Tangenti nel Golfo

Il Corriere della sera: “Le tangenti che agitano il Pd”. “Arresti a Ischia. Nelle intercettazioni citato D’Alema che replica: niente illeciti”. “In cella il primo cittadino. Bonifici per vino e libri alla Fondazione Italianieuropei”.
“Potentati e cacicchi. Il renzismo si è fermato a Eboli” è il titolo dell’editoriale di Antonio Polito.
In alto: “Il premier: ‘Niente ricatti sull’Italicum’. Sì del partito, ma la minoranza non vota”.
E poi un retroscena: “Il leader: prevedo solo 30 kamikaze”. E poi: “Bersani resiste, Speranza media”.
A centro pagina: “Nuclare iraniano, la spinta per l’accordo”. “La trattativa di Losanna”, con un commento di Paolo Valentino: “Obama e quella sfida che non può perdere”.

La Repubblica: “Riforme, rivolta anti-Renzi. Il premier al Pd: basta ricatti”, “Il segretario ai ribelli: ‘Non vi lascio il monopolio della parola sinistra’. Sì all’Italicum ma la minoranza non vota: ‘Pronti a punirlo in Parlamento’”.
In apertura a sinistra: “Tangenti in Campania: ‘Il sindaco dem factotum delle Coop’”, “Manette a Ischia e in Emilia, nove arresti. Nelle carte anche D’Alema: ‘Nessun illecito’”.
A centro pagina, ancora le elezioni dipartimentali in Francia: “Il gran ritorno di Sarkò il seduttore, tutti i nemici sulla strada dell’Eliseo”.
E una foto di Tim Cook: “Gay, Mister Apple sfida l’America: non si discrimina nel nome di Dio”, “Tim Cook contro la legge omofobica in Indiana”.
A fondo pagina, un intervento di Tahar Ben Jelloun: “Fermiamo la Jihad, la marcia di Tunisi dimostra che l’Islam può essere libero”.
E sulla tragedia dell’Airbus tedesco: “’Il pilota in cura per rischio suicidio’. L’accusa shock del procuratore”.

La Stampa: “Torna la fiducia nella ripresa”, “L’indice Istat segna per le aziende il livello massimo dal 2008. Poletti: grazie agli sgravi possibile un milione di nuovi posti”, “Legge elettorale, dal Pd via libera a Renzi. La minoranza non partecipa al voto”.
In prima anche l’inchiesta della Procura antimafia di Napoli: “Finisce in manette il sindaco Pd di Ischia. Nelle carte anche il nome di D’Alema”, “Nel mirino il piano per la metanizzazione dell’isola: altri 8 arresti. Citato l’ex premier in una intercettazione. ‘Nessun illecito’”.
Di spalla a destra, la strage dell’Airbus: “Il copilota aveva già tentato il suicidio”.
A centro pagina: “Downing Street aspetta il nuovo inquilino”, “Londra, termina la legislatura, parte la campagna elettorale: testa a testa Cameron-Miliband”.
A fondo pagina: “’I libri di Dell’Utri spariti da chiese e biblioteche’”, “Sequestrati 20 mila volumi antichi”.

Il Fatto: “Ischia, l’isola delle tangenti. D’Alema beccato, Renzi intercettato”, “Napoli, 11 arresti. La coop Cpl accusata di mazzette e legami col clan dei Casalesi. Comprava vini e libri dell’ex leader, non indagato. Come il premier, che usava un cellulare intestato a Big Bang di Carrai”.
A centro pagina: “Ustica, il governo ha scovato i colpevoli: pagano le vittime”, “Lo stesso Stato che ha depistato e inquinato le indagini sul volo Itavia, precipitato nel 1980, ora stabilisce che le famiglie dei morti non hanno alcun diritto a ricevere alcun indennizzo. Anzi, devono anche risarcire le spese legali”.
A fondo pagina un intervento di Gian Carlo Caselli, che prende spunto dalla sentenza della Cassazione sul caso di Meredith Kercher: “Quando la Cassazione smentisce se stessa”.
In prima anche attenzione per il decreto anti-terrorismo: “Con la scusa dell’Isis vogliono aprire le carceri ai blitz dei servizi segreti”, “Nel decreto antiterrorismo via libera ai colloqui in cella degli 007. Decide un giudice che non può conoscere il caso”.

Il Giornale: “Arrestato il vino di D’Alema”. “Scandalo semiserio”. “Nuova impresa del pm Woodcock: azzoppato l’oppositore di Renzi”. “Milioni, mazzette e bottiglie: manette nel Pd e nella super coop”.
A centro pagina “I dem spaccati sull’Italicum”. “Il Pd scopre il Caro Leader Matteo. ‘Siamo come in Corea del Nord'”.
A fondo pagina: “Chiudono i manicomi criminali. Da oggi la follia è abolita per legge”, di Alessandro Meluzzi.
Da segnalare in prima anche un articolo dedicato all’appello di Ayan Hirsi Ali: “Un Lutero arabo per riformare l’Islam violento”.

Il Sole 24 Ore: “In Borsa rally da fusioni: Milano spinge l’Europa”. “La liquidità della Bce e lo shopping di imprese rilanciano Piazza Affari: +22,3 per cento in tre mesi”. “Ftse Mib a +1,2 per cento, tassi Btp ai minimi storici. Yoox tratta con Richemont”.
In alto: “Tangenti da una coop. Arrestato il sindaco di Ischia. Nei nastri anche D’Alema (non indagato)”. Sul rapporto tra coop e Pd un commento dal titolo “Cinghia di (cattiva) trasmissione”.
Di spalla: “Italicum, Renzi tira dritto: no a ricatti. Dalla Direzione Pd sì senza modifiche ma la minoranza non partecipa al voto”.
A centro pagina: “Contratti, solo un effetto rimbalzo”. “In aumento anche le cessazioni. Poletti a ‘Tuttolavoro’: entro agosto ok ai decreti del Jobs Act”. “Inps: in sei anni l’età pensionabile salita di appena di sette mesi”.

Ischia

La Stampa, pagina 8: “Tangenti a Ischia, nove in manette. C’è anche il sindaco”, “L’accusa: prendeva denaro per pilotare gli affari”.

Su La Repubblica, alla vicenda sono dedicate tre intere pagine. “Tangenti e fondi neri, bufera sulla coop rossa. ‘E il sindaco Pd di Ischia era il suo factotum’”, “In cella Ferrandino, accusato di avere preso 330 mila euro dalla Cpl Concordia. Il caso del denaro fatto rientrare dalla Tunisia in un passeggino. Altri 8 arresti”. E la riproduzione di brani delle intercettazioni, passati al setaccio da Dario del Porto e Conchita Sannino: “Nelle carte i soldi spesi per D’Alema: ‘Quattro bonifici alla sua fondazione, gli compravano pure il vino e i libri’”.
Ed è La Repubblica ad intervistare lo stesso D’Alema: “L’ira di D’Alema sui pm: ‘Non ho mai ricevuto favori, scandaloso finire negli atti’”, “Così viene ferita la mia onorabilità, ora valuto denunce. La giustizia deve scoprire reati, non sputtanare persone”, “Incredibile diffondere intercettazioni che nulla hanno a che vedere con l’indagine in corso”, “Non sono indagato. Di cosa devo rispondere?”. Quali sono i suoi rapporti con il sindaco di Ischia e con la cooperativa Cpl Concordia? “Cosa c’entra chi conosco e chi non conosco. Certamente ho rapporti con Cpl Concordia, per cui tenni anche una conferenza in occasione della sua assemblea annuale, ma è un rapporto del tutto trasparente come con altre cooperative e aziende private”. E gli acquisti dei suoi libri e del vino di famiglia da parte di Cpl? “Dalla Cpl non ho avuto alcun regalo ed è ridicolo definire l’acquisto in tre anni di duemila bottiglie del vino prodotto dalla miaf amiglia come un mega ordine, peraltro fatturato e pagato con bonifici a quattro mesi. Il vino non c’entra con l’inchiesta ed è noto a tutti che la mia famiglia produce un ottimo vino. Abbiamo più domanda che offerta. Il favore è riceverlo, non venderlo. Quanto ai libri nessun beneficio personale, ma un’attività editoriale legittima che rientra nel normale e quotidiano lavoro della Fondazione ItalianiEuropei. I libri, inoltre, furono acquistati per una manifestazione elettorale dedicata ai temi europei alla quale fui invitato dal sindaco di Ischia che era candidato del Pd”. Il sindaco arrestato, Giosi Ferrandino, era suo amico? “Il sindaco di Ischia l’ho conosciuto quando era candidato alle elezioni europee. L’ho incontrato una sola volta nella vita”.
Sulla stessa pagina, un articolo di Francesco Bei: “L’inchiesta di Ischia imbarazza il Pd: ‘Siamo preda delle lobby’”.

Su Il Fatto: “Ora diteci chi vi paga”, un lungo articolo di Marco Lillo. “L’inchiesta di Napoli – si legge – ci svela che Massimo D’Alema e Matteo Renzi sono diversi ma hanno una cosa in comune: l’uso di una fondazione per raccogliere i soldi e i servizi utili per fare politica senza nessun obbligo di dichiarare i finanziamenti, né di spiegare come hanno speso i soldi così raccolti”. L’articolo prosegue a pagina 3: “I compagni compravano i libri e vini di D’Alema”, “cercavano il suo aiuto ma lui replica: ‘Scandalosa confusione di atti irrilevanti’. Renzi intercettato per caso mentre parla con un generale Gdf”, scrive Marco Lillo: “Massimo D’Alema non è indagato nell’inchiesta sulla metanizzazione di Ischia. Però fa una pessima figura perché la sua Fondazione incassa 60 mila euro dalla coop rossa Cpl Concordia, che compra libri e vini dalemiani. Matteo Renzi non è nemmeno citato negli atti depositati ieri, ma al Fatto quotidiano risulta che è stata intercettata dal Noe dei Carabinieri una sua conversazione con un importante generale della Guardia di Finanza. Le conversazioni in questione, comprese quelle del sottosegretario alla presidenza Luca Lotti con il generale, sono state trasferite a Roma in un fascicolo senza ipotesi di reato e senza indagati, destinato all’archivio senza nemmeno un’ipotesi di reato contro ignoti. Però in quel fascicolo c’è una notizia: il telefonino usato da Matteo Renzi era ed è pagato dalla Fondazione Big Bang, fondata da Marco Carrai nel febbraio 2012 e che ora ha cambiato il nome trasformandosi nel novembre 2013 in fondazione Open. La fondazione è finanziata da donazioni di privati rese pubbliche in ottemperanza al verbo renziano dell’open data, salvo che i donatori non chiedano l’anonimato. ‘Il telefonino fu dato a Renzi’, spiega il presidente della Fondazione Open Alberto Bianchi, ‘al momento in cui iniziò l’attività connessa alle primarie e alle varie Leopolda, in cui la Fondazione è stata coinvolta’”.
A pagina 2: “La megacoop, Ischia e i casalesi: ‘Le mani in mezzo alla merda’”, “Metano e tangenti, 11 arresti: i capi del gigante rosso Cpl Concordia e il sindaco dell’isola campana. I rapporti con i clan del casertano”. I titoli si riferiscono all’intercettazione risalente all’11 marzo 2014, tra Francesco Simone (responsabile relazioni esterne della Cpl) e Nicola Verrini (responsabile commerciale Cpl per Lazio, Campania e Sardegna). Si parla di gare, con vari omissis, e Verrini dice: “Il mio problema però è questo…queste persone poi quando è ora le mani nella merda ce le mettono o no? “. E Simone replica: “È molto di più…è molto più utile investire negli Italiani Europei dove D’Alema sta per diventare commissario europeo capito…D’Alema mette le mani nella merda come ha già fatto con noi ci ha dato delle cose”.

Il Giornale scrive della “pioggia di inchieste” che in tutta Italia toccano la “cooperazione a delinquere”: prima della vicenda della coop rossa Cpl Concordia, “gigante modenese della distribuzione del gas, che avrebbe ‘unto’ numerose ruote, in particolare quelle del sindaco di Ischia Giosi Ferrandino e dell’ex premier Massimo D’Alema, per garantirsi l’appalto per la metanizzazione dell’isola campana”, con un contratto per l’albergo del sindaco e “tre bonifici da 20mila euro a ItalianiEuropei (ma ‘nel Pd – giura il presidente Matteo Orfini –non credo ci sia questione morale’)” c’era stata l’inchiesta della Procura di Firenze sulle grandi opere, con le “coop rosse” Cms di Ravenna, parte del consorzio Cavet, che ha realizzato la Tav Firenze Bologna ed è accusata di aver “versato oltre 500mila euro a Incalza tra il 1998 e il 2008”. E prima ancora, nella inchiesta Mafia Capitale, la “cooperativa rossa 29 giugno” di Buzzi. E nella inchiesta milanese su Expo il “colosso Manutencoop e anche un protagonista della prima Tangentopoli”, ovvero Primo Greganti. E in quella Mose, condotta da Carlo Nordio, che disse: “Il 20% dei lavori alle aziende Iri, 60% a quelle private, 20% alle cooperative rosse”.Il quotidiano ricorda anche che “Cpl Concordia, 29 giugno, Cmb, Ccc, Manutencoop e compagnia cantante sono spesso comparse nell’elenco dei finanziatori (leciti, per carità) del partito: sia di quello tinto di rosso dei vecchi Bersani, D’Alema e Veltroni sia quello più sbiadito di Renzi”.

Sul Sole 24 Ore: “Cinghia di (cattiva) trasmissione” si legge che le coop del settore costruzioni sono oltre 300, “undici tra le quali figurano tra le prime cinquanta imprese nazionali”, danno lavoro a oltre 15 mila soci e registravano nel 2013 un fatturato di oltre sei miliardi di euro. Anche sul quotidiano di Confindustria si elencano i casi di Expo, delle Grand Opere, di Mafia Capitale. “Se di mele marce si tratta le inchieste delle procure italiane evidenziano la grande quantità di frutti guasti in ogni angolo del Paese”.

Sul Corriere Antonio Polito firma l’editoriale: “Il nuovo Pd di Renzi si è fermato a Eboli. Anzi, non ha neanche varcato il Garigliano. Più che la minoranza interna, il rischio peggiore per il segretario è questa maggioranza esterna di notabili e cacicchi locali che, soprattutto da Roma in giù, controlla tuttora il partito”. Il sindaco di Ischia, scrive Polito, “non è uno qualunque: è un capo locale, uno capace di prendere 70 mila preferenze in tutto il Sud alle Europee fallendo per un soffio l’ascesa a Strasburgo”, uno che stava in Forza Italia dieci anni fa. E scrive che per Renzi la decisione su di lui dipenderà “molto” dal “clamore mediatico: che in questo caso è assicurato, perché le duemila bottiglie del vino di D’Alema non hanno niente da invidiare al Rolex di Lupi”.

Direzione Pd

Le prime quattro pagine de La Repubblica sono dedicate alla situazione del Pd, all’indomani della riunione della Direzione di ieri, conclusasi con un voto che Renzi aveva preannunciato di voler chiedere sulla legge elettorale: “Italicum, il Pd si spacca. Renzi: ‘Basta con i ricatti, niente modifiche alla riforma’. La minoranza: ‘Non votiamo’”, “Scontro in direzione. Il premier: ‘Non lascio il monopolio della parola sinistra a voi’”. Cuperlo: ci vediamo in aula”. La proposta di Renzi è passata con 120 sì, ma le minoranze questa volta non hanno partecipato al voto. “Il retroscena” è firmato da Goffredo De Marchis: “L’opposizione evoca la scissione: ‘La ditta non c’è più’”, “I renziani avvertono: se salta la legge elettorale, non si potrà che andare al voto anticipato”, “le minoranze si tengono aperta anche l’estrema ratio di un appello al capo dello Stato”. Alle pagine seguenti, due opinioni Pd a confronto. Rosy Bindi, minoranza Pd, dice: “Senza modifiche non voterò l’Italicum. E se venisse messa la fiducia, cosa che ritengo incostituzionale, non parteciperei nemmeno a quel voto”. Roberto Giachetti, renziano: “La minoranza è divisa ma se affossano la legge elettorale fanno cadere il governo”, “Bersani? Quando era maggioranza bocciò la mozione per il ritorno al Mattarellum. Ora invece lo evoca. Per decenni si sono battuti contro le preferenze, ora invece le vogliono”.

La Stampa: “Italicum, strappo della minoranza Pd”, “La direzione approva il testo dopo tre ore di dibattito: i dissidenti disertano la votazione e lanciano un appello a ripensarci. Ma Renzi chiude: un azzardo riaprire la discussione”. Alla pagina seguente, il “retroscena” di Carlo Bertini: “Il premier pronto alla fiducia: ‘Niente ricatti sul voto segreto’”, “Dopo lo scontro, minaccia l’arma finale in Parlamento. Ma i suoi lo rassicurano: abbiamo i numeri comunque” (anche a scrutinio segreto), poiché -spiega Bertini- si tratterebbe al massimo di una trentina di deputati che potrebbero agilmente esser compensati da azzurri e centristi, in modo da superare la soglia dei 316 richiesta.

Su tutti i giornali il “paragone con la Nord Corea” di Stefano Fassina, che ha accostato il suo partito alla dittatura di Kim Yong Il.

Su Il Giornale: “Il Pd scopre il Caro Leader Matteo: ‘Siamo come in Corea del Nord'”. Dove si legge che “purtroppo l’appello di Fassina” a non trasformare il Pd in un partito con un tasso di conformismo pari a quello del partito comunista nordcoreano “non ha ottenuto risultati”, perché nella direzione di ieri la minoranza Pd “si è limitata a non votare”. Renzi ha ricordato di aver già accettato molte modifiche alla legge elettorale “chiesti dalla fronda interna” in questi mesi. “Ora basta. ‘Sarebbe un errore clamoroso e un azzardo riaprire la partita rimandando la legge al Senato. Vorrebbe dire ricominciare il gioco dell’oca tornando al punto di partenza”. Alla fine, si legge, la previsione di Renzi è che in Aula “i dissidenti non saranno più di qualche decina. I suoi ne calcolano 30. Non abbastanza per incrinare la sua solida maggioranza a Montecitorio”.

Anche sul Corriere: “Il leader scommette sull’iter in Aula: i kamikaze saranno una trentina”. “Ai suoi spiega: gli altri sono leali. L’ex segretario? Non so cosa vuole”. Secondo il quotidiano a Renzi e ai renziani “non è sfuggito” che ieri Bersani ieri “è stato quasi sempre fuori dalla sala” in cui si riuniva la Direzione, “ostentando disinteresse e contrarietà”.

Oggi sul Sole 24 Ore Roberto D’Alimonte spiega “i vantaggi del premio alla lista” previsto nella attuale bozza di riforma elettorale. D’Alimonte si sofferma a lungo sul sistema elettorale francese e sui suoi limiti – dopo il voto per le elezioni Dipartimentali – e in cui scrive che l’Italicum ha comunque un vantaggio: “la disproporzionalità è sempre e comunque limitata”, ovvero “chi vince avrà sempre e comunque 340 seggi”, che perde sempre e comunque 277 una quota che si spartiranno tutti i partiti che hanno conquistato almeno il 3 per cento. Il doppio turno francese invece consente una forte sottorappresentazione: alle prossime elezioni legislative – se destra e sinistra si mettono d’accordo per fermare l’FN – il partito di Marine Le Pen potrebbe ottenere pochissimi seggi pur avendo il 25 per cento dei voti, per esempio. Nel sistema italiano è invece impossibile una forte sottorappresentazione.

Lega, Forza Italia

Il Corriere torna ad occuparsi della ipotesi di una candidatura di Berlusconi al Comune di Milano, e dà conto del no comment di Salvini. “Le elezioni sono lontane”, anche se “chiunque si propone è il benvenuto”, nel senso che “qualunque milanese estratto a sorte, farà meglio di Pisapia”. Il quotidiano scrive anche del no di Maroni: “Io ho un rapporto di grande affetto e amicizia con Silvio Berlusconi, ma sono per il principio ‘largo ai giovani'”. “Non voglio rottamare nessuno e stimo Berlusconi ma vorrei che il candidato per Milano fosse di tutto il centrodestra. Il che, per ora, non è scontato”. Insomma: la Lega è fredda su questa ipotesi.

Sul Gazzettino la notizia che il sito tosipresidente.it sarebbe stato registrato almeno un mese prima della rottura tra Matteo Salvini e il sindaco di Verona: “Tosi, la scissione diventa giallo” è il titolo di apertura del quotidiano veneto, che dà spazio anche all’appello di Maurizio Sacconi dell’Ncd a Berlusconi: “Non consegni il Veneto a un governo no euro”.

Anche su Il Giornale: “Un sito inguaia Tosi. Era pronto a strappare già a febbraio. La difesa del sindaco: ‘Una balla di Salvini'”. Tosi ha spiegato che a registrare il sito è stato acquistato da Alessandro Scardino, che ha detto che da anni fa questo: acquista domini internet, “si prova ad anticipare i tempi. A volte va bene, altre no”. Il comitato elettorale di Tosi ha comunicato che utilizzerà un’altra agenzia, e sono già in corso le trattative per cedere al comitato di Tosi il dominio.

GB, Francia

Su La Stampa, attenzione per le elezioni che si terranno tra meno di 40 giorni in Gran Bretagna: “Cameron e Miliband si sfidano nelle elezioni più imprevedibili”, “Bipartitismo al tramonto: né i Tory né i Labour avrebbero i numeri per governare”, scrive Alessandra Rizzo. I due principali partiti sono “in crisi di fiducia”, mentre movimenti nazionalisti e populisti sono in ascesa. E l’elettorato “è frammentato come non mai”. Il partito nazionalista scozzese dopo la sconfitta nel referendum per l’indipendenza della Scozia del settembre scorso è balzato nei sondaggi: se i nazionalisti, come si prevede, manderanno a Westminster un numero consistente di deputati, sarà il Labour a farne le spese. I conservatori devono invece guardarsi dall’Ukip, il partito anti-europeista e anti-immigrazione di Nigel Farage. Il sistema elettorale lo penalizza, se porterà a Westminster 5 deputati sarà un boom ma i suoi sono consensi nelle urne sottratti soprattutto ai Tory. I verdi, invece, tolgono consensi ai Lib-Dem.

Da La Repubblica segnaliamo anche la pagina 18, sulle elezioni dipartimentali francesi: “Francia, il governo, non fa autocritica: ‘Nuove riforme, la risposta alle urne’”, “Il Ps sconfitto nelle locali proprio nei feudi dei ministri. L’Ump festeggia, ma Juppé non si allinea all’ex presidente” Sarkozy).
E a Sarkozy è dedicata l’analisi di Marc Lazar: “Il ritorno di Sarkozy, ma per l’Eliseo la strada resta in salita”.

Iran, nucleare

Due pagine de La Repubblica sono dedicate alla trattativa per il nucleare iraniano e sono curate da Vanna Vannuccini: “Iran, ultima maratona sul nucleare. Obama: ‘Non aver paura di trattare’”, “Il russo Lavrov: ‘Non sono pagato per essere ottimista’. Gli Usa: forse una proroga alla scadenza di stasera. Netanyahu: ‘Israele è pronta ad agire’”, “Teheran sostiene di aver fatto molte concessioni e che ora ticca alle potenze occidentali trovare un compromesso”.
E il quotidiano raccoglie le opinioni di Mahsa Mohebali (scrittrice e sceneggiatrice, che dice “Serve un’intesa, il nostro sogno è la normalità”), Ali Shams (regista di ‘La fattoria degli umani’, dice: “la mia generazione è stanca, vogliamo rispetto e dignità”), Fatemeh Motamed Aria (atrice di cinema, che dice: “Molti poveri e alcuni super-ricchi, le sanzioni hanno spaccato il Paese”) e Azar Nafisi, autrice di ‘Leggere Lolita a Teheran’, che dice: “Non solo uranio, ora si apra il dossier dei diritti umani”).

Sul Corriere Paolo Valentino, inviato a Losanna, scrive delle “ultime ore” della trattativa sul nucleare iraniano, che “a meno di colpi di scena” si avvia alla conclusione. “Voltafaccia, bluff e promesse a Losanna. ‘L’intesa con l’Iran vicina al traguardo'”. Secondo fonti occidentali sarebbero ancora tre i punti critici da risolvere: la durata delle restrizioni sulle attività nucleari iraniane, sia di ricerca e sviluppo che di arricchimento; il calendario dello smantellamento delle sanzioni: il loro ripristino in caso Teheran violi l’accordo.
Moderatamente ottimista miss Pesc, e anche il ministro degli esteri cinese, secondo il quale “le posizioni si stanno rapidamente avvicinando”.
Ancora sul Corriere Davide Frattini si sofferma sull’ “asse segreto” che unisce “i due nemici”, Arabia Saudita e Israele, che condividono le preoccupazioni per l’accordo sul nucleare iraniano e per la situazione nello Yemen. Dove si cita tra l’altro l’articolo pubblicato da Haaretz e scritto dall’ex capo dei servizi segreti sauditi Turki Al Faisal, dedicato alla questione palestinese, e un editoriale di Maariv che chiedeva ad Israele di partecipare al vertice dei Paesi sunniti a Sharm El Sheik.

Sul Sole 24 Ore Alberto Negri aggiunge a sauditi e israeliani i Repubblicani Usa: “In tre (e più) per sperare in un fallimento”.

E poi

Su Il Giornale una recensione di Eretica, il nuovo libro di Ayaan Hirsi Ali, già autrice di altri volumi sul tema (come Infedele e Nomade, entrambi editi da Rizzoli) e nota per aver sceneggiato Submission, film sulla condizione delle donne arabe che costò la vita al regista Theo Van Gogh, assassinato ad Amsterdam da un fondamentalista”. Hirsi Ali dice che “l’islam non è una religione di pace. Questo non significa che la fede islamica renda automaticamente violenti. Milioni di musulmani pacifici dimostrano il contrario. Significa piuttosto che l’esortazione alla violenza e la sua giustificazione possono essere rintracciate nel Corano”. Il libro – si legge su Il Giornale – descrive “tre tipi diversi di musulmano”: il Musulmano di Medina” è il fondamentalista che si rifà al messaggio di Maometto – guerriero. È in minoranza. Poi c’è il “Musulmano della Mecca”, che è “tradizionalista ma contrario all’uso della violenza”. Infine i “Musulmani dissidenti”, quelli che chiedono la riforma dell’islam. Sono nomi sconosciuti se non agli esperti, spesso intellettuali perseguitati e costretti al silenzio o alla fuga. Hirsi Ali pensa che “nel lunghissimo periodo” una “riforma” dell’Islam sia possibile: “I nuovi media si impongono come strumento di emancipazione e confronto con l’universo non islamico; gli islamisti, giunti al potere, si dimostrano incapaci e straordinariamente crudeli; i riformisti, pur vivendo nel pericolo, in qualche Paese, come l’Egitto, sembrano per la prima volta trovare una parziale sponda politica. Forse è poco ma la storia si scrive giorno per giorno”, conclude il quotidiano.

Sul Sole 24 Ore Andrea Ichino e Guido Tabellini firmano un commento titolato “le occasioni mancate della ‘buona scuola’”. Si legge che il governo ha “scelto di ignorare” gli strumenti per incrementare l’autonomia dei singoli istituti scolastici, “indispensabile”, ma che può funzionare se gestita come fanno all’estero. Si citano le “Charter Schools americane, i cui gestori no-profit operano con obiettivi definiti e limiti alla discrezionalità (ad esempio, non possono scegliere gli studenti, ma sono liberi di reclutare i docenti preferiti a condizioni di mercato). Non sono scuole private, quindi, perché la collettività le controlla (e a volte le chiude) avendo un ovvio interesse a garantire una buona qualità del sistema educativo. Né sono scuole per ricchi, anzi hanno ottenuto i risultati migliori proprio nei contesti più disagiati”. Invece “la ‘Buona scuola’ a colpi di concorsi, circolari ministeriali e assenza di selezione” non riuscirà nell’obiettivo. Probabilmente c’è una “diffidenza istintiva nei confronti del privato, ma certamente ha anche influito un calcolo politico. La riforma della scuola è stata un’occasione per risolvere i problemi occupazionali dei docenti, anteponendo i loro interessi al diritto degli studenti a una buona istruzione”, concludono Ichino e Tabellini.

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