Bigdata, privacy, schedature del Dna: se ne parla negli Usa e nella Ue

Le aperture

 

La Repubblica: “Niente sconti su Iva e Imu”; “Saccomanni: non ci sono i soldi. Draghi: siamo ancora a rischio”. “Il Tesoro: mancano otto miliardi, servono tagli severi. Zona Nato:a luglio l’aumento dell’imposta. Il Pdl insorge”.

A centro pagina, la frase choc di una leghista su Facebook: “’Perché nessuno stupra la Kyenge?”. E ancora, la “svolta” della Casa Bianca sulla Siria, alla vigilia del G8: “’Assad ha usato gas sarin’, dagli Usa armi ai ribelli”.

 

Il Corriere della Sera apre con le parole del ministro dello Sviluppo Zanonato: “’Inevitabile l’aumento Iva’”. “Zanonato: non ci sono soldi. Brunetta: basta, intervenga Letta”. “Pessimista anche Saccomanni, che però non esclude un rinvio. Tensioni nella maggioranza”. A centro pagina: “Gli Usa accusano Assad: ha usato armi chimiche. Ora aiuti militari ai ribelli”.

 

La Stampa, ancora con le parole di Saccomanni e Zanonato: “’Iva e Imu, mancano i soldi’”, “Germania e Bce avvertono Roma: ‘rispettate il tetto del 3 per cento sul deficit’”. E a centro pagina: “La svolta di Obama: ‘Assad ha usato i gas’”.

 

IL Sole 24 Ore: “Il governo verso la rinuncia: niente risorse, l’Iva aumenterà”, “Saccomanni e Zanonato: con l’Imu servirebbero otto miliardi”.

 

Il Giornale: “Tornano i tassatori”. “Ci risiamo, dopo Monti anche il governo Letta non mantiene le promesse: cede ai diktat europei ed aumenta l’Iva. Ecco perché il Pdl non può permetterlo”.

 

Libero: “Arrivano i 10 giorni che cambieranno tutto”, “Consulta su Mediaset, sentenza Ruby, ineleggibilità del Cav, lodo Mondadori, golden rule Ue, bilancio Fininvest, stretta fiscale: riuscirà Letta a sopravvivere?”. A centro pagina: “Ultima tentazione del governo: la tassa sul morto”, e un commento di Franco Bechis: “Patti traditi, resta l’Imu, cresce l’Iva”.

 

L’Unità: “Iva e Imu, è scontro Pd-Pdl”, “Saccomanni: servono otto miliardi, tagli non indolori”. “Oggi a Roma vertice europeo sul lavoro”. In evidenza anche la sentenza della Corte Suprema: “Giudici Usa, vietato brevettare i geni umani”. In taglio basso: “Vergogna leghista: ‘nessuno stupra Kyenge?’, bufera sulla consigliera di Padova che ha messo su Facebook la frase choc”.

 

Il Fatto quotidiano: “’Si può uccidere Gheddafi?’. Il Caso B finisce al Copasir. Dopo le rivelazioni del Fatto sulla richiesta ai servizi di eliminare il rais di Tripoli, l’unica smentita d’ufficio è quella di Bonaiuti: ‘incredibile infamia’. Ma emergono nuovi particolari: il Cav temeva la vendetta dell’ex amico. Il comitato parlamentare di controllo sulla sicurezza se ne occuperà martedì”.

 

Iva, Imu

 

La Repubblica scrive di un “colpo di freno” del ministro dell’Economia Saccomanni sulla questione Iva. Rispondendo ad una raffica di interrogazioni al Senato, ha detto che l’eliminazione completa dell’Imu sulla prima casa ed il blocco dell’Iva costano 8 miliardi all’anno e, “fanno ipotizzare interventi compensativi di estrema severità che al momento non sono rinvenibili”. Saccomanni ha ammesso che l’aumento dell’iva può provocare “effetti negativi”, ma il riferimento a coperture alternative – ha ammonito – potrebbe essere non meno gravoso. Anche il ministro dello Sviluppo, Zanonato, contestato mercoledì dai commercianti è tornato sull’argomento: “E’ impossibile evitare l’aumento dell’Iva”. Tutto ciò, commenta La Repubblica, non significa che l’esecutivo abbia rinunciato del tutto ad un intervento parziale sulla imposta sui consumi: “Il governo ha allo studio tutte le soluzioni”, ha detto Saccomanni, elencando via via lo stop all’aumento che costa subito due miliardi, e 4 per ciascuno degli anni successivi, il rinvio di tre mesi o per un periodo di tempo più lungo, in attesa di un miglioramento dei conti pubblici. Secondo il quotidiano è stato appena più fiducioso sul versante Imu, quando ha detto che per il momento è stata fatta una “anestesia”, mentre si prepara l’operazione. Saccomanni ha parlato a lungo della nostra situazione economica, spiegando che non può essere definita “incoraggiante”. In primo luogo c’è l’esigenza del “rispetto assoluto” del target del 3 per cento; inoltre, non essendo ancora conclusa la procedura di disavanzo eccessivo sull’Italia, è necessario agire con estrema cautela”. Tanto più che il gettito assicurato dall’Iva, che è in calo, è stato fondamentale per la formulazione del parere dell’Europa sulla eliminazione del “cartellino rosso” all’Italia. Il quadro, ha detto Saccomanni, rispetto a qualche settimana fa, sta peggiorando. E le uniche strade per trovare risorse restano quella della “riduzione della spesa pubblica” e il “disboscamento delle agevolazioni e dei sussidi”. In pratica la terza fase della spending review, anche perché, per un recupero del Pil, bisognerà attendere il terzo trimestre dell’anno, come effetto del decreto sui debiti della PA.

 

Su La Stampa: “L’aumento Iva è inevitabile, ma si pensa a un rinvio”. Spiega così la situazione il quotidiano: “Miracoli non se ne possono fare. Scegliete tra sostegno alle assunzioni, sterilizzazione dell’Iva e cancellazione dell’Imu. E’ questo il messaggio chiarissimo del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ai partiti”. Il quotidiano spiega che la caccia alle risorse partirà da un taglio delle attuali agevolazioni fiscali: “Verrà ripreso il lavoro della commissione presieduta da Vieri Ceriani che ha censito circa 720 diversi tipi di detrazioni fiscali. Tra esse ci sono agevolazioni intoccabili, come quelle che riguardano le famiglie. Il Pd propone di congelare l’aumento Iva per sei mesi (costo, due miliardi) e tagliare l’Imu solo alle fasce deboli (altri due miliardi).

 

Internazionale

 

Scrive il Corriere della Sera che il presidente Obama ha deciso di rompere gli indugi sulla Siria: pressato da settimane da Francia e Gran Bretagna, attaccato dai Repubblicani e ora anche dal suo predecessore Bill Clinton per il suo atteggiamento prudente sulla questione, ha dato il via ad una svolta. Ieri sera, in una conference call con i giornalisti, il numero 2 del Consiglio per la sicurezza nazionale Ben Rhodes che, ricorda La Stampa, è consigliere del Presidente per le questioni di sicurezza nazionale, ha detto che l’intelligence americana è arrivata alla conclusione che Damasco ha usato le armi chimiche contro i suoi oppositori e contro i civili. Il Consigliere ha indicato anche alcuni episodi specifici in cui questi agenti mortali sono stati usati: il 19 marzo vicino ad Aleppo, il 13 aprile nella stessa zona, il 14 maggio attorno ad Homs e il 23 maggio alla periferia di Damasco. Le vittime sono state tra cento e duecento, ma la valutazione è ancora in corso. Rhodes ha spiegato che tali azioni da parte di Assad rappresentano la violazione della “linea rossa” tracciata nei mesi scorsi da Obama, che quindi ha deciso di reagire aumentando il sostegno offerto alla opposizione. Il consigliere ha chiarito che si tratta di appoggio politico ma anche militare: “Non siamo pronti a fare un inventario degli interventi che metteremo in calendario”, ha risposto Rhodes ai cronisti, secondo quanto riferisce il Corriere. La Stampa scrive che l’invio di armi è già iniziato, e riguarda forniture che non erano mai state concesse ai guerriglieri, ma non sembra scartata neanche l’ipotesi di un intervento militare diretto o la creazione di una no fly zone (al Corriere sembra invece esclusa l’idea di una no fly zone). Le ragioni che hanno provocato questa accelerazione, spiega La Stampa, sono state l’uso delle armi chimiche, ma anche l’aumento del coinvolgimento diretto dell’Iran e di Hezbollah a fianco del regime di Assad. La nostra intelligence, ha dichiarato Rhodes, ha le prove che il regime ha usato agenti chimici, incluso il gas sarin, su scala ridotta in molteplici occasioni l’anno scorso. Rhodes ha detto anche che non ci sono prove dell’uso di armi chimiche da parte della opposizione e, secondo il quotidiano, il primo passo annunciato dal consigliere consisterà nel presentare all’Onu queste conclusioni, perché le includa nel suo rapporto.

Sulla questione no-fly zone, il quotidiano evidenzia la dichiarazione di Rhodes: “La Siria è molto diversa dalla Libia”, alludendo con ciò alla qualità dei suoi armamenti, incluse le batterie anti-aeree fornite dalla Russia, che potrebbero produrre perdite all’aviazione Usa. Rhodes ha aggiunto che non ci sono elementi per considerare che un intervento aereo di interdizione dei cieli sia sufficiente se non seguito dall’invio di truppe terrestri.

Il Corriere della Sera racconta anche che l’attacco più grave ad Obama è arrivato da Clinton. In un incontro a porte chiuse l’ex presidente avrebbe detto che Obama rischia di fare la figura del “fifone” e di apparire uno “sciocco integrale”, (“total fool”) davanti alla riscossa di Assad. Clinton ha criticato Obama anche in un evento pubblico cui ha partecipato insieme a McCain. L’ex presidente ha sostenuto che, anche se la maggioranza della popolazione Usa è contraria al coinvolgimento in un altro conflitto, il presidente deve decidere sulla base delle proprie convinzioni, e delle informazioni di cui dispone. “Io ho fatto così quando siamo intervenuti in Bosnia”.

 

Forse anche un po’ piccato dallo scoop sul Datagate rivelato dal britannico The Guardian, scrive La Repubblica, il New York Times ha denunciato l’incetta di campioni di Dna da parte delle polizie locali, che pare non abbiano regole precise a disciplinare la raccolta effettuata dall’FBI. Alcune polizie locali procedono disinvoltamente al prelievo di Dna da presunti criminali, dalle loro vittime e perfino dalla raccolta di rifiuti. Il solo New York Police Department avrebbe accumulato già 11 mila profili genetici di presunti delinquenti. Il record assoluto apparterebbe però al Procuratore di Orange County, California: 90000 campionature genetiche. Nel suo caso la raccolta avviene anche con i patteggiamenti: viene offerto uno sconto di pena se si accetta la schedatura del Dna. I rischi di abusi sono evidenti, tanto più che in certi casi il Dna viene prelevato ancor prima della incriminazione. L’Unità scrive che ogni polizia locale segue le proprie regole, dando alla polizia un maggior margine di manovra rispetto a quello previsto dalle leggi federali e statali. Fino a poco tempo fa la raccolta del Dna era prerogativa esclusiva dell’FBI. La pratica sarebbe giustificata da una recente sentenza della Corte Suprema del Maryland, che riguardava tuttavia solo gli autori di reati considerati gravi. Il Corriere della Sera riferisce la preoccupazione di Stephen Mercher, capo dell’ufficio della pubblica difesa dello Stato del Maryland, che è stato coinvolto nel ricorso alla Corte Suprema: “Dai il tuo Dna alla polizia per scagionarti, perché hai avuto una rapina in casa tua e devi aiutarli a non confondere il tuo materiale genetico con quello dei criminali. Poi scopri che quel tuo campione viene utilizzato per sempre, e viene utilizzato per indagini su altri reati. Se non è questa una violazione della privacy, non so quale possa essere”. Il superconservatore giudice della Corte Suprema Scalia, che sul caso del Maryland ha votato insieme ai tre giudici liberal (Ginzburg, Kagan e Sotomayor) contro l’estensione dei poteri di polizia, è stato sconfitto e ora commenta sarcastico: “Se il principio è ‘più cittadini schedati, più facilità nell’individuare i responsabili dei crimini’, perché non prelevare il Dna di tutti i passeggeri dei voli di linea?”.

La Stampa riferisce delle preoccupazioni dell’Unione delle libertà civili americane, e di associazioni come “Innocence project” , il cui direttore sottolinea come il vulnus stia nella assenza di regole certe per la raccolta del Dna per gli agenti del Paese.

Su La Repubblica si racconta che sul fronte del Datagate originario, cioè quello sul programma di spionaggio di telefoni ed email da parte della NSA, va segnalata la promessa di trasparenza fatta dallo stesso capo dell’Agenzia Keith Alexander ieri, davanti alla Commissione di vigilanza sui servizi segreti della Camera: “L’Agenzia vuole ‘fornire più informazioni su quel programma’, ma senza mettere a repentaglio la sicurezza degli Americani”. Alexander ha quindi accusato la gola profonda del Datagate Edward Snowden di aver “già inflitto seri danni alla sicurezza nazionale”.

Su Il Giornale: “Obama come il KGB, sfida pure il DNA”. Dove si spiega che i giudici della Corte Suprema hanno convalidato un regolamento dello Stato del Maryland che permette alle autorità di raccogliere il Dna di individui arrestati per “crimini seri” e questa sentenza potrebbe accelerare la diffusione degli archivi locali della polizia. Su La Repubblica si riferisce delle indiscrezioni del Financial Times secondo cui la Commissione Europea avrebbe cancellato un articolo, nella sua nuova proposta di riforma della normativa europea sulla protezione dei dati, che avrebbe impedito la trasmissione alla intelligence americana di informazioni relative ai cittadini europei. Originariamente, la Commissaria alla giustizia Ue Reding era riuscita ad inserire nel nuovo regolamento un articolo che vietava agli operatori che agiscono sul territorio europeo di fornire informazioni su un Paese terzo senza l’autorizzazione preventiva delle autorità nazionali. L’articolo, sgradito agli americani, venne stralciato su richiesta di una maggioranza di Commissari che temevano complicazioni in vista dell’imminente negoziato commerciale con gli Usa per la creazione di una zona di libero scambio. Secondo funzionari della Commissione, però, quella norma non avrebbe comunque garantito maggior protezione della privacy ai cittadini europei perché i dati raccolti dai grandi operatori della rete sono immagazzinati in server che si trovano in territorio americano e che sono quindi sottoposti alla legislazione Usa e sottratti alla giurisdizione europea. I dati raccolti e immagazzinati in Europa sono invece soggetti alla normativa europea sulla privacy, e possono essere trasmessi solo sulla base di accordi bilaterali tra Usa ed Ue (è il caso, per esempio, dei dati sulle transazioni con carta di credito o di quelli in possesso delle compagnie aeree).

 

Il Corriere della Sera, occupandosi delle elezioni presidenziali in Iran, che si tengono oggi, scrive che “più che i pasdaran poterono le password”. I 46 milioni di iraniani che oggi voteranno il successore di Ahamdinejad hanno già stabilito un record delle democrazia digitali: essere spiati prima ancora di entrare al seggio. Una misteriosa email firmata google arrivata venti giorni fa recitava: “Clicca qui e migliora la sicurezza del tuo account”. Hanno abboccato a decine di migliaia, e sono finiti in una prigione virtuale, una falsa pagina del motore di ricerca dove li aspettava una squadra di hacker per derubarli di username e password. Una “retata nella rete” per scoprire chi vota chi. Dalla sede di Google affermano: “La tempistica e la scelta degli obiettivi fanno pensare che gli attacchi abbiano una motivazione politica legata alle elezioni”.

 

Il Foglio parla invece di una candidata virtuale alle presidenziali: non una persona in carne ed ossa, ma non per questo meno reale, perché da tutto il mondo arrivano ogni giorno adesioni alla campagna elettorale “Vote 4 Zahra”. Non è esattamente una creatura di fantasia, perchè si ispira alla figura di Parvin, madre di un ragazzo ucciso nell’estate del 2009, durante una pacifica manifestazione in una folla di tre milioni di persone. Il suo quartier generale è il sito che abbiamo citato ed è nato dalla collaborazione tra lo scrittore persiano Amir Soltani e il disegnatore arabo Khalil. Quanto alla campagna elettorale vera e propria, Il Foglio scrive che si parla molto della ipotesi di un secondo turno alle presidenziali, che vedrebbe sempre presente il sindaco di Teheran Ghalibaf.

Delle presidenziali in Iran si occupa in prima pagina sul Corriere, con un editoriale, Sergio Romano: “le elezioni iraniane non sono un esercizio formale, una falsa liturgia democratica”, esordisce Romano che, pur ricordando come il regime possa manipolare il voto (come è accaduto nel 2009), nella fase precedente “esistono pur sempre comizi, incontri televisivi, candidati che si contrappongono, programmi elettorali che lasciano trasparire diverse linee politiche”. E’ interessante, in questo quadro, il fatto che due ex presidenti poco amati dalla Guida Suprema Khameney come Khatami e Rafsanjani, abbaino chiesto ai riformisti di concentrare i loro voti su Rohani. Ed allo stesso modo un esponente delle Guardie rivoluzionarie ha chiesto “a tre candidati della destra fondamentalista” di accordarsi per lasciare il campo a quello che ha maggiori possibilità di vittoria. Chiunque sarà il vincitore, avrà comunque dietro di sé un’autorità più alta, un potere di ultima istanza: quello della Guida Suprema. E con questo Iran la comunità internazionale dovrà per forza parlare, “se vogliamo fare una politica medio-orientale che non sia soltanto una litania di auspici retorici e luoghi comuni”: si dovrà farlo perché l’Iran è una potenza regionale con un capitale petrolifero e perché “è la guida autorevole di una minoranza musulmana, gli sciiti, che attraversa il Golfo, è maggioranza in Iraq, si estende alla Siria e soprattutto al Libano. Non riusciremo a spegnere i fuochi della Siria senza la collaborazione dell’Iran”.

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