (gli altri nemmeno)”, “Orfini: ‘Lui a Finmeccanica, vergogna’. Renzi: ‘La nostra risposta è la nuova legge’. Che è una bufala”.
Sotto la testata: “Il Csm boccia Di Matteo alla Procura nazionale antimafia, preferendogli tre pm meno titolati di lui. La trattativa Stato-mafia non esiste, però continua”.
In prima anche il richiamo ad una intervista a Gianroberto Casaleggio, cofondatore del M5S: “’Stanchini? Macché. Parte Rousseau, la piattaforma web’”, “’Così i cittadini saranno padroni dei politici. Conoscere, votare, finanziare: non facciamo cene da 1.000 euro con persone di incerta reputazione’”.
A fondo pagina, “la saga di Francia”: “Marine caccia papà Jean-Marie: la faida del front National”.
E l’analisi di Fabio Mini: “Isis perde con le armi ma vince con la paura”.

De Gennaro

La Stampa, a pagina 2, offre ai lettori un’intervista al presidente del Pd Matteo Orfini, che ieri, via Twitter, ha scatenato le polemiche sul ruolo di De Gennaro scrivendo: “Lo dissi quando fu nominato e lo ripeto oggi dopo la sentenza (della Corte europea sul caso Diaz, ndr.). Trovo vergognoso che De Gennaro sia presidente di Finmeccanica”. Perché quel tweet? Orfini spiega: “De Gennaro era il capo della polizia ai tempi del G8, è il responsabile politico di quella vicenda. Criticai la scelta di farlo sottosegretario ai tempi di Monti. Poi scrissi di non essere d’accordo con la sua nomina alla presidenza di Finmeccanica quando venne fatta e poi confermata. Insieme al collega Raciti, presentammo un’interrogazione che firmarono anche un paio di renziani”. Ma la nomina venne fatta da Letta e confermata da Renzi, ne ha parlato con il premier prima di fare questo tweet? “No”. E questa sua opinione, essendo lei presidente Pd, impegna il partito? “No, dico solo quello che penso”, “Faccio una riflessione che affido al governo, oltre che al Pd”. Il governo deve adoperarsi per rimuovere De Gennaro dalla presidenza di Finmeccanica? “Il governo può esercitare una moral suasion. Io mi aspetterei da De Gennaro le dimissioni”. Ma De Gennaro è stato assolto, fa notare Francesca Schianchi. Orfini: “Ma c’è un’oggettiva responsabilità politica di chi non ha saputo impedire che accadessero cose del genere”.

La Repubblica, a pagina 2, racconta in un “retroscena” di Goffredo de Marchis, l’atteggiamento del premier: “Renzi non smentisce il presidente dem e parte la moral suasion per il passo indietro”, “tra i democratici nessuno prende pubblicamente le difese dell’ex capo della polizia”. Sulla stessa pagina le parole della vicesegretaria pd Debora Serracchiani: “Valuti almeno un esame di coscienza”.
A pagina 3 Carlo Bonini descrive il personaggio De Gennaro: “Dalla polizia ai Servizi, l’arma del silenzio per l’ascesa bipartisan dello ‘squalo’ Gianni”, “Con i suoi 35 anni ai vertici degli apparati di sicurezza dello Stato si è guadagnato l’appellativo di ‘intoccabile’”.

Su La Stampa, il “retroscena” di Fabio Martini: “La tentazione di Renzi: iniziare a rottamare anche fuori dalla politica”, “La moral suasion della Serracchiani verso l’ex capo della polizia”.

Il Fatto, pagina 2: “Ora il Pd scarica De Gennaro, ma nel 2013 lo ha promosso”. Scrivono Alessandro Mantovani e Wanda Marra che “si è aperta una piccola breccia, forse solo apparente, nel muro che da quattordici anni protegge Gianni De Gennaro e gli assicura una sfavillante carriera nonostante fosse il capo della polizia ai tempi del G8 di Genova 2001”. Poi, citando il tweet di Orfini, Il Fatto scrive che intanto “Renzi tace e forse un po’ acconsente”: “A quanto racconta lo stesso Orfini non l’ha neanche chiamato dopo la sua uscita ‘non concordata’. Il premier ha preferito parlare della legge sulla tortura. Ma c’è chi dice che punta alle volontarie dimissioni di De Gennaro, che ha altri due anni di mandato”. Più avanti il quotidiano scrive: “per giustificare nomine e conferme si dice che de Gennaro non è stato condannato) fu assolto dall’accusa di aver indotto l’ex questore di Genova a mentire nel processo Diaz), ma occorre ricordare che dopo il G8 del 2001 il governo Berlusconi dell’epoca rimosse il vicecapo della polizia, il capo dell’Antiterrorismo e il questore, nessuno dei quali era stato sfiorato all’epoca da rilievi penali”. E per quel che riguarda le carriere degli uomini in divisa che guidarono l’irruzione alla Diaz, il quotidiano sottolinea che è proseguita: “I vertici hanno fatto strada”: Gilberto Caldarozzi fu condannato per i falsi verbali alla Diaz che parlavano di molotov e resistenza dei no global, ma de Gennaro lo ha “sistemato” a Finmeccanica; Vincenzo Canterini, che guidava il reparto mobile di Roma ed è stao condannato per falso, è stato promosso questore nel 2003.

La Stampa intervista Claudio Scajola, all’epoca ministro dell’Interno del governo Berlusconi. Si sente responsabile di quanto accadde? “Assolutamente no. Quando sono diventato ministro mancavano solo 40 giorni al G8. Tutto era stato deciso dal Viminale precedente”. E, su de Gennaro: “Anche il capo della polizia era stato deciso dal governo precedente. Io lo trovai già in quel ruolo, nominato dal governo di Giuliano Amato e dal ministro Enzo Bianco”. Sulla scuola Diaz, “bisogna capire cos’era accaduto nei mesi precedenti”: “per colpa, ahimè, dei media del centrodestra, si arrivò al summit in un clima di nervosismo totale, di catastrofe imminente e questo contagiò anche le forze dell’ordine”. E tra gli agenti di polizia “aleggiava questo senso di rivincita contro i manifestanti no global”. A Napoli, nel marzo precedente, c’erano stati scontri e otto poliziotti furono arrestati dopo il Global Forum, ricorda ancora Scajola.

Sul Giorno, il direttore Giancarlo Mazzucca ricorda “come e fosse ieri quella calda domenica di luglio di 14 anni fa, all’indomani dei gravissimi fatti della scuola Diaz a Genova. Mi ero precipitato nel capoluogo ligure perché, tra i pestati della notte precedente, c’era stato anche un mio giovane collega giornalista ed ero quindi andato ad accertarmi delle sue condizioni fisiche: lo trovai ricoverato in ospedale e, per giunta, piantonato da due poliziotti che lo guardavano a vista. Non potrò mai dimenticare quel giorno anche perché, mentre ero in viaggio, mi telefonarono per dirmi che Indro Montanelli era morto”. Scrive Mazzucca che “fu subito evidente che era stata esagerata la reazione delle forze dell’ordine agli incidenti del giorno prima al G8 e non mi sorprende, quindi, che la Corte europea dei diritti umani, sia pure con tanto ritardo, abbia condannato l’Italia per il pestaggio di quella notte e, in particolare di un manifestante che aveva poi fatto ricorso a Strasburgo, ma anche perché non possiede una legislazione adeguata per punire il reato di tortura”. Ma dice anche di trovarsi d’accordo con Gianni Tonelli, segretario generale del Sap, che ha condannato quegli eccessi della scuola Diaz, ma ha pure messo le mani avanti: non bisogna fare di ogni erba un fascio”.

Sul Corriere, Sergio Rizzo ricorda “tutti gli sponsor di De Gennaro” negli anni, da Piero Fassino a Luciano Violante a Vincenzo Scotti, da Amato a Monti a Letta. Si citano le sue parole sui fatti di Genova, davanti alla Commissione istituita nella stessa estate del 2001: “È verosimile che le condizioni create da criminali violenti e facinorosi abbiano determinato in alcuni casi un eccesso nell’uso della forza a opera dei privati, in altri casi episodici e individuali comportamenti illeciti che saranno rigorosamente perseguiti”. Ma “i magistrati avrebbero poi accertato che nei ‘comportamenti illeciti’ alla Diaz e a Bolzaneto non c’era proprio nulla di ‘episodico e individuale’. Lo stesso De Gennaro venne processato con l’accusa di istigazione alla falsa testimonianza e assolto dalla Cassazione. In quel momento era a capo dei servizi segreti: l’aveva nominato il governo di Silvio Berlusconi nel 2008, a due settimane appena dall’insediamento. L’assoluzione gli spianò la strada all’incarico di sottosegretario con Mario Monti. Prima del salto alla presidenza della Finmeccanica”. Sulla sua nomina Rizzo ricorda la previsione di Luigi Bisignani, “uno che in quella materia l’ha sempre saputa lunga”, che disse: “‘In Finmeccanica credo che alla fine andrà il prefetto De Gennaro’. La spara grossa, pensano in molti. Anche perché capita un fatto nuovo. Il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni vuole rompere con le deprecabili abitudini lottizzatorie, fissando criteri rigorosi per le scelte dei manager. Salta così fuori una direttiva piena di prescrizioni etiche, come l’assenza di un semplice rinvio a giudizio, e soprattutto professionali: competenze accertate, zero conflitti d’interessi, indipendenza dalla politica. E che cosa succede? Dieci giorni dopo il Tesoro indica per la presidenza della Finmeccanica il prefetto Gianni De Gennaro, esattamente com’era stato pronosticato da Bisignani”. Su quella nomina “gira la voce di pressioni Usa. Ma anche quella, mai smentita, di una sponsorizzazione del Quirinale dove Giorgio Napolitano ha iniziato il secondo mandato”.

Corruzione, Cpl Concordia

Sul Corriere, le deposizioni di Nicola Verrini, un altro manager, che per cinque ore ha risposto alle domande dei pm titolari della inchiesta sugli appalti truccati della Cpl Concordia. “Verrini è responsabile commerciale ed ex componente del consiglio di amministrazione, e le sue dichiarazioni sembrano aprire scenari inediti”. Il quotidiano racconta che martedì scorso gli avvocati di Verrini hanno contattato i magistrati. Il manager, di fronte al giudice, si era avvalso della facoltà di non rispondere. Di fronte ai pm Woodcock e Carrano “racconta dettagli, circostanze. Poi fa i nomi degli interlocutori che hanno consentito alla cooperativa di seguire una corsia privilegiata nelle gare. E approfondisce quei legami che Casari ha con numerosi esponenti del Pd”. Nel frattempo – aggiunge il quotidiano – durante una perquisizione fatta lunedì hanno trovato nell’appartamento di Casari una busta con 16 mila euro in contanti. C’era scritto “Baffo”. Casari ha detto: “Si riferisce a me che ho i baffi”.
Anche La Stampa, con Guido Rutolo, dà conto delle ultime rivelazioni sulla inchiesta sulla metanizzazione di Ischia che ha portato all’arresto del sindaco Pd: “Le coop, le tangenti e il pd. Arriva un nuovo pentito”, “Napoli, il responsabile Cpl per il Centro Sud: ‘Vi spiego il sistema’”. C’è un secondo “dichiarante”, spiega Guido Rutolo, nell’inchiesta: dopo il consulente responsabile delle relazioni economiche Francesco Simone, anche Nicola Verini ha deciso di rispondere alle domande dei pm di Napoli. È stato assunto come tecnico di cantiere e dal 2012 è il responsabile commerciale della cooperativa Cpl Concordia da Roma in giù. I suoi legali lo hanno convinto a chiedere ai pm di essere interrogato. Avrebbe parlato delle relazioni del presidente della cooperativa Roberto casari con il Pd e dei rapporti con gli amministratori locali (bipartisan).

La Repubblica: “Coop, a casa dell’ex presidente una busta con 16mila euro, ‘Rapporti con politici del Pd’”, “Napoli, dopo Simone anche un altro dirigente della Cpl risponde ai pm. Nelle cinque ore di interrogatorio ricostruiti i legami con il partito”. Ne scrivono Dario del Porto e Conchita Sannino. In riferimento al presidente Casari (che nelle intercettazioni aveva chiamato in causa Massimo D’Alema) e al suo arresto, si dà conto di un dettaglio: nel corso della perquisizione scattata il 30 marzo, i carabinieri del Nos trovano nella sua abitazione 16.700 euro all’interno di un armadio: in una busta gialla su cui si legge, con scrittura a matita e in carattere maiuscolo, “BAFFO”. Per inciso, lo stesso Casaro porta i baffi, come fanno notare i due cronisti.

Il Fatto: “I capi di Cpl andarono dal viceministro, ‘Si parlò del gas’”, “De Vincenti (Sviluppo), possibile successore di Delrio, conferma l’incontro del 1 luglio 2014 con Casari e Simone, oggi in carcere per le presunte tangenti a Ischia”.

Sul Corriere da segnalare l’articolo dedicato alla decisione del Pd milanese di promuovere l’iscrizione per gli under 30 con un regalo: un biglietto per Expo scontato del 50 per cento, 25 euro. “Expo in omaggio ai neoiscritti, la tessera dem diventa un caso. Interrogazione parlamentare di Sel contro la campagna lanciata a Milano. E Grillo attacca sul blog”.

Su tutti i quotidiani i dati del rapporto annuale della Guardia di Finanza.

Il Sole 24 Ore: “Irregolare un appalto su tre. Oltre 8000 evasori totali. Ampi poteri a Cantone nella riforma del codice dei lavori pubblici”. “I dati della Gdf: nel 2014 assegnazioni contestate per 1,8 miliardi, danni dai funzionari infedeli per 2,6 miliardi”. Dai dati del rapporto emerge che un appalto su tre non è stato assegnato regolarmente, si legge sul quotidiano. Un altro fronte a rischio è quello dei fondi comunitari illecitamente percepiti o richiesti: truffe e frodi scoperte per 1,3 miliardi, di cui 170 milioni bloccati prima della loro erogazione.

Di Matteo

Su La Repubblica una intervista di Liana Milella a Nino Di Matteo, il pm di Palermo protagonista del processo per la presunta trattativa Stato-mafia: è stato “bocciato” dal Csm per la Procura nazionale antimafia. Gli hanno preferito tre colleghi che Milella descrive come assai meno noti, ovvero Pontassuglia di Bari, Del Gaudio di Napoli e Dolce di Catanzaro: “è finita 16 a 5” e il quotidiano raccoglie “a caldo” lo sfogo di Di Matteo, che dice: “Vent’anni di lotta ai clan per il Csm sono nulla, io sconfitto dalle correnti”, “Ho anzianità doppia rispetto agli altri. E nessuno ha criticato il mio operato. Vince la logica della appartenenze”, “chi, come me e tanti altri, non appartiene a nessuna corrente, e anzi osa criticare la patologia del sistema, vede bocciata ogni aspirazione”. Perché vuole lasciare Palermo? “Non è vero che voglio scappare dal processo, né tanto meno da Palermo”, “la nomina alla Dna mi avrebbe consentito di continuare a occuparmi di mafia, di stragi, dei mandanti esterni e anche di essere applicato al processo in corso”.

Il Fatto, pagina 10: “Antimafia, la pura del Csm: bocciato Nino Di Matteo”, “Pur di non averlo alla Procura nazionale antimafia gli avevano proposto il trasferimento da Palermo. Ma il magistrato della trattativa ha rifiutato. Nominati altri tre colleghi”.

FI, Regionali, centrodestra

Su Il Giornale, a proposito delle elezioni regionali e di Forza Italia: “La Puglia agita Forza Italia. I ribelli strappano la tregua. Berlusconi aveva dato mandato al commissario Vitali di tutti nelle liste a sostegno di Schitulli, ora con Fitto. Ma ai dissidenti non basta neanche ricandidare i consiglieri uscenti”.
Nell’articolo si legge che in Campania un senatore azzurro, Vincenzo D’Anna, “arriva persino a schierarsi con De Luca”.

Sul Corriere, si legge che l’accordo non è ancora concluso e che potrebbe saltare perché ci sono alcuni “fittiani” che non sono consiglieri regionali uscente. I nomi sono quelli di Antonio Maria Gabellone e Francesco Ventola, rispettivamente presidenti della provincia di Lecce e di Barletta Andria Trani, che pure sono alla ricerca di una collocazione.
Altro articolo: “La battaglia sulle liste in Puglia. Berlusconi cede,ma a Fitto non basta”.

Il Sole ricorda che alle ultime elezioni europee Forza Italia ha preso il 14 per cento in Veneto e il 23 per cento in Puglia e spiega che “è in ragione di questo divario che Berlusconi fa l’accordo con Salvini e Zaia ma in Puglia cede al braccio di ferro con Fitto mettendo in lista tutti i nomi del ‘ricostruttore'”. Si ricorda che “Puglia e Campania sono il “granaio” del Cavaliere che può resistere all’assalto post-regionali solo se riesce ad aggrapparsi alle due cifre. Non le troverà nelle regioni rosse e forse neppure in Veneto ma solo lì, tra Fitto e Caldoro”.

Da segnalare sul Giornale una intervista a Ignazio La Russa di Fratelli D’Italia. “‘Per battere la sinistra dobbiamo essere uniti'”. “‘Per superare l’impasse nessuno deve porre veti'”. Il suo partito non ha ancora deciso se appoggiare Zaia in Veneto, sosterrà Schittulli in Puglia ed ha presentato un suo candidato in Toscana.

Usa

Due intere pagine de La Repubblica sono poi dedicate a quanto accade negli Usa, dopo lo shock del video relativo all’uccisione di Walter Scott: “Otto colpi alla schiena contro un nero disarmato, video incastra il poliziotto”, “Shock in South Carolina: la vittima è stata colpita mentre fuggiva. L’agente aveva fato credere che gli aveva rubato il taser: ma è stato arrestato”. “L’uomo che corre, ultimo caduto di una guerra infinita”, è il titolo dell’analisi di Vittorio Zucconi, dedicato alla Carolina del Sud: nella terra madre degli schiavi e delle piantagioni, un altro figlio di africani che raccoglievano il cotone dei padroni viene ucciso per la sola colpa di essere nero; quello che un tempo era la ‘Magnolia Plantation’ del Sud schiavista, oggi torna ad essere il set dell’ennesimo omicidio di polizia.

Sul Corriere: “Otto colpi alla schiena. Un altro afroamericano ucciso a sangue freddo”. “L’agente bianco che ha sparato: sono stato aggredito. Ma il video da un cellulare mostra la vittima in fuga”.
Sui fatti di North Charleston, il Corriere intervista Joe Lansdale, scrittore: “Stiamo ancora pagando il retaggio della schiavitù”. Dice che il “razzismo congenito trasmesso ai bianchi fin dalla nascita” è ancora parte del problema, insieme – nel caso dei poliziotti – al “cattivo addestramento, mancanza di autocontrollo, stress”.

Su La Stampa: “America, un altro nero ucciso dalla polizia”, “L’agente inchiodato da un video: la vittima disarmata era in fuga. La Casa Bianca: immagini difficili da guardare”. Ne scrive Francesco Semprini, corrispondente a New York.
Alla pagina precedente: “Yemen, Teheran invia le navi. Incubo guerra con l’Arabia”, “Riad accusa l’Iran: sostiene con le armi ribelli sciiti. Usa con i sauditi”, di Maurizio Molinari.

Grecia

Su La Stampa, attenzione per la visita del premier greco a Mosca: “Sanzioni, gas e ortofrutta. Nasce l’asse Tsipras-Putin”, “Il premier greco: basta guerre economiche. Verso un’intesa sull’energia”. “Abbiamo discusso di cooperazione in vari settori, inclusa la possibilità di sviluppare grandi progetti energetici”, ha detto Putin. Sulla stessa pagina Anna Zafesova firma un “retroscena”: “Euroscettici, leghisti e fratelli ortodossi. La ragnatela dello Zar dentro la Ue”, “Mazzette e contratti di comodo: così Mosca tesse le alleanze”.

Su La Repubblica, alle pagine dell’economia: “Tsipras si smarca dalla Ue: ‘Basta con le sanzioni a Mosca’. Putin: ‘Il nostro gas passerà da voi’”, “Il premier greco in Russia non chiede aiuti finanziari ma cerca accordi industriali. Il presidente russo: ‘Con Turkish Stream la Grecia diventerà un hub importante”.

Sul Corriere: “Tsipras irrita l’Europa, pochi aiuti da Putin”. “Missione a Mosca, il progetto di un gasdotto turco-greco. ‘Lasciare le sanzioni alle spalle’. La promessa di Atene: rimborseremo il Fondo Monetario. Le banche rilevano 1,3 miliardi di bond statali”. Si legge che il viaggio di Tsipras da Putin (“nella tana del lupo”) ha sollevato “un gran polverone” anche se Mosca non è nelle condizioni di impegnarsi finanziariamente a sostegno di altri. Le dichiarazioni delle scorse ore – soprattutto da esponenti tedeschi – erano state piuttosto irritate. Aveva detto il ministro delle finanze austriaco Schelling che “siamo nel mezzo di trattative per il debito greco, non credo che certi giochetti facciano bene”. Tsipras si è detto contrario alle sanzioni Ue alla Russia sull’Ucraina. Nel 2016 partirà lo studio del “Turkish stream”, il gasdotto che saltando l’Ucraina dovrebbe diventare “la via alternativa” al North Stream.

Sul Sole: “Mosca, Atene hub del gas russo”. “Putin ha offerto a Tsipras un prolungamento della pipeline Turkish Stream in Grecia”. “Nessun’altra apertura russa. Il Cremlino non ha concesso né crediti né deroghe sull’embargo dei prodotti agricoli. ll premier greco: non andiamo in giro a mendicare aiuti per uscire dalla crisi”.

Francia

Sul Sole si parla dello “scisma di famiglia” nel Front National francese. “Marine impedisce al padre Jean Marie di candidarsi alle regionali in Costa Azzurra”. L’origine della crisi è in una intervista del vecchio leader al periodico di destra “Rivarol” in cui Jean-Marie Le Pen “ribadisce le proprie opinioni di fascista nostalgico, antisemita e razzista”. Come aveva già detto anche di recente, Le Pen ha anche detto che le camere a gas furono un “dettaglio” della storia. Marine, “che da quattro anni sta cercando di rivoltare il partito come un guanto”, e che ha espulso “i militanti politicamente più impresentabili”, ha preso “carta e penna” e scritto un comunicato in cui dice tra l’altro: “Jean-Marie Le Pen sembra entrato in una vera spirale tra strategia della terra bruciata e suicidio politico”. Marine lo “informa” che si opporrà alla sua candidatura nell’ufficio politico convocato per metà mese proprio per decidere le candidature. Le Pen padre rischia a questo punto l’espulsione dal partito. Il caso offre a Marine “su un piatto d’argento” l’occasione che aspettava da tempo. Al posto di Le Pen padre dovrebbe arrivare Marion Le Pen, la nipote.

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