Per chi suona la campana emiliana

Il botto è grosso, molto grosso; ve lo dico io che non sono facile a impressionarmi. Nei giorni scorsi ho telefonato agli amici in Emilia; ho chiesto se i votanti avrebbero superato il 50%. Loro, vecchi bucanieri che ne hanno viste e fatte di tutti i colori, mi hanno risposto rassicuranti: ci sarà un calo, ma le abitudini e l’istinto avrebbero finito per prevalere. Non è stato così; anche i vecchi bucanieri, talvolta, non capiscono come tira il vento.

Le elezioni regionali “singole”, che non coincidono cioè con il turno elettorale ordinario o con le elezioni politiche, sono diventate frequenti dopo il 2010; fanno registrare una percentuale di votanti intorno al 50%: un po’ sotto (Sicilia 2012, Basilicata 2013) o poco sopra (Friuli 2013, Sardegna e Abruzzo 2014). Un calo, anche accentuato, questa volta ci stava. Ma così no.

In Emilia i votanti sono passati dai 2.390.402 delle europee di maggio a 1.255.258 di ieri. Non hanno votato 1 milione 135 mila 144 emiliani e romagnoli che lo avevano fatto appena 182 giorni fa. Non è “fisiologico”.

Sì, le regioni sono un disastro, e il comportamento di tanti consiglieri regionali è peggio che perseguibile: è repellente, miserabile. Come può venire in mente che un vibratore possa essere messo fra le spese rimborsabili? L’elefantiasi regionalistica va cancellata. I servizi della regione che i cittadini percepiscono sono due: la sanità e la mobilità locale. Tutto il resto è, per la gran parte, fuffa da lasciar perdere e burocrazia da smantellare. Ma c’è anche altro.

La campana ha suonato; per chi? La botta a Berlusconi è particolarmente pesante. Non è sicuro che la riassorba; anche se va ricordato che, dopo una clamorosa serie di rovesci in elezioni comunali e regionali del 2011/12, nel febbraio 2013 arrivò a un passo dal prevalere nelle politiche. Grillo è insabbiato; la Lega ha acquistato velocità ma non al punto da saltare il fossato che ha di fronte.

Renzi vuol far capire che lui con tutto questo non c’entra, è solo la vecchia politica che non ce la fa più. Si consola con il 40% che replica la percentuale di maggio; ma, per il PD, sono 677.283 voti in meno, In parte ha ragione, ma non esageri; soprattutto pensando agli ostacoli che deve superare.

Con Berlusconi così abbacchiato, le chances di far arrivare in porto la legge elettorale, si assottigliano molto. Con numeri che non danno a nessuno la certezza di arrivare secondo, chi è disposto ad accettare il ballottaggio? Perché dovrebbero fare a Renzi un regalo?

Il voto di ieri in Emilia indica due cose: l’elettorato italiano si è messo in stand by, e siamo al culmine del disgelo. I vecchi blocchi elettorali, fondati sulla appartenenza e sulla abitudine, non ci sono più. Renzi lo sa bene, altrimenti non si spiegherebbe la sua vittoria dell’8 dicembre dell’altro anno, che inchiodò la “ditta” al 18%. Cosa fu, se non un segno del disgelo?

Il disgelo, però, se è la fine dell’inverno, non è ancora l’inizio della primavera. Per un po’ di tempo costringe a camminare in una poltiglia scomoda e sgradevole, che spesso fa rimpiangere la bella neve compatta che ti sostiene e scricchiola cordiale ad ogni passo. Siamo nella poltiglia e gli elettori stanno a guardare; ce la farà il più agile, chi ha più equilibrio e più fiducia, in se stesso e negli altri. Chi, mentre avanza a fatica pensa non alla neve solida dell’inverno trascorso ma alla primavera che dovrà arrivare.

Auguri: ma non sarà facile.

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