La Nsa spia l’Europa?

Il Corriere della Sera: “Spionaggio Usa, l’ira dell’Europa”. A centro pagina: “Una folla immensa contro Morsi”, la manifestazione dei “cartellini rossi” contro il Presidente egiziano.

Da segnalare in prima pagina il richiamo ad una intervista al premier israeliano Benyamin Netanyahu: “Nulla è cambiato in Iran”. Nella intervista Netanyahu parla anche della pace con i palestinesi, dice che si raggiungerà un accordo sarà sottoposto a referendum popolare, dice che sostiene gli sforzi di Kerry. Oggi il premier italiano Letta è in Israele. A centro pagina: “Napolitano difende il governo. Monti: ‘Letta cambi marcia o Scelta Civica abbandonderà”.

 

La Repubblica: “’Anche l’Italia spiata dagli Usa’”. “Nelle carte di Snowden 38 obiettivi. E’ crisi diplomatica. Il ministro degli esteri europeo chiama Washington: risposte al più presto”. “Ambasciate nel mirino. L’ira Ue: a rischio i negoziati commerciali”. Sulla politica interna: “Napolitano blinda Letta ma Pdl accusa Grasso. Monti minaccia la crisi”. A centro pagina, con foto: “Proteste e violenze, Egitto sull’orlo del caos”.

 

Il Giornale: “Agguati al governo. Le mine sulle larghe intese. Grasso non fa più l’arbitro e torna Pm: ‘Se il Pdl non si adegua ci sarà il ribaltone’. Monti riappare: ‘Letta cambi marcia o non lo sosterremo più. E oggi rischio imboscate sul voto (segreto) alla Santanché per la vicepresidenza della Camera”.

 

Il Messaggero: “Alfano: il governo non rischia. Intervista al vicepremier. Ma il Pdl sia leale, voti Santanché. Rivedere le coperture dell’Iva’. Napolitano difende Saccomanni: nessuno ha la bacchetta magica. Monti: Letta cambi passo”.

 

La Stampa: “Spionaggio, l’ira dell’Europa. Accuse da Germania, Francia e Ue dopo le notizie su milioni di comunicazioni controllate. Washington: spiegheremo, ma non pubblicamente”. In alto: “La minaccia di Monti: ‘Letta cambi marcia o lasciamo la coalizione’”. Sull’Egitto: “Una folla oceanica contro Morsi”. “Ma il Presidente resiste: ‘non vado via’”.

 

L’Unità: “Se l’America spia l’Europa. Lo scandalo delle intercettazioni scuote i rapporti Usa-Ue. Berlino: come la guerra fredda”. A centro pagina il quotidiano offre una intervista al ministro Massimo Bray: “’Sulla cultura ci giochiamo tutto’”.

Snowden, Usa e Ue

 

La Repubblica ricostruisce la vicenda originata sabato da uno scoop del Guardian, che pubblicava le dichiarazioni di un ex funzionario della Nsa americana, Wayne Madsen, sullo scambio di dati tra l’intelligence Usa e quella europea. Poche ore dopo la pagina web contenente quelle dichiarazioni sarebbe stata rimossa, per i dubbi dello stesso quotidiano britannico sulla attendibilità della fonte, che in passato aveva “dato prova di qualche eccentricità”, fino ad accreditare l’omosessualità del presidente Usa Obama. Spiega La Repubblica che nel corso della giornata di ieri Palazzo Chigi e il Dipartimento per le Informazioni e la Sicurezza non prendono posizione ufficialmente ma lasciano che “fonti qualificate” della nostra intelligence chiariscano il “perimetro”, la “natura” e la “mole” dello scambio di dati che i nostri servizi hanno con le agenzie americane. “Una routine operativa, che accomuna il nostro Paese a Francia, Inghilterra, Germania, Spagna, Olanda e Danimarca dal post 11 settembre quando, in nome della lotta al terrorismo, i sette servizi europei alleati decisero di legarsi in una rete che rendesse più efficiente e dettagliata la massa delle informazioni raccolte sulle due sponde dell’atlantico in chiave antiterrorismo”.

Anche sul Corriere: “La nuova talpa e i suoi ‘scoop’ fantasiosi. Madsen è un personaggio improbabile, seguace delle teorie del complotto”.

Altra questione, rilanciata poi ieri dallo stesso Guardian, sarebbe la intercettazione delle sedi diplomatiche europee da parte della intelligence Usa. Tra le rappresentanze diplomatiche spiate ci sarebbero quelle italiane a Washington e New York. Il nome in codice di questo programma – come scrive il settimanale Guardian – sarebbe “Dropmire”

Lo stesso quotidiano intervista il presidente del Parlamento Europeo Schulz: “Sono scioccato. In caso le notizie siano vere, mi sento, da cittadino europeo e da presidente del Parlamento europeo, trattato da nemico. Questa può essere la base di una relazione costruita sulla fiducia reciproca? Non credo”.

Il Messaggero intervista il responsabile della politica interna della Spd, Thomas Oppermann, che dice: “Il programma di spionaggio e di intercettazioni portate avanti dagli Usa in Europa ha assunto dimensioni inimmaginabili. Le nuove tecnologie rendono a quanto pare possibile ogni cosa. Non distinguere però tra amici e nemici e spiare tutti, anche i governi alleati, è grottesco. Bisogna capire se dietro a tutto ciò si cela una strategia oppure se abbiamo a che fare con schegge impazzite della intelligence”

Sullo stesso quotidiano si intervista Vincent Cannistraro, ex direttore del centro antiterrorrismo della Cia, che dice: “Si tratta solo di un frammento di un programma. Snowden ha riempito i suoi computer di un sacco di documenti, ma a casaccio. Dopo tutto è un tecnico, non ha la visione d’insieme che lo avrebbe aiutato a capire cosa stava facendo. Ora ci va regalando un pezzettino qui e un pezzettino lì. Quando ho letto questi fatti ho subito capito che si trattava di Prism, mo ho anche immediatamente capito che Snowden aveva acchiappato qua e là, senza sapere i retroscena o l’uso reale che del programma si fa”. Cannistraro spiega che le operazioni antiterrorrismo gli Usa le fanno in pieno accordo con la Nato. E sono “joint venture, perché tutti i Paesi sono a rischio”. Insomma, lei dice che gli europei sapevano e fingono di essere indignati? “Non tutte le parti di un governo sanno quel che un governo fa. Questo è vero per vari governi europei, anche della Germania e dell’Italia. Certe operazioni segrete devono rimanere segrete. Quindi non escludo che ci siano parlamentari meravigliati o indignati. Ma anche a costoro vorrei dire: noi dell’antiterrorismo lavoriamo per proteggere la vita dei nostri cittadini”.

Su La Stampa viene intervistato l’ex capo della Cia Woolsey, che di Putin dice: “Applica la logica stalinista del debole che soccombe al forte. Ci considera deboli, si ritiene forte e agisce di conseguenza”. Cosa fa Putin? Punta ad “estrarre il maggior numero possibile di informazioni, umiliare gli Stati Uniti, e dimostrare che lui è più forte”.

 

Su Il Messaggero una corrispondenza da New York fa il punto sulla vicenda Snowden: “E adesso comincia lo scaricabarile”. Si racconta delle dichiarazioni del presidente dell’Ecuador, Correa, che ieri ha detto che Edward Snowden “non è nelle mani dell’Ecuador e ricade sotto le autorità russe”. Quello ecuadoregno “non è un totale dietrofront”, scrive il quotidiano, ma certamente Correa ha parlato per oltre un’ora al telefono con il presidente Usa Biden, che gli ha ricordato l’eccezionale accordo commerciale tra i due Paesi, “che apre le porte americane ai prodotti ecuadoregni senza l’imposizione di alcuna tassa”. Inoltre Correa vorrebbe evitare di sembrare una pedina nelle mani di Julian Assange, che ha gestito i movimenti di Snowden ed ha spinto perché – con un foglio di via dell’ambasciatore ecuadoregno a Mosca – potesse imbarcarsi su un volo per Quito.

 

Egitto

 

Su L’Unità si racconta della “folla oceanica” che “tinge di rosso” piazza Tahrir. E’ il colore dei cartellini che decretano “l’espulsione” del presidente Morsi, un anno dopo la sua elezione. A partire dal primo pomeriggio almeno otto marce diverse si sono mosse verso la piazza: tra le sigle, la Confederazione dei sindacati, il consiglio dei giovani, l’Unione dei giovani di Maspero, che raccoglie rivoluzonari a prevalenza copti, il sindacato degli attori. I sostenitori del presidente, i Fratelli Musulmani, sono invece riuniti da sabato sera davanti ad una grande mosche nalla parte orientale del Cairo. Il movimento ispiratore delle proteste si chiama Tamarod (Ribelle), ed annuncia di aver raccolto 22 milioni di firme per la destituzione di Morsi, otto milioni in più dei voti ottenuti dal Presidente lo scorso anno.

Su La Repubblica un reportage di Bernardo Valli parla della “incognita delle forze armate” sul duello tra Fratelli Musulmani e “pionieri della Rivoluzione laica”.

La Stampa: “Due milioni di ‘guerrieri’ sfidano Morsi al Cairo. ‘In piazza finché non va via’. Manifestazioni in tutto il Paese: morti e feriti negli scontri”. Il reportage dedicato alla protesta dei “Ribelli Tamarod” si affianca ad una intervista ad Amr Moussa, ex segretario della Lega Araba, ex ministro degli esteri, leader della opposizione antigovernativa, parla degli errori della sua parte di fronte alle 22 milioni di firme raccolte dagli “sconosciuti di Tamarod, che in tre mesi hanno portato in piazza milioni di motivatissime persone”: “L’opposizione è una tavolozza di mille colori, una qualità che alla lunga si è rivelata un handicap. Devo però sottolineare che tutte le nostre proposte sono state rifiutate dal governo, talvolta senza nemmeno essere prese in considerazione”. Il movimento Tamarod “non è venuto fuori dal nulla, ma dalla frustrazione per la performance del governo quanto per quella della opposizione”.

 

Larghe intese

 

Il Messaggero offre una intervista ad Angelino Alfano: “L’Esecutivo non rischia però il Pd si mostri leale”. “Noi sempre corretti alla Camera. Santanché nostra candidata senza alternative, non minaccio ma.., Alcune riforme vanno migliorate in Parlamento, a cominciare dalle coperture sull’Iva”. Il segretario del Pdl parla innanzittutto del Pdl, e del ritorno a Forza Italia: “Silvio Berlusconi coltivava questa idea sin da prima delle elezioni politiche. Le ragioni sono essenzialmente due. La prima, rafforzare il dialogo con coloro i quali, venendo dalla società civile e dalla trincea del lavoro, erano stati la prima constituency di Forza Italia e il cui apporto secondo Berlusconi si è scolorito con l’esperienza del Pdl. E la seconda, per meglio affrontare il tema del fund raising alla luce della nuova legge sul finanziamento dei partiti”. Sul suo ruolo nella nuova FI: “Discutere in questo momenmto di organigrammi di un partito che ancora deve nascere è davvero l’ultimo argomento per importanza”. Ieri il Presidente Grasso, in una intervista a La Repubblica, aveva parlato del “fuoco amico” nel governo, ed aveva parlato della preoccupazione delle cancellerie straniere per queste. “Io, al contrario, in giro per l’Europa ho ricevuto solo complimenti per il senso di responsabilità avuto dal Pdl nel far nascere questo governo. Capisco che la memoria sia corta, ma qualcuno finge di dimenticare quei primi 60 giorni dopo le elezioni, quando Berlusconi lanciò l’idea del governo che poi si è realizzato e il Pd inseguiva Grillo rifiutandosi di accettare ciò che poi la realtà ha imposto”. Grasso ieri ha anche detto che non è affatto scontato il ritorno alle urne nel caso di crisi del governo di larghe intese. “E’ evidente che Grasso era alla sua prima intervista di peso e deve ancora prendere le misure con la sua nuova funzione. Berlusconi ha già ribadito di non avere alcuna intenzione di far cadere il governo. E semmai questo dovesse accadere le scelte competeranno alla prima carica dello Stato, non alla seconda”. Sulla eventualità che nasca un governo Pd-dissidenti del Movimento 5 Stelle: “Almanaccare su questo significa togliere credibilità al governo. Quando il governo non dovesse averne più ne prenderemo atto, ma intanto evito di inseguire logiche da fantacalcio”. Infine, sulla elezione di un nuovo vicepresidente della Camera, in quota Pdl (che candida Santanchè): “Daniela Santanchè è la nostra candidata senza alternative e non c’è ragione alcuna per cui il Pd debba dire di no. Noi abbiamo votato alle presidenze di commissione esponenti Pd iper-connotati dal punto di vista partitico, in un quadro di accordi generali per assicurare l’avvio della legislatura”. “Ora chiediamo al Pd di ricambiarci con la stessa lealtà”. “Non sono abituato a concludere le mie frasi con le minacce. Ma certamente ci attendiamo la stessa correttezza che abbiamo avuto noi”.

Su Il Giornale si legge: “Voto sulla Santanchè, test per le larghe intese. La deputata Pdl corre per la vicepresidenza della Camera: ‘Stupore se scattano trappole”. “Nel Pd Civati e Laforgia guidano la fronda dei contrari alla candidatura”. Civati ieri ha scritto un tweet: “La Santanchè si presenta oggi come candidata del Pd e del Pdl alla vicepresidenza della Camera. Fa piacere apprenderlo dai giornali, dopo l’ampia e approfondita discussione che non c’è stata. Ricordate: se non votiamo la Santanchè ‘potrebbe cadere il governo’. Ogni settimana ha la sua croce”.

Lo stesso quotidiano, in un retroscena, diche che stasera ci sarà una manifestazione sulla giustizia ad Arcore, e che Berlusconi “non esclude di parlare” per ringraziare i partecipanti e “dire due parole due sulle note vicende giudiziarie. Un discorso, insomma, che a seconda di quanto sarà tarato potrebbe essere più o meno devastante. Sempre che le colombe alla Gianni Letta non lo convincano alla fine a tenere un profilo meno movimentista”.

Sul centrodestra, da segnalare anche una intervista a Gianni Alemanno, sul Corrierew: “Alemanno: nel nuovo partito io non ci sarò. A destra serve una aggregazione unica. Presto dire se rinascerà An, ma la Meloni avrà un ruolo centrale”.

Anche oggi i quotidiani dedicano molto spazio al dibattito nel Pd, tra congresso, segretario, candidato premier. L’editoriale del Corriere della Sera, firmato da Ernesto Galli della Loggia, è dedicato alle “mosse sbagliate di Renzi”, ed è titolato “La bulimia del candidato”. Si scrive che “appare sostanzialmente incomprensibile” quanto Renzi sta facendo “da tre mesi a questa parte”, a partire dalla “tentazione” di essere segretario di un partito “vecchio, conteso tra anziani oligarchi e quarantenni ribelli ma dell’ultima ora”, laddove “Renzi è simbolo di una gioventù vera”. Un partito “simbolo del conformismo culturale”, di quelli “per antonomasia politicamente corretti”. “Non sarebbe più conveniente per Renzi”, invece di partecipare a “manovre”, rilasciare “interviste e dichiarazioni”, “stare ad aspettare sotto la tenda?”. Il Pd sa bene che solo a Renzi potrà ricorrere per vincere, dice Galli della Loggia. E a quel punto lui “sarebbe in grado di imporre” le sue condizioni di novità e di rottura che ha saputo rappresentare.

 

E poi

 

Dopo l’allarme lanciato dall’Unesco su Pompei, il Messaggero intervista il ministro della Cultura Bray. “Il sopralluogo dell’Unesco risale a gennaio e fa emergere problemi che ci sono. A cominciare da quello del personale insufficiente. Un governo che dice dal primo giorno che vuole mettere al centro della propria politica la cultura e il turismo deve venire a capo dei problemi di Pompei e risolverli subito. Ciò vale anche per altri luoghi storico-artistici”. Il titolo: “Per Pompei e il Colosseo servono fondi e personale”.

Una intervista a Bray anche su L’Unità: “Sulla cultura il governo si gioca tutto”.

L’inserto R2 de La Repubblica decia un ampio reportage all’ingresso della Croazia nella Unione Europea. Da oggi è ufficialmente il ventottesimo Stato dell’unione. “Croazia, come è triste l’Europa”, con intervista allo scrittore Predrag Matevejevic (“Frontiere finalmente aperte, ma con venti anni di ritardo”)

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *