Ucraina, la tregua incerta

Il Corriere della Sera: “Accordo sul cessate il fuoco in Ucraina. Obama a Putin: ora ritira armi e soldati”.
A questo tema è dedicato l’editoriale di Franco Venturini: “Le spine nascoste di una pace”.
Foto del premier greco nel taglio alto della pagina: “Tsipras: accetto le regole Ue”, “Apertura di Berlino”.
A centro pagina: “La lista segreta degli evasori”, “Frode da un miliardo con un giro di polizze. Dubbi sulle Popolari, indaga Roma”, “Banca svizzera al centro dei controlli: 351 nomi. Genovese, deputato Pd, accusato di riciclaggio”.
La grande foto a centro pagina è per la rissa esplosa questa notte alla Camera nel corso dell’esame del disegno di legge di riforme costituzionali: “Alla Camera insulti e urla tra i banchi”.
In taglio basso: “Ospedali pieni, muore appena nata”, “Catania, no da tre strutture. Il papà: una cannula l’avrebbe salvata. Mattarella: incredulo”.

La Repubblica: “Ucraina, tregua fragile”, “Accordo a Minsk, solo domenica il cessate il fuoco. Cinquanta carri russi varcano il confine. Spiraglio nella crisi greca: la Germania apre al compromesso, dalla Bce 5 miliardi ad Atene”.
Il reportage da Kiev è firmato da Bernardo Valli: “Kiev senza voglia di festa, ‘La guerra non si fermerà’”.
E sul vertice europeo, un’analisi del corrispondente da Bruxelles Andrea Bonanni: “Sette capitali in tre giorni. Angela regina d’Europa”.
A sinistra, “l’inchiesta”: “Banche popolari, indaga la Procura. La Consob convoca il finanziere Serra”. E il “retroscena” firmato da Walter Galbiati: “Tutti i sospetti sull’insider trading”.
A centro pagina: “Respinta da tre ospedali, muore appena nata”, “Catania, la piccola ha avuto una crisi respiratoria. Mattarella: dolore e sconforto”.
Sull’emergenza immigrati: “Renzi: pronti ad andare in Libia”.
Nella colonna a destra, il richiamo alla copertina R2: “La grande paura dei musulmani d’America”, “Dopo la strage nel campus cresce la tensione nella comunità islamica”. Ne scrivono Nicholas Kristof e Federico Rampini.

La Stampa: “Grecia, salvataggio più vicino”, “Ucraina, accordo ai negoziati di Minsk per il cessate il fuoco da domenica. Merkel e Hollande cauti: ancora molto da fare. Obama: Putin ritiri i soldati”.
Il “personaggio” Angela Merkel viene raccontato da Tonia Mastrobuoni: “Addio alla ‘leader riluttante’. Così in 7 giorni la Cancelliera ha preso per mano l’Europa”.
A sinistra, le analisi di Marta Dassù (“Ecco perché Berlino fa la differenza”) e di Enzo Bettiza (“L’effimera speranza di Kiev”).
La foto a centro pagina è uno scatto d’autore, poiché è stata firmata da Andy Rocchelli, ucciso in Ucraina 9 mesi fa: al World Press Photo ha vinto il secondo premio nella categoria “Ritratti”, con una serie di immagini che ritraggono ragazze russe nelle loro abitazioni. Il primo premio è stato attribuito ad una foto sui gay discriminati in Russia, del danese Mads Nissen. Il quotidiano dedica le pagine 14 e 15 a questo concorso fotografico, con una carrellata di scatti di grande impatto.
In prima anche la vicenda della neonata morta in Sicilia: “Non c’è posto in tre ospedali. Muore neonata”.
Poi un richiamo alla manifestazione di ieri a Roma: “Diecimila vigili in piazza: ‘Non siamo imbroglioni’”, “Slogan e striscioni contro i sindaci dopo lo scandalo sulle assenze per malattia a Capodanno”.

Il Sole 24 Ore: “Atene tratta, tregua a Kiev: i mercati tornano in rialzo”, “Rally dalla Grecia a Wall Street: Milano +2,13%”.
Di spalla a destra: “Insider trading sulle Popolari: indaga la Procura di Roma”, “Pignatone ha chiesto documenti a Consob e Bankitalia”.
Al tema è dedicata l’analisi di Alessandro Graziani: “È tempo di aprirsi al mercato”.
E “L’inchiesta” si occupa delle “cinque piste che portano all’estero”, “sulle tracce degli scambi tra New York e Londra”. Di Laura Galvagni.
In taglio basso: “Fininvest cede il 7,79% di Mediaset”, “La Finanziaria che fa capo a Berlusconi colloca il pacchetto presso investitori istituzionali”, “La holding, che controlla il gruppo tv, incassa 377 milioni e scende al 33,4%”.
In prima anche un’altra notizia di cronaca giudiziaria che arriva dalla Procura di Milano: “Saipem, tangenti in Algeria: chiesto il rinvio a giudizio per Scaroni”.
Sotto la testata: “Da Recchi a Malgara: ecco i nomi della lista Falciani”, “Il tesoro di De Mico, pentito della prima Repubblica”.
Poi un richiamo al caso di “malasanità” siciliano: “Non c’è posto in ospedale: muore neonata a Catania. Lo sdegno di Mattarella: ‘Sono incredulo’”.
E la “bagarre in Aula” alla Camera dei Deputati: “Scontro sulle riforme: fallisce la trattativa Pd-M5S per evitare l’ostruzionismo. Ma la Camera va avanti”.

Il Giornale, sulla lista Falciani: “Soldi in Svizzera, tutti i nomi”, “Imprenditori, manager, star dello spettacolo e famosi stilisti. Ma molti avevano titolo per avere quei conti, altri hanno già sanato. Ci sono anche il moralista Civati e il finanziere del premier” (si tratta di Davide Serra, amministratore delegato di Algebris, ndr.).
In apertura a sinistra lo “scandalo delle Popolari”: “Dopo la Consob, i pm. Aperta un’inchiesta sul decreto Renzi”. E poi: “Mps si arrende: lo Stato entra nel capitale. E incasserà gli interessi dei Monti bond”.
L’editoriale è firmato da Marcello Zacché: “La sinistra malata di banche che non riesce a guarire”.
La foto è per il presidente del Consiglio: “Senza Nazareno Matteo si impantana tra mille rinvii”.
A centro pagina: “Berlusconi vende un pezzetto di Mediaset”, “Fininvest mette il 7,7% sul mercato, incasso stimato di 377 milioni”, “Il gruppo mantiene il controllo con il 33,4%”.

Il Fatto ha un fotomontaggio che ritrae il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi al centro della copertina di un classico libro “giallo”. Ed è per il quotidiano il “Giallo Popolari”: “Chi l’ha vista?”.
Il titolo di apertura: “Il mistero della Boschi scomparsa”, “Giurava di aver disertato il Consiglio dei ministri che ha riformato le banche popolari, inclusa quella dell’Etruria di cui è vicepresidente suo padre: ‘Ero in Parlamento’. Ma si scopre dai resoconti che non è vero. I pm di Roma indagano sui guadagni sospetti in Borsa”.
A centro pagina, foto di Silvio Berlusconi: “B. fa affari e si vende un po’ di Mediaset”, “Fine impero. Morto il Nazareno, va all’incasso”, “Tra Milan e Forza Italia, ha bisogno di soldi. E si prende 377 milioni”.
In prima il richiamo ad un’intervista al giurista Alessandro Pace sulle riforme costituzionali: “Camere ricattate, rovinano la Carta”.

Ucraina

La Stampa, sul vertice di Minsk con il presidente russo Putin, il suo omologo ucraino Poroshenko, la cancelliera tedesca Merkel e il presidente francese Hollande, che è durato oltre 16 ore: “Ucraina, accordo sulla tregua. Da domenica stop alle armi”, “Intesa a Minsk dopo 16 ore di trattativa: confini rispettati ma futura riforma federale. Putin però vuole la resa dei soldati circondati. Hollande-Merkel: c’è molto da fare”. Spiega Francesca Sforza che l’accordo in 13 punti definisce i termini della tregua, il ritiro delle armi pesanti e una riforma costituzionale che preveda più autonomia per l’Ucraina orientale. La questione del cessate il fuoco sarà il banco di prova della tenuta dell’accordo. “Volevamo che fosse immediato e senza precondizioni -ha spiegato il presidente ucraino Poroshenko – invece la Russia ha voluto quasi 70 ore prima di farlo entrare in vigore e ha lanciato un’offensiva subito dopo la firma dell’accordo”. Lo stesso Putin, al termine della maratona, ha rilasciato dichiarazioni non rassicuranti: “I soldati governativi ucraini circondati dai ribelli filo-russi all’Est debbono arrendersi prima che entri in vigore la tregua”, ha detto. E Sforza fa notare che tra le firme in calce all’accordo non ci sono né quella di Putin, né quella del suo omologo ucraino Poroshenko. Ci sono invece quelle dei due “premier” di Donetsk e Lugansk, più quella dell’ambasciatore russo a Kiev e dell’ex presidente ucraino Kuchma: “Ci sono cioè quelle dei componenti del cosiddetto gruppo di contatto, mentre i rappresentanti del formato Normandia – Russia, Germania e Francia – si sono limitati a rilasciare una nota congiunta il cui valore è di sicuro effetto mediatico, probabilmente anche di buon auspicio, ma non costituisce un vincolo per nessuno”.

Il Corriere: “La tregua in Ucraina alla prova”, “Intesa per un cessate il fuoco dopo sedici ore di negoziati. Merkel: se non regge, nuove sanzioni. Obama: ora Putin si ritiri”. Ne scrive l’inviato a Kiev Paolo Valentino, che sottolinea “le ambiguità di fondo” dell’accordo: “Putin e Poroshenko hanno ognuno sottolineato le parti a loro favorevoli del compromesso. Secondo il presidente russo esso riconosce lo ‘statuto speciale’ delle regioni separatiste, mentre Poroshenko ha negato di aver dato alcun assenso a una soluzione federale per l’Est del Paese”. Alla pagina seguente, un’intera pagina dettagliata sui punti dell’accordo: “truppe straniere e controlli ai confini. Tutte le ambiguità e i nodi irrisolti”, “Il precedente accordo di Minsk andò in pezzi pochi giorni dopo esser stato siglato”.

La Repubblica ha in seconda pagina in lungo reportage di Bernardo Valli: “Ucraina, intesa sulla tregua, ma quell’accordo ‘così così’ che non è ancora pace delude la gente di Majdan”, “Festeggiano solo i filorussi che ora pensano che il progetto di creare province autonome sia finalmente realizzabile”, “Putin si comporta come se fosse un mediatore, come se fosse al di sopra delle parti e non il promotore del conflitto”. Alle pagine seguenti, il racconto di Pietro Del Re: “Sul fronte di Debaltsevo con i soldati filorussi: ‘Combatteremo ancora, sono le nostre case’”, “’Nessuno ha mai rispettato gli accordi precedenti, a partire da Kiev, e questa volta sarà lo stesso. Le milizie indipendentiste accumulano armi per l’offensiva prima di una tregua in cui nessuno sembra credere”.

Grecia

Sul Corriere: “Grecia, Berlino pronta al compromesso. Altri cinque miliardi in arrivo dalla Bce”, “Tsipras: rispetteremo le regole Ue. Primo accordo per la ripresa dei colloqui con la ‘troika’”.

La Stampa: “Berlino e Bce aprono ad Atene. Riparte la trattativa sul salvataggio”, “Niente troika, ma la Germania avverte: compromesso possibile se si rispettano le regole”. Spiega Marco Zatterin che il presidente dell’eurogruppo Dijsselbloem e il premier greco Tsipras si sono accordati per avviare un negoziato tecnico destinato a valutare il terreno comune fra il programma di salvataggio che scade il 28 febbraio e il contropiano elaborato dal nuovo governo ellenico. Non si parla più di troika, termine che anche i tedeschi hanno accettato di archiviare, ma di “quartetto” con la Bce, Commissione Ue, Fmi e gli sherpa di Atene. Sulla stessa pagina, Tonia Mastrobuoni, scrive dello scontro tra il premier Tsipras e il suo ministro delle Finanze Varoufakis: “Se non è sfiducia, poco ci manca. Dopo quattro ore di intensi colloqui, i 19 ministri delle Finanze si erano accordati su un comunicato di tre paragrafi sulla Grecia, semplice ma importante. Segnalava una disponibilità al dialogo, sia da parte di Atene, sia da parte dei partner europei in vista del Consiglio europeo di ieri sera. Yanis Varoufakis, ministro delle Finanze greco, era pronto a sottoscriverlo, mercoledì notte. Tanto che alcuni colleghi erano già ripartiti, persino Wolfgang Schaeuble (il ministro delle Finazne tedesco, ndr.). Oltrettutto, il plenipotenziario tedesco delle Finanze aveva concesso ai greci la cancellazione della parola ‘troika’ dalla nota. Tuttavia, allontanatosi dalla riunione per una telefonata col suo primo ministro Tsipras, Varoufakis si è ritrovato danti a un muro”, “il leader di Syriza gli ha detto tre ‘no’ cancellando di fatto l’intero documento”. Quando il ministro greco è tornato dai suoi colleghi per concordare cambiamenti, il presidente dell’eurogruppo Dijsselbloem gli ha posto l’aut aut: il documento lo approviamo così o niente. E Varoufakis è stato costretto a fare marcia indietro. Ma nel corso del pomeriggio il suo “capo” Tsipras lo ha nuovamente smentito, concordando con il presidente dell’eurogruppo che uno dei tre punti poteva essere ripristinato.

Banche Popolari.

Il Sole 24 Ore, pagina 6: “Ipotesi insider trading: la Procura indaga”, “Roma apre un fascicolo ‘esplorativo’ sui movimenti sospetti, richiesta di documenti a Consob e Bankitalia”.

Su La Repubblica, pagine 12 e 13: “Speculazioni sulle Popolari, indagine della Procura romana sull’ipotesi di insider trading”, “Rapporto Consob sui 10 milioni di plusvalenze a cavallo del decreto. Etruria sospesa, più 62%. Il premier: ‘il sistema è solido’”.

Il Sole scrive che “salta fuori il nome di Davide Serra, imprenditore vicino a Renzi. Secondo Vegas (il presidente della Consob, ndr.) emergerebbe un ruolo nella presunta operazione finanziaria del ‘Fondo speculativo Algrebris, fondato da Serra’ e si parla di un ‘workshop avente ad oggetto il cambiamento della normativa italiana sul credito cooperativo, che si sarebbe tenuto negli studi londinesi del fondo Algebris, nei giorni precedenti l’annuncio (venerdì 16 gennaio 2015) da parte del Governo, della volontà di voler riformare il sistema delle Banche popolari, rilanciando indiscrezioni sulla operatività sospetta sulle azioni popolari che sarebbe stata registrata proprio con ordini di acquisto, poi seguiti da decise vendite, sulle azioni delle popolari nella City’.”. Il quotidiano ricorda che lo stesso Serra aveva replicato il 30 gennaio scorso alle prime notizie spiegando:”investiamo sulle banche popolari da marzo 2014”. E ieri in una nota il fondo Algebris ha precisato di non aver comprato alcun titolo di banche popolari italiane dal 1 al 19 gennaio di quest’anno.

La Repubblica: “Ecco tutti i guadagni, metà con il ‘Banco’. La Commissione convoca Serra”. E il “retroscena” di Giovanni Pons sullo stesso Davide Serra: “’Ho venduto e ci ho anche perso’, la difesa del finanziere della Leopolda”.

Le pagine 2 e 3 de Il Fatto sono dedicate alla riforma delle banche popolari varata dal governo: dopo la Consob, anche la Procura di Roma, scrive il quotidiano, vuole fare chiarezza sulle presunte operazioni anomale avvenute prima del 16 gennaio, data dei primi rumors sulla riforma, ma anche sulle fughe di notizie che ha preceduto l’approvazione del decreto lo scorso 20 gennaio. La norma – spiega Il Fatto – “prevede l’obbligo per le banche popolari, con un attivo superiore agli 8 miliardi di euro, di trasformarsi in spa. Tra gli istituti coinvolti c’è anche la ormai commissariata Banca d’Etruria, di cui il ministro Maria Elena Boschi è azionista e suo padre Pier Luigi vicepresidente. Prima che la bozza del governo sulle popolari fosse approvata, però, la stampa più volte si era occupata della riforma, con parecchie indiscrezioni. È intervenuta la Consob, il cui presidente Giuseppe Vegas è stato chiamato in audizione alla Camera lo scorso 11 febbraio. Proprio questa audizione adesso diventa fondamentale per le indagini della Procura di Roma, che ha aperto un fascicolo di cui sono titolari direttamente il Procuratore capo Giuseppe Pignatone e l’aggiunto Nello Rossi. La magistratura capitolina partirà da un elemento rivelato dallo stesso Vegas: prima dell’approvazione del decreto – ma quando già circolavano indiscrezioni – una serie di ‘soggetti hanno effettuato acquisti prima del 16 gennaio, eventualmente accompagnati da vendite nella settimana successiva’, creando così ‘plusvalenze effettive o potenziali di tale operatività stimabili in 10 milioni di euro’. La presunta soffiata sul decreto, oltre a fare arricchire qualcuno, avrebbe fatto anche impennare il valore delle azioni di alcune banche. ‘Dal 3 gennaio al 9 febbraio -continua Vegas alla Camera – i corsi delle banche popolari sono saliti da un minimo dell’8 per cento per Ubi a un massimo del 57 per cento per Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio’. Così le indagini della Procura di Roma partiranno proprio dalla Banca dell’Etruria, che da tempo si trova in serie difficoltà, tanto che la riforma delle popolari per alcuni è stata vista come un aiuto del governo a papà Boschi”. E alla pagina seguente, il quotidiano torna sulle dichiarazioni della diretta interessata, relativamente al consiglio dei ministri convocato per approvare la riforma,il 20 gennaio: con una lettera al quotidiano la Boschi aveva precisato di non esser stata presente (“non ero presente a quella riunione. E non ho partecipato al voto perché ero impegnata in Parlamento nel percorso di riforme costituzionali e sulla legge elettorale”). Ne scrive Davide Vecchi: “Dov’era Maria Elena Boschi il 20 gennaio, mentre il Consiglio dei ministri approvava la trasformazione delle banche popolari in società per azioni? Non ai lavori della Camera, né a quelli del Senato, come risulta dai resoconti stenografici delle rispettive aule” (il quotidiano riferisce di aver contattato il portavoce del ministro, che ha confermato la sua presenza comunque nei locali del Senato, in una stanza di Palazzo Madama, insomma).

E poi

Alle pagine R2 de La Repubblica: “Il musulmano d’America”, “L’uccisione di tre studenti in North Carolina. Manifestazioni religiose boicottate da integralisti cristiani nel Texas. Aggressioni e vandalismi sempre più numerosi. Gli islamici degli Stati Uniti si sentono sotto assedio. E lanciano l’hashtag ‘le nostre vite contano'”. Ne scrivono Federico Rampini e Nicholas Kristof.

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