Janet Yellen: una ‘lei’ scelta da Obama per la Federal Reserve.

Corriere della Sera: “’La clandestinità non sarà reato’”, “Primo sì in Senato di Pd, Sel e 5 Stelle. Gelo del Pdl”, “Via libera del governo, cambia anche il diritto d’asilo. A Lampedusa contestati Letta e Alfano”.

A centro pagina un titolo sul via libera del governo alla manovra economica: “Vendita di immobili e tagli ai ministeri”.

Un titolo in prima anche per la nomina di Janet Yellen alla Federale Reserve: “Yellen, la banchiera anti disoccupazione”.

 

La Repubblica: “’Via il reato di clandestinità’”, “primo sì in Senato. Letta, Alfano e Barroso fischiati a Lampedusa”.

A centro pagina: “Nella manovrina tagli e vendite di immobili”.

 

La Stampa: “Tagli e vendite di immobili, ‘Così rientreremo dal deficit’”, “La manovra del governo da 1,6 miliardi: ridotte le spese di ministeri ed enti locali. Per ora non ci sono i soldi per la Cig”, “Alitalia: rischio commissariamento. Rete Telecom, pronti i decreti”.

Sotto la testata: “Lampedusa, Letta si scusa. Primo sì all’abolizione del reato di clandestinità”. E la polemica che vede coinvolto il ministro del Lavoro: “’Italiani poco occupabili’. E’ polemica su Giovannini. Lui: serve più formazione”.

 

Il Sole 24 Ore: “Manovra con tagli e immobili”, “Saccomanni: ora obiettivo cuneo fiscale. Rinvio sui fondi alla Cig”.

A centro pagina: “Alitalia, al lavoro sul salvataggio”, “Due le ipotesi: ingresso di un socio pubblico o commissariamento”.

 

Il Giornale: “Niente tasse, vince il Pdl”, “Sconfitta la sinistra: il governo rinuncia ad aumentare le imposte troverà i soldi da tagli e dismissioni. E’ la ricetta economica di Berlusconi. Alfano e gli altri ministri: saremo le sentinelle anti-stangata”.

A centro pagina, con foto su Letta e Barroso a Lampedusa”: “Il giorno dei fischi giusti e delle scuse sbagliate”, di Ida Magli.

E sullo stesso tema: “Blitz al Senato per uccidere la Bossi-Fini”, “Alleanza sinistra-Cinque stelle”.

 

Libero: “Come aggiungere 300 euro alle nostre buste paga”, “Più sgravi sui buoni pasto, ticket trasporto deducibili, pacchi spesa per i dipendenti: tre mosse esentasse che costano 3 miliardi ma ne ‘muovono’ 34”, “Manovrina: Ano ferma Letta su imprese e benzina. Colpiti i Comuni virtuosi”.

A centro pagina, una intervista in cella a Monsignor Scarano: “L’ex manager del Papa: ‘Temo che in Vaticano vogliano avvelenarmi’”.

E la questione immigrazione: “Pd e Grillo fan fuori la legge anti-clandestini”.

 

Il Fatto: “ci raccontano balle. Con l’indulto B. è libero”.

A centro pagina: “M5S, Pd e Sel impongono il no al reato di immigrazione illegale”.

 

L’Unità: “Primi colpi alle leggi-vergogna”, “Letta a Lampedusa annuncia: cambieremo la Bossi-Fini. ‘Chiedo scusa per le nostre inadempienze’. Il premier e Barroso fischiati nel centro di accoglienza. Un emendamento (M5S) in commissione al Senato cancella il reato di clandestinità con il sì del Pd e il parere favorevole del governo”.

La foto è per Enrico Letta, inginocchiato davanti alle bare di Lampedusa.

A centro pagina: “Carceri, Grillo all’assalto di Napolitano”.

In taglio basso sulla “manovrina di bilancio”: “Rinvio per la Cig in deroga”.

 

 

Manovrina

 

Ieri il governo ha varato quella che La Stampa chiama una “manovrina da 1,6 miliardi”, che serve a recuperare 1,6 miliardi “nelle pieghe del bilancio pubblico” per consentire al nostro Paese di “rispettare il vincolo europeo deficit/Pil”. La “manovrina anti-disavanzo” dovrebbe “essere indolore”: 500 milioni arriveranno dalla vendita degli immobili del demanio alla Cassa Depositi e Prestiti, che sborserà l’ingente somma”. E visto che la Cdp è “fuori dal perimetro della pubblica amministrazione (per essendo pubblicissima) si tratta di una operazione di (legittimo) maquillage dei conti. La Cdp poi venderà questi immobili e rientrerà della spesa. L’altro miliardo e 100 milioni arriveranno da un congelamento di spese differibili e da una riduzione delle spese dei ministeri e degli enti locali. I tagli, che saranno “in forma più o meno lineare”, come ha detto Saccomanni, non riguarderanno l’Istruzione, la Ricerca, la Sanità. Ieri si è parlato per tutto il giorno di un incremento delle accise sulla benzina e di un aumento dell’acconto Ires, poi smentito dal ministro, che ieri ha anche ironizzato sul “bombardamento di notizie non vere” sul tema. Il governo ha deciso di occuparsi di Cassa integrazione in deroga e di altri temi in un prossimo consiglio dei ministri.

Guido Gentili, in prima pagina sul Sole 24 Ore, scrive che il fatto che il governo abbia “sciolto il nodo delle coperture finanziarie per 1,6 miliardi, per chiudere il 2013 sotto il tetto del 3 per cento, ndr) senza aumentare le tasse è una “notizia positiva”. Gentili scrive che tuttavia si tratta pur sempre di una “manovrina”, che equivale ad uno 0,1 per cento del Pil e che ieri non ha affrontato il problema della cassa integrazione straordinaria. Tra cinque giorni, invece, “l’orchestra di governo dovrà suonare un’altra musica. Si avvicina infatti la scadenza della legge di Stabilità, il documento chiave della politica economica per il 2014 e non solo. Sul piatto c’è soprattutto il promesso taglio del cuneo fiscale” e tornanti difficili come la nuova service tax e lo scoglio della seconda rata Imu, che vale da sola 2,4 miliardi: “Sarà questa la prova del fuoco per il governo e la maggioranza che lo sostiene”. E per fare un solo esempio, l’Anas ieri ha chiesto 850 milioni per evitare il blocco dei pagamenti ai fornitori e 3,1 miliardi per completare gli ultimi 59 chilometri della Salerno-Reggio Calabria.

Il Corriere della Sera scrive che dalla manovra economica che dovrà riportare il disavanzo 2013 entro la soglia del 3 per cento del Pil sono saltati l’aumento dell’acconto Ires e Irap dal 101 al 103 per cento per le imprese, e il previsto aumento delle accise sulla benzina di 6,5 centesimi al litro. Le misure approvate saranno sufficienti a correggere la percentuale di deficit solo se entro il 31 dicembre entreranno nelle casse dello Stato i 2,4 miliardi di euro mancanti e corrispondenti al saldo Imu. Se quest’ultimo verrà abolito bisognerà compensare questa minore entrata con altre misure.

Nelle stesse ore in cui il governo discuteva della manovra, il fondo monetario internazionale si augurava che una possibile abolizione dell’Imu venga compensata con altre tasse o tagli alla spesa: e sull’Iva raccomandava – oltre ad allargare la base imponibile – di combattere l’evasione fiscale. A parlare è stato il vicedirettore del dipartimento affari fiscali Michael Keen: se poi l’aumento dell’Iva dovesse rientrare dovrebbe venire compensato da altre misure, così come lo stop alla cancellazione dell’Imu.

 

Lampedusa, Bossi-Fini

 

La Repubblica scrive che le firme sulla petizione per l’abolizione della Bossi-Fini sono arrivate a 40 mila. Un dossier del quotidiano si occupa dei costi della Bossi-Fini, il complesso meccanismo di contrasto alla immigrazione regolare che fa ricorso ad espulsioni, centri di identificazione ed espulsione e reato di clandestinità. Quest’ultimo è stato introdotto nel 2009, e la Procura di Agrigento, ora impegnata su Lampedusa, ricorda che dalla sua entrata in vigore nella sola città di Agrigento sono stati aperti 5111 fascicoli, per 12.867 indagati. Contro il reato di immigrazione clandestina, però, l’ufficio giudiziario ha sollevato una eccezione di costituzionalità rigettata però dalla Corte di Cassazione nel 2011. I Pm hanno poi richiesto l’archiviazione per gli indagati, che il giudice di pace ha rigettato imponendo l’imputazione coatta con successiva condanna che si è tradotta in una sazione amministrativa di 5 mila euro. Ma ad Agrigento nessuno ricorda che ne sia mai stata pagata una. In compenso sono lievitati i costi e l’impegno di uomini e mezzi per identificazioni, notifiche, processi, traduzioni e la parcella degli avvocati, che sono sempre d’ufficio e quindi a carico dello Stato. In base alla Bossi Fini l’allontanamento degli irregolari dovrebbe avvenire direttamente alle frontiere o dopo l’ingresso nel territorio italiano, ma, secondo la ricerca del sociologo Asher Colombo oggi in Italia solo il 28 per cento dei rintracciati in posizione irregolare viene espulso, contro il 49 per cento del 2003. Un calo dovuto in parte alla sentenza del 2004 della Corte Costituzione, che ha sbarrato la strada ai rimpatri senza il preventivo controllo da parte di un magistrato. Ecco perché La Repubblica spiega che i pm chiedono sempre di archiviare alla fine si arriva solo a multe che nessuno paga: è “la macchina mangia-soldi” della legge della discordia.

 

Carceri, amnistia

 

Il Corriere della Sera si occupa del “piano” che l’Italia sta elaborando per evitare di pagare le eventuali sanzioni imposte dalla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo a causa dei circa 2800 ricorsi pendenti contro le condizioni di sovraffollamento nelle nostre carceri. E’ possibile che non tutti i ricorsi siano ammissibili o accoglibili, ma il quotidiano che, con la sentenza pilota chiamata Torreggiani dal nome di uno dei ricorrenti, per sette detenuti a quali era stato riconosciuto il trattamento disumano e degradante, la Corte aveva stabilito una sanzione complessiva di 100 mila euro. Moltiplicando questo importo per il totale dei ricorrenti si arriverebbe ad un maxirisarcimento di 40 milioni, solo per i reclami già presentati. L’Italia deve provvedere ai necessari rimedi, e la scadenza fissata dalla Corte è il maggio 2014. Il piano prevede che sia favorito il lavoro, anche perché per chi è attivo durante la pena la recidiva è al 13 per cento, contro l’87 per cento di chi non lavora.

 

Su La Repubblica si dà conto della decisione della Corte Costituzionale sulla questione che riguarda il sovraffollamento. I tribunali di Sorveglianza di Venezia e Milano avevano sollevato due questioni di legittimità in relazione alle condizioni di alcuni detenuti a vivere in pochi metri quadri, al punto da doversi alzare in piedi a turno. Alla Corte Costituzionale avevano chiesto se nell’articolo 147 del codice penale – che disciplina i casi in cui si può evitare il ricorso obbligatorio alla cella (malattia grave, gravidanza) – non si possa prevedere come possibile motivo di esclusione anche il sovraffollamento. La Corte ha giudicato non ammissibili queste due questioni, spiegando in un comunicato che non intende opportuno “sostituirsi al legislatore essendo possibili una pluralità di soluzioni al grave problema sollevato, cui lo stesso legislatore dovrà porre rimedio nel più breve tempo possibile”. Insomma, commenta La Repubblica, come Napolitano anche la Consulta invita il Parlamento a muoversi. La Corte ha affermato infatti che “in caso di inerzia legislativa, si riserva, in un eventuale successivo procedimento, di adottare le necessarie decisioni a far cessare l’esecuzione della pena in condizioni contrarie al senso di umanità”.

Ma se la palla passa al governo e alle Camere, i tempi non paiono affatto stretti, visto che i grillini sono sul piede di guerra contro Napolitano, cui oggi porteranno le loro proposte sul carcere. Grillo in persona ha attaccato ancora il Presidente, convinto come è che l’indulto e l’amnistia favoriscano Berlusconi: “’ccà nisciuno è fesso”, ha scritto Grillo sul suo blog, ironizzando sulle “lacrime napulitane”. E la Guardasigilli Cancellieri è tornata a difendere il Presidente, assicurando che quello di Berlusconi “è un falso problema, in quanto il Parlamento è sovrano e può individuare i reati, per cui basta questo per togliere qualche dubbio”. Sulla stessa pagina, intervista a Giovanni Tamburino, direttore dell’Amministrazione Penitenziaria: “un provvedimento di clemenza non riguarderebbe i corruttori”. Quanti sono i detenuti per reati da colletti bianchi o per evasione fiscale? “Credo che a stento si arrivi a un migliaio di casi, sugli oltre 64500 detenuti oggi. Quindi è evidente che questa realtà è proprio fuori dall’ottica del messaggio di Napolitano”.

Il Fatto invece insiste: “E’ falso che il condono penale di tre anni ordinato da Napolitano non salverà il Caimano. Il governo lavora a un testo che ricalca quello del 2006, che comprendeva i reati di frode fiscale, concussione e corruzione (pene pecuniarie incluse). Proprio quelli per cui è stato condannato è imputato l’ex premier. Il Pd prende tempo per paura della base. 5Stelle oggi al Quirinale dal Presidente”.

Su La Stampa: “Con un indulto di tre anni ventimila fuori prigione”. Poi si descrive la “frenata” del segretario Pd Epifani sul fronte amnistia. Epifani ha preso le difese di Napolitano contro accuse che ha definito “volgari”, perché “la commistione con le vicende di Berlusconi non ha nessun senso”. Ma poi ha precisato, su amnistia e indulto, “vanno spiegati bene alle gente e affrontati con cautela, escludendo i reati già esclusi in passato”. “A cominciare da quelli fiscali e solo al termine, non a monte, di un percorso di riforme”.

L’Unità intervista il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli, che spiega: “Per Berlusconi dipende da come sarà scritta la legge. Ma è ingiusto ridurre il drammatico messaggio di Napolitano al suo caso”.

 

Internazionale

 

“La destra piace solo se fa la vera destra”, scrive su Il Giornale Marcello Veneziani commentando quel che considera il trionfo nei sondaggi del Front National di Marine Le Pen in Francia.

Su La Stampa è Cesare Martinetti ad analizzare “l’onda Le Pen che spaventa l’Europa”. I sondaggi danno il Front National al 24 per cento, in vista del voto per Strasburgo. Ne parlano anche il corrispondente da Parigi Alberto Mattioli (“Il ciclone Le Pen spaventa l’Europa. ‘E ora l’Eliseo’”) e il corrispondente da Bruxelles Marco Zatterin (“Strasburgo teme l’ondata degli euroscettici”).

 

Marine Le Pen viene intervista da La Repubblica e dice: “Sono pronta per l’Eliseo”, “i francesi sono stufi di questa casta Umps (l’acronimo di Ump e Ps, ndr). Abbiamo una classe politica ridicolizzata”. Promette la Le Pen: “Quando saremo rappresentati in massa al Parlamento europeo proporremo un programma in 4 punti: la fine dello spazio di Schengen, l’addio all’euro, il patriottismo economico e la superiorità del diritto nazionale sulle direttive europee”. E “se entro un anno non otterremo soddisfazione su questi punti, promuoveremo in Francia un referendum per l’uscita della Francia dalla Ue. Perché non vuole riconoscere che il Front National è un partito di estrema destra? “Non accetto questa definizione. E’ un modo di chiuderci in un angolo. Siamo un partito patriottico, gollista. Perché come De Gaulle, anche noi difendiamo una Francia sovrana che sappia difendere nel mondo la sua grandeur”. Dice ancora: “Il multiculturalismo ha fallito. Chi vuole vivere in Francia lo deve fare alle nostre condizioni”.

 

La nomina di Janet Yellen alla Federale Reserve viene commentata da Luigi Zingales su Il Sole 24 Ore: “un banchiere centrale con cervello. E cuore”.

Sul Corriere della Serra Giuliana Ferraino traccia il ritratto della Yellen, “il genio che mangia in mensa per capire meglio gli altri”, “una semplicità e cortesia per creare consenso”, “sostiene che un po’ di inflazione faccia bene e guarda soprattutto la disoccupazione”. Ha sposato George Akerlof, premio Nobel per l’economia nel 2001. L’investitura della Yellen rappresenta una svolta epocale, poiché è la prima volta nei 100 anni di storia della Fed che si affida tanto potere a una donna. Ha il pallino della trasparenza, e se oggi la Fed parla in modo più chiaro e la sua politica monetaria è più comprensibile, è anche merito suo, visto che ne è vicepresidente dal 2010. E’ la prima democratica chiamata a gestire il dollaro negli ultimi 30 anni, e la sfida più grande per lei sarà decidere quanto velocemente ridurre il massiccio piano di stimoli, il cosiddetto tapering, lanciato dalla Fed per aiutare la crescita americana e far ripartire l’occupazione.

“La banchiera” è il titolo dell’inserto R2 de La Repubblica dedicato alla Yellen: se ne occupa il corrispondente da New York Federico Rampini, secondo cui si tratta di una svolta “femminista” che scalfisce il predominio maschile nel clud dei “guardiani del denaro”, ma anche di una mossa strategica precisa, perché sarà in prima fila nel proteggere risparmiatori e consumatori. E perché non ha mai lavorato per “quelli di Wall Street dunque non è sospettata di complicità verso i loro eccessi. Rampini scrive che la Yellen sostiene la linea dell’intervento pubblico contro la crisi e che la destra le farà guerra.

Luigi Zingales scrive che la Yellen differisce nella sostanza dallo stereotipo dei banchieri centrali: per lei il tasso di disoccupazione non è solo un’altra statistica, è una tragedia umana. Ma sarebbe sbagliato considerarla, alla pari di Krugman, sostenitrice di una politica monetaria accomodante. Si scontrò con l’allora presidente della Fed Greenspan perchè sosteneva un rialzo dei tassi di interesse per combattere pressioni inflazionistiche. Greenspan non la ascoltò, favorendo così la bolla internet. Ma dove Yellen differisce di più dal tradizionale banchiere centrale è nella sua relazione con il mondo bancario e finanziario, visto che in genere i banchieri centrali o vengono da quel mondo o ne sono affascinati intellettualmente. Marco Valsania, sullo stesso quotidiano, racconta la meticolosità maniacale della Yellen, abituata a non parlar mai senza aver condotto ampie ricerche: a Natale è volata in Germania per dare la caccia a dati appena usciti sulla unificazione tedesca necessarie a una analisi che stava preparando con il marito, economista liberale e premio Nobel Akerlof.

 

Sul Foglio Daniele Raineri riferisce della fuga di notizie verificatasi ieri sui media americani, secondo cui l’Amministrazione Obama si appresterebbe a sospendere l’assistenza finanziaria all’Egitto. E si sofferma su una lunga analisi pubblicata dal Brookings Doha Center, in cui due analisti – Shadi Hamid e Peter Mandaville – sostengono che il colpo di Stato dei militari a luglio è ormai troppo, e Washington deve far chiarezza: la cosa migliore sarebbe prima togliere gli aiuti militari all’Egitto e poi eventualmente farli ripartire in caso di buona condotta. Secondo Raineri l’Egitto in stallo sta correndo veloce verso l’insurrezione islamista.

 

Sul Corriere: “Egitto, Morsi sarà processato. L’America taglia gli aiuti. Il presidente deposto verrà giudicato il 4 novembre”. Ed è accusato di istigazione all’omicidio di oppositori ad un sit in nel 2012.

Sullo stesso quotidiano, una analisi di Franco Venturini sui negoziati di Ginevra e sulle prove di accordo sul discusso programma atomico iraniano: secondo le anticipazioni, Teheran sarebbe pronta a fermare l’arricchimento alla soglia del 20 per cento e a chiudere la centrale di Fordo. Tra cinque giorni, il 15 e 16 ottobre a Ginevra, il nuovo presidente iraniano Rohani dovrà togliersi la maschera, scrive Venturini: “sin qui la sua è stata una offensiva del sorriso”.

 

E poi

 

Il Fatto intervista il direttore di Micromega Paolo Flores D’Arcais che, parlando del suo ultimo libro, ribadisce: “La democrazia è in crisi ma non ha bisogno di Dio”. D’Arcais dice che è necessario “rovesciare l’idea corrente e dominante secondo cui la democrazia in crisi ha bisogno di ricorrere alla religione per non rischiare il tracollo”. Una idea che non mi avrebbe mai preoccupato se l’avessi ritrovata solo in Woytjla, Ratzinger, Tariq Ramadan. Ma siccome costituisce, da almeno una decina di anni, il filo conduttore di tutte le riflessioni filosofico politiche di Jurgen Habermas, a questo punto mi pare una tesi molto significativa e molto preoccupante per il mondo laico. Di qui la necessità di confutarla.

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