Il machete del terrore a Londra

Il Corriere della Sera: “I vincoli dell’Europa all’Italia”. Si parla della “prima missione in Europa” del governo Letta, e si aggiunge che il premier italiano “Ha insistito sulla priorità del lavoro ai giovani”. “Ma c’è il primo sì della Ue a Letta sul Lavoro. L’ipotesi Giovannini: risorse dalle pensioni più alte”. E poi: “Legge elettorale, intesa per le modifiche entro luglio”. In alto: “Decapitato un soldato con il machete. Cameron: terrorismo. I testimoni: erano in due, inneggiavano ad Allah e volevano essere filmati per finire in tv. Le immagini choc”.

 

La Stampa: “Legge elettorale, Pd e Pdl divisi. Letta convince la Ue: vertice su giovani e lavoro. Giovannini frena sui fondi. Accordo sui tempi: entro luglio si cambia. Ma è scontro sulle modifiche al Porcellum. Berlusconi chiede solo piccoli cambiamenti”. A centro pagina le immagini dell’omicidio di Londra: “L’assassino, armato di machete, parla in video dopo l’omicidio. Cameron: attacco terroristico. Londra, decapita un soldato e sfida la polizia”.

 

La Stampa: “Un altro Porcellum, rissa Pd-Pdl. Giallo sull’accordo per cambiare la legge elettorale. Per il centrodestra ‘modifiche minime’. Ancora polemiche sulla ineleggibilità di Berlusconi”. E poi: “Letta a Bruxelles: piano Ue per i neoassunti, si potrà sforare il deficit”. A centro pagina: “Soldato decapitato a colpi di machete, torna l’incubo terrorismo a Londra”.

 

L’Unità: “La fine del Porcellum. Forse. Impegno del governo: entro l’estate legge superata. Ma è scontro Pd-Pdl sulle modifiche”.

 

Europa: “Accordo a metà, Pd e Pdl già litigano sui resti del Porcellum”.

 

Libero: “Sfilate Rom, paghiamo noi. A Milano giornata della moda zingara finanziata dal ministero e patrocinata dal sindaco. Che completa così il suo programma: cittadini in balia di violenti e rapinatori, minoranze protette”. Si racconta anche che “i centri sociali amici di Pisapia scatenano la guerriglia e assediano il Comune”.

 

Il Giornale, a centro pagina: “Violenza e rapine: Milano brucia ma Pisapia pensa a rom e Africa”. Il titolo di apertura è dedicato alla “svolta del fisco”. “Smontata Equitalia. Primo via libera a regole civili: più rate e stop ai pignoramenti della casa. Nuovo sgarbo della Merkel all’Italia: non saluta Letta”.

 

Su tutti i quotidiani si ricorda Don Andrea Gallo, “il prete dei dimenticati” (Vito Mancuso su La Repubblica), “il prete degli ultimi” (La Stampa). Il Fatto quotidiano dedica a don Gallo il titolo di apertura, diverse pagine all’interno e l’editoriale (‘A Lanterna’, nome di una trattoria genovese, dove il sacerdote aveva “battezzato il neoquotidiano con il direttore Padellaro).

 

Europa

 

Un “retroscena” de La Stampa racconta “l’asse del premier con Schulz”, presidente del Parlamento europeo e leader Spd tedesco. Ieri Letta avrebbe “consolidato un asse – poi risultato decisivo, col presidente del Parlamento europeo, il tedesco ma socialdemocratico Schulz. I due si erano già visti a Roma nei giorni scorsi e avevano discusso di disoccupazione giovanile, ma ieri si sono visti a tu per tu per quaranta minuti e hanno perfezionato l’intesa”. Letta ha quindi formalizzato la proposta dell’Italia di inserire la questione della disoccupazione nella parte “alta” dell’ordine del giorno del prossimo consiglio europeo. E il presidente della Ue van Rompuy ha dichiarato infine: “La disoccupazione giovanile sarà il primo e più importante tema che affronteremo al vertice di giugno. Vi chiedo di essere ambiziosi”.

Su La Repubblica: “Lavoro, per Letta vittoria in Europa”, “via libera della Merkel: fuori dal deficit gli sgravi ai nuovi assunti. Anche questo quotidiano dà conto del “gioco di squadra’ con Schulz”, che porta al “primo successo europeo del nuovo governo”. Il 31 maggio van Rompuy sarà a Roma per preparare il vertice del 27 e 28 giugno e per “riempirlo di contenuti”. E fondamentale sarà la bilaterale tra Merkel e Hollande del giorno precedente. L’iniziativa italiana sembra aver fatto breccia anche con la Cancelliera, che ha annunciato di voler ospitare il 3 luglio a Berlino un incontro con i ministri del lavoro sulla disoccupazione. A giugno, scrive ancora La Repubblica, Letta cercherà di anticipare l’attivazione del fondo da 6 miliardi per l’occupazione giovanile, cosa che considera soltanto un inizio del percorso. Quel che avrebbe incassato Letta dalla Merkel e dagli altri leader è un via libera informale per non conteggiare nel deficit gli oneri derivanti dalla detassazione e dalla decontribuzione sui nuovi assunti.

Spiega Il Sole 24 Ore che obiettivo dell’Italia è anticipare a quest’anno l’avvio del piano europeo Youth guarantee, da sei miliardi, per il periodo 2014-2020, destinato a Paesi con il tasso di giovani senza lavoro superiore al 25 per cento. Sulla carta la dote per l’Italia è di circa 400 milioni ma, una volta ottenuto l’ok da Bruxelles allo sblocco delle risorse in tempi brevi, l’attuazione del piano non è una sfida semplice: ogni Paese deve infatti impegnarsi a garantire i giovani fino a 25 anni di età (per l’Italia l’asticella potrebbe essere innalzata a 29-30 anni) una offerta “qualitativamente valida di lavoro, di proseguimento degli studi, apprendistato o tirocinio” entro quattro mesi dall’uscita dal sistema di istruzione o dalla perdita di impiego. E un ruolo centrale in questa operazione è affidata proprio ai servizi per l’impiego, che dovrebbero diventare anche un punto di riferimento per i Neet (not in education, employment or training). Secondo l’Istat l’Italia ha la quota più alta di Neet /(23,9 per cento) tra i 15 e i 29 anni.

Sullo stesso quotidiano si descrive proprio questo primato relativo all’Italia: “Giovani inattivi, primi nella Ue”, “Istat: il 23,9 per cento non studia né lavora. Sei milioni senza lavoro, disagio per 15 milioni”. Il quotidiano di Confindustria, per restare al vertice europeo, dà ampio spazio alle misure in preparazione per dare una stretta sulle norme contro evasione ed elusione fiscale, con l’impegno a varare uno scambio automatico delle informazioni fiscali entro fine anno, prima in Europa e poi su scala globale. E’ la principale indicazione arrivata dal vertice straordinario Ue su fisco ed energia.

Il Giornale scrive di un video che ieri sera avrebbe “gettato qualche ombra” sul vertice di Bruxelles. “Letta è insieme con il collega belga Di Rupo e la cancelliera gli passa accanto senza guardarlo per poi andarsene. Il video mostra Letta che scuote la testa e commenta con Di Rupo, che pare rassicurarlo. Lo stesso Letta in serata minimizza: non è successo assolutamente nulla di strano. Semplicemente ci eravamo già salutati trenta secondi prima, quando non c’erano le telecamere”. Il quotidiano scrive nei titoli del “nuovo sgarbo della Cancelliera: lascia il vertice senza salutarlo”.

 

Ieri il ministro del Lavoro ha anche parlato di come si possa far ripartire l’occupazione giovanile, e il Corriere riferisce della ipotesi di trovare risorse tagliando le pensioni più alte.

 

Legge elettorale

 

Si è tenuto ieri, prima che il premier Letta volasse a Bruxelles, il vertice di maggioranza sulla legge elettorale. Il risultato, secondo il Corriere, è la decisione che entro la fine di luglio non cisarà più il porcellum ma una nuova legge elettorale. Non sarà la decisione definitiva, perché ad essa si arriverà al termine del processo costituente, che ieri ha preso l’avvio con l’audizione del ministro Quagliariello davanti alle Commissioni affari costituzionali di Camera e Senato. Lo stesso Letta ha spiegato che il vertice di maggioranza ha deciso di “mettere in sicurezza” subito la legge elettorale, per rispondere alla Corte Costituzionale ed evitare la pronuncia di incostituzionalità.

Su La Repubblica Massimo Giannini scrive che “il presunto accordo Pd-Pdl sulle modifiche alla legge elettorale è un fumoso esempio di equilibrismo politico, oltre che un penoso esercizio di minimalismo giuridico. Il Porcellum, invece di finire al meritato macella, figlia il ‘porcellinum’. Un altro mostro, appena un po’ più piccolo, che ancora una volta non esiste in natura ma esiste in Italia, un altro pasticcio, concepito per aiutare i partiti allo stremo e far durare il ‘governo di servizio’. Non per restituire agli elettori il diritto di scegliere i propri eletti, e neppure per garantire al Paese un sistema democratico ed efficiente”. Giannini evidenzia che “il meccanismo infernale delle ‘liste bloccate’ non viene smontato”, e “il titanismo micidiale del premio di maggioranza non viene ricondotto nel solco della realtà, ma paradossalmente ancora più proiettato nella dimensione della irrealtà. Non si scardina l’ingranaggio che consente a chi è arrivato primo alle elezioni di incassare un bottino abnorme. Si alza invece al 40 per cento la soglia minima dei consensi oltre la quale scatta il premio. Un tetto iperuranico, che allo stato attuale Pd e Pdl supererebbero a stento solo se si fondessero in sola lista”.

Stefano Folli sul Sole 24 Ore scrive che si tratta comunque di un passo utile, che può servire alle future riforme, per evitare incidenti in grado di far saltare l’architrave delle larghe intese: il succo è che ogni giorno guadagnato è un passo avanti, in attesa che il quadro europeo diventi meno favorevole. Folli fa notare che l’intesa tra Pd, Pdl e centristi è destinata a modificare l’attuale legge elettorale solo quel tanto che basta a evitare il giudizio di incostituzionalità che la Consulta sta preparando per una data ‘x’ da collocare dopo l’estate.

Lo stesso Folli segnala che il 40 per cento indicato da destra come soglia per ottenere il premio è contestato a sinistra. Il quotidiano parla di “rivolta nel Pd” sul ritocco al Porcellum. Il segretario Pd Epifani: “Se si andasse al voto col Porcellum modificato si avrebbe un parlamento proporzionale e quindi ingovernabile. Occhio alla palude”. La presidente della Commissione affari costituzionali del Senato Anna Finocchiaro: “Non bisogna fare una legge ad ogni costo. Né il governo con il Pdl può essere sostenuto ad ogni costo. E rilancia la proposta della cancellazione tout court del Porcellum, con ritorno al Mattarellum, aprendo piuttosto al semipresidenzialismo alla francese sostenuto dal Pdl, purché si introducano i necessari contrappesi (conflitto di interessi, rapporti con il Parlamento, presidenza del Csm). E a pensarla come Epifani e Finocchiaro sarebbero in molti nel Pd: da Renzi a Veltroni, da Fioroni a D’Alema.

La Finocchiaro illustra il suo punto di vista estesamente in una intervista a La Stampa. Spiega: “Il segretario del mio partito ha detto che il Porcellum ritoccato ci darebbe un Parlamento ingovernabile. Viceversa, il Mattarellum costringe a stringere le alleanze in fase pre-elettorale e le modifiche da me proposte lo renderebbero ancora più maggioritario”.

Sul Corriere della Sera: “Renziani in rivolta: ‘è un inciucio’”. Si cita l’opinione di Francesco Clementi, costituzionalista vicino a Renzi: “Questa soglia del 40 per cento, se sarà questa, mi pare più una clausola di salvaguardia del governo che dei cittadini o della Costituzione”, perché “con questa soglia cristallizziamo l’eccezione e ne facciamo una regola. Predefiniamo la costruzione di una grande coalizione anche nel prossimo Parlamento”. E quella di Roberto Giachetti, che per sollecitare una riforma della legge elettorale nella scorsa legislatura aveva condotto uno sciopero della fame: parla di un “ritocchino che è un inganno”, e sottolinea che “è evidente che il premio di maggioranza non lo prenderà nessuno, e che siamo condannati a dieci anni di governissimo con Berlusconi”.

Libero: “Il Cav incassa l’ok sul Porcellinum”. Per il quotidiano il piano è fare piccole modifiche entro il 31 luglio per esser pronti a votare a ottobre: “E la sinistra trema”, perché nel Pd sarebbero “atterriti” dalla prospettiva di modificare in senso favorevole al centrodestra una legge elettorale che potrebbe diventare tutt’altro che provvisoria: fisserebbe una soglia al 40 per cento per ottenere il premio di maggioranza che il Pdl potrebbe raggiungere in caso di accordo con Udc e Scelta civica.

 

Internazionale

 

In un quartiere a sud est di Londra, Woolwich, al grido di Allah Akbar, due giovani di colore hanno aggredito ed ucciso, a colpi di machete, un soldato britannico, incitando i testimoni presenti a riprendere la scena con i loro cellulari. Scrive il Corriere della Sera che i due urlavano: “Volete finire in tv? Allora tirate fuori i cellulari e filmate. Il soldato era in abiti civili e stava rientrando in servizio, è stato pressoché decapitato, dopo esser stato trascinato, a due passi da una scuola elementare e dalle caserme dell’artiglieria. La Repubblica spiega che il soldato semplice era in borghese, ma sulla maglietta aveva una frase che lo identifica, ovvero Help for heroes, ovvero aiutiamo gli eroi, quelli dell’Afghanistan, dove sono ancora impegnate le truppe britanniche. I due assalitori non sono scappati e non hanno cercato di mettersi in salvo. Davanti ai telefonini, uno dei due assassini, con il machete ancora in pugno: giuriamo in nome del sommo Allah che non smetteremo mai di combattervi. “L’unica ragione del nostro gesto è che ci sono musulmani che muoiono ogni giorno. Questo soldato britannico è occhio per occhio, dente per dente. Chiedo scusa alle donne che devono assistere a questo, ma nelle nostre terre le nostre donne devono assistervi tutti i giorni. Rimuovete dal potere i vostri politici. A loro non importa niente di voi”.

La polizia è arrivata, i due facevano gesti minacciosi agli agenti, sparatoria e poi i killer feriti e portati in ambulanza. Il Corriere racconta come si ricorra a “kit dell’orrore” presi nella cucina di casa: dai jihadisti che andavano dall’armiere a quelli che ora aprono la credenza per aggredire. La Repubblica intervista lo scrittore britannico di origine pakistana Tariq Ali, che si dice profondamente scioccato dal “terrorismo fai da te che sta mostrando la sua brutta faccia in Occidente, dall’Europa agli Usa”. Ali ricorda quindi come fossero bombe artigianali quelle fatte esplodere dai due fratelli di origine cecena alla maratona di Boston, e avvicina questo episodio al caso di Mohamed Merah, francese algerino di 23 anni che ha provocato la morte di sette persone: “Un medesimo filo unisce questi episodi, ed è il seguente: si tratta di giovani nati o cresciuti in occidente, originari di Paesi quasi sempre musulmani nei quali i governi europei o americano sono impegnati in interventi militari”.

 

Il Foglio ricorda che oggi Barack Obama terrà un importante discorso alla National Defense University di Washington in cui proverà a tracciare il perimetro legale nel quale si muove la sua guerra al terrore. Le questioni infiammate riguardano il carcere speciale di Guantanamo, che il Presidente ha promesso di chiudere, e i bombardamenti mirati con i droni.

 

Su La Repubblica, alle pagine R2, la “storia” raccontata è quella del “mito della Svezia felix” che “brucia con le banlieues”. Si racconta che per la terza notte consecutiva c’è stata battaglia urbana intorno a Stoccolma. La capitale è circondata da rivolte di bande di giovani incappucciati. I ragazzi hanno incendiato una trentina di auto, assaltato con molotov persino un centro culturale. Tutto è iniziato a Husby, anonima periferia a nord della città, abitata dai tanti immigrati che il Paese scandinavo ha generosamente accolto in diverse ondate, seguendo le guerre degli ultimi venti anni: prima dai Balcani, poi dall’Iraq, dall’Afghanistan, dalla Somalia, dalla Libia, ora dalla Siria. Nessun altro Paese al mondo – scrive La Repubblica – ha la stessa concentrazione di culture e origini in così poco spazio. Ma in questa periferia, il 13 maggio la polizia ha ucciso un sessantenne che era asserragliato dentro al suo appartamento e secondo le autorità stava minacciando gli agenti con un machete. I rivoltosi sostengono invece che si stava ribellando alla “brutalità” della forze dell’ordine. La magistratura locale ha aperto una inchiesta. Il livello di intensità degli scontri non raggiunge ancora quelle che ha conosciuto la Francia nel 2005 nelle sue banlieues, ma quel che colpisce è che ciò accada in un Paese un tempo ammirato come modello di integrazione in Europa. Il primo ministro Reinfeldt, in conferenza stampa, ha rifiutato qualsiasi alibi politico o sociale alle violenze: sono solo teppisti, ha detto il primo ministro liberale, che ha spodestato nel 2006 la lunga egemonia del partito socialdemocratico. Dal 2010 il governo conservatore deve fare i conti con l’ascesa dei “Democratici svedesi”, partito xenofobo che è entrato in Parlamento con il 5 per cento dei seggi. Ha detto ancora Reinfeldt: “Abbiamo una tradizione di accoglienza di cui sono fiero”. L’anno scorso la Svezia ha dato asilo ad oltre 44 mila profughi. In proporzione alla popolazione, è un record mondiale. La Stampa scrive che le statistiche parlano di 170 nazionalità presenti, ma la maggior parte dei rifugiati sopravvive con i sussidi del mitico welfare scandinavo, che ora comincia a vacillare. In Svezia circa il 15 per cento della popolazione è nato all’estero, ma in sobborghi come Husby la percentuale sale al 65. Dopo decenni di modello svedese e di generose prestazioni sociali, dal 1990 la Svezia ha ridotto il ruolo dello Stato, creando un rapido aumento delle disuguaglianze. Mentre gli standard di vita medi sono ancora tra i più alti in Europa, i governi non sono ancora riusciti a ridurre sensibilmente la disoccupazione giovanile e la povertà, che hanno colpito soprattutto le comunità di immigrati.

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