E’ finito il ventennio?

La Repubblica: “Letta: il ventennio è finito”, “ma Alfano lo stoppa: ‘Da lui e da Epifani non accettiamo ingerenze’”. Di spalla: “Il Pd cresce al 32 per cento e Forza Italia crolla. Il premier supera Renzi”.

 

Il Corriere della Sera: “Berlusconi, duello Letta-Alfano. Il premier: si è chiuso un ventennio. La replica: non accettiamo ingerenze nel nostro partito. Il Cavaliere ai lealisti: niente scontri, il leader è Angelino”.

 

La Stampa: “Letta-Alfano, prima sfida. Il premier: chiuso il ventennio berlusconiano. La replica: niente interferenze. Oggi confronto con i sindacati sulla legge di Stabilità. Col taglio del cuneo fiscale possibile un bonus da 250-300 euro a lavoratore”.

 

L’Unità: “Letta volta pagina, i due Pdl no. Il premier: ‘Chiuso un ventennio’. Ma Alfano risponde: niente ingerenze”. Sulla prima pagina anche i dati dei “sondaggi amari per Berlusconi”: “Il Cav affonda la destra, il Pd sale al 30 per cento”. A centro pagina il “reportage” da Lampedusa: “Ho visto gli orrori nel Cie di Lampedusa”.

 

Il Giornale: “Letta vuole comandare il Pdl. Il premier: ‘Via per sempre Berlusconi, tocca ad Alfano’”. “Ed Epifani ordina: subito due gruppi’”. “Alfano lo stoppa: niente interferenze. Le richieste dei falchi”.

 

Governo, Letta, Alfano

 

In una intervista a Skytg24, come spiega il Corriere, il Presidente del Consiglio ha detto che “mercoledì scorso si è chiuso un ventennio, un confronto politico molto forte”, “Berlusconi ha cercato di far cadere il governo e non ci è riuscito perché il Parlamento, in sintonia con il Paese, ha voluto che continuasse”, “io ho preso un rischio perché non ho accettato mediazioni”, “Alfano ha assunto una leadership molto forte e molto marcata, è stato sfidato e ha vinto la partita”. Il segretario del Pdl Alfano ha scelto la forma di una nota ufficiale per rispondere: “Non accettiamo e non accetteremo ingerenze nel libero confronto del nostro movimento politico! E questo vale anche per il Presidente del Consiglio e per il segretario del Pd”. Alfano, spiega il Corriere, non ha infatti gradito l’intervista in cui il segretario Pd Epifani aveva dichiarato: “Ora Alfano crei i suoi gruppi o il governo torna nel pantano”. Nella nota Alfano spiegava come non sia vero che il ventennio si sia chiuso: “Stiamo perseguendo l’unità nella convinzione che non saranno i nostri avversari a determinare la chiusura del ciclo politico di Berlusconi, in quanto il popolo, oggi, individua in lui il leader di un grande partito e di una coalizione che può ancora vincere”.

Su La Stampa Michele Brambilla suggerisce come si tratti solo di “tattica politica” e spiega che probabilmente le prese di posizione di ieri del premier e del vicepremier vanno interpretate come un fattore di stabilità piuttosto che di instabilità. Ma, soprattutto, tanto il primo che il secondo non potevano far altro che dire quel che hanno detto. Per quel che riguarda Letta, si trattava di ribadire il discorso pronunciato alla Camera poche ore dopo il voto a sorpresa di Berlusconi sulla fiducia: la maggioranza è comunque cambiata, non accetterò più di governare sotto minaccia, basta con Berlusconi, d’ora in poi il mio alleato è Alfano. Quanto al vicepremier, nel momento in cui Berlusconi ha cercato di imporgli la caduta del governo, Alfano ha resistito, ma ora deve puntare sulla scommessa di prendere la guida del centrodestra. In molti gli hanno suggerito di dar vita a nuovi gruppi parlamentari per dare stabilità al governo, ma Alfano sa che così facendo correrebbe pericoli: “Il primo è che si snaturerebbe, diventando una stampella centrista del governo guidato dal Pd; il secondo è che alle elezioni farebbe poi la fine di un Fli o di una Udc, perché alla sua destra resterebbe una Forza Italia comunque capace di raccogliere ancora molti voti”.

Su La Repubblica un retroscena legge la situazione così: “Menarsi in pubblico ma tenersi mano nella mano in privato. Il patto tra i due quarantenni che guidano la maggioranza non prevede alternative e si basa su un comandamento incrollabile: ‘Il governo deve andare avanti’”.Uno scambio di sms ha poi chiuso l’incidente senza conseguenze perché “Alfano riconosce a Letta una sua ‘correttezza di fondo’”, e comprende che il premier deve difendersi dagli attacchi di Renzi e dalle turbolenze in arrivo per il congresso Pd; mentre Letta farà di tutto per agevolare una salda presa di possesso di Alfano sul partito “defalchizzato”.

Sarà Alfano, secondo il quotidiano, a dover dimostrare di avere in mano la situazione. E la prima testa che dovrà cadere sarà quella del capogruppo alla Camera Renato Brunetta, cui pure Alfano riconosce di non aver agito (a differenza di altri) con secondi fini personali: ma non potrà più sparare ogni giorno sul governo come faceva prima, soprattutto ora che inizia il cammino della legge di Stabilità. Altre teste che dovrebbero metaforicamente rotolare, nel piano di Alfano, saranno quelle di Verdini, Capezzone e Santanchè. Tutti gli altri, a partire da Raffaele Fitto, potranno essere recuperati. Anzi, proprio a Fitto sarebbe stata offerta dagli alfaniani la poltrona di capogruppo come rappresentante dei “lealisti”. L’altra opzione, ovvero la separazione dei gruppi parlamentari, però, non è affatto scartata, e Letta continua a considerarla la strada migliore, tanto che l’avrebbe spiegata così ad Alfano: “Tu saresti più forte, il governo sarebbe più forte”. Ma il segretario Pdl resiste, spera di trascinare con sé tutto il partito, con l’avallo dello stesso Berlusconi.

A leggere Il Giornale le cose stanno diversamente: “Fitto esce allo scoperto: ‘siamo pronti a contarci’. L’ex governatore pugliese lancia la sfida ad Alfano per la leadership del Pdl e organizza la squadra dei lealisti. Con lui Carfagna, Bondi e Rotondi.

 

Il Corriere intervista Fabrizio Cicchitto, che reagisce alle affermazioni rilasciate ieri da Fitto al Corriere, lanciando la sua sfida al Alfano: “La sua proposta di azzerare tutte le cariche e di andare al congresso, del quale peraltro non esistono neppure le pre-condizioni materiali, se raccolta, rinchiuderebbe il Pdl in una sorta di sfida all’ok Corral interna”. Cicchitto legge nella risposta data da Alfano a Letta l’assenza da parte sua di qualsiasi complesso di inferiorità: con le sue parole Alfano chiarisce che non sta cercando di creare un nuovo centro alleato con la sinistra, ovvero che non c’è “nessuna operazione neocentrista”, ma che lui ha i piedi ben saldi “nel centrodestra”, in questa difficile e delicata fase transitoria.

 

Su La Repubblica Piero Ignazi scrive che Berlusconi “non ha più l’autorità per indicare una via” e i rivoltosi “non hanno ancora una struttura e una configurazione politico-culturale autonoma. Ma la scelta di Alfano avrà un esito fecondo solo se avrà la forza di distanziarsi “dalla lunga notte del populismo berlusconiano”.

 

Su Il Giornale il direttore Alessandro Sallusti scrive: “La sinistra getta la maschera e passa alla seconda parte del piano: comandare in casa Pdl”.

Su La Repubblica, invece, Gustavo Zagrebelsky, convocatore, insieme a Stefano Rodotà, don Ciotti, Maurizio Landini e Lorenza Carlassare di una manifestazione prevista il 12 ottobre, commenta così le dichiarazioni di Letta sulla fine del ventennio berlusconiano: temo che sia una affermazione valida per la messinscena, quello che volgarmente si chiama ‘teatrino della politica’”. Zagrebelsky esclude che con il 12 ottobre si voglia dare il via alla fondazione di un partito.

 

L’Atlante politico ospitato da La Reppbblica e realizzato dalla società Demos descrive i sondaggi se si votasse oggi. Il Pd sarebbe al 32,2 per cento, Pdl-Forza Italia 26,2, Movimento 5 Stelle al 20,9. Quanto al gradimento dei leader, Letta sarebbe al 56,9, Renzi al 53,1, Bonino al 47,5, Alfano al 36.

 

Economia

 

Su Il Giornale un “dossier” firmato da Renato Brunetta presenta le proposte di Forza Italia per la legge di Stabilità. Scrive Brunetta che “sarebbe drammatico e da irresponsabili innescare dentro la legge di Stabilità una resa dei conti tutta ideologica tra le forze che compongono l’attuale grande coalizione che sostiene il governo”. Le proposte di Brunetta vanno dalla riduzione del cuneo fiscale ad una service tax “da articolare in modo tale da ottenere un gettito complessivo di 44 miliardi, pur escludendo la prima casa”, ad una delega fiscale che sia occasione per “ridurre la pressione fiscale passando dalla tassazione sulle persone alla tassazione sulle cose”, con revisione della struttura delle aliquote Iva.

Il Sole 24 Ore si occupa delle “manovre degli altri” Paesi europei, dove “il filo rosso” che le unisce sarebbero “tagli pesanti alla spesa pubblica e nessun rialzo delle tasse per famiglie e piccole e medie imprese”. Le bozze dei budget 2014 di Francia, Germania, Spagna e Olanda prevedono in alcuni casi anche l’aumento dei fondi per lo stato sociale (Germania), mentre l’Olanda prevede la riduzione delle pensioni minime.

 

Internazionale

 

Su La Stampa si dà conto della cattura, sabato scorso, ad opera di militari Usa e forse libici, assistiti da Fbi e Cia, di Abu Anas Al-Libi, leader di Al Qaeda considerato responsabile degli attentati del 1998 contro le ambasciate di Nairobi e Dar Es Salaam. Al Libi, ricercato da 15 anni, era tornato nel suo Paese per la rivoluzione contro Gheddafi. Nelle stesse ore i Navy Seal, lo stesso team che aveva ucciso Osama Bin Laden, era impegnato in un blitz in Somalia, nella città di Barabe, nota base del gruppo Al Shabaab, per catturare uno dei loro capi. Ma questo raid ha fallito l’obiettivo della cattura. La Libia ha chiesto spiegazioni sulla operazione sul proprio territorio, per dimostrare che il governo di Tripoli era estraneo alla stessa operazione. Ma gli Usa avevano detto che le autorità locali erano informate e Washington ha deciso in realtà di agire perché Tripoli non collaborava nella lotta ai terroristi.

Sullo stesso quotidiano: “Da Bin Laden all’imam yemenita, le vittime del ‘falco’ Obama”, “l’uso di droni e blitz mirati sempre più centrali nella sua politica difensiva”. Su il Corriere della Sera: “la guerra segreta al terrore in Africa. Così l’America si appoggia all’Italia. Basi e uomini del nostro Paese anche dietro la cattura di Al Libi”. Si tratterebbe del trasferimento di Al Libi in un luogo che gli americani definiscono ‘sicuro’ all’estero. Probabilmente Sigonella o una base in Spagna, scrive il Corriere.

Il figlio ha sostenuto che tra i rapitori c’erano dei libici: Tripoli si muove sul filo, visto che le autorità hanno ostacolato le richieste Usa per arrestare pericolosi terroristi in Cirenaica, nuovo focolaio dell’estremismo violento. Altro aspetto interessante è che Al Libi dovrebbe comparire davanti a un giudice di New York e non a Guantanamo.

Su La Repubblica l’annuncio dell’Onu: “Siria, al via la distruzione delle armi chimiche”. Sarebbe iniziata in una località segreta. Quel che ispira sollievo ai tecnici è una informazione divulgata dalla intelligence russa e americana, secondo cui la gran parte dell’arsenale chimico siriano sarebbe “inutilizzabile” e perciò i tempi saranno brevi, anche perché il 75 per cento dell’arsenale sarebbe composto di “precursori liquidi” non pronti alla fabbricazione di armi. In altre parole, gli agenti tossici sarebbero immagazzinati sotto forma binaria: due prodotti chimici distinti, mescolati solo al momento dell’impiego. Il che riduce i rischi anche che le tossine vengano nascoste e attenua l’ansia che i jihadisti possano impossessarsene. In una intervista allo Spiegel, il presidente siriano Assad ha promesso collaborazione, pur negando ancora una volta la responsabilità dell’attacco chimico del 21 agosto a Damasco.

Sul Corriere della Sera si parla degli scontri, ieri ,nelle strade egiziane. Si celebrava l’anniversario del 6 ottobre per l’attacco a Israele nel 1973, la guerra del Kippur. E avrebbe dovuto essere, scrive il quotidiano, l’orgogliosa celebrazione nazionale e tradizionale delle forze armate. E’ stata invece una giornata di violenza: 44 morti, 200 feriti, oltre 400 arrestati. Tutte le vittime erano civili, quasi tutti sostenitori dei Fratelli Musulmani. Il generale Al Sissi, che guida il Paese dopo la deposizione del presidente Morsi, aveva avvertito: “Il 6 ottobre chi protesterà contro le forze armate sarà considerato un agente dei servizi stranieri e trattato di conseguenza”.

E minacce simili erano arrivate dal movimento laico schierato contro la Fratellanza, Tamarud: “La guerra del 1973 ha respinto il terrorismo di Israele, chiunque ora si opponga alle celebrazioni sarà considerato un nemico sionista”.

Il Paese, spiega ancora il Corriere, resta polarizzato: i tentativi di Al Sisi ed alleati di liberarsi dei Fratelli Musulmani non sono ancora riusciti, perché le proteste di questi ultimi vanno avanti. E nel fronte di Al Sisi, tra gli alleati si allargano le crepe: il più importante movimento dei giovani della rivoluzione anti-Mubarak (6 aprile) ha abbandonato la costituente per contestare l’eccesso di potere che esigono i militari. Esprime dissenso anche Mohamed el Baradei, critiche sarebbero arrivate anche dai salafiti, che pure avevano appoggiato il colpo di Stato. Non si sarebbero schierati con la Fratellanza, ma nessuno di loro è sceso in piazza a celebrare le Forze Armate.

 

Su La Repubblica l’inserto R2 porta questo titolo: “Il mondo salvato dai bambini”. “Da Malala a Timothée: con il linguaggio dei piccoli sfidano i grandi della terra. Si oppongono alle guerre, chiedono scuole, denunciano la pratica dei baby soldati o la violenza dei matrimoni imposti. La rete li incorona leader planetari. Nell’inserto trova posto una sintesi del discorso che la giovane pakistana Malala Yousafzai, colpita nei mesi scorsi dal talebani pakistani perché difendeva il diritto all’istruzione per le donne, ha pronunciato il 28 settembre scorso ad Harvard. Ha 16 anni ed è tra i candidati al premio Nobel per la pace: “nel posto da cui vengo i terroristi massacravano le persone e noi dovevamo nascondere i libri sotto la camicia, perché avevano paura solo di una cosa, dell’istruzione”. “Io, Malala, chiedo ai potenti_ mandate penne, non fucili, solo così finiranno le guerre”.

Segnaliamo peraltro che da domani sarà in vendita con il Corriere il libro in cui Malala racconta la sua storia (“Io sono Malala”).

 

Il Corriere della Sera racconta anche la “strage di bambini” verificatasi in Iraq ieri: un camion bomba guidato da un kamikaze è entrato in una scuola elementare facendo esplodere l’intero edificio provocando la morte di 14 bambini tra i 6 e i 12 anni.

 

Alla pagina delle Idee Moisés Naim elenca le “cose più sorprendenti che sono successe nel mondo negli ultimi tre mesi”: dall’uso di armi chimiche da parte dei siriani alla nuova influenza internazionale del leader russo Putin, dalla uscita di scena di orsi alla entrata in scena di Rohani, dal potere dei Tea Party, sconfitti alle elezioni ma capaci di bloccare le iniziative altrui, alla “sorpresa americana”, che ha appena annunciato di esser diventato il primo produttore di petrolio e di gas del pianeta, scalzando Arabia Saudita e Russia.

 

Su La Stampa un intervento del ministro degli esteri francese Fabius dedicato alla paralisi creata in sede di consiglio di sicurezza Onu in caso di veto di uno dei cinque membri permanenti. La proposta avanzata da Fabius è la seguente: quando il consiglio di sicurezza deve pronunciarsi su una situazione e di crimini di massa, i membri permanenti devono rinunciare al loro diritto di veto. Concretamente il segretario generale Onu, su richiesta di 50 stati membri, sarebbe interpellato sulla natura del crimine. Se si tratta di un crimine contro l’umanità, una volta espressosi il segretario generale, il codice di condotta verrebbe immediatamente applicato. Tale codice escluderebbe i casi in cui siano coinvolti interessi vitali nazionali di un membro permanente del Consiglio”.

 

Su Il Giornale si racconta il “braccio di ferro” in corso in Francia dopo il via libera alla legge che porta la firma del ministro della giustizia Taubira sulle nozze tra omosessuali. 20 mila tra sindaci e vicesindaci hanno firmato una petizione rivendicando il diritto a rifiutarsi a celebrare matrimoni, una sorta di obiezione di coscienza. Sette sindaci hanno sollevato questione di costituzionalità davanti al Consiglio di Stato. A loro avviso le sanzioni previste dalla legge contro gli ufficiali di stato civile che rifiutano di celebrare matrimoni tra persone dello stesso sesso violano la libertà di coscienza garantita dalla costituzione. Il consiglio di Stato ha deciso di rinviare la questione al Consiglio costituzionale.

 

E poi

 

Sul Corriere della Sera, alle pagine della cultura, Marco Ventura si occupa del nuovo libro del direttore di Micromega Paolo Flores D’Arcais, contestando l’affermazione base di questo scritto: “la democrazia è atea, imprescindibilmente”. Il titolo del saggio di Flores in uscita per Laterza è infatti: “La democrazia ha bisogno di Dio? Falso!”. Ventura argomenta invece quanto è astratta la democrazia atea. “Flores d’Arcais vuole relegare i credenti in una condizione di minorità politica” e “ignora la continua commistione tra fedi religiose e secolari nel mondo globale”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *