La Boccassini chiede 6 anni e l’interdizione perpetua per il Cav.

 

Il Corriere della Sera: “Chiesti 6 anni per Berlusconi”. “La requisitoria del pm Boccassini al processo Ruby: interdizione perpetua dai pubblici uffici”. “L’ira del Cavaliere: solo odio e bugie, povera Italia”. A centro pagina: “Il piano Letta per le riforme. Una leggina anti Porcellum prima delle nuove regole”.

 

La Repubblica: “’Condannate Berlusconi a 6 anni’”. “Dura requisitoria del Pm, che chiede anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per i reati di concussione e prostituzione minorile”. “Il Cavaliere: bugie e odio, povera Italia.” A centro pagina – la notizia con foto è anche su altri quotidiani: “Muore anche il ragazzo aggredito dal picconatore”. “Milano, Daniele aveva 21 anni. Il dolore del padre”.

 

La Stampa: “’Sei anni per Berlusconi’”. Il quotidiano evidenzia anche la “polemica” per “una frase a sfondo ‘razzista’” della Boccassini, che ha definito “furba di quella furbizia orientale” la giovane Ruby.

 

Il Fatto quotidiano: “’Berlusconi, sesso con Ruby, sei anni e interdetto a vita’”. A centro pagina il quotidiano ricorda l’attentato del 14 maggio 1993 a Roma contro Maurizio Costanzo_ “Via Fauro, 20 anni fa la bomba che preparò la trattativa”. Il quotidiano intervista Costanzo, che ricorda l’attentato. “Quando guardai i Graviano negli occhi con l’incubo del botto”.

 

L’Unità: “’Sei anni di carcere al Cav’”. A centro pagina: “Grillo e gli altri. L’imbroglio dei follower. Tanti falsi seguaci su Twitter. Si comprano e si sbandierano come consensi. I leader sono tutti un po’ falsari, il capo dei 5 Stelle molto di più”.

 

Il Giornale: “Condannato a morte. La forca per Berlusconi. Caso Ruby, la Boccassini chiede 6 anni e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Il teorema: due reati, ma senza le vittime. Il Cav :’Vogliono farmi fuori politicamente’”. A centro pagina: “Pisapia choc: ‘Le picconate? Colpa dei milanesi’”. Il sindaco ha accusato “chi non ha dato l’allarme”, dice il quotidiano.

 

Libero: “Alla Boccassini manca il pistolino fumante. Nessuna prova decisiva, testimonianze contraddittorie, presunte vittime che negano di esserlo. Ma la pm tira dritto e chiede per Berlusconi sei anni di carcere e l’interdizione perpetua: colpevole a prescindere”.

 

Il Foglio. “Tristizia della dottoressa Ilda”

 

Berlusconi-Ruby

 

Ilda Boccassini ieri, nelle sue quattro ore di requisitoria al processo Ruby, ha chiesto sei anni di reclusione e l’interdizione dai pubblici uffici a vita per Silvio Berlusconi. Berlusconi, per nascondere il suo rapporto con la giovane prostituta minorenne, avrebbe abusato delle sue funzioni di primo ministro, telefonando in questura. La pm – scrive Il Giornale – doveva dunque dimostrare che Berlusconi, “oltre a fare sesso con Ruby, era consapevole della sua età. Per raggiungere il primo obiettivo è necessario convincere il tribunale che i funzionari di polizia hanno mentito drante le indagini e poi in aula, sotto giuramento, soprattutto il commissario Giorgia Iafrate, che ordinò alla fine il rilascio di Ruby. Il secondo obiettivo, dimsotrare che il Cavaliere sapeva che quela stangona tirata a lustro aveva solo diciassette anni, è il passaggio su cui la procura sa di essere debole. E’ vero che nelle intercettazioni Ruby dice che, dopo il secondo incontro, il pigmalione conosceva la verità, ‘perché glielo aveva detto Lele Mora’. Ma le intercettazioni e anche i verbali di Ruby sono un bailamme dove sta dentro di tutto e di più, e dove difficilmente si potrà convincere la corte a prendere per buono solo ciò che fa gioco all’accusa. Così Ilda punta soprattutto sulla prova logica: ‘Emilio Fede sapeva quanti anni aveva Ruby. E qualcuno può dubitare del rapporto di fedeltà assoluta di Emilio Fede nei confronti dell’allora presidente del Consiglio? Possiamo immaginare che una persona che ha la sua vita, il suo credo nel presidente del Consiglio, non lo abbia avvertito dall’inizio che stava introducendo nelle serate di Arcore anche una minorenne’?”.

Emilio Fede viene intervistato dal Corriere della Sera: “’Su di me bugie. E Silvio non mi invita più”. Fede nega di aver saputo che Ruby fosse minorenne: “La prima volta in cui l’ho incontrata ho chiesto: chi l’ha portata? E lei: ma come, non si ricorda di me? Ho partecipato al concorso a Letojanni. E allora mi sono ricordato vagamente che tra le ragazze dell’evento in cui ero in una giuria in Sicilia. Tutto qui… Io mi ricordo che ne dimostrava 28, di anni. Era corpulenta, alta. Cosa potevo pensare? Che Berlusconi chissà quali progetti sessuali avesse? Non era una ragazza che potesse interessarmi”.

La Stampa, in un “retroscena” dedicato alla “pignoleria della Boccassini”, si sofferma sui “pagamenti del contabile Spinelli, l’enorme somma uscita dai conti dell’imputato ‘per il suo piacere’: 7 milioni e 900 mila Euro nel 2009, 12 milioni nel 2010, di cui ‘5 milioni a Ruby’, ‘come risulta dopo gli appunti trovati a casa sua e dalle telefonate’. Soldi che corrispondono quasi alla virgola a quelli usciti dai conti di Berlusconi tra l’ottobre e il dicembre 2010, nel periodo cioè in cui esplose l’inchiesta. Documenti, testimonianze, prove per raccontare la storia di Karima El Megrough , la Ruby rubacuori che su Facebook mostrava le foto della sua principale attività: ‘Quella di prostituta’. E commette anche una mezza ‘gaffe’ quando la descrive come ‘persona intelligente, furba, di quella furbizia orientale delle sue origini. Karima – dice – riesce a sfruttare il suo essere extracomunitaria musulmana, scappata da un padre padrone. Apriti cielo: razzista, ignorante, sessista”.

La Repubblica dà conto della rabbia della presidente dell’Associazione delle donne marocchine in Italia, “e non solo”, Suad Sbai, per quella frase della Boccassini sulla furbizia “orientale”.

La Stampa racconta anche la reazione di Berlusconi, che si trovava in famiglia ad Arcore durante le ore della requisitoria: “Ci provano in tutti i modi nelle urne e non ci riescono. Ci provano nelle aule dei tribunali, ma non avranno mai la mia testa sul patibolo”, “povera Italia, dove la magistratura formula teoremi, illazioni, forzature, falsità, ispirate dal pregiudizio e dall’odio, tutto contro l’evidenza, al di là dell’immaginabile e del ridicolo. Ma tutto è consentito sotto lo scudo di una toga”. Lo stesso quotidiano spiega però che Berlusconi continua a tenere distinte le sue vicende giudiziarie dalle sorti del governo: “Non ci sarà un fallo di reazione su Palazzo Chigi”, avrebbe detto. Si riferisce anche della reazione di Daniela Santanché: “Oggi si chiede l’ergastolo per Berlusconi, perché chiedere l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per un politico equivale all’ergastolo”.

Su Il Giornale, in prima pagina, l’editoriale di Alessandro Sallusti: “Ergastolo: non potendo chiedere quello fisico, la Boccassini ci prova con quello politico. L’interdizione perpetua dai pubblici uffici, oltre alla condanna a sei anni. Secondo Sallusti c’è sproporzione tra la debolezza degli indizi raccolti a sostegno del teorema accusatorio e la pena richiesta, poiché si chiede l’ergastolo politico per due reati -concussione e sfruttamento della prostituzione – che ancora oggi restano senza vittime. Nega di esserlo Ruby (“Non ho mai avuto rapporti sessuali con Berlusconi”), negano i funzionari della questura di Milano (“Non siamo stati condizionati o intimiditi la sera della telefonata di Berlusconi”). La Boccassini, scrive Sallusti, ha definito Ruby “esempio di furbizia orientale”, concentrando in questa frase “l’essenza del processo: un pregiudizio geopolitico e un falso, essendo il Marocco, Paese d’origine della ragazza, a occidente”. Insiste sul tema anche Fiamma Nirenstein (“Quello stereotipo indegno dell ‘orientale’”).

Giuliano Ferrara scrive che “è più di una gaffe, è tristizia, nel senso di una malinconica propensione a vedere il lato malvagio delle cose, e a identificarsi con una antropologia negativa fino all’ossessione, frammista a una evidente misoginia”, “è una deviazione dalla giustizia penale. La giustizia, di per sé, non è mai moralista”. Il Fatto infierisce sul “flop di ascolti” del programma andato in onda su Canale 5 domenica sera. “La guerra dei vent’anni, Ruby ultimo atto”. Ha avuto soltanto il 5,88 per cento di share. E nota che dalla discoteca del “bunga bunga” è misteriosamente sparito da lap dance.

 

Riforme

 

Spiega Il Sole 24 Ore che il Presidente del Consiglio Letta ieri ha auspicato che per il governo “d’ora in poi valga lo spirito di Spineto”, ovvero che ci si scontri o, come ha detto, ci si “confronti con franchezza e lealtà nello spogliatoio, ma poi, una volta fuori, si torni ad essere ‘squadra’”. Tuttavia la convergenza all’interno del governo – spiega Il Sole – non si trova neppure sulle riforme a costo zero: il premier ieri, dopo aver rilanciato le riforme costituzionali, ha spiegato che serve fin d’ora mettere una “rete di protezione”, una sorta di clausola di salvaguardia anti-porcellum. “Con questa legge elettorale non si può andare a votare – ha detto Letta, che ritiene indispensabile procedere immediatamente ad “alcuni ritocchi” in modo che – scrive il quotidiano – qualora la situazione precipiti, gli italiani non siano costretti a tornare alle urne con l’attuale sistema. Del resto Letta lo aveva già detto in occasione del suo intervento programmatico alla Camera: allora, sia pure a titolo personale, si espresse a favore di un ritorno al Mattarellum. Ma dal Pdl è arrivata immediata la replica: la legge elettorale si farà solo dopo le riforme costituzionali. Renato Brunetta e Maurizio Gasparri rispondono all’unisono: prima non se ne parla, visto che dipende dalla forma di governo che adotteremo. Del resto, i sondaggi attuali danno il centrodestra in vantaggio e, se il governo dovesse naufragare, Berlusconi non vuole privarsi della possibilità di prendere il premio di maggioranza alla Camera che un domani gli consentirebbe di essere il principale azionista nella scelta del Presidente della Repubblica. Scrive Il Fatto che sullo “spirito di Spineto” si allunga sempre di più la sinistra ombra del Cavaliere, “il nuovo Ghino di Tacco che tiene in ostaggio il governo, con i suoi guai giudiziari e i suoi calcoli politici”.

Il Corriere della Sera descrive ampiamente la mediazione di Letta e titola: “’Leggina’ per cambiare il porcellum, il piano di emergenza del premier”. I ritocchi sarebbero in uno o due articoli, con una soglia del 35-40 per cento per il premio di maggioranza. Il ministro delle riforme Quagliariello ha detto che è sua intenzione sondare su questo tema anche i cittadini, con una grande consultazione pubblica: un sondaggio che si avvarrà anche del sostegno di università, fondazioni, web. Secondo il Corriere il presidente del Consiglio sarebbe orientato a procedere con una “manutenzione” del Porcellum nel solco tracciato dalla sentenza della Corte Costituzionale: ora per ottenere la maggioranza a Montecitorio basta un voto in più, mentre con la leggina che Letta immagina occorrerà il 35 o il 40 per cento dei consensi.

 

Economia

 

Nella agenda dei “primi cento giorni” del governo c’è innanzitutto l’economia, come scrive Europa: “Lavoro per i giovani, piano fiscale per la casa, pacchetto di agevolazioni per chi ha voglia di fare. A Spineto Letta annuncia: venerdì il decreto su Cig e Imu”.

La Repubblica: “Imu e riforme, il piano Letta in quattro mosse”. E nelle pagine interne si scrive che Letta “punta a nuove semplificazioni. Dossier Sviluppo-Antitrust sulla concorrenza”. Si prevedono anche tagli all’editoria, mentre non sarebbero previste tasse sulla sigaretta elettronica, di cui pure si era parlato qualche giorno fa.

L’Unità spiega che il ministro Saccomani ieri ha lasciato Spineto per Bruxelles, per un Eurogruppo e poi una riunione dell’Ecofin, con l’obiettivo di “rassicurare i partner sulla tenuta dei conti italiani”.

Anche sul Sole si legge: “Conti, Saccomanni rassicura la Ue. Il ministro: le misure non alterano i saldi. Dijsselbloem: piano ambizioso, l’Europa valuterà”. Il quotidiano di Confindustria spiega anche che i tecnici del ministero dell’Economia sarebbero al lavoro per intervenire sull’Imu per le imprese. “A confermare che si interverrà anche per sospendere il pagamento dell’Imu ‘sui capannoni’ è stato il sottosegretario all’Economia Bareta, che ha precisato come ‘sia necessario che l’intervento di sospensione non sia solo sulla prima casa, ma anche sui beni strumentali’. I nodi da sciogliere, sia per l’Imu che per il rifanziamento della Cig restano le coperture. Anche se Baretta minimizza e precisa che per la sospensione non è necessaria la copertura. Il problema vero è a settembre-ottobre. Ora occorre concentrarsi sul superamento della procedura di infrazione della Ue che apre nuovi scenari a livello di margini, credibilità e autorevolezza dell’Italia in Europa”. Poi, in autunno, si farà la riforma della tassa sulla casa.

 

Internazionale

 

Su La Repubblica una intervista a Nawaz Sharif, il vincitore delle elezioni in Pakistan, che ieri ha incontrato la stampa internazionale. Sull’uso dei droni in Pakistan: “Gli Usa hanno sfidato la sovranità del Pakistan in molti modi, e i droni sono uno di questi. E’ un argomento che prendiamo molto sul serio e ne abbiamo già parlato spesso con gli amici americani”. Sui taleban: “Tutti sanno che il Pakistan è fedele nella sua alleanza con gli Stati Uniti e ripeto che continueremo su questa strada. Vedremo che cosa fare caso per caso, ma prima dovremo approfondire l’argomento con le istituzioni interessate (l’esercito, ndr)”. Sull’esercito e la collaborazione con il governo: “Certo, lavoreremo insieme, è la Costituzione ad assegnare al primo ministro il compito di utilizzare tutte le forze del Paese. Se ci baseremo sulla Costituzione ogni cosa andrà al suo posto”. E’ stato l’esercito a destituirla quando era premier… “E’ stato il generale Musharraf: penso che il resto dell’esercito non condividesse la sua decisione, e dunque non ritengo l’esercito responsabile”.

 

Su Il Foglio si torna sull’attentato di Reyhanli, la città di confine turca dove sabato scorso sono esplose due autobombe, che hanno provocato quasi 50 morti. Secondo le autorità turche gli autori sarebbero appartenenti a Muqawama Suriya, ‘resistenza siriana’, movimento turco di estrema sinistra che organizza parate a favore di Assad ella vicina Antiochia, a 40 chilometri dal confine, e i cui leader hanno spesso trovato rifugio in Siria.

Su La Repubblica si parla di un “video choc” la cui attendibilità è da verificare, di cui ha parlato l’organizzazione Human Rights Watch: si tratta di un video postato su alcuni siti tunisini in cui si vede un miliziano anti-Assad che sventra con il coltello un cadavere di un giovane militare siriano, ne strappa il cuore e lo addenta. Poi lo innalza e grida Allahu Akbar. Secondo HRW nel video sarebbe riconoscibile il comandante ribelle Abu Sakkar, uno dei fondatori della brigata Farouk di Homs. A confermare l’identità del comandante sarebbero stati anche alcuni abitanti Homs.

Di Siria hanno parlato ieri Cameron ed Obama. Scrive La Stampa: “Obama-Cameron: nuova Siria senza Assad. Da Mosca sì alla ‘soluzione politica’. L’Ue al centro del summit. Il premier inglese: sbagliato uscire ora”. Si sta lavorando alla preparazione di una conferenza in preparazione a Ginevra fra le forze dell’opposizione” siriano, conferenza definita “un momento di svolta”. Cameron ha detto che sull’uso di armi chimiche da parte del regime di Assad “abbiamo prove serie”, e Obama ha aggiunto: “dalle armi chimiche dipendono i nostri passi”. “Il messaggio a Mosca è chiaro: senza soluzione politica, Usa ed Europa seguirebbero altre strade”.

 

Sul Corriere della Sera un articolo su quello che è apparso in Libia come il più grave attentato del dopo Gheddafi: a Bengasi, almeno 15 morti e 30 feriti, fra cui donne e bambini. Negli ultimi tempi, nella città, sono stati quasi quotidiani gli attacchi, ma avevano come oggetto sedi della polizia, rappresentanti delle forze dell’ordine o funzionari. Oppure, l’11 settembre 2012, il consolato Usa. Tra i sospettati dell’attentato di ieri ci sarebbero salafiti qaedisti vicini agli autori dell’attentato che costò la vita all’ambasciatore Usa Stevens. Sarebbe il loro segnale perché venga chiusa ogni inchiesta. Un altro filone delle indagini punta invece ai superstiti del regime di Gheddafi che ora, con l’indebolimento del governo di Ali Zeidan, alzano la testa. Il quotidiano dà conto di un braccio di ferro nella capitale tra le milizie vicine ai Fratelli Musulmani e il fronte laico di maggioranza, dopo l’imposizione di una legge destinata a vietare da giugno ogni carica politica e pubblica a chiunque abbia avuto contatti anche minimi con il vecchio regime. La misura riguarderebbe mezzo milione di persone e coinvolgerebbe anche politici laici che furono vicini a Gheddafi in parte, compreso l’ex premier del Consiglio transitorio Jibril, attuale capo della Alleanza delle forze nazionali, ovvero il primo partito libico.

 

La Repubblica racconta che nel corso della conferenza stampa con il premier britannico Cameron, Obama è stato costretto sulla difensiva, perché sollecitato a parlare di politica interna, e in particolare di uno scandalo fiscale: all’origine delle polemiche c’è una ispezione interna dell’Internal Revenue Services (Irs) il settore del ministero del tesoro che gestisce le entrate fiscali. Avrebbe compiuto accertamenti fiscali mirati contro organizzazioni e movimenti di destra, e nel mirino degli ispettori del fisco sarebbero finiti diversi gruppi vicini al tea party. Una sorta di accanimenti fiscale rispetto al quale Obama ha promesso di reagire con severità: “Non tollero queste cose, e troveremo la verità su quel che è accaduto. Se funzionari dell’Irs sono coinvolti in comportamenti come quelli descritti, cioè prendevano di mira deliberatamente gruppi conservatori, è inaccettabile e dovranno risponderne”.

L’ufficio dell’Irs di Cincinnati, racconta La Repubblica, ha il compito di controllare quelle ong non profit che godono di un privilegio fiscale (le donazioni sono deducibili dall’imponibile). E secondo le rivelazioni di alcuni quotidiani, nel 2010 avrebbe iniziato a fare ricerche sistematiche su gruppi che avevano le parole “Tea Party” o “Patrioti” nelle loro ragioni sociali. Via via, la selezione si sarebbe allargata ad altri movimenti politici di destra, anti tasse, anti Stato, anche anti abortisti. Se ne occupa anche il Corriere della Sera , spiegando che la responsabile dell’ufficio di Cincinnati venerdì scorso si è scusata. Il Corriere spiega che i controlli sono difficili e delicati, anche perché comportano un notevole margine di discrezionalità. I funzionari devono tracciare una linea tra la diffusione di principi politici generali e il sostegno a un certo candidato. Durante la campagna di mid term del 2006, ad esempio, fece scalpore la sortita dell’Irs che prese di mira alcuni telepredicatori: oltre a fare i pastori di anime, nell’imminenza delle elezioni usavano le loro mega chiese per appoggiare qualche aspirante parlamentare. I depliants sparirono dai templi, i pastori si fecero più prudenti nei loro sermoni, e tutto finì lì. Le congregazioni restarono esentasse.

 

E poi

 

IL Corriere dedica due pagine alla Gran Bretagna: “Il dilemma di Londra, riformare l’Europa o avviarsi all’uscita. Cameron e il referendum nel 2017. Oggi la prima proposta di legge dopo le pressioni nel suo partito”. Una intervista a Brendan Donnelly, ex eurodeputato conservatore, dal 2003 direttore del Federal Trust, uno dei più autorevoli think tank britannici, che “monitora con acume e spirito critico il funzionamento della Ue e il rapporto tra le due sponde della Manica”. Sul referendum previsto nel 2017, dice che “è poco probabile” che si faccia, perché nel partito di Cameron “non esiste una maggioranza pro-referendum” e gli alleati liberaldemocratici non lo vogliono. “La partita di Cameron è soprattutto contro la paura dei Conservatori di perdere seggi nel 2015, non necessariamente a favore dell’estrema destra dell’Ukip, che resta un partito concentrato sulla protesta. Il pericolo viene da laburisti e lib-dem, ben radicati in precise, strategiche circoscrizioni”. “Se restiamo esclusi dal club dovremo subirne le regole”, il titolo dell’intervista.

Su L’Unità una pagina è dedicata ad un “dossier” sui neo-nazionalismi che “crescono nell’Europa della crisi”. “Un fenomeno in crescita. Nel 2014, nel Parlamento di Strasburgo, almeno un quarto dei deputati potrebbe essere ‘euroscettico’”.

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