Kamikaze a Volgograd

Corriere della Sera: “La lite sul bilancio del Pd”, “I renziani: ora chiarezza. L’ex tesoriere: in linea con i partiti europei”.

A centro pagina: “A Napoli la terra trema. Paura e tutti in strada”.

Grande foto a centro pagina per Michael Schumacher: “Cade sciando: Schumacher in coma”.

 

La Stampa: “L’offerta del governo a Renzi”, “Intervista a Franceschini: ‘Subito via il Senato e nuova legge elettorale’”.

 

La Repubblica: “Gli italiani: men tasse, basta partiti”, “Il sondaggio: fiducia a Colle e giudici. Letta a Renzi: no a liti fra primedonne”.

Anche qui in prima una foto di Michael Schumacher.

A centro pagina: “Mps, allarme a Bruxelles dopo il rinvio del piano”, “Il Tesoro alla Fondazione: restituite i Monti bond, niente nazionalizzazione”.

 

L’Unità: “Renzi, ultimo avviso a Letta”, “Il segretario Pd: se si fanno marchette non si va avanti. ‘Io, Enrico e Alfano? Non abbiamo niente in comune. Il premier pronto al duello: il calo di tasse consoliderà la fiducia. Berlusconi: voto a maggio”.

In taglio basso: “Il Tesoro: ‘Nazionalizzare Mps? No, grazie’”. Si sintetizza così l’opinione del ministro dell’Economia Saccomanni.

 

Il Giornale: “Tasse, le balle di Letta”, “Il premier si vanta: le abbiamo abbassate, ma tutti i dati lo smentiscono. Con la sua legge di stabilità le imposte sono cresciute. Unica eccezione: l’Imu sulla prima casa. Ma è merito di Forza Italia”.

 

 

Politica italiana

 

L’intervista di ieri a La Stampa del segretario Pd Matteo Renzi “scuote l’esecutivo”, come scrive oggi lo stesso quotidiano. Come ricorda Elisabetta Gualmini in prima, il sindaco di Firenze aveva sottolineato di non avere nulla in comune con Enrico Letta e Angelino Alfano (il primo -diceva il sindaco- è stato portato al governo da D’Alema e il secondo da Berlusconi, mentre io ho avuto un mandato popolare, ndr.), aveva accusato l’esecutivo di “fare marchette”, chiedeva una legge elettorale maggioritaria. Renzi, sottolinea la Gualmini nella sua analisi dal titolo “Matteo Contro tutti”, “ha capito che nella melassa melliflua della politica italiana, che ha disgustato anche il più paziente dei cittadini, è meglio colpire piuttosto che tentennare, sparare e incalzare piuttosto che rassicurare”. E oggi La Stampa intervista il ministro dei Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini che, secondo il quotidiano, “media” proponendo: “via subito il Senato e nuova legge elettorale”, “Facciamo il patto sull’agenda e sulle riforme, poi si potrà anche rafforzare la squadra”, quella di Renzi “è un’azione di stimolo al governo: gli interessi sono convergenti. Dai risultati dell’esecutivo dipenderà il risultato alle urne del Pd”.

 

La Repubblica intervista il renziano Dario Nardella: “non vogliamo far cadere l’esecutivo”, dice e, sul rimpasto, sottolinea che “decide il premier se per migliorare la rotta gli servono marinai diversi”. Ma sulla legge di stabilità conferma le accuse: “dovrebbe avere una portata strategica, ma ricorda le ben note leggi finanziarie dispensatrici di prebende”. Sulla stessa pagina, la reazione del presidente del Consiglio che, dopo aver letto le cifre snocciolate dalla Cgia di Mestre sul calo delle tasse verificatosi in Italia, ha scritto su Twitter: “Le tasse sulle famiglie nel 2013 sono scese e la tendenza continuerà anche nel 2014”. E ancora prima aveva spiegato, riferendosi alle accuse di Renzi: “L’ultima cosa che voglio è esser trascinato in una disputa inutile e dannosa tra primedonne”.

Sulla pagina di fianco, un’intervista al ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello, esponente del Nuovo Centro Destra : “Renzi non tiri troppo la corda, una crisi travolgerebbe anche lui”, “Rimpasto? Chiediamo rispetto per il nostro coraggio, poi si può discutere di tutto, nessuno di noi è legato alla poltrona”. (Renzi, però, ha negato di volere un rimpasto, ha detto di non aver mai pronunciato quella parola che -ha detto- gli fa anche “un po’ senso”, ndr.).

 

L’Unità: “Governo senza pace. Renzi a Letta: ‘Niente in comune tra noi’”. Il quotidiano parla di una “linea zen” del premier: “più si alzano i toni, gli aut aut e le polemiche, più lui limita le parole. Anzi le contrae in 140 parole” (quelle di un ‘cinguettìo’ su Twitter). E sulla pagina di fianco, un’intervista all’ex ministro e “neotesserato Pd” Fabrizio Barca: “I cittadini devono vedere la spinta Pd sull’esecutivo”, “Renzi fa bene a chiedere un cambio di passo al governo. E’ il mandato che gli hanno consegnato i tre milioni di elettori delle primarie”. Ancora su L’Unità, in un’intervista il ministro delle Politiche Agricole Nunzia Di Girolamo, dice: “Renzi non pensi di giocare al partito di lotta e di governo”.

 

Per Il Giornale “Detto e fatto, Matteo molla il governo Letta-Alfano”, “Renzi prende le distanze dal premier e vice sulla ‘svolta generazionale’: io sono diverso da loro, dalle larghe intese sono passati alle marchette”.

Secondo il quotidiano il segretario Pd sarebbe “all’assalto delle super-poltrone”, ovvero i cento posti di comando nei grandi gruppi che fanno capo al Tesoro: sono infatti da rinnovare i vertici di Eni, Enel, Terna, Poste e Finmeccanica.

 

Da La Repubblica segnaliamo le prime tre pagine dedicate ai risultati di un sondaggio realizzato da Demos per il quotidiano e analizzato da Ilvo Diamanti. Il quotidiano ne sintetizza così i contenuti: “Gli italiani: abbassate le tasse. Crolla la fiducia nei partiti e l’Europa non ci piace più. Sì all’elezione diretta del capo dello Stato”. A leggere i dati, si apprende che la fiducia nelle forze dell’ordine è cresciuta dal 66,5 % nel 2012 al 70,1 % del 2013. Cresce anche la fiducia nella Chiesa (dal 44,3% al 54,2%), mentre scende quella nel Presidente della Repubblica (dal 54,6% al 49%). A fine classifica, i partiti, che riscuotono solo un 5,1% , con un calo rispetto al 2012 (riponeva fiducia nei partiti il 5,6% del campione). Ma è favorevole all’elezione diretta del Capo dello Stato il 73,25 degli interpellati (che sono 1.022). Contrario il 22,1%, non sa il 4,7%.

Le prime tre pagine del Corriere si occupano invece della “spaccatura sui conti” del Partito Democratico, dove “si apre il caso bilancio”. Resta il nodo delle consulenze e delle assunzioni: per il neotesoriere renziano Francesco Bonfazi, scrive il quotidiano, non dev’essere stato piacevole spulciare i bilanci del Pd, tra conti in rosso, casse vuote, dipendenti assunti come quadri e subito eletti in Parlamento, spese alle stelle per consulenze, investimenti pubblicitari e affissioni. “Il bersaniano Stumpo: tutto limpido, soldi spesi per fare politica”, titola il quotidiano. Che intervista anche il deputato Pd Beppe Fioroni, di cui riassume così la proposta: “Azionariato popolare. E basta con i dipendenti che fanno politica”, “quando l’incarico finisce, si deve tornare a una professione”. Nella pagina di fianco, spazio per la replica dell’ex tesoriere Antonio Misiani agli articoli pubblicati ieri dal Corriere e firmati da Maria Teresa Meli: “spendiamo come Spd e laburisti”, “al 31 ottobre nelle casse disponibilità di 12 milioni di euro”.

 

 

 

Attentato a Volgograd

 

I quotidiani riferiscono ampiamente dell’attentato compiuto ieri da una donna kamikaze alla stazione di Volgograd (un tempo Stalingrado): sotto il cappotto, come racconta La Repubblica, aveva dieci chili di tritolo e le tasche piene di proiettili. “Kamikaze alla stazione di Volgograd. Incubo terrorismo sui Giochi di Putin”, titola il Corriere ricordando che l’attacco arriva a 40 giorni dalle Olimpiadi di Sochi e che si segue “la pista dei guerriglieri ceceni”. Se un poliziotto non avesse tentato di fermarla, il bilancio della strage sarebbe stato ben più grave: ieri il bilancio si è fermato a 18 morti. (Va anche detto che, mentre scriviamo, le agenzie diffondono la notizia di nuovi attentati nella stessa città: i terroristi avrebbero colpito un filobus, causando la morte di 15 persone).

Il quotidiano intervista Sergei Goncarov, ex capo delle squadre speciali dell’Fsb (i servizi segreti russi”). Alla domanda su chi ci sia dietro gli attentati, risponde: “Non esiste un solo mandante né un centro di coordinamento per attentati del genere”, “Gruppi di integralisti islamici si sono diffusi in tutto il Paese” e non solo nel Caucaso, “spesso operano senza alcun legame fra loro. Sono cellule di jihadisti composte da meno di una decina di persone, perciò più difficili da fermare con i metodi tradizionali dei sevizi segreti”.

La Stampa scrive che, in attesa del Dna, i sospetti sull’autrice dell’attentato puntano su Oksana Arslanova, vedova del ‘generale’ della guerriglia islamica Validzhanov e compagna di un altro ribelle. “Quel battaglione di venti vedove nere pronte al martirio” è il titolo del ‘retroscena’ che compare sul Corriere della Sera.

“La Guerra Santa contro i Giochi, così il Bin Laden russo sfida Putin” è il titolo di un’analisi che compare su La Repubblica e firmata dal corrispondente a Mosca Nicola Lombardozzi. Si racconta quindi “la battaglia del terrorista Umarov”, ovvero “l’uomo più ricercato del Paese” e “inafferabile Emiro del Caucaso Doku Umarov”, che -scrive Lombardozzi- “ha giurato di punire con un bagno di sangue la spericolata provocazione decisa dal Cremlino: imporre a tutti i costi un evento di interesse mondiale come i Giochi Olimpici Invernali in una delle aree a più alto rischio del Paese. Sochi, la placida località balneare sul Mar Nero che il 7 febbraio vedrà accendere il braciere olimpico davanti alle televisioni di tutto il mondo, è infatti al centro di quello che gli osservatori internazionali come ad esempio l’International Crisis Group sostenuto da Bill Clinton e Kofi Annan, definiscono ‘il più sanguinoso conflitto esistente in Europa’”. Un anno fa “l’Emiro” aveva inviato un video registrato in cui preannunciava: “Noi mujahiddin useremo tutti i mezzi consentiti per impedire che si svolgano i Giochi sulle ossa dei nostri antenati e delle migliaia di musulmani sepolti nelle nostre terre”. E in questi anni ha inviato in Siria miliziano per combattere il regime sostenuto da Mosca.

Su L’Unità: “La jihad disperata e orgogliosa delle ‘vedove nere’”, “hanno visto morire sotto i loro occhi mariti e fratelli. Storie agghiaccianti dall’inferno ceceno”.

 

 

Kazakhstan

 

In prima su La Repubblica una lettera di Mukhtar Abliazov, l’oppositore al regime del presidente kazako Nazarbaev: “Il Kazakhstan continuerà a perseguitarci”. Ha lasciato andare la moglie Alma Shalabaeva “solo per ottenere la mia estradizione”, scrive Ablyazov. “Ho un debito di gratitudine verso il ministro degli Esteri Emma Bonino e di tutti i funzionari italiani” che hanno chiesto il rientro di Alma e della figlia Alua, “riconosco che l’Italia si è assunta la responsabilità di proteggere mia moglie e mia figlia, perché sono stati commessi, contro la mia famiglia, torti deplorevoli da parte di funzionari pubblici e diplomatici stranieri sul territorio italiano”. Secondo Ablyazov i rappresentanti del regime kazako “credono di poter comprare qualsiasi governo” e d’altra parte “tra l’Italia e il Kazakhstan esistono molti interessi commerciali e, nonostante le minacce o i rischi di metterli in pericolo, sembra che il governo italiano sia riuscito a tenerli separati”.

Il Kazakhstan viene vocato da La Stampa in relazione alle operazioni di ritiro delle truppe italiane dall’Afghanistan previsto per il 2014: chilometri e tonnellate di materiali costosissimi da trasportare che, nelle intenzioni del governo Monti, avrebbero dovuto passare proprio per il Kazakhstan, ma che il caso Shalabaeva sembra aver messo a rischio.

 

E poi

 

Il Corriere si occupa dell’imminente ingresso della Lettonia nella zona euro: dopo il miracoloso boom, sarà il diciottesimo Paese con la moneta unica dal primo gennaio.

La Stampa riferisce dell’allarme lanciato dall’intelligence Usa: “’In Afghanistan torneranno i taleban’”. Si tratta di un allarme contenuto nell’ultima National Intelligence Estimate, ovvero l’analisi prodotta dalle 16 agenzie di intelligence americane. Per gli 007 senza una presenza Usa costante e aiuti finanziari la situazione degenererà.

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