Siria, se il futuro di Hezbollah si gioca a Damasco

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Da quando due anni fa è cominciata la sollevazione in Siria, si è parlato spesso del sostegno che il movimento islamista sciita Hezbollah fornisce al regime siriano per domare l’insurrezione, offrendo uomini, materiale e assistenza logistica. Sebbene questo aiuto sia chiaro e netto, non era mai stato riconosciuto ufficialmente. Ma le ultime dichiarazioni del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, hanno confermato il sostegno del movimento al presidente siriano e la partecipazione diretta nel conflitto, anche se, a suo dire, lo fa per ragioni difensive. Così Hezbollah difenderebbe il santuario di Sayda Zeinab[1], con l’aiuto dei miliziani iraniani e iracheni sciiti, e i villaggi libanesi sciiti che sono rimasti dal lato siriano dopo la divisione del confine tra i due paesi. Nasrallah ha anche espresso la propria gratitudine a Bashar Al-Assad e al regime siriano, il suo appoggio alla resistenza e la sua lotta contro i nemici del movimento. La battaglia di Qusair è l’ultima dimostrazione della partecipazione diretta di Hezbollah nel conflitto siriano, dove si calcola che abbiano perso la vita oltre cento combattenti della milizia islamista.

Hezbollah è un’organizzazione complessa, che opera in tutti i campi sociali e che si è evoluta – nel senso di una differenziazione e moltiplicazione delle sue azioni in diversi settori – dalla sua nascita. Così Hezbollah ha potuto fare parte di una delegazione che ha visitato il leader siriano qualche settimana fa, mostrando il suo sostegno al regime a fianco delle organizzazioni panarabe, cristiane o armene. O può fare proposte per eliminare il sistema confessionale libanese, mantenere un silenzio eccezionale sul matrimonio civile nel paese dei cedri[2] o possedere scuole che fanno concorrenza a quelle cristiane in termini di strutture e di offerta formativa. Il mio articolo propone un’analisi di lungo periodo, dall’inizio della relazione tra i movimenti sciiti in Libano fino alle azioni di Hezbollah nell’ambito della crisi siriana.

Le relazioni tra le due parti non sono affatto lineari, rigide e monolitiche. Per questo occorre considerale nel lungo periodo e non come un’alleanza che ha avuto le stesse caratteristiche sin dall’esordio ufficiale del movimento nel 1985. Per comprendere questa relazione e alleanza occorre analizzare i cambiamenti della comunità sciita in Libano a partire dagli anni Settanta, come pure le oscillazioni del regime siriano e le caratteristiche proprie delle organizzazioni.

La relazione tra il regime baathista e la comunità sciita risale agli anni Settanta. Hafez Al-Assad aveva relazioni personali e amichevoli con l’Imam Musa Sadr[3], che nel 1973 dichiarò formalmente l’appartenenza degli alawiti allo sciismo e quindi alla grande famiglia musulmana, per legittimare questa comunità in Siria. Nella seconda parte degli anni Settanta si verificarono diversi fatti fondamentali per comprendere questa intensificazione dell’interesse del regime siriano nei confronti della comunità sciita: la guerra civile libanese e la politicizzazione di questa comunità, la rivoluzione islamica in Iran, il conflitto tra il regime siriano e i diversi gruppi islamisti, che nel 1982 sfociarono nel massacro di Hama e nell’invasione israeliana del Libano.

Se la Siria aveva una relazione più stretta con il movimento Amal[4], l’Iran iniziò a investire economicamente, politicamente e logisticamente nella formazione di un nuovo movimento e partito: Hezbollah. Anche se ufficialmente è stato fondato nel 1985, piccoli gruppi armati radicali che riprendevano le idee di Khomeini operavano in Libano già dal 1982. Hezbollah, al contrario di Amal, aveva un’impostazione massimalista e aspirava a creare uno Stato islamista a immagine dell’Iran di Khomeini, ma gli accordi di Taëf del 1989, destinati a mettere fine alla guerra civile libanese[5], integrarono il partito nel gioco politico del paese dei cedri. A partire dalle elezioni del 1992 Hezbollah ha cominciato ad avere deputati in parlamento, ministri e un’influenza maggiore nella vita politica e sociale del paese, grazie per esempio alla costruzione di ospedali o di una rete di scuole, le scuole “Mustapha”.

Nel frattempo Hezbollah ha mantenuto la sua milizia, l’unica eccezione dalla fine della guerra civile nel 1990 (tutti gli altri gruppi coinvolti nella guerra civile hanno accettato, almeno ufficialmente, di deporre le armi). Poiché Israele continuava a occupare buona parte del sud del Libano, questa milizia non era considerata come tale, ma come un movimento di resistenza. Però, anche se l’esercito dello Stato ebraico si è ritirato dal Libano nel 2000, la forza armata di Hezbollah continua a esistere. Le Fattorie di Sheb’a sono tuttora occupate da Israele, e questo per il Partito di Dio giustifica la persistenza delle operazioni del proprio braccio armato[6].

Da parte sua, la Siria gode di un’alleanza lunga oltre trent’anni con l’Iran. Questa relazione, fondata inizialmente sulla sicurezza per effetto della guerra tra Iran e Iraq, nella quale la Siria era alleata dell’Iran, e dell’invasione israeliana del Libano, si è evoluta assumendo connotazioni economiche e religiose. Hezbollah ha giocato un ruolo importante: per i due paesi il movimento sciita è un’organizzazione capace di esercitare pressione su Israele. Per l’Iran rappresenta la possibilità di mantenere costantemente un piede nel Levante arabo; per la Siria costituisce il più fedele alleato dopo l’espulsione dal Libano nel 2005.

L’ascesa al potere di Bashar Al-Assad ha portato a una relazione più profonda tra la Siria e Hezbollah. Diverse variabili possono spiegarlo: una maggiore identificazione tra i due giovani leader Bashar Al-Assad e Hassan Nasrallah; una minore pressione da parte del regime siriano sulle decisioni prese da Hezbollah e sulle questioni organizzative; e un contesto internazionale segnato dall’11 settembre, dall’invasione statunitense in Iraq, dall’assassinio di Rafiq Hariri nel 2005 e dalla guerra tra il movimento sciita e Israele nel 2006. Si può osservare che, a partire dal 2005/06, i politici delle due parti hanno avuto una maggiore coordinazione sugli aspetti della politica interna del Libano, come per esempio il sostegno di Hezbollah alla presenza siriana e alle sue politiche nel Paese dei cedri attraverso la formazione del movimento pro-siriano 8 marzo[7] e un mutuo supporto militare e logistico. Quest’ultimo aspetto è diventato evidente in occasione dell’attacco israeliano nel 2006 e dello scoppio della rivoluzione e poi della guerra civile in Siria.

Il sostegno di Hezbollah alla Siria è diventato palese sotto ogni aspetto, in particolare quello difensivo evocato da Nasrallah nei propri discorsi. Il leader libanese sa che la caduta del potere baathista comporterà con ogni probabilità l’instaurazione di un nuovo potere vicino alle monarchie del Golfo e ai paesi occidentali, e quindi necessariamente poco disposto a mantenere le stesse relazioni di mutuo supporto tra le due parti. Allo stesso tempo la comunità sunnita, e soprattutto il clan Hariri, metterebbe in discussione l’eccezione della milizia del partito all’interno del paese. Infatti poco dopo le dichiarazioni di Hassan Nasrallah, Saad Hariri, figlio di Rafiq Hariri e leader del partito Corrente del Futuro, membro dell’Alleanza del 14 marzo, antisiriana e anti-Hezbollah, ha affermato che la partecipazione di Hezbollah al conflitto rappresenta il certificato di morte del Partito di Dio come movimento di resistenza. E ancora, quattro ore dopo la diffusione delle parole del leader di Hezbollah, due missili hanno colpito Dahye, quartiere sciita di Beirut, e hanno provocato quattro feriti.

Occorre però comprendere anche le politiche di Hezbollah dal punto di vista organizzativo: si tratta di una struttura piramidale, con una leadership imprescindibile e incontestabile da oltre vent’anni, che si è evoluta e differenziata in tutti i campi sociali. Così Hezbollah mantiene una razionalità interna come organizzazione, che gli consente di essere flessibile all’interno, dove la sua funzione di resistenza deve essere costantemente messa in mostra (l’esaltazione incessante del martirio e dei propri “martiri” nei quartieri e nelle città controllate dal movimento, la lotta contro Israele e il potere statunitense), malgrado la sua differenziazione e la sua azione in domini lontani dalla sua origine, e all’esterno, con la sua immagine di milizia indistruttibile e che è stata in grado di vincere Israele in diverse occasioni. In ultima analisi, Hezbollah possiede un’ideologia abbastanza flessibile e adattabile ai cambiamenti della politica interna ed estera libanese.

Ciononostante questa flessibilità come organizzazione è svanita da qualche settimana, da quando è stata ammessa la sua partecipazione al conflitto siriano. Ha dunque un limite la flessibilità così tipica delle organizzazioni di questo genere? Quando la sua funzione originaria, la sua “ragion d’essere” è minacciata, l’organizzazione si sente obbligata a difendere questa posizione se vuole conservarsi e riprodursi, malgrado la sua differenziazione e le sue azioni in molteplici campi sociali. In un contesto di penetrazione regionale e di minaccia di un possibile passaggio a una nuova Siria “sunnita” e vicina all’occidente e ai paesi del Golfo, la razionalità dell’organizzazione implica la difesa di ciò che viene percepito come funzionale alla sua sopravvivenza: il regime siriano, a dispetto di tutte le differenze. Hassan Nasrallah, quindi, ha detto una verità: Hezbollah difende la propria sopravvivenza nel territorio, che lo voglia o meno. Nasrallah sa che il futuro di Hezbollah si gioca a Damasco.

Note
[1] Figlia dell’Imam Ali, Sayda Zeinab è stata seppellita in una moschea in stile iraniano alla periferia di Damasco. Il quartiere è abitato da profughi iracheni sciiti e accoglie continuamente turisti iraniani in pellegrinaggio.

[2] Il matrimonio civile non esiste in Libano. Negli ultimi anni, in seguito alla richiesta di una coppia mista sciita-sunnita a favore dell’approvazione del matrimonio civile, si è aperto un dibattito nel paese.

[3] Musa Sadr discendeva da una famiglia di religiosi e studiosi sciiti, disseminati in diversi paesi arabi. È scomparso durante una visita in Libia nel 1978. I sospetti sono ricaduti subito sul regime di Gheddafi, ma anche dopo la sua caduta non è stata fatta luce sulla dinamica dei fatti né sulla sorte dell’Imam.

[4] Il movimento Amal (“speranza” in arabo e acronimo di “distaccamenti libanesi della resistenza”), fondato nel 1975 da Musa Sadr, è l’altro movimento e partito sciita in Libano. Dagli anni Ottanta il suo leader è Nabih Berri, avvocato sciita laico e presidente del parlamento libanese. La sua milizia è stata smobilitata negli anni Novanta.

[5] Gli accordi di Taëf, firmati tra i diversi partiti e gruppi politici libanesi, hanno messo fine alla guerra civile, disarmando tutte le milizie, a eccezione di Hezbollah, e dando alla Siria un potere di controllo sulla scena politica del paese.

[6] Con Fattorie di Sheb’a si intende una regione di 40 km² contesa da Siria, Libano e Israele. Quest’ultimo la considera come parte del Golan, che è stato occupato durante la guerra arabo-israeliana del 1967. Il Libano la rivendica come parte del proprio territorio e la Sira su questo punto mantiene una posizione ambigua.

[7] Il movimento 8 marzo è un’alleanza di diversi partiti politici libanesi, tra cui i due più importanti sono Hezbollah e la Corrente patriottica libera, il cui leader è Michel Aoun, ex generale libanese esiliato in Francia tra il 1990 e il 2005 e in precedenza nemico del regime siriano.

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Traduzione dal francese di Francesca Gnetti

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