Trattativa Stato-mafia, assolto Mannino

Il Corriere della sera: “Patto Stato-mafia. La prima sentenza assolve Mannino”. “Mancino: bene, ma il mio processo è troppo lento”. “

A centro pagina, con foto: “L’altra indagine su Chaouqui e il marito. I pm li accusano di crimini informatici”.

In evidenza anche una intervista con il cardinal Bertone: “La mia terrazza? Di tutti”.

Sul jet russo caduto: “’Valigia bomba sul jet russo’. Londra ferma i voli per Sharm”. “La rivelazione dei servizi segreti Usa: può essere stato l’Isis”.

In prima anche un richiamo all’incontro di ieri tra governo e Regioni: “Regioni, il fronte spaccato”.

A fondo pagina: “Gli intoccabili del calcio all’italiana”. “Troppi silenzi su Tavecchio: le sue offese farebbero dimettere sindaci e ministri”.

La Repubblica: “Stato-mafia, assolto Mannino”, “Colpo al processo sulla trattativa: ‘Non ha commesso il fatto’. Procura spaccata sull’appello. L’ex ministro: sono un perseguitato, mi hanno stritolato. Mancino: sarò discolpato anch’io”.

E il commento di Attilio Bolzoni: “Vent’anni di buio”.

Su Vatileaks: “Vaticano, spunta il riciclaggio, sotto accusa un banchiere e il sistema-Ior”.

Sulla manovra: “Tagli alla sanità. Decreto salvaconti segna la tregua tra Renzi e Regioni”.

Se ne occupa Stefano Folli nella sua rubrica “Il punto”: “La sfida di Chiamparino al cesarismo del sorriso”.

Sull’aereo russo precipitato nel Sinai: “Gli Usa: bomba dell’Is sull’aereo russo”, “Svolta nelle indagini, Londra sospende i voli da Sharm”.

Sulla colonna a destra: “La fiction sulla Shoah che divide l’Occidente”, “Perché ‘Il figlio di Saul’ premiato a Cannes crea polemiche in sala”. Di Bernardo Valli.

La Stampa apre con le notizie sull’aereo russo in Egitto e il fermo immagine del video di rivendicazione: “La Cia: è stata una bomba dell’Isis”, “L’aereo russo abbattuto sul Sinai da un ordigno contenuto in una valigia caricata allo scalo da un infiltrato”, “Londra sospende i voli da Sharm, turisti bloccati. Il cambio di strategia del Califfato”.

A centro pagina: “regioni, 1,3 miliardi per salvare i conti”, “Ma resta la stretta sui fondi della Sanità”.

E un’analisi di Carlo Bertini: “Quel sospetto dei renziani sul governatore” (con riferimento a Sergio Chiamparino).

Sul caso Vatileaks: “L’aristocrazia rimpiange Papa Wojtyla”.

Poi le notizie sul processo a Mannino: “Stato-mafia, Mannino assolto dopo un calvario”, “L’accusa risale al 1993: pressioni sui carabinieri per il dialogo con i clan. Ma la sentenza divide”.

E le notizie di cronaca: “Delitto Ceste, il marito condannato a 30 anni”.

Sulla colonna a destra: “Come portare l’Europa ad Ankara” di Stefano Stefanini.

E un intervento di Luigi La Spina sulle polemiche nate dalle dichiarazioni del regista Muccino su Pasolini: “Salviamo Pasolini dai pasoliniani”.

Il Fatto: “Padre Georg, conto bloccato per la Fabbrica del Santi”, “lo stop per l’ex segretario di Ratzinger ordinato dal Papa”, “Lo scandalo dei ‘cacciatori di miracoli’: tariffa media di 500mila euro a caso. Il banchiere Nattino sotto indagine per riciclaggio con l’Apsa, amministrazione del Patrimonio della Santa Sede. Bambin Gesù, bocciato il bilancio”.

Ancora su questo tema il quotidiano anticipa in contenuto di un comunicato che verrà diffuso oggi dall’ex segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone: “Per l’attico Bergoglio mi ha dato l’ok”.

A centro pagina, foto del ministro della sanità Beatrice Lorenzin e di Alfio Marchini. Il quotidiano parla di “Ammucchiata” e titola: “Nasce il TGC: tutti contro Grillo”, “La ministra Lorenzin: ‘Pd, Fi e Ncd uniti a Roma per battere M5S’”, “La titolare della Salute lancia il Partito della Nazione nell’operazione Campidoglio: ‘Io non mi candido, ma andiamo insieme su Marchini: si può fare’. E l’imprenditore ci sta, vuol essere ‘il candidato del ballottaggio’. Nella speranza che questo basti a evitare l’avanzata del Movimento Cinque Stelle, pronto a intercettare il voto di protesta nella città di Mafia Capitale, dove oggi si apre il maxi-processo a Buzzi, Carminati e soci”.

Sull’assoluzione dell’ex ministro Mannino: “Mannino assolto, ma la Trattativa ci fu ed è reato”.

A questa vicenda è dedicato l’editoriale del direttore Marco Travaglio: “Il fatto sussiste”.

In prima anche le parole di Corradino Mineo, senatore dissidente che ha da poco lasciato il gruppo Pd: “Mineo: ‘Renzi è succube di una bella donna…’”. Con le foto del ministro Boschi e della deputata Pd Anna Ascani.

Il Giornale: “Dopo 22 anni di persecuzione assolto l’ex ministro Mannino”. “Crolla il teorema della trattativa”. E poi: “Mantovani resta in cella”.
Il titolo più grande: “’Renzi in mano a una donna’. Corradino Mineo, senatore ex Pd, manda un pizzino al premier: ‘Lui sa che io so’”.

Su “Vaticanopoli”: “Tutti gli attici dei cardinali. Case di 500 metri quadrati dotate di ogni comfort e affittate a prezzi stracciati”.

E poi: “Vietato criticare Pasolini. Pioggia di insulti su Muccino. Intoccabili di sinistra”.

Il Sole 24 ore: “Fed verso il rialzo dei tassi. Corsa al dollaro sui mercati”. “La presidente Yellen giudica ‘appropriato’ un aumento a dicembre ed esclude un quarto Qe”. “Euro sotto quota 1,09. Borse deboli, scende lo spread”.

Sotto: “Draghi, tutele uguali per tutti per i depositi dell’eurozona”. “Il presidente Bce: completare l’unione bancaria”.

Di spalla: “Trattativa Stato-mafia, a Palermo l’ex ministro Mannino assolto per non aver commesso il fatto”.

In alto: “Telecom, Niel ha agito da solo. Non ha diritti di voto sul 15 per cento”.

A centro pagina: “Seconda casa ai figli, ipotesi niente Imu”. “Proposta della relatrice al Senato. Padoan: ‘Manovra sostenibile, giudizi distorti”. “Disgelo tra Renzi e le Regioni: allo studio un ritocco al fondo sanità”.

Mannino

La Repubblica dedica le prime 4 pagine all’assoluzione dell’ex ministro Dc Calogero Mannino: “’Non trattò con la mafia’, assoluzione per Mannino e la procura si spacca”, “Palermo, primo verdetto: ‘Non ha commesso il fatto’. I pubblici ministeri: appello subito. Ma Lo Voi frena”. Lo Voi è il procuratore capo di Palermo e si parla di spaccatura facendo riferimento ad una sua dichiarazione dopo la sentenza: “L’appello è probabile, ma si devono leggere le motivazioni. Inutilr anticipare giudizi”. Il “retroscena” di Attilio Bolzoni: “Colpo alle tesi dei pm, così crolla il pilastro del processo sul patto”. Che inizia così: “Una prima sentenza, implacabile, segna il destino del processo sulla trattativa Stato-mafia”. Con l’assoluzione di Mannino “il dibattimento che si sta ancora celebrando a Palermo sembra già chiuso, finito”. Questo verdetto “è un precedente decisivo per le sorti in Corte d’Assise dell’intero processo. E’ più che un duro colpo: è mortale. E non tanto per l’assoluzione in sé, ma proprio per il ruolo che i pubblici ministeri hanno attribuito a Mannino nella costruzione delle loro tesi. Era lui all’origine di quel dialogo tra apparati e boss Corleonesi che si sarebbe concluso, nella primavera di ventitré anni fa, con un patto. Era lui che era considerato un ‘traditore’ da Totò Riina erché, nel 1992, in Cassazione, non aveva garantito un buon esito del Maxi processo a Cosa Nostra. Era sempre lui che, dopo l’uccisione dell’europarlamentare Salvo Lima, temeva per la sua vita. E che si sarebbe quindi rivolto al generale dei reparti speciali dell’Arma Antonino Subrani per agganciare l’ex sindaco mafioso Vito Ciancimino, l’unica strada per evitare la ritorsione dei boss tutti condannati all’ergastolo. Calogero Mannino incarnava nell’indagine il punto d’inizio della trattativa Stato-mafia, la genesi. Con la sua assoluzione il processo è minato alle fondamenta”.

E il quotidiano intervista lo steso Mannino: “Io, perseguitato da 25 anni per l’ostinazione dei magistrati, adesso intervenga il Csm”, “Finalmente un giudice coraggioso mette il sigillo alla verità. Di Matteo (il pm, ndr.), invece per via D’Amelio ha fatto condannare persone innocenti”. Ma la trattativa Stato-mafia ci fu o no? Mannino: “Io questo non lo so. Certo, ho dei fortissimi dubbi. Ho fatto il ministro della Repubblica per dieci anni, ho rispetto per il corpo dello Stato, so cosa è l’Arma dei Carabinieri e dubito che si possa essere avventurata su un terreno così infido”, “Negli anni ’80 noi democristiani abbiamo buttato fuori Ciancimino e sostenuto Orlando. La mafia si è voluta vendicare di noi”.

Alle pagine seguenti, interviste all’ex ministro Nicola Mancino, imputato nel processo trattativa (“Io sotto accusa per un teorema, le intercettazioni mi discolpano”) e all’ex pubblico ministero Antonio Ingroia, che avviò l’inchiesta sulla presunta trattativa. Dice Ingroia che quella su Mannino era “una sentenza annunciata”. L’assoluzione non lo ha sorpreso perché -dice- “nessuno, in Italia, e soprattutto dentro le istituzioni politiche e giudiziarie, voleva questo processo che ha creato grattacapi e perfino conflitti con il Quirinale”, “Ho ottenuto condanne nei processi a Dell’Utri e Contrada. Non è vero che sono scappato dal processo Stato-mafia”, “certo che rifarei il processo. Era mio dovere procedere, sarebbe stato un abuso il contrario”.

Mancino viene intervistato anche da altri quotidiani. Sul Corriere: “Io alla sbarra da anni, sono sotto la protezione della natura”. “Mi usano per alimentare il teorema, ma vanno lenti. Devo morire per uscirne?”.

Anche Il Giornale intervista Calogero Mannino: “Hanno usato pure corvi e codici fascisti. Sfogo del politico contro i magistrati: ‘Si sono inventati tutto, hanno perso”.

La Stampa ha un articolo da Palermo di Riccardo Arena, secondo cui la formula con cui il Giudice delle Indagini preliminari Marina Petruzzella ha assolto Mannino “non è chiarissima”: l’imputato “non ha commesso il fatto”, secondo Arena, significa che gli accordi, le intese tra pezzi delle istituzioni e della mafia, nel periodo delle stragi del ’92-’93 ci furono. Ma poiché Mannino era accusato di aver dato origine a tutto, rivolgendosi ai carabinieri suoi amici perché cercassero il dialogo col nemico temendo lui stesso di essere ucciso dopo Lima e Flcone, rimane un’ombra non da poco: chi mise in moto quel meccanismo? Ecco perché -scrive Arena- anche la sentenza divide, visto che Mannino è stato giudicato da solo, con rito abbreviato, ma le accuse contro di lui (violenza o minaccia a corpo politico dello Stato) sono comuni a quelle ipotizzate nel processo principale in corso in Corte d’Assise. Sulla stessa pagina, un commento di Francesco La Licata: “Quell’inerzia non condannabile”. Secondo La Licata il verdetto su Mannino “non lascia spazio a distinguo” e l’assoluzione piena si riverbererà sull’altro processo. Ma c’è da chiedersi, ora: se Mannino non c’entra con la trattativa, perché la politica avrebbe dovuto scendere a patti con Totò Riina e i suoi accoliti? Sarà “un bel rompicapo”, ma è indicativo che la presa di posizione immediata del pm Nino di Matteo (“Andremo in appello”) sia stata in qualche modo ridimensionata dal procuratore Lo Voi. Poi La Licata ricorda che Mannino ha subito altri due processi, con tre assoluzioni: “se fosse quello descritto dai suoi accusatori” si tratterebbe di un “genio del male”. Invece, molto più realisticamente, “lo ricordiamo come un politico navigato, che avrebbe potuto fare di più per il riscatto della sua terra dal giogo mafioso, ma che proprio per questo avrebbe dovuto essere giudicato ‘politicamente’, senza il tentativo del difficile riscontro giudiziario”.

“Il fatto sussiste”, scrive invece Marco Travaglio su Il Fatto (il giornalista è stato evocato da Mannino come il “guitto” che i pm avevano seguito pedissequamente in una “sceneggiatura”) e conferma: “a me interessano poco i reati e molto i fatti, scolpiti nella cronaca e nella storia a prescindere dal giudizio dei tribunali sulla loro rilevanza penale. Quanto a Napolitano, è stato lui stesso a infilarsi nel processo, trafficando con Nicola Manicno per ostacolare i pm che lo stavano istruendo”.

Poi, a pagina 11 l’articolo da Palermo di Sandra Rizza: “Stato-mafia, Mannino assolto. Ma la Trattativa è un reato”, “Prove insufficienti contro l’ex ministro Dc, ‘Non ha commesso il fatto’: la formula lascia aperto il processo a politici, boss e ufficiali dell’Arma”.

Sul Corriere Giovanni Bianconi scrive che con la sentenza su Calogero Mannino ieri “il giudice ha scardinato un pezzo importante del processo sulla presunta trattativa tra lo Stato e la mafia al tempo delle stragi”. Si legge che la Procura ha un “appiglio” visto che il processo a Mannino era in sede di rito abbreviato e la sentenza lo assolve per “non aver commesso il fatto”, “perché le prove raccolte a suo carico sono insufficienti e contraddittorie”, e non perché “il fatto non sussiste” o “il fatto non costituisce reato”. E tuttavia “il venir meno della responsabilità del ministro sfila un bel tassello al mosaico ricostruito dall’accusa”, ancor più della assoluzione del generale Mori per la questione della mancata cattura di Provenzano.

Sul Sole Paolo Pombeni annota come la sentenza sia una buona notizia anche perché “con la sua azione il Gup ha messo in crisi una delle argomentazioni di chi sostiene che una pubblica accusa che fa parte dello stesso ordine giudicante del magistrato che decide sul caso riuscirebbe facilmente, per questa sua ‘vicinanza’, a fare adeguare quest’ultimo alle sue tesi”, mentre l’aspetto negativo della questione è nel fatto che “ci sono voluti due anni e mezzo perché si giungesse a questa conclusione e anche qui il tempo non è stato più lungo solo perché è stato possibile attivare uno stralcio rispetto al processo principale (quello sulla cosiddetta trattativa stato-mafia) e fare il processo con rito abbreviato (altrimenti non sarebbe stato possibile al Gup pronunciare la sentenza). Due anni e mezzo sono un tempo inaccettabile perché una persona veda riconosciuta la propria innocenza”. “Adesso bisogna sperare che la Corte d’Assise di Palermo davanti a cui sta svolgendosi con rito ordinario il processo da cui è stata stralciata la posizione dell’onorevole Mannino possa con la giusta rapidità giungere a fare chiarezza su una storia che si sta trascinando da troppo tempo e non certo a beneficio dell’immagine del nostro paese”.

Mafia Capitale

Su Il Giornale Arturo Diaconale firma un commento in prima pagina (“Roma, il processo che ci vuole tutti mafiosi”) e si occupa dell’avvio del processo Mafia Capitale. Un processo che “è destinato a diventare un precedente particolarmente grave” perché “porta a stabilire che non esiste solo la mafia di tipo tradizionale ma che il reato di corruzione diventa automaticamente un reato mafioso”, una “identificazione tra mafia e corruzione che può produrre nella società italiana storture difficilmente sanabili”.

Anche sul Sole Roberto Galullo (“Il nodo 416 bis”) si sofferma sull’interrogativo “intorno al quale ruota il processo Mafia Capitale”, se si tratti di una “semplice associazione a delinquere” o associazione mafiosa. Il processo dovrà dire “se questa presunta mafia – per la Procura originale e originaria, cioè con caratteristiche proprie e con una genesi propriamente romana, nelle sue specificità criminali e istituzionali – mafia lo è davvero”. Galullo cita una recente sentenza della Cassazione (la 625 del 10 aprile scorso), relativa ovviamente ad altre vicende, secondo cui “rientrano ‘nell’ampia previsione di cui all’articolo 416-bis tutte quelle organizzazioni nuove, pur disancorate dalla mafia (tradizionale), che tentino di introdurre metodi di intimidazione, di omertà e di sudditanza psicologica’. Ciascuna entità associativa di stampo mafioso – scrivono questa volta i giudici nelle sentenza di aprile – al di là del nome più o meno tradizionale, vive di regole proprie ed assume dunque connotati strutturali, dimensioni operative e articolazioni territoriali che vanno analizzati caso per caso, senza che i relativi modelli debbano essere necessariamente riconducibili a una ‘unità ideale’”.

Vatileaks

Sul Corriere una intervista al cardinal Tarcisio Bertone: “E’ una vergogna, difendersi dalle calunnie è quasi impossibile”. Spiega di aver pagato di tasca sua la ristrutturazione del suo appartamento, l’accusa di averlo fatto con i soldi della Fondazione Bambino Gesù “è offensivo, un’altra delle tante accuse ingiuste e menzognere che ho ricevuto in questi anni”. Gli appartamenti – premette Bertone – sono di proprietà del Governatorato Vaticano o dell’Apsa e vengono ristrutturati a cura dell’amministrazione con spese messe a bilancio anno per anno” ma nel suo caso gli è stato comunicato che l’anno in cui è entrato non erano previsti fondi per la ristrutturazione che dunque sarebbe stata a sue spese. “Mentre continuavano i lavori e alla Ragioneria arrivavano le fatture da pagare fui invitato dal Governatore a saldare” e “come risulta da una precisa documentazione” “ho versato la somma”, “dal mio conto”, “ho pagato con i miei risparmi” la somma di 300 mila euro “per un appartamento che non è di mia proprietà e resterà al Governatorato”. Dice di aver saputo che fatture sono state inviate alla Fondazione Bambin Gesù ma di escludere in modo assoluto di aver dato indicazioni o autorizzato la Fondazione ad alcun pagamento”. Spiega anche che non ha un terrazzo e che “non esiste nessun attico”, “io abito al terzo piano”. Il terrazzo è quello condominiale sul palazzo, “è di tutti gli inquilini cardinali e arcivescovi che ci vivono”.

A pagina 6 lo stesso quotidiano scrive: “Parolin rivoluziona il Bambin Gesù. Nuovi vertici dopo l’indagine sui fondi”. “Il ruolo di Bertone. Le nomine: Enoc presidente, De Bortoli e Tarantola consiglieri. Inchiesta su Nattino”. Più che dell’appartamento di Bertone si parla delle vicende Idi e della gestione dei fondi destinati dall’Ospedale “ma finiti a finanziare tutt’altro”.

Su Il Giornale, ancora con stralci dai libri di Nuzzi e Fittipaldi: “L’unico che vive in 50 metri è Papa Francesco. Tutti gli altri prelati occupano, gratis o a prezzi stracciati, appartamenti principeschi di svariate centinaia di metri quadrati in palazzi di pregio”.

Dal Corriere si legge che è citata nel libro di Fittipaldi la senatrice del Pd Monica Cirinnà, relatrice del ddl sulle unioni civili, “chiamata in causa per una casa di 100 mq, su due livelli, in via dell’Orso, a due passi da piazza Navona, presa in affitto da Propaganda Fide (la Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli) a soli 360 euro al mese. ‘Falso, mi vogliono screditare per la mia attività. I preti ci dissero che se avessimo ristrutturato ci avrebbero spalmato il costo per 12 anni: sborsammo 150 milioni. Poi, dal 2011, a fine contratto, ci chiesero 3 mila euro al mese e andammo via’”.

Regioni, governo, economia

Il Giornale scrive che il governo, nel corso del vertice con i presidenti di Regione ieri, ha “ha assicurato alle Regioni circa 1,3 miliardi di fondi in più rispetto a quanto previsto dal ddl Stabilità. Il presidente del Piemonte, Sergio Chiamparino, ha salutato favorevolmente la mossa sostenendo che l’intesa ‘ci può portare a condividere la Stabilita’. Su 2,2 miliardi di risorse tagliate – oltre al minor incremento del Fondo sanitario – ‘mancano altri 900 milioni’, ha aggiunto. Certo, il fronte dei governatori è ora meno compatto perché ora protestano solo Liguria, Lombardia e Veneto, rette dal centrodestra”. Il Giornale poi definisce “un’altra amara sorpresa” l’annuncio del ministro Padoan che la riforma del catasto non è accantonata “ma è all’ordine del giorno”.

La Stampa: “Regioni, 1,3 miliardi per salvare i conti. Ma resta la stretta sui fondi alla sanità”, “Tregua armata col governo. Chiamparino: ‘Incontro ok, ma mancano 900 milioni’. Domani il decreto per evitare il buco da 20 miliardi. Zaia: si premiano le cicale”. Scrive Roberto Giovannini a proposito del cambiamento di opinione di Chiamparino (che ha confermato le dimissioni dall’incarico di presidente della Conferenza Stato-regioni) che il governo ha usato “un mix” di pressione politica e piccole concessioni, riuscendo a isolare le posizioni più critiche tra le Regioni, convincendo i governatori di quelle di osservanza Pd, dal toscano Enrico Rossi al pugliese Michele Emiliano. E poi il sottosegretario De Vincenti ha messo sul tavolo tre novità: nella legge di stabilità -ha detto- abbiamo “stanziato un miliardo e trecento milioni per compensare un taglio consolidato nelle manovre degli anni passati su funzioni non sanitarie” e dovrebbero essere queste le risorse che il governo userà domani per varare un decreto legge “Salva Regioni”, ovvero una soluzione tecnica “per evitare – scrive Giovannini- il buco complessivo da 20 miliardi che si prospetta per le casse di quasi tutte le Regioni che hanno usato per altri scopi i fondi assegnati per pagare i creditori della pubblica amministrazione, ‘pizzicati’ dalla Corte dei Conti”. In secondo luogo, si è chiarito che i 120 milioni necessari per i rinnovi contrattuali del personale della Sanità non vanno sottratti dalle risorse del Fondo Sanità delle Regioni. Infine, c’è la promessa che nei prossimi mesi possano arrivare nuove risorse. Forse.

Il Sole 24 ore: “Disgelo Renzi-Regioni, verso l’intesa”. “L’ipotesi di un ritocco di 500 milioni ai fondi sanità. Domani in Cdm il decreto ‘salva bilanci’”. “Maroni: aria fritta. Toti: manovra insufficiente. Rossi: la disponibilità di Renzi è importante”. Nel decreto che il governo varerà ci saranno anche “nuove regole per il calcolo dei ripiani della spesa farmaceutica”. Il decreto “confluirà nella legge di Stabilità”, scrive il quotidiano di Confindustria.

Il Fatto: “Renzi molla poco. E alle Regioni bastano le briciole”. E sul “nodo Chiamparino”: “il presidente conferma le dimissioni ma smorza i toni: ‘Se mi invitano alla Lepopolda, vado’”.

Su La Repubblica: “Tregua governo-regioni, subito un decreto. Padoan: ‘Scende il debito’”.

E in un’intervista, la governatrice del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, vicesegretaria Pd: “Bilanci salvi, così non aumenteremo le tasse locali”.

Su La Repubblica un “colloquio” con lo stesso Chiamparino che viene così presentato: “Chiamparino deluso. ‘Il mio futuro? Dipende dalla legge di stabilità’”, “Ho sempre sostenuto Renzi ma voglio fare una valutazione su questa finanziaria”, “Il mio addio al vertice della Conferenza non ha nulla a che vedere con la manovra”. Scrive Sara Trippoli che la frase più sibillina pronunciata da Chiamparino -che ha dato le dimissioni e tuttavia le ha congelate al dopo approvazione della manovra- è stata la seguente: “La mia posizione nel partito? Rifletterò, ma aspetto l’approvazione della finanziaria”.

Su La Stampa il “retroscena” di Carlo Bertini: “E i renziani adesso temono la rivolta dei governatori nel Pd”, “Chiamparino, Emiliano e Rossi possibili candidati alla segreteria. Il premier: nessuno usi i malati per fare campagna elettorale”.

Ancora su La Repubblica, “Il punto” di Stefano Folli: “L’atto d’accusa di Chiamparino al cesarismo del sorriso”, “Un segnale ai renziani come Delrio, leali con il capo ma perplessi sugli strappi e sull’eccesso di sbrigatività del leader”.

Su Il Foglio Marco Valerio Lo Prete offre un colloquio con lo storico Piero Craveri: “Era naturale che Renzi arrivasse allo scontro con i due principali relitti del consociativismo all’italiana”, ovvero Statuto dei lavoratori e Regioni: le leggi che hanno dato vita al “terribile duo”, come lo chiama il quotidiano, sono entrambe del maggio 1970.

Sul Sole i dati Ocse sulla spesa sanitaria. Si apprende che in Italia “spendiamo meno degli altri ma abbiamo cure di qualità superiore. La spesa sanitaria italiana sia pubblica che privata – in discesa in termini reali già a partire dal 2011 – resta infatti sotto la media Ocse anche nel 2013, con un valore pro capite pari a 3.077 dollari a fronte di una media pari a 3.453 dollari”. Nel dettaglio, “la spesa farmaceutica, che tra il 2009 e il 2013 è scesa del 3,2%. Un calo attribuibile in parte all’introduzione di farmaci generici, quadruplicati dal 2000 ma che restano ancora sotto tono rispetto alla media: in Italia coprono infatti il 19% del mercato farmaceutico totale in volume e dell’11% in valore a fronte di medie Ocse rispettivamente del 48 e del 24%. La spesa sanitaria italiana è relativamente bassa anche in termini di percentuale sul Pil con una quota dell’8,8% a fronte di una media Ocse dell’8,9%. Ai primi posti svettano gli Stati Uniti con il 16,4% seguiti da Olanda e Svizzera (11,1%)”.

Sul Corriere Dario Di Vico scrive di una ripresa con il “freno a mano tirato”. I dati sulla fiducia di imprese e consumatori sono tornati a livelli migliori ma “per ora non si sono sufficienti evidenze” che il cambio di clima si sia tradotto in “conseguenti decisioni d’impresa”. Di Vico racconta che “sempre più spesso” gli capita di essere avvicinato da imprenditori che gli chiedono: “Ma lei la vede davvero questa ripresa?”. Sul versante dei consumi “svettano le vendite di auto”, le imprese cambiano i macchinari e lo faranno di più con una misura della legge si Stabilità, quella sui cosiddetti superammortamenti, si esporta di più verso gli Usa ma la ripresa continua ad essere “con il freno a mano tirato”. Alla vigilia della ripresa delle trattative per il contratto dei metalmeccanici, si ricorda che sarebbe importante trattare la question non solo come “un tema meramente sindacale”.

Politica

Su La Stampa: “E’ iniziata la scissione dal Pd. Renzi: fuori non avete spazio”, “Il premier a Vespa: grande margine per la sinistra, ma solo dentro. D’Attorre però apre l’uscita dei bersaniani: partito ormai appendice del premier”. A scriverne è Ilario Lombardo. Di fianco, intervista a Carlo Galli, che ha lasciato il Pd e contesta la versione di Renzi: “un elettorato (a sinistra, ndr.) esiste, il premier si contraddice”.

La Repubblica: “Ex Pd e Sel lanciano ‘Sinistra italiana’”, “La Cosa rossa sarà battezzata sabato. Renzi: ‘Non vedo spazi fuori dal partito’, ma apre a modifiche sull’Italicum. L’addio di D’Attorre, Galli e Folino agita la minoranza. Bersani: ‘Lavoro perché i dem restino di centrosinistra’”.

Su La Repubblica l’analisi di Nadia Urbinati: “Perché ha ancora senso parlare di destra e sinistra”

Il Fatto intervista Corradino Mineo, che ha lasciato il gruppo Pd al Senato: “Renzi subalterno a una donna. Può costargli la carriera…’”, “Io so, per presa visione. Lui infanga per paura di essere infangato”. Tutto è nato dalle rivelazioni che Renzi avrebbe fatto a Bruno Vespa, secondo la ricostruzione di Mineo: uno scambio di Sms tra lo stesso Mineo e il premier dopo le elezioni europee del 2014. Mineo aveva definito Renzi autistico, quest’ultimo lo aveva attaccato stigmatizzando il fatto che offendesse persone con handicap. “E lui ora cosa fa? Racconta tutto a Vespa”, “Lui è stato scorrettissimo: tira fuori un sms privato un anno dopo”, “per sostenere che io mi dovevo dimettere già a suo tempo”. Insomma, “colui che si mette sul piano di chi svela conversazioni private ha tutto da perdere”. E sulla stessa pagina Il Fatto si occupa della donna che -secondo alcuni- avrebbe reso “succube” Renzi, ovvero il ministro Boschi: “La ‘Mari’, tacco 12 e ‘capelli scolpiti’”.

Il Fatto: “Roma, la Lorenzin ci prova: tutti uniti contro il M5S2, “Il ministro: ‘Pd e Forza Italia sostengano Marchini’. Renzi tace (ma intanto pensa di cambiare l’Italicum)”.

E alla pagina seguente: “La scommessa di Alfio: ‘Io, unico argine a Grillo’”, “L’imprenditore prepara la corsa e parla già da sindaco del partito della Nazione”.

La Repubblica intervista il leader della Lega Salvini: “Berlusconi sbaglia, dalla rossa Bologna parte la sfida a Renzi”, “A Roma sono pronto a incontrare Alfio Marchini”.

Sinai

Sul Sole: “E’ stata una bomba dell’Isis. I servizi segreti americani e inglesi convinti dell’attentato di matrice jihadista. Londra e Dublino sospendono tutti i voli da e per Sharm El Sheik”. Si citano le dichiarazioni di David Cameron, che ha detto che l’inchiesta è in corso ma “le informazioni venute alla luce in queste ultime ore” fanno temere che l’Airbus possa essere stato colpito da un “congegno esplosivo”. Il governo egiziano “è in palese difficoltà” e “insiste a bollare come ‘illazioni infondate’ le ipotesi di attentato”. Ieri inoltre un nuovo messaggio audio dell’Isis: “Non siamo obbligati a svelarvi il modo in cui abbiamo abbattuto l’aereo ma ve lo diremo solo quando e come vorremo noi”.

Sul Foglio Daniele Raineri scrive che il messaggio audio è recitato da Abu Osama Al Masri, capo storico della provincia del Sinai dello Stato Islamico. Il suo gruppo ha giurato fedeltà ad Al Baghadi il 10 novembre dello scorso anno, una “data importante” sottolineata dallo stesso Al Masri perché nel calendario islamico corrisponde al diciassettesimo giorno del mese di Muharram, che quest’anno cadeva il 31 ottobre”. L’attentato insomma sarebbe stato dalla fazione egiziana dell’Isis per celebrare l’anniversario del suo giuramento di fedeltà ad Al Baghdadi. Una delle ipotesi, scrive il quotidiano, è che i terroristi non vogliano rivelare come hanno abbattuto l’aereo per “ritentare il colpo”.

Anche sul Corriere si ricorda che l’aereo è caduto “proprio nel primo anniversario del giuramento di fedeltà, la bay’a, che i jihadisti del Sinai hanno fatto all’Is”.

E poi

Da segnalare sul Giornale una lettera di Vittorio Mantovani, figlio dell’ex vicepresidente della Regione Lombardia in carcere. “Lettera su mio padre colpevole fino a prova contraria”.

Sul Sole Donato Masciandaro (“L’ultimo miglio dell’unione bancaria”) cita Mario Draghi, presidente della Bce, che “nel primo compleanno della vigilanza unica” ha “ricordato come il gradino importante che l’Europa ha compiuto verso una maggiore integrazione sarà vano sforzo, senza salirne almeno altri due”, i meccanismi unici e centralizzati nella gestione delle crisi e nella assicurazione sui depositi. Occorre inomma “completare il tripode bancario, o meglio il tetrapode finanziario, includendo anche il mercato unico dei capitali”.

Sul Corriere, Danilo Taino: “L’Europa completi l’unione bancaria”. Dove si parla anche della “spinta della Bce per coinvolgere Londra”.

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