Erdogan, il difensore più rumoroso di Youssef Al Qaradawy

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Il “global muftì” combatte contro l’Interpol. Non appena questa agenzia ha emesso il mandato per la sua cattura, Youssef Qaradawy ha acceso e fomentato il dibattito contro i suoi oppositori, statali e non. Negando le accuse attribuitegli dalle “nuove” autorità egiziane – che lo hanno incolpato di utilizzare la sua pagina Facebook per istigare all’omicidio – Qaradawy sta scatenando ampie controversie in tutta la regione.

“Non ho ucciso e non ho mai incitato a uccidere. Per questo l’Interpol non avrebbe dovuto mettermi sulla lista dei ricercati”, ha scritto Qaradawy sulla sua pagina. “Quelli che hanno ucciso migliaia di innocenti al quartier generale della Guardia Repubblicana, Manassa e Rabaa, al-Nahda, Ramsis [le piazze del Cairo che hanno ospitato i sit-in pro Morsi nel 2013, ndr] e altri sono ben conosciuti e continuano ad essere invitati in diverse  capitali occidentali,” ha aggiunto, puntando il dito contro le “nuove” autorità egiziane, che hanno chiesto all’Interpol di mettere il suo nome nella lista dei ricercati.

Verso la fine degli anni ‘80, Qaradawy, un egiziano con nazionalità anche qatarina è considerato una leader spirituale dei Fratelli Musulmani – il gruppo di provenienza del deposto presidente Morsi – ed è a capo della Federazione Internazionale degli Studiosi Musulmani. Meglio conosciuto come il global muftì per il suo show religioso su Al-Jazeera, Shariah e Vita, Qaradawy è il predicatore che ha guidato la preghiera a Piazza Tahrir il 18 febbraio 2011, una settimana dopo la caduta di Mubarak.

Il muftì è anche conosciuto per il suo odio spassionato verso Israele e la sua interpretazione del jihad. Anche se nel suo libro, Fiqh e Jihad, Qaradawy condanna l’attacco dell’11 settembre con un dibattito contro il leader di Al-Qaeda Al-Zawahiri e prende le distanze dall’interpretazione qaedista del jihad, è ancora lontano dal negare che l’Islam non possa usare la guerra come strumento di resistenza. Fino ad ora Qaradawy non ha mai ritrattato quanto aveva detto negli anni ‘90 e nel 2009 quando permise il ricorso ad attacchi suicidi contro Israele. Nel 2004 ha pronunciato un’altra fatwa annunciando il boicottaggio musulmano di prodotti statunitensi e israeliani poiché “comprare le loro merci significa sostenere la tirannia, l’oppressione e l’aggressione e li rafforzerà, il nostro dovere è renderli il più deboli possibile.” Una delle sue fatwa più accese è quella che ha pronunciato nel 2004 quando diceva che “non c’è dialogo tra noi (musulmani ed ebrei) oltre a quello con spada e fucile”. In aggiunta, nel 2005 Qaradawy ha sostenuto l’uccisione di feti ebrei, sostenendo che una volta cresciuti gli ebrei potrebbero unirsi all’esercito israeliano.

In tempi più recenti, la fatwa più pericolosa pronunciata da Qaradawy è stata quella con la quale ha lanciato un appello a tutti i musulmani, invitandoli a dirigersi in Siria per partecipare al jihad contro il regime. Secondo alcuni opinionisti arabi, tra quanti hanno risposto all’appello ci sono anche coloro che stanno massacrando i siriani che Qaradawy voleva aiutare.

A criticare la decisione presa dall’Interpol sotto richiesta del governo egiziano, è stata in primis l’unione internazionale degli Ulema che si è opposta al mandato di arresto nei confronti di Qaradawy.

Tuttavia, nessuno dei difensori di Qaradawy ha fatto sentire così tanto la sua voce come Racep Tayyip Erdogan, il presidente turco noto per la sua forte opposizione verso il “nuovo” regime egiziano. Oltre a essere uno dei pochi leader ad aver definito la rimozione di Morsi come un “colpo militare”, Erdogan è ormai solito attaccare e sminuire il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi e il suo governo. Di conseguenza, sia il governo, sia una larga percentuale degli egiziani accusano Erdogan di interferire nei loro affari interni. I rapporti sempre più danneggiati tra Cairo e Ankara si sono inaspriti a tal punto che l’Egitto ha deciso che i suoi cittadini fra i 18 e i 40 anni non potranno viaggiare verso la Turchia senza prima ottenere l’autorizzazione delle autorità egiziane. Il Ministero degli interni egiziano giustifica la decisione come misura per evitare che gli egiziani si arruolino nelle milizie in Siria e Iraq viaggiando in Turchia. Secondo l’Associated Press, solo la scorsa settimana oltre 200 egiziani non hanno potuto viaggiare verso la Turchia.

Se l’opposizione di Qaradawy all’attuale regime egiziano è una delle ragioni dietro al sostegno dato da Erdogan al global muftì, vi è un’altra questione che giustifica il comportamento turco. Nel giugno 2013, durante le proteste di Gezi Park, Qaradawy ha fatto appello per sostenere Erdogan contro quella che lui ha descritto come una minoranza guidata da “cospirazioni straniere”. Il global mufti ha anche evidenziato che il successo di Erdogan è dovuto all’aiuto di Allah, sottolineando come, proibendo l’assunzione di alcool, Erdogan abbia messo fine alla corruzione morale e distruzione della moralità islamica.

In questi giorni, nei dintorni di Ankara si vocifera che Erdogan potrebbe permettere a Qaradawy, che è ora in Quatar, di trovare rifugio in Turchia. Ciò non sorprenderebbe chi ricorda che Ankara ha già permesso l’ingresso ad alcuni membri dei Fratelli Musulmani che erano stati cacciati dall’Egitto e dal Qatar e che la Turchia è l’unico paese a ospitare i canali televisivi dei Fratelli Musulmani.

Se la Turchia accettasse Qaradawy all’interno dei propri confini, le relazioni con l’Egitto rischierebbero di collassare. Questo potrebbe anche avere un impatto sulla cooperazione turca con l’Interpol. Infine, nonostante l’evidente rinnovato interesse nel processo di integrazione europea, lo scomodo dossier Qaradawy potrebbe creare ad Erdogan ulteriori problemi con l’Unione europea.

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