Usa, democratici sconfitti

La Repubblica: “Renzi a Berlusconi: decidi sulle riforme o il patto salterà”. “Italicum, vertice dei due leader a Palazzo Chigi”. “Il Cavaliere chiede tempo. Il premier: hai 7 giorni”. “Consulta: prove di intesa M5S-Pd, ma è rissa al Senato”.

Di spalla la sconfitta di Obama: “Oltre le previsioni la disfatta Democratica alle elezioni di Midterm. Tramonta il sogno di Obama, la destra conquista l’America”. Il commento di Federico Rampini: “Ma la disfatta aiuta Hillary”.
A centro pagina: “Il maltempo fa paura, scuole chiuse. Allarme in 8 regioni. Carrara sott’acqua, Roma blindata”.

La Stampa: “Riforme, ora Berlusconi frena Renzi”. “Faccia a faccia di due ore, nodo premio di maggioranza. Il Pd ha un piano B: nuovo gruppo per una maggioranza alternativa”.
In alto: “Roma si blinda per l’allarme maltempo. Chiuse scuole e siti archeologici, Colosseo compreso. Il prefetto: non uscite. Esonda un fiume a Carrara, migliaia di sfollati”.
Sulle elezioni negli Usa: “Ecco i nuovi repubblicani che aprono il dopo Obama”, con ritratti della senatrice nera Mia Love, e del senatore nero Tim Scott.

Il Giornale: “Renzi arma la pistola contro il Pd. Il premier ha fretta di imporre la sua legge elettorale per mettere a cuccia i suoi (e l’Ncd): o fate come dico io o si va a votare. I dubbi di Berlusconi, il patto del Nazareno a rischio”. “Alfano strappa la fiducia tra i mal di pancia bipartisan”.
A centro pagina: “Così l’America ha sbiancato Obama. I repubblicani conquistano Camera e Senato. L’icona Barack chiude da perdente”.

Il Fatto quotidiano: “Renzi tresca con B. & Verdini e copre le balle di Alfano. Nuovo vertice tra il premier, il pregiudicato e il plurimputato: niente accordo sull’Italicum. Il Pd salva (per poco) il miistro dell’Interno sbugiardato da un vido sulle botte della polizia”.
A centro pagina, con vignetta di Vauro (“Cosa resterà dell’era Obama?”. “Guantanamo”), il voto negli Usa.
Accanto, la vicenda Cucchi: “La Procura sentirà il teste del ‘Fatto'”. “L’accusa potrebbe riconvocare la guardia carceraria che, in una intervista al nostro giornale, ha dichiarato: ‘Stefano arrivò già segnato e dolorante'”.

Il Corriere della Sera: “Obama è un presidente dimezzato. Il Paese volta le spalle al leader democratico. ‘Ora lavoreremo insieme nell’interesse dei cittadini’. I repubblicani trionano e controllano il Congresso. Due anni di paralisi per la Casa Bianca”.
A centro pagina: “Il torrente di Carrara che esonda ogni volta”. Accanto: “Renzi vede Berlusconi: sulla legge elettorale dialogo senza l’accordo”.
A fondo pagina: “‘La Sacra Rota non si faccia pagare’. Papa Francesco e i matrimoni annullati dalla Chiesa: ‘Basta, troppi scandali'”.

Il Sole 24 Ore: “Dollaro e Wall Street record. I democratici sconfitti al voto di mid-term. Obama: lavoreremo insieme”. “I repubblicani conquistano anche il Senato e puntano sui tagli fiscali e la deregulation”. “Biglietto verde al top dal 2012”. Di spalla: “Italicum, non c’è intesa. Alvertice Berlusconi frena Renzi sui tempo”. “Oggi il voto per la Consulta, M5S apre al Pd”.
A centro pagina: “Il board Bce si spacca sugli acquisti di bond”.
E poi: “La crisi taglia anche la pensione. Effetto Pil sugli assegni futuri: dal 2015 il tasso di rivalutazione sarà per la prima volta negativo”. E ancora: “Per le ‘nuove’ Province 12 mila dipendenti a rischio esubero”.

Obama

Su La Stampa si legge che “la coalizione che ha portato per due volte Barack Obama alla Casa Bianca si è squagliata”, “secondo alcuni non è andata alle urne, secondo altri è stata demolita dagli avversari”.
La Repubblica cita “un sondaggio della Cnn compiuto ai seggi martedì” che “dà la chiave decisiva: 70% degli americani è convinto che l’economia va male e che l’America è in declino. Può sembrare sconcertante. L’America è tornata a essere la locomotiva della crescita mondiale, la sua ripresa dura da cinque anni, il tasso di disoccupazione si è dimezzato (sotto il 6%), anche il deficit pubblico è la metà. Altri dati contribuiscono alla confusione. I repubblicani non sono più popolari del presidente, vengono coinvolti nell’insoddisfazione verso la classe politica, ma il partito del presidente è quello che viene castigato. Poi c’è il risultato dei referendum sull’aumento del salario minimo: hanno vinto in tutti i cinque Stati dove si votava per questa misura. Cinque Stati repubblicani. Eppure la destra è contraria ad alzare il salario minimo per legge”. Il quotidiano ricorda anche che “l’America ha già conosciuto situazioni come queste: Ronald Reagan nel 1987-88, Bill Clinton nel 1999-2000, George W. Bush nel 2007-2008, finirono il secondo mandato con un Congresso in mano all’opposizione. Il precedente più inquietante per Obama è quello di Clinton: nell’ultimo biennio subì il processo per impeachment; e firmò una disastrosa deregulation finanziaria seminando i germi della crisi del 2008”.
Su La Stampa viene intervistato Bill Emmott, ex direttore dell’Economist: “La crescita va bene, ma i redditi stagnano”.
Ancora su La Stampa, si legge che “è già scattato il regolamento di conti” tra i democratici, con lo staff del senatore Reid, ex leader dell’Aula del Senato, accusa Obama “di aver sbagliato tutto”, “la linea politica dall’Isis ad Ebola, le dichiarazioni in cui ha confermato che le elezioni erano un referendum su di lui, e la gestione della macchina elettorale, negando finanziamenti essenziali”. La verità è che nel 2008 e nel 2012 – scrive il quotidiano – Obama aveva vinto “costuendo una coalizione fondata sulle donne, gli ispanici, i neri, i bianchi liberal, i giovani millenials”, e costoro non sono andati alle urne, o perché delusi da Obama operché “non erano in corsa”.
Sul Giornale si ricorda che si votava anche per una serie di referendum locali. In alcuni Stati si votava per l’aumento del salario minimo, in altri per il porto d’armi. “La battaglia che in assoluto è costata di più si è combattuta in California tra avvocati e medici”, e prevedeva test antidroga e alcol obbligatorisui medici. Il referendum è stato bocciato.
Sul Sole 24 Ore ci si sofferma sul 2016, e sulla candidata Clinton per il voto. “Per la corsa alla Casa Bianca i repubblicani non hanno ancora trovato il volto da contrapporre alla Clinton”, che tuttavia “potrebbe rivelarsi vulnerabile alle critiche quale erede dlla amministazione Obama”. Oggi secondo sondaggi realizzati tra giugno e settembre scorso la Clinton batterebbe Jeb Bush, Rand Paul e Chris Christie, i tre nomi più noti dello schieramento repubblicano.
La Repubblica intervista lo scrittore inglese Martin Amis: “E’ andata al di là delle peggiori aspettative, ma è sbagliato demonizzare l’avversario. Adesso è urgente una analisi dei tanti errori cmmessi. Il presidente vive sulla propria pelle il declino degli Usa, e lui non ha saputo reagire”.
La Stampa intervista lo scrittore americano Jay McInerney, che dice che queste elezioni “vanno lette come un sonoro schiaffo in faccia a Obama”. “La sua proverbiale freddezza lo ha penalizzato”, “se possedesse doti umane e comunicative maggiori ogi non si troverebbe in questo pantano”.

Italicum

In un retroscena del Corriere si legge che “un sospetto inquieta” Berlusconi: “‘Oggi ho avuto la sensazione che Renzi voglia andare a votare a marzo. Ne sono quasi certo, ormai'”. E “‘noi l’arma della legge elettorale non possiamo concedergliela, adesso'”. Berlusconi avrebbe detto a Renzi che a lui va anche bene l’Italicum con premio alla lista, ma “devo avere il via libera dei miei parlamentari”, la maggior parte dei quali è contraria perché “pensa che voi vogliate il voto anticipato. Se invece facciamo le cose senza fretta li convinciamo del contrario. E tutto andrà a posto”.
Il Fatto quotidiano: “Legge elettorale: Renzi incontra B. ma sono in un pantano”. Un incontro definito “interlocutorio”, per non dire “andato male”, perché Renzi “vuole portare a casa la riforma entro gennaio”. Renzi, secondo il Fatto, “sta cercando di rassicurare B. che riforma elettorale non significa voto anticipato”, ma “lui si fida poco”, e “i suoi si fidano meno”.
Secondo la “nota” di Massimo Franco, sul Corriere, “un compromesso tra governo e FI forse non è lontano”.
Su La Stampa: “Berlusconi prende tempo sull’Italicum. Il premier: proporre il premio solo alla lista più votata, ma il leader di Fi teme il ricorso alle urne anticipate”. Altro articolo: “E Renzi prepara il piano B: maggioranza alternativa. Il Presidente del Consiglio ha chiesto una risposta ‘entro domenica’. I suoi sondano i fuoriusciti dai 5 Stelle per un nuovo gruppo”.
Lo stesso quotidiano intervista il politologo Roberto D’Alimonte: “‘Le modifiche convengono solo al Pd, Ncd rischia di sparire”. Insomma: la proposta di Renzi conviene “solo a lui”.
D’Alimonte firma il suo Osservatorio sul Sole 24 Ore (“Il premio alla lista resta solo un’ipotesi”).
Su Il Giornale, il retroscena di Cesaretti e Signore: “Renzi minaccia l’addio al patto. Il Cav: così conviene solo a te”. “Il premier prova a forzare i tempi. Berlusconi agli azzurri: vuole una legge elettorale, èstanco di una maggioranza di cui non si fida, non posso farmi carico degli aut aut con i suoi”.
Un altro articolo: “Cambia l’Italicum, Matteo prende tutto e Alfano resta a casa”.

Pd

La Repubblica intervista Davide Serra, uomo di finanza, dice di non essere “amico di Renzi” nel senso che “non facciamo le vacanze insieme”: “un giorno ho letto un suo libro, gli ho mandato una email, ci siamo visti”. “Non sono un finanziere ma un gestore di risparmi, io non presto soldi, investo in capitale di rischio per conto dei miei investitori”. La società alle Cayman: “In Inghilterra avere una holding alle Cayman è come per una società italiana avere una holding in un paese della Ue. Il fisco la considera 100% inglese e quindi pago le tasse su tutti i profitti globali, fatti in qualsiasi posto. Ma la chiudo lo stesso così evitiamo strumentalizzazioni”. Si iscrive al Pd londinese? “Ho fatto richiesta” ma “non cerco incarichi, amo il mio mestiere”. “Ho sempre votato per il centrosinistra. Sono per la libera concorrenza di mercato, la giustizia civile e l’unità sociale, l’economia deve crescere per tutti”.

Centrodestra

Sulle vicende del centrodestra La Stampa intervista a Giorgia Meloni: “Noi alleati con la Lega? Prima l’addio al secessionismo”. Meloni spiega che “noi siamo una forza patriottica di destra” che crede nel “valore della nazione”: “Non ci piacciono i particolarismi che da sempre muovono la Lega”, e lo Statuto della Lega continua a propugnare l’indipendenza della Padania. Meloni dice che “il centrodestra oggi non c’è più”, e che per rifondare il centrodestra servono le primarie, “non può essere uno solo a decidere”

Juncker

“Non ho problemi con il premier italiano e per il resto lo apprezzo molto. Non siamo bambini”: Così il Corriere riassume le parole di ieri di Jean-Claude Juncker, che hadetto anche che se si sostiene che “non si accettano lezioni dai burocati”, o che la Commissione non dovrebbe intervenire in aree che sono parte della coordinazione economica in Europa, “questo è un modo di descrivere la Commissione che non mi piace.
Il Corriere intervista Manfred Weber, capogruppo dei Popolari a Strasburgo, oggi a Roma per una conferenza organizzata dalla Fondazione De Gasperi. Weber è il parlamentare che ha sollecitato le dichiarazioni di Juncker sulla commissione che non è una “banda di burocrati”. “Juncker sta inviando diversi buoni segnali all’Italia e alla Francia per usare al massimo la flessibilità contenuta nel Patto di crescita, si sta dimostrando buon amico con loro”, dice Weber. I 300 miliardi di investimenti “arriveranno, tutti i governi sovranno sostenere questo sforzo”. Un’altra parte dell’intervista è dedicata alla immigrazione in Europa.
Da segnalare sullo stesso quotidiano anche un commento di Antonio POlito: “Juncker, ‘burocrate’ che Renzi sottovaluta”. Dove si ricorda che Juncker “può vantare una legittimazione delle urne”, avendo vinto le elezioni in Europa, e presiedendo una Commissione “di politici di primo piano dei loro Paesi”, a partire da Katainen e Moscovici.

Draghi

Sul Sole 24 Ore il corrispondente da Francoforte parla della riunione odierna della Bce a Francoforte, dalla quale “non sono attese decisioni”. Il quotidiano ripropone le indiscrezioni pubblicate dalla Reuters secondo le quali “alcuni membri del consiglio” della Bce “non avrebbero gradito che il presidente abbia indicato, seppure genericamente, il volume desiderato per l’espansione del bilancio quando questo non era statoconcordato”.
Su La Repubblica: “Misure anti-recessione, resa dei conti per Draghi, assediato nell’Eurotower”. Un articolo di Federico Fubini si sofferma sulla stessa notizia, e ricorda le dimissioni di Weber dalla presidenza della Bundesbank, e poi di altri economisti tedeschi, “in rotta con la scelta di comprare titoli di Italia e Spagna”. Oggi le “presunte fughe di notizie sui media internazionli” non prendono più di mira solo la linea della Bce ma il suo presidente italiano”. “Non si attaccano più le scelte, ma la reputazione della persona”, scrive Fubini.
Anche il Sole parla di “fuga pilotata di notizie”.

Cucchi

Il Corriere dà conto di una intercettazione della moglie di una guardia carceraria sulla vicenda Cucchi: “‘Domani è un giorno importante perché ci sarà l’autopsia e così diranno che è morto di morte naturale'”. Secondo il quotidiano “gli indagati parlavano come se avessero già la certezza del risultato”.
La Repubblica intervista Paolo Arbarello, ex direttore del dipartimento di medicina legale della Sapienza, il perito denunciato dalla famiglia Cucchi perché avrebbe orientato le indagini: “La famiglia mi ha denunciato per la mia perizia, ma le botte non c’entrano, è colpa dei medici”. Ha dato mandato di procedere per diffamazione nei confronti della famiglia di Cucchi. “Io non so se Stefano Cucchi è stato picchiato o se le lesioni che aveva se le è procurate, come lui aveva detto, cadendo. So però che ad uccidere quel ragazzo è stata la negligenza dei medici”.
Sul Fatto: “I Pm pronti a risentire l’agente che ‘accusa’ l’Arma’”. Una guardia carceraria, Nicola Minichini, assolto al processo Cucchi, in una intervista al Fatto dice che il giovane era “livido”. Minichini non ha visto pestaggi, e “quello che so per certo è che da noi non è successo niente”, ma si chiede perché la Procura non abbia avuto “lo stesso accanimento” con i carabinieri.

Papa

Il Corriere della Sera: “Il Papa: la Sacra Rota deve essere gratuita. Il discorso ai corsisti del Tribunale: troppi scandali, è necessario separare la giustizia dagli affati. Sentenze più rapide per stabilire la nullità del matrimonio, allo studio tre ipotesi di semplificazione”.
Tra le misure di semplificazione si sta pensando, come spiega Francesco Coccopalmerio, canonista e presidente del Consiglio per i testi legislativi, a eliminare la ‘doppia sentenza conforme’, procedendo al secondo grado solo se c’è appello di una delleparti. Non esigere il giudice collegiale e permetterne anche solo uno. E poi la “procedura amministrativa”, che affidi la decisione al vescovo locale “quando conosca la coppia e sappia con certezza che il matrimonio è nullo”.
Sullo stesso quotidiano Luigi Accattoli scrive che “l’accostamento tra Chiesa e denaro” fa infuriare il Papa, e che ieri “ha raccontato di aver dovuto ‘congedare’ dal Tribunale matrimoniale dell’Arcidiocesi di Buenos Aires un responsabile che dicevan: ’10 mila dollari e ti faccio i due provvedimenti, il civile e l’ecclesiastico’”.
Su La Stampa Andrea Tornielli scrive che secondo le “più aggiornate tariffe stabilite dalla Cei, le spese che bisogna affrontare” per l’annullamento dei matrimonio davanti al tribunale della Rota Romana sono: 512 euro di contributo: tra i 1500 e i 3000 euro per l’onorario di un avocato, e tra i 600 e i 1200 di onorario per l’appello. A questo si devono aggiungere le spese vive. “Mediamente il costo si può aggirare sui 3500 euro”, dice l’avvocato Rotale Davide Venturini. “Ma ricordo che ci sono anche avvocati d’ufficio per chi ha problemi economici”.

E poi

Sul Corriere viene pubblicato un appello perché si concluda e non si rinvii un accordo con l’Iran sul nucleare, che “favorirebbe il dialogo sui diritti umani” nel Paese. I firmatari sono Javier SOlana, Emma Bonino, Ana Palacio, Carl Bildt ed altri.
La Repubblica offre un reportage dalla Libia: “Guerriglia e attentati nel Paese senza pace. Ecco chi sono i padroni della Libia”.
Su La Stampa la cronaca del processo nel tribunale di Stoccarda di Ismail Issa, imputato principale, accusato di essere un terrorista dell’Isis e di aver reclutato in Germania altri fondamentalisti: “Fatemi uscire dall’inferno jihad. Altro che 72 vergini, ho visto solo orrori”.

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