LA BELLA CONFUSIONE

Oscar Iarussi

Giornalista e scrittore, in libreria con "Amarcord Fellini. L'alfabeto di Federico" (Il Mulino ed., 2020)

Cinema e Architettura, la fase Rem in laguna

C’è parecchio cinema nei Fundamentals della 14. Mostra internazionale di Architettura diretta dall’olandese Rem Koolhaas. L’esposizione allestita tra Arsenale, Giardini e altri luoghi veneziani, aperta fino al 23 novembre 2014, si presenta in controtendenza rispetto alle stagioni delle archistar. Come negarlo? L’architettura negli ultimi decenni è stata in prima fila nell’“economia del protagonismo” realizzata dalla Tv e tracimata nella vita culturale tutta, di cui parla lo studioso messicano Gabriel Zaid in Il segreto della fama (Jaca Book). “A suscitare l’attenzione è l’autore, mentre l’opera praticamente scompare”, scrive Zaid. “Architettura non architetti”, proclama Koolhaas in apertura del catalogo edito da Marsilio, per quanto lui stesso sia partecipe dell’olimpo divistico fin dal libro che lo rivelò tra i guru del post-moderno (Delirious New York, 1978, Electa).

Spazio dunque alla riscoperta dei fondamenti o, siamo a Venezia, delle “fondamenta nuove”. In sintonia col presidente Paolo Baratta, la Biennale Architettura  curata da Koolhaas – che fu Leone d’oro alla carriera nel 2010 – si apre alla danza, alla musica, al teatro e soprattutto al cinema, attingendone sostrato, materia, tragitto al posto del “solito” progetto. Infatti il basico, l’essenziale, il pratico, insomma il fondamentale non configurano affatto un ritorno all’antico. Piuttosto, la fase Rem in Laguna radicalizza la dimensione visionaria e la vocazione onirica che gli sono proprie, offrendo al cantiere del contemporaneo elementi della “tecnologia del fantastico” cara all’Olandese Volante. Sceneggiatore in gioventù (De blanke Slavin, 1969), Koolhaas ha chiesto manforte al direttore della Mostra del cinema Alberto Barbera e al critico Alberto Momo per allestire la sezione intitolata “Monditalia” alle Corderie dell’Arsenale.

La storia e il presente del Paese, assunto come emblematico del caos che può tradursi in creatività (grazie grazie: troppo onore), sono ripercorsi in una galleria chiaroscurale scandita da una gigantesca riproduzione in stoffa della Tabula Peutingeriana. E’ una mappa stradale romana dell’Europa, risalente al V secolo, in cui l’Italia con la sua estensione mediterranea occupa il centro della scena. La Tabula lungo i 316 metri delle Corderie induce un paradossale straniamento nel visitatore: la geografia nota di città, paesi, mari e monti italiani non è immediatamente riconoscibile nella trama arcaica che fa da roadmap per il futuro. Intanto, sugli schermi scorrono 82 sequenze stralciate da pellicole più o meno famose, che contrappuntano 41 casi di studio o installazioni sviluppati da architetti, fotografi, saggisti e artisti in dialettica o in contrasto con altrettante località. Dal 15 agosto, poi, 22 di quei film verranno proiettati in versione integrale sul palco F delle Corderie, trasformato in una sala con quattro schermi sui lati. Si potrà assistere alla proiezione da punti diversi dello spazio, sperimentando i paradigmi dell’osservatore, che l’antropologia culturale invita a non considerare mai esterno al campo osservato. Tra i film che saranno proposti in toto, Stromboli di Roberto Rossellini, Profondo rosso di Dario Argento e Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini nel cinquantenario della pellicola appena rivalutata dall’“Osservatore Romano”. Il capolavoro di Pasolini, attendendo l’opera che Abel Ferrara ha dedicato alla figura del regista, in queste settimane è anche al centro sia della Biennale danza con Appunti del Vangelo secondo Matteo di Virgilio Sieni sia di una mostra-omaggio nel Palazzo Lanfranchi di Matera dove fu girato.

Ma in “Monditalia” la geografia è evocativa, non certo da guida turistica alle location. Per esempio, il Vangelo pasoliniano è contestualizzato fra le rovine di L’Aquila terremotata e Lamerica di Gianni Amelio, ambientato tra la Puglia e l’Albania nel 1994, è riferito a Lampedusa, agli sbarchi dei migranti, all’esodo che disorienta l’Occidente, in coppia con Lettere dal Sahara di Vittorio De Seta (presente anche con Banditi a Orgosolo). Il Mediterraneo del Post-Frontier ha il Respiro di Crialese e quello vulcanico di Stromboli di Rossellini, del quale non manca Viaggio in Italia. Mentre la retorica fascista del mare nostrum viene destrutturata da Il leone del deserto di Moustapha Akkad e riecheggia in Lo specchio di Diana di Yervant Gianikian e Angela Ricci, che hanno alle Corderie pure il documentario sulla prima guerra mondiale Su tutte le vette è pace, nonché Sicilia!, entrambi del ’99. Risplendono film di Michelangelo Antonioni (L’avventura, Deserto rosso), del quale scopriamo la villa-performance costruita da Dante Bini nel 1970 col fine di “sentire il mare” più che di vederlo, a patto di non rivelare i nomi dei clienti (Antonioni e la Vitti). Ci sono le rovine di Pompei cui danno del tu Le occasioni di Rosa di Salvatore Piscicelli (1981) e titoli storici di Fellini, Visconti, De Sica, Zurlini, De Santis, Monicelli, Malaparte, Rosi, Bene, Olmi, Godard, Taviani, Ferreri, Losey, Risi, Angelopoulos, Bellocchio, Bertolucci, Garrel, Troisi, Moretti, Ciprì e Maresco… Ma ecco le incursioni nei generi: Non si sevizia un paperino di Fulci, Don Camillo di Duvivier, Milano calibro 9 di De Leo, Bianco, rosso e Verdone del Carlo nazionale, Eccezzziunale… veramente di Vanzina e, vivaddio!, le Vacanze intelligenti di Sordi del 1978. E’ l’episodio di Dove vai in vacanza? in cui Albertone fruttivendolo romano e la consorte “buzzicona” Anna Longhi si aggirano nella Biennale Arte, ignari e felici.

Articolo pubblicato sul settimanale “Film Tv”, n. 30, 3-9 agosto 2014

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