Gli espulsi dell’economia globale
Il nuovo libro di Saskia Sassen

In occasione della visita in Italia di Saskia Sassen, che giovedì 22 ottobre terrà una lectio magistralis al Salone dell’editoria sociale (www.editoriasociale.info) di Roma, pubblichiamo una recensione al suo ultimo libro, Espulsioni. Brutalità e complessità nell’economia globale.

Saskia Sassen, docente di Sociologia alla Columbia University di New York, tra le interpreti più autorevoli dei processi di globalizzazione, da molti anni cerca di decifrare la lenta decomposizione dell’economia politica del ventesimo secolo. Nel suo ultimo libro, Espulsioni. Brutalità e complessità nell’economia globale (il Mulino, pp. 296, euro 25), compie un passo ulteriore, guidata da un proposito perfino più ambizioso rispetto a quelli che ne hanno orientato la ricerca in libri come Territorio, autorità, diritti (Bruno Mondadori, 2008) o Una sociologia della globalizzazione (Einaudi, 2008): individuare, comprendere e interpretare – dall’interno – la fase storica nella quale viviamo. Dare un nome a processi ancora sotterranei, opachi, spesso invisibili, ma le cui conseguenze condizionano già – in modo negativo, spesso esiziale – i progetti di vita di gran parte dell’umanità. Oltre che la sopravvivenza della biosfera.

copertina espulsioni sassenPer l’autrice di Città globali vivremmo infatti nel pieno di una transizione storica fondamentale: l’esaurimento del ciclo di crescente inclusione sociale ed economica caratteristico del keynesismo e l’emergere, sulle sue macerie, di un nuovo paradigma. Quello delle espulsioni. Espulsioni di individui, comunità, imprese e luoghi dagli ambiti della società, dell’economia, della biosfera.

La transizione è ancora in corso, sostiene Saskia Sassen, ma la rottura rispetto al passato è già radicale: la fase del capitalismo avanzato in cui siamo entrati a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso è diversa e nuova rispetto alla precedente, perché “ha visto reinventati i suoi meccanismi di accumulazione primitiva”. Il periodo keynesiano, precisa Sassen, era tutt’altro che perfetto, caratterizzato com’era da disuguaglianza, concentrazione di ricchezza, povertà, razzismo, ma era guidato da una logica inclusiva, dalla tendenza a incorporare fasce di popolazione sempre più ampie – in particolare i lavoratori – dentro il sistema. Non si trattava di una scelta “altruista”, solidale, ma di un dato strutturale, sistemico: nel secondo dopoguerra le componenti cruciali delle economie di mercato occidentali (e in parte, sostiene Sassen, delle economie comuniste di Stato) erano l’alta intensità del capitale fisso, la standardizzazione della produzione, l’ampliamento dei centri urbani. La logica organizzativa dell’economia, dunque, era inclusiva perché il sistema richiedeva l’espansione della produzione e del consumo, l’allargamento della classe media. In altre parole, produzione e consumo di massa esigevano una logica espansiva e inclusiva.

A partire dagli anni Ottanta le cose iniziano a cambiare verso: la crescita economica non è più trainata dalla grande espansione delle economie materiali, ma dalla finanziarizzazione onnivora. Vengono dunque meno gli sforzi concertati per inserire i poveri e gli emarginati nel vivo delle realtà politiche ed economiche, si indeboliscono progressivamente i presupporti egalitari e keynesiani alla base del progetto di costruzione di una società giusta ma imperfetta, e comincia a emergere una nuova dinamica, quella dell’esclusione. O, meglio, dell’espulsione.

Non si tratta infatti – sottolinea l’autrice di Espulsioni – dell’ennesima variante della vecchia esclusione sociale, perché quest’ultima avveniva e avviene all’interno di un sistema e, in quanto tale, può essere ridimensionata, migliorata, perfino eliminata. Le espulsioni invece attraversano domini e sistemi diversi, dalle prigioni ai campi profughi, dallo sfruttamento finanziario alle distruzioni ambientali. L’elenco degli esempi forniti è lungo, e copre settori molto diversi: l’impoverimento della classe media nei paesi ricchi; lo sfratto di milioni di piccoli agricoltori nei paesi poveri a causa dei 220 milioni di ettari di terra acquistati da investitori e governi stranieri dal 2006 a oggi; il crescente numero degli indigenti e degli sfollati nei paesi poveri, ammassati nei campi profughi formali o informali; l’ampia popolazione attiva considerata in eccesso che vive nei ghetti e negli slum; le ingenti porzioni di biosfera espulse dal loro spazio vitale a causa delle tecniche estrattive; il ricorso all’incarcerazione come mezzo di gestione del “surplus sociale” negli Stati Uniti. Processi diversi, differenziati, altamente specifici, che però indicano una medesima tendenza sotterranea: l’espulsione.

Per afferrare questa tendenza, per leggerla nella sua interezza, per evitare di confonderla con dinamiche simili ma diverse, proprie di un’epoca che non c’è più o che sta sparendo, Saskia Sassen effettua una precisa scelta metodologica: archivia le tradizionali griglie analitiche che “articolano la nostra conoscenza dell’economia, della società e dell’interazione con la biosfera” e decide di combinare ricerca empirica e ricodificazione concettuale, aderenza al livello elementare dei fatti e ambizione teoretica. Gli strumenti usati fin qui, spiega, non soltanto sono inefficaci nel descrivere e comprendere le trasformazioni in corso, ma risultano perfino controproducenti, perché nella loro obsolescenza ci hanno fatto tardare “a capire e classificare i poteri e le dinamiche che sono emersi dalle macerie”.

Facciamo qualche esempio, per rendere le cose più chiare: gli economisti che contestano il modello neoliberista puntano il dito sulla crescente disuguaglianza, come sintomo delle patologie del capitalismo. Per Saskia Sassen, al contrario, la nozione di disuguaglianza rischia di nascondere più di quanto riveli. Perché se è vero che le economie di mercato avanzate sono sempre state contraddistinte da una certa disuguaglianza, e che l’ordine di grandezza della disuguaglianza di oggi distingue l’attuale fase del capitalismo da quella dei decenni posti-bellici, è ancora più vero – argomenta Sassen – che interpretare questa differenza come un semplice salto di scala, come un semplice incremento della disuguaglianza o della povertà “significa precludersi la possibilità di cogliere la tendenza di fondo”. Quella verso l’espulsione.

Un altro esempio: siamo stati abituati a imputare le patologie del capitalismo alle elite predatorie. Ebbene, per Saskia Sassen oggi più che delle elite predatorie dovremmo preoccuparci delle “formazioni predatorie”. Cosa sono? Formazioni complesse, che assemblano una varietà di elementi: elite, certo, ma anche vere e proprie capacità sistemiche, mercati, innovazioni tecniche (di mercato e finanziarie), strumenti legali e contabili, funzioni altamente specifiche abilitate dai governi (in particolare dai rami esecutivi). Non più, dunque, i magnati con cilindro, sigaro e bastone, ma processi complessi, dove la complessità fa spesso il paio con la brutalità degli esiti e concorre a determinare l’invisibilità delle cause, perché quanto più complesso è il sistema, tanto più difficile è risalire alle responsabilità. In questo senso, sottolinea l’autrice di Espulsioni, se verso il fondo della scala sociale, per le masse di poveri e indigenti, la nuova dinamica dell’economia si traduce in espulsioni dallo spazio vitale, dall’accesso ai mezzi di sussistenza, dal contratto sociale, per chi si trova al vertice della piramide significa invece liberazione dalle responsabilità, liberazione dai legami di appartenenza alla società.

Opporsi alle nuove dinamiche di espulsione significa dunque ricostruirne la genealogia, rendere trasparente ciò che è opaco, dare un nome e un significato ai processi ancora incompiuti che avvengono sotterraneamente. Ma significa allo stesso tempo rendere “concettualmente visibili” gli spazi degli espulsi. Anche se “sfuggono alle misurazioni convenzionali utilizzate da Stati ed economie moderni”, questi spazi non sono un’assenza, una sorta di buco nero, ma, al contrario, una presenza tangibile. “Sono tanti, stanno crescendo e vanno diversificandosi. Sono potenzialmente i nuovi spazi in cui agire, in cui creare economie locali, nuove storie, nuovo modi di appartenenza”. Il futuro, suggerisce Saskia Sassen, potrebbe essere degli espulsi.

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Salone editoria sociale 2015

Titolo: Espulsioni. Brutalità e complessità nell'economia globale

Autore: Saskia Sassen

Editore: Il Mulino

Pagine: 289

Prezzo: 25 €

Anno di pubblicazione: 2015



  1. E’ uno dei discorsi più illuminanti che abbia mai letto Riflessione profonda e un punto di vista nuovo come richiede una situazione complessa e senza precedenti che ci dà un senso di impotenza. E invece Sassen indica una speranza: invece di lavoratori di tutto il mondo…Espulsi di tutto il mondo…?

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