Ricette (e inchieste) per fermare l’esodo

Il Corriere della sera: “Scafisti, boss in Italia con il permesso”. “La banda tra Palermo e l’Africa: 24 arresti. Intercettati mentre ridono: ‘Ne carico il doppio’. Il pm: un milione in arrivo”. “Il racconto dei sopravvissuti: aggrappati ai morti. Si rovescia un altro scafo con duecento a bordo”.
A centro pagina: “Il piano. Merkel: sì a nuovi fondi. Le richieste del premier alla Ue”. “Raid aerei sui barconi: ‘Fermarli come i pirati'”.
In evidenza anche: “Bremmer: la Libia per gli Stati Uniti non è la priorità”.
“Il video: frustati come schiavi”. “Prima dell’imbarco”.
L’editoriale è firmato da Pierluigi Battista: “L’Europa nemica di se stessa”.
A fondo pagina: “Renzi sostituisce i dissidenti del Pd. Legge elettorale, cambio in commissione”.

La Repubblica: “L’Europa: guerra agli schiavisti”, “Piano Ue in dieci punti: ‘Affondiamo i barconi prima della partenza’”, “Il racconto dei superstiti: ‘Noi aggrappati ai cadaveri’. Arrestati due scafisti”, “Altra strage al largo di Rodi. Mattarella: basta indifferenza. Obama: Libia fuori controllo”.
E a centro pagina, una grande foto del naufragio di Rodi.
A questo tema è dedicato l’editoriale del direttore Ezio Mauro, dal titolo “Il naufragio dell’Occidente”.
Il reportage do Fabio Tonacci, inviato a Malta: “L’ultima speranza legata al polso”.
E il “racconto” di Gad Lerner: “L’umanità su una zattera”.
Sulla politica italiana, a centro pagina: “Italicum, il Pd ‘dimette’ i deputati ribelli”, “Sostituiti 10 dissidenti in commissione. Cuperlo: strappo grave”.
A fondo pagina: “Grecia in rosso, Tsipras requisisce tutte le casse degli enti pubblici”.

La Stampa arriva in edicola oggi con una “controcopertina” dedicata ai viaggi dei migranti in fuga. E il titolo: “Perché?”. È l’editoriale del direttore Mario Calabresi, che si chiede “cosa spinge una persona a partire per un viaggio che può durare mesi o anni, ad attraversare deserti, guerre, montagne, per arrivare di fronte al mare e aspettare altri giorni, settimane, mesi, il momento giusto per essere stipato su una barca che metterò la prua verso l’altra sponda del Mediterraneo”.
L’apertura vera e propria del quotidiano: “’Aggrappati ai morti per salvarci’”, “Anche due scafisti fra i sopravvissuti: arrestati a Catania. Nuova tragedia a Rodi”, “La strage dei migranti, Renzi: interventi mirati contro i trafficanti. Giovedì vertice Ue. Francia e Germania: aiutiamo l’Italia. Mattarella: serve più Europa”.
“Il naufragio dei valori europei” è il titolo di un commento in prima firmato da Bill Emmott.
E a destra il reportage di Domenico Quirico: “’Scappiamo da guerre e schiavitù’”.

Il Fatto: “Renzi: spariamo. Prodi: sbagliato. I giudici: ‘Triton non funziona’”, “Il capo del governo promette ‘azioni di polizia internazionale’, ma non dice dove né contro chi. Il professore al ‘Fatto’: ‘Smettiamo di finanziare criminali e Isis comprando petrolio in Libia’. Catania, i pm puntano il dito sull’aumento delle tragedie dopo la fine di Mare nostrum”.
A centro pagina: “Bersani & C. osano dissentire: cacciati dalla Commissione”, “Sostituiti i dieci deputati Pd contrari all’Italicum”, “L’ufficio di presidenza dei Democratici di Montecitorio ha deciso: via, tra gli altri, Bindi, D’Attorre e Cuperlo, che minaccia: ‘Con la fiducia a rischio la legislatura’”.

Il Giornale: “La strage degli immigrati. Gli scafisti se la ridono. Da Italia ed Europa parole, elemosina, promesse. Ma nessun fatto. E anche Mattarella chiede di fermare l’esodo”.
A centro pagina: “Renzi deporta Bersani, Bindi e soci. Per salvare Italicum e governo partono le purghe in commissione alla Camera”.
L’editoriale è firmato da Nicola Porro, e si riferisce alla proposta del presidente Inps Boeri: “Colpire le pensioni per aiutare gli over 55? Una ‘boerata’ pazzesca”.

Il Sole 24 ore: “Piano Ue: più mezzi e controlli per gestire l’emergenza”. “Tragedia nel Mediterraneo. Vertice dei ministri: distruggere i barconi nei porti e distribuire i migranti. Renzi: azione comune contro gli scafisti. Mattarella: l’Europa faccia di più”.
A centro pagina: “Atene toglie la cassa agli enti pubblici”. “L’obiettivo è raccogliere circa 3 miliardi per pensioni e stipendi. Tregua sui mercati”. “Draghi: ripesa in vista ma Italia e Francia devono fare le riforme”.
Sulla politica: “Italicum, scontro con la minoranza Pd. Sostituiti in commissione i dissidenti”.

Immigrazione, i numeri e l’inchiesta

Su La Stampa, pagina 9: “Individuati due scafisti. ‘Sono tra i sopravvissuti’”. L’inviata a Catania Grazia Longo scrive che un tunisino è stato arrestato con l’accusa di aver portato alla morte i 900 migranti: le sue responsabilità sarebbero emerse durante gli interrogatori che la Squadra mobile ha condotto a bordo della nave, durante il viaggio da Malta.
E, in un altro articolo, dando conto delle inchieste della Procura di Palermo che invece ha portato all’arresto di 15 trafficanti di uomini: “E il boss a Tripoli rideva al telefono: ‘Dicono che ne carico sempre troppi’. Sgominata la banda internazionale dei viaggi della morte”.

Su La Repubblica, pagine 6 e 7, l’inchiesta della Procura di Palermo: il procuratore Lo Voi ha tenuto ieri una conferenza stampa. Ne scrive Alessandra Ziniti: “Il boss dei trafficanti nel centro per i rifugiati, ‘Ne carico troppi? Loro hanno fretta..’”.

“L’etiope e l’eritreo, ecco gli schiavisti milionari”, titola Il Fatto dando conto dell’arresto dei due supposti “basisti” che acquistavano come merci pacchetti di uomini e donne sequestrati da altri trafficanti e provenienti dal Sudan, dalla Nigeria, dal Mali, dal Senegal.

Il Corriere della sera: “Aveva il permesso di soggiorno il basista della rete di trafficanti di esseri umani scoperta a Palermo e il cui vertice è in Libia”, scrive Giovanni Bianconi. Si legge che il viaggio dai “diversi Paesi dell’Africa” fino alla Libia è quello più costoso, costa 4500-5000 dollari. Poi ce ne vogliono altri 1000-1500 per “avventurarsi nella traversata” del Mediterraneo, e poi – per chi riesce a sbarcare – altri 200-400 dollari per arrivare a Roma o Milano, mentre per arrivare in Nord Europa si parla di 500-1500 dollari. “È ciò che emerge dalla operazione contro il traffico di esseri umani conclusa ieri dalla Procura di Palermo con il fermo di 15 indagati sui 24 di cui i magistrati hanno chiesto l’arresto – un paio dei quali residenti in Libia – al termine delle indagini condotte dal Servizio operativo centrale della Polizia e dalle squadre mobili di Palermo ed Agrigento”. I magistrati hanno detto che “le politiche di contenimento dei flussi” hanno prodotto come “effetto collaterale” che la criminalità decidesse di investire sull’ingresso illegale in Europa. “I trafficanti investono in barconi, scafisti, appartamenti dove ammassare uomini donne e bambini in attesa delle partenze”, si legge sul quotidiano. La base della organizzazione è in Libia. In Italia i due latitanti indagati “avevano come corrispondente Ashgedom Ghermay, titolare di permesso di soggiorno in quanto richiedente asilo politico, il quale si avvale di autisti, accompagnatori e fornitori di assistenza per ogni necessità dei migranti disposti a pagare per proseguire il viaggio”.
Un altro articolo di Bianconi cita le intercettazioni tra Ghermay e il suo capo in Libia. Il capo si chiama Ermias, è etiope anche lui. I soldi ricavati dai viaggi forniti ai migranti – per esempio: 500 euro per andare in Germania, 1100 per la Svezia – Ghermay li teneva in banca. Ermias pare li investisse in Svizzera e in Israele. Oltre che nei centri di accoglienza Ghermay tiene i profughi in una casa di Catania. Quando arrivano i soldi dai parenti, si fanno partire i migranti. Non si accettano pagamenti posticipati.

Fausto Biloslavo sul Giornale scrive che nel mondo il business degli “schiavisti” vale nel mondo 34 miliardi, in Italia 1 miliardo. È la cifra indicata dall’Huffington Post. Secondo gli inquirenti – scrive Biloslavo – i trafficanti guadagnano in Libia circa 80 mila euro per ogni barcone che parte. L’accusa è di aver organizzato quindici viaggi, per circa 5500 persone.

Il Sole 24 Ore offre un contributo della europarlamentare Barbara Spinelli che definisce “il più grande sterminio in mare dal dopoguerra” i settecento morti nel Mediterraneo nella notte tra sabato e domenica scorsi e dice “a tutti”: “Smettete l’uso di parole altisonanti; passate all’azione; non reagite con blocchi navali che tengano lontani i fuggitivi dalle nostre case, come si tentò di tener lontani gli ebrei in fuga dal nazismo. Questo è un giorno di svolta. A partire da oggi occorre mettere la parola urgenza, al posto di emergenza. Bisogna dare alla realtà il nome che merita: siamo di fronte a crimini di guerra e sterminio in tempo di pace, commessi dall’Unione europea, dai suoi 28 Stati, dagli europarlamentari e anche dall’Alto Commissariato dell’Onu”. Non sono invece “all’altezza le missioni diplomatiche o militari in Libia, dove per colpa dell’Unione, dei suoi governi, degli Stati Uniti, non c’è più interlocutore statale. Ancor meno lo sono i blocchi navali, gli aiuti alle dittature da cui scappano i richiedenti asilo, il silenzio sulla vasta destabilizzazione nel Mediterraneo – dalla Siria alla Palestina, dall’Egitto al Marocco – di cui l’Occidente è responsabile da anni”. Le urgenze sono “togliere alle mafie e ai trafficanti il monopolio sulle vite e sulle morti dei fuggitivi”, “finanziare interventi di ricerca e salvataggio, non solo lungo le coste europee ma anche in alto mare”, che si “muova d’urgenza” la stessa Onu. “Non c’è tempo per costruire relazioni diplomatiche – nei cosiddetti processi di Rabat e Khartoum – perché i fuggitivi sono in mare qui e ora, e qui e ora vanno salvati: sia dalla morte, sia dalle mafie che fanno soldi sulla loro pelle e riempiono un vuoto di legalità che l’Unione deve colmare”.
Da segnalare sul Sole 24 Ore un approfondimento dedicato al ruolo degli immigrati nel mercato del lavoro italiano ed europeo: “In Italia lo scorso anno +111mila occupati dall’estero. Secondo L’Ocse negli ultimi dieci anni gli immigrati hanno coperto il 70 per cento dei posti di lavoro in Europa. Negli Usa la quota è 47 per cento. Altri dati: i migranti sbarcati sulle nostre coste nell’ultimo anno – 170 mila persone – rappresentano il 3 per cento della popolazione immigrata regolarmente residente in Italia.

Immigrazione, le politiche

Sul Messaggero una intervista al ministro degli esteri Paolo Gentiloni, durante una pausa del vertice Ue di Lussemburgo. “Gli scafisti finanziano il terrorismo. E vanno colpiti”. Dice che l’Italia “si sta muovendo per promuovere un sostegno ad azioni mirate di contrasto ai trafficanti di uomini” mentre dice di no a sanzioni sul petrolio: “In questo caso i proventi legali delle estrazioni petrolifere, che finanziano la Noc, azienda di Stato, e attraverso la Noc la Banca centrale libica, costituiscono l’unico rivolo di finanziamento legale in un fiume di finanziamenti illegali che affluiscono in Libia da tante parti. Non sarebbe geniale chiudere l’unico rubinetto legale che bisogna piuttosto preservare”. Dice che il business criminale dei trafficanti di uomini “vale ormai il 10 per cento del Pil libico”.

Il Corriere intervista Ian Bremmer, politologo, fondatore del centro studi Eurasia. “Non c’è dubbio che ci sia una maggiore indifferenza da parte degli Stati Uniti o un minore impegno per risolvere le crisi”. “L’interesse più grande per Renzi è la Libia ma quest’ultima tragedia degli immigrati, per quanto orribile, nel contesto di quello che sta accadendo in Medio Oriente è piuttosto piccola”. Dice che in Libia “può esserci solo una soluzione tribale, che richiede allo stesso tempo sostegno regionale”. Il problema è che non solo per gli Usa ma anche – per esempio – per i sauditi, la Libia “non è la priorità numero uno ma la numero cinque, dopo lo Yemen, l’Iran eccetera. Insomma, non dovremmo aspettarci una soluzione a breve”.

Romano Prodi, intervistato da Il Fatto, dice: “Non possiamo fermare i migranti sparando”, “Serve una leva esterna che obblighi le grandi potenze a pacificare la Libia coi Paesi dell’area”, esercitando la loro influenza sulle varie fazioni libiche, “quindi il contrario di azioni non coordinate che alimentano i focolai e le contrapposizioni, Bisogna realizzare un vero coordinamento fra le grandi potenze e le nazioni dell’area”. Quale soggetto potrebbe impegnarsi in questa azione? L’Unione europea? “Non so, l’Unione fa quello che può. Un artista nel realizzare questo tipo di coordinamenti è l’ex presidente Bill Clinton”. Dice ancora Prodi che è necessario “bloccare le fonti di finanziamento dei gruppi criminali e terroristi come l’Isis”. In che modo? “I soldi non viaggiano sulla luna ma per terra. La Libia vende ancora petrolio, i denari saranno incassato dalla Banca centrale di Tripoli, immagino, che si deve barcamenare fra le varie fazioni in campo tra la capitale e la Cirenaica. Bisogna capire esattamente chi si sovvenziona”. Poi serve agire “per lo sviluppo dei Paesi sub-sahariani e del Corno d’Africa”, altrimenti il flusso migratorio verso l’Europa non si esaurirà.
Alla pagina seguente de Il Fatto, in una intervista, Don Mussie Zerai, eritreo e candidato Nobel per la pace, sottolinea che in Libia “tutte le milizie si dedicano a questo traffico”: il principale corridoio è quello che va dal Sudan alle coste. E qui, “dai generali dell’esercito ai contabili, ognuno ha un ruolo: c’è chi affitta la casa ai profughi di passaggio, chi li vende alle bande criminali che chiederanno un riscatto. Solo il pericolo dell’Isis, forse, potrebbe far cambiare le rotte, perché i cristiani potrebbero cercare di partire dai Paesi limitrofi”.
Sulla stessa pagina, un lungo articolo di Enrico Fierro: “Scafisti, soldi e nuovi schiavi. L’affare che ‘unifica’ la Libia”, “La procura: ‘Un milione in partenza’. Fonte di sussistenza per 200 milizie armate”.

Su La Repubblica si riproduce un reportage di Frédéric Bobin, giornalista di Le Monde: “Misurata, tra i migranti pronti alla traversata, ‘Preferiamo morire che tornare in patria’”. La Libia, “uno Stato al collasso, due governi, la guerra tra le milizie: tutto questo sta favorendo i trafficanti di uomini e donne provenienti dall’Africa subsahariana, ‘Senza aiuti non possiamo far nulla per fermare i barconi’”, “Il caos apre spazi alle reti criminali: ‘C’è una strategia dei jhadisti tesa a utilizzare i flussi per destabilizzare l’Europa. Lavorano sul lungo periodo’”.

La Stampa intervista il generale Claudio Graziano, Capo di Stato maggiore della Difesa: “Affrettato parlare di un blocco navale”, dice, convinto che serva peraltro un mandato Onu. Secondo Graziano un blocco navale potrebbe paradossalmente “alimentare il traffico degli schiavisti e non risolverebbe il problema del soccorso in mare”.
Sulla stessa pagina, il “retroscena” di Guido Ruotolo: “Si pensa al modello somalo: droni e aerei per affondare i barconi sulla costa libica”, “Ma serve una decisione del Consiglio d’Europa che si riunisce giovedì”.

Anche sul Corriere, Fiorenza Sarzanini cita il “modello Somalia contro gli scafisti”, ovvero l’operazione Atalanta, varata nel 2008 rifinanziata nel novembre scorso per colpire i “pirati” somali.

“Proviamo a salvarli, ma è un esodo epocale”, dice in una intervista a La Repubblica Felicio Angrisano, comandante generale della Guardia costiera: “Questi non sono morti, ma vittime di omicidio”.
E su La Repubblica si illustra “la road map di Renzi per un’ipotesi di intervento di polizia internazionale contro gli scafisti. No ad operazioni di terra”, “’Subito il sì dell’Onu e blocchiamo i barconi’”. Alla pagina seguente, il corrispondente da Bruxelles Andrea Bonanni si sofferma sul “piano della Ue” che verrà affrontato nel summit straordinario che si terrà giovedì prossimo: “’Distruggere le barche dei trafficanti e più soccorsi in mare’”. Si tratterebbe di un programma in dieci punti, ma pare non vi sia intesa sulla ridistribuzione dei richiedenti asilo. Intanto la Casa Bianca definisce la situazione in Libia “insostenibile”.

Italicum

L’ufficio di presidenza del gruppo Pd ha deciso la sostituzione in Commissione Affari costituzionali di 10 deputati “dissidenti” sull’Italicum: si tratta di Pierluigi Bersani, Rosy Bindi, Gianni Cuperlo, Andrea Giorgis, Enzo Lattuca, Alfredo D’Attorre, Barbara Pollastrini, Marilena Fabri, Roberta Agostini, Marco Meloni.

La Stampa, pagina 15: “Italicum, strappo Pd. Il leader sostituisce i dieci dissidenti”, “ma è pronto a trattare su Senato e capogruppo”. “La mossa non è indolore, anzi, è di quelle che restano agli atti”, scrive Carlo Bertini nel retroscena parlando della decisione di sostituire in Commissione Affari costituzionali alla Camera la metà dei membri Pd perché “non allineati” alle decisioni del partito. Si tratta di “un segno intangibile – scrive ancora Bertini – della ferrea volontà del premier di tirare dritto e non rischiare nulla nel primo giro di boa della legge elettorale. Da oggi a giovedì, infatti, si voteranno gli emendamenti in commissione e il testo non deve subire alcuna variazione rispetto a quello uscito dal Senato”. Ma di fronte ad una prova di lealtà sull’Italicum Renzi è disposto perfino a riaprire la “pratica” della riforma del Senato, che consentirebbe anche di blindare la legislatura fino al 2018. La mossa di “scalzare” dieci esponenti della minoranza però fa scalpore e i grillini minacciano di lasciare i lavori della commissione, il capogruppo di Forza Italia Brunetta “strepita” e perfino i due membri di Scelta civica minacciano l’Aventino.
Sulla stessa pagina, intervista a Rosy Bindi, che dice: “Se mettono la fiducia altro che i 101 di Prodi…”, “La fiducia sarebbe una provocazione incostituzionale. La legge elettorale non è atto del governo, tocca al Parlamento”.

La Repubblica: “Italicum, tensione nel Pd e il premier sostituisce i ribelli in commissione”, “E Bersani non viene invitato alla Festa dell’Unità di Bologna. Cinquestelle e Scelta civica minacciano l’Aventino”. E il “retroscena” è firmato da Francesco Bei: “L’ultimo pressing di Renzi: ‘La maggioranza del gruppo sta con me e va rispettata, non è un’armata Brancaleone”. L’incipit è il seguente: “Il dado è tratto, la questione di fiducia sarà messa sull’Italicum. Conferme ufficiali da Palazzo Chigi non arrivano, ma l’indeterminatezza di Renzi ‘vediamo, lo vedremo al momento della discussione parlamentare’- in realtà maschera una decisione già presa. E la mossa di ieri, la sostituzione dei dieci ribelli dem, è proprio funzionale al passaggio successivo: la fiducia sul testo che uscirà dalla Commissione affari costituzionali. ‘La maggioranza del gruppo sta con me -ricorda il capo del governo- e non possiamo dare l’immagine di un’armata Brancaleone. In commissione i deputati ci stanno per rappresentare le posizioni del gruppo’. Quanto alla fiducia e alla sua ‘inevitabilità’, uno degli strateghi renziani la spiega così: ‘Se in commissione l’Italicum dovesse cambiare, e sicuramente sarebbe cambiato se non avessimo sostituito quelli della minoranza, il governo sarebbe stato costretto a una forzatura ancora più grande: mettere la fiducia su un maxiemendamento sostitutivo del testo della Commissione per tornare alla versione originale dell’Italicum’”.

“Colpirne dieci per educarli tutti” è il titolo dell’editoriale del direttore de Il Fatto Marco Travaglio, che ricorda come fosse già accaduto nel giugno 2014 con la sostituzione-destituzione in commissione Affari costituzionali di tre senatori Pd (Mineo e Chiti) e di Scelta civica (Mauro), “rei di dissentire sulla controriforma costituzionale di Renzi. E siccome nessuna autorità, tanto meno Napolitano, fece una piega per difendere la Costituzione contro quella scandalosa purga ordinata dal capo del governo, ora la scena si ripete pari pari alla Camera”. Ma i dieci dissidenti vengono sostituiti solo per 10 giorni, sottolinea Travaglio: “giusto il tempo di far votare i 10 sostituti come soldatini obbedienti sull’Italicum, poi, a missione compiuta, torneranno i titolari. E naturalmente anche stavolta nessuno fa un plissé, nemmeno gli epurati”.
E su Il Fatto, in una intervista, il costituzionalista Andrea Pertici sottolinea, parlando della sostituzione dei dieci deputati, che si tratta di una “inutile forzatura della Costituzione”: “il parlamentare, pur eletto con un partito di cui condivide gli orientamenti, deve comunque agire secondo il proprio convincimento, in base al divieto di vincolo di mandato”, “La Corte costituzionale, nella sentenza 14 del 1964 -ricorda ancora Pertici-si esprime sul punto in modo molto preciso: ‘Il divieto di mandato imperativo comporta che il parlamentare è libero di votare secondo l’indirizzo del suo partito, ma è anche libero di sottrarsene. Nessuna norma potrebbe legittimamente disporre che derivino conseguenze a carico del parlamentare per il fatto che egli abbia votato contro le direttive del partito’”.

Il Sole 24 Ore: “Italicum, sostituiti i dissidenti dem”. “”Fuori dalla commissione i 10 ribelli”. “I Cinque stelle minacciano l’Aventino”. “Fi: aberrante la sostituzione di massa”. Si cita la battuta di Alfredo D’Attorre (“Hanno applicato il nuovo articolo 18 anche a noi”). La richiesta di essere sostituiti direttamente dall’ufficio di presidenza è stata fatta ieri, durante l’assemblea del gruppo parlamentare Pd che ha preso atto anche delle dimissioni di Roberto Speranza, da Gianni Cuperlo. Ed è stata “messa ai voti con successo”. Una sostituzione “largamente annunciata”, ma un “passaggio non indolore” soprattutto se – “come sembra”, “l’ipotesi di mettere la fiducia” sulla legge elettorale “è sempre più reale”. “Prima di arrivare alla fiducia resta comunque qualche spiraglio di trattativa sulle possibili modifiche alla riforma del Senato e del Titolo V ora in terza lettura a Palazzo Madama”.
Sulla fiducia dice che prima occorre lavorare perché “non ci siano strappi tra noi”, e che comunque “il governo ha sempre lavorato per metterla il meno possibile”.

Il Giornale si legge che “l’indicazione di Renzi ai suoi è di procedere come rulli compressori, perché il tempo delle mediazioni e dei compromessi è ampiamente scaduto”. Secondo una fonte della minoranza citata dal quotidiano il fatto che il governo voglia portare in Aula un testo blindato sulla riforma elettorale “è un chiaro indizio del fatto che Renzi vuole mettere la fiducia”.
Sul Corriere Antonio Polito, che firma un commento, scrive che “dietro la severità del premier c’è la decisione di tenersi la strada aperta per porre la fiducia sull’Italicum”.
Sul Giornale, Adalberto Signore (“Quanta indulgenza per il pugno di ferro del premier”) scrive che “nei confronti del leader del Pd, invece, c’è come sempre grande indulgenza. Da parte degli osservatori, che preferiscono concentrarsi sul decisionismo di un premier che non si fa dettare la linea dalla sua minoranza interna. Ma anche da parte della stessa fronda, pronta ad alzare la voce in mille occasioni ma quasi mai disposta ad arrivare alla rottura”. E scrive che “se una cosa del genere l’avesse fatta non solo Silvio Berlusconi ma pure un Enrico Letta qualsiasi allora apriti cielo. E anche se tecnicamente la sostituzione è legittima perché nelle Commissioni il singolo deputato siede in rappresentanza del suo gruppo parlamentare e quindi ne esprime la linea politica, è pur vero che un avvicendamento di massa come quello di ieri è senza precedenti”.

Sul Corriere viene intervistato Ettore Rosato, vicecapogruppo Pd alla Camera. “È una decisione legittima e funzionale del gruppo, serve per costruire le condizioni per lavorare uniti senza ledere il diritto di critica”. “Gli equilibri sono tali da rendere necessaria la scelta”, e anche la minoranza sa che “in commissione si sta in rappresentanza del gruppo”. Domanda: Per Bersani in aula non avete i numeri. “Io sono certo che li abbiamo”. Se l’Italicum cade con il voto segreto si va alle urne? “Il voto segreto non rappresenterà sorprese negative”. Sulla riforma costituzionale “le aperture di Renzi ci sono tutte”, “faremo dove possibile un lavoro emendativo, ma non certo sulla elettività dei senatori”.

Forza Italia

Il Corriere intervista Renato Brunetta: “Le divisioni interne? Silvio sta tornando in campo e tutto sembrerà solo robetta”. Brunetta cita la “dichiarazione nobile” di Berlusconi sulla strage in Mediterraneo, che “gli restituisce un ruolo e una centralità che nessuno nel centrodestra può avere”. Con il ritorno in campo di Berlusconi “vicende minime come le candidature di qualche consigliere in Puglia o l’ipotetico voto a favore delle riforme di qualche verdiniano diventeranno robetta. E nel centrodestra non avrebbe più ragione l’espansione di Salvini che porta a una deriva lepenista, come non avrebbe più senso il renzismo e il partito della Nazione”.

Sul Giornale: “L’ex premier ha deciso: ‘Niente deleghe, farò la rivoluzione dentro Forza Italia’. La grande scossa dopo le Regionali”. Secondo l’articolo Berlusconi “non dedica né vuole dedicare troppe energie” al voto di fine maggio, “sa che non saranno un successo”. Ma pensa al futuro, a un nuovo leader per un partito sul modello del Partito Repubblicano Usa, e a mettere mano a Forza Italia per “organizzare la rivincita”, “convinto che alla fine anche Renzi farà flop perché troppo ambizioso e troppo spregiudicato”.

Economia

Sul Corriere le parole di Mario Draghi, o meglio del rapporto annuale Bce diffuso ieri: “Draghi: ‘Più decisione sulle riforme. Italia, Francia e Portogallo deludono'”. L’attuazione delle “raccomandazioni specifiche” della Ue ai singoli Paesi è stata “piuttosto deludente”. Analoghe sollecitazioni al governo italiano ieri sono venuteda Confindustria, nel suo giudizio sul Def, mentre Moody’s ieri ha parlato di un possibile innalzamento del rating italiano.
Ancora sul Corriere: “La Grecia ‘rastrella’ contanti. Soldi dagli enti locali per decreto”. Si legge anche che Atene starebbe accelerando le sue trattative con Cina e Russia. Oggi arriva ad Atene Alexey Miller, numero uno di Gazprom, per “sviluppare il contratto per il gasdotto Turkish Stream che genererebbe un anticipo di 3-5 miliardi di euro per l’attraverso del territorio ellenico”. Si ricorda che venerdì a Riga si riunirà l’Eurogruppo e che domani gli “sherpa dei 19 ministri finanziari devono fare il punto sul negoziato” proprio in vista del vertice di Riga.

Da segnalare sul Sole 24 Ore un articolo sulla decisione della Commissione Ue di agire contro Gazprom. “Sotto la nuova guida della danese Margrethe Vestager, l’Antitrust europea non guarda in faccia a nessuno e – a una settimana esatta dall’azione contro il gigante americano del web – è ora pronta a procedere contro il monopolio russo dell’export di gas. La lettera di obiezioni, documento che formalizza gli addebiti contro Gazprom, potrebbe arrivare già domani, secondo indiscrezioni, al rientro della commissaria europea alla Concorrenza dagli Stati Uniti”. L’indagine era stata avviata dal predecessore della Vestager, Almunia nel 2001, “quando Bruxelles fece perquisire in una ventina di uffici di Gazprom, in dieci paesi dell’Est Europa. L’indagine formale, aperta esattamente un anno dopo il blitz, si è concentrata su tre aspetti: gli impedimenti alla riesportazione delle forniture, il fatto di “legare le condizioni contrattuali alla cooperazione in altre aree di business, ad esempio consentire la costruzione di un gasdotto” e “l’imposizione da parte di Gazprom di prezzi indicizzati al petrolio, con enormi disparità tra quanto viene chiesto di pagare a ciascun cliente”.

Internazionale

La Repubblica intervista il primo ministro ucraino Arsenij Yatseniuk: “L’Ucraina – dice – è al disastro e la guerra non è finita. Putin arma ancora i ribelli, l’Occidente deve fermarlo”, “Stiamo difendendo l’Europa dall’invasione russa. Mosca ritirerà i suoi soldati solo se il mondo inasprirà le sue sanzioni”.

Su La Stampa: “Netanyahu diserta la festa di Putin: ‘Non venda quei missili a Teheran’”, “Il premier israeliano non sarà a Mosca per il 70esimo anniversario della vittoria sui nazisti”, scrive Maurizio Molinari.

“Un uomo di Saddam ispirò l’Isis” è il titolo di un articolo de La Repubblica in cui si dà contro delle rivelazioni del settimanale tedesco Spiegel, secondo cui Haji Bahar, colonnello dei Servizi segreti iracheni ucciso nel 2014 dai ribelli anti-Assad, sarebbe colui che ha concepito nascita ed espansione del Califfato islamico in Siria: nella sua casa sono stati ritrovati appunti e strategie del Califfato. Sarebbe stato lui anche all’origine della scelta di Abu Bakhr Al Baghdadi come leader dell’Is.

Su La Stampa: “Pechino ‘compra’ dal Pakistan lo sbocco sul Mar Arabico”. C’è una “intesa” per la costruzione di una megaferrovia.
Sullo stesso quotidiano: “Così Obama ha chiesto all’Italia di restare in Afghanistan”, “Nei cablo diplomatici le ragioni del prolungamento della missione”.

Su La Repubblica: “’Cliton cash’, tutte le ombre dietro i soldi di Hillary e Bill”: Amy Chozick (copyright New York Times) recensisce un libro di Peter Schweizer in cui si denunciano donazioni in cambio di favori. Tra gli esempi, accordi con la Colombia e legami con una banca canadese.

Sul Corriere si dà conto della notizia secondo cui la portaerei Usa Roosevelt scortata dall’incrociatore Normandy si sta dirigendo verso le acque dello Yemen “pronta a fermare le armi iraniane” che volessero rifornire i ribelli Houthi.

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