Vince il centrosinistra, ma vota un italiano su due

Il Corriere della Sera: “Tutti i capoluoghi al centrosinistra. Marino sindaco di Roma. Crolla l’affluenza: 48,6 per cento. Letta: governo più forte”. “Successo del Pd nei ballottaggi, ma anche nel primo turno in Sicilia. La sconfitta del Pdl. La Lega perde Treviso dopo 19 anni”.

 

La Stampa: “Il centrosinistra fa il pieno. Nelle città finisce 16 a 0: rafforzate le grandi intese. Grillo prende solo due Comuni”. A centro pagina: “La talpa in fuga, Obama: lo prenderemo”.

 

La Repubblica: “Tutte le città alla sinistra: 16 a 0. A Roma Marino travolge Alemanno. Al voto meno della metà degli elettori”. A centro pagina: “L’ira di Berlusconi: troppi errori, ora dobbiamo cambiare il partito. I falchi all’attacco di Alfano. Tracollo della Lega, persa la roccaforte di Treviso”.

 

Il Giornale: “No Silvio, no party. Senza Berlusconi in campo la sinistra vince ovunque. Con Alemanno si estingue la destra, il Nord licenzia la Lega. Alfano a Letta: niente strappi. E Grillo crolla perfino in Sicilia”.

 

Libero: “Mortacci. Disfatta del centrodestra, che perde Roma e tutti gli altri capoluoghi. Candidati sbagliati e supponenza se manca Berlusconi non si vince mai. E’ tempo di cambiare”.

 

Il Fatto quotidiano: “Crollano i votanti e il Pdl, le città al centrosinistra. La partita dei ballottaggi finisce 11 a zero per la coalizione guidata dal Pd. A Roma trionfa Marino, ma l’affluenza alle urne si ferma al 45 per cento. Forte astensione anche nel resto d’Italia. Puniti Berlusconi e la Lega: crollano roccaforti come Brescia, Treviso e Imperia. 5Stelle si accontenta di due comuni: Pomezia e Assemini. Ma per Letta il risultato delle amministrative ‘rafforza le grandi intese’”.

 

L’Unità: “Trionfa Marino, il Pd vince ovunque. Straordinario successo a Roma”.

 

Il Sole 24 Ore: “Semplificazioni e crescita: ecco la bozza del governo”. Si parla di un pacchetto composto da un decreto e da un disegno di legge che il governo starebbe preparando: “Procedure veloci su investimenti produttivi, edilizia e ambiente. Vertice ieri a Palazzo Chigi. Si accelera anche su sgravi alle opere e acquisto dei macchinari”. Di spalla le elezioni amministrative: “Il Pd fa il pieno dei ballottaggi e riconquista Roma”: A centro pagina i dati sull’economia: “Produzione, la caduta non si ferma. Squinzi: il rigore mette in ginocchi tenuta sociale e imprese, la Ue cambi politica”.

 

Elezioni

 

Giancarlo Galan, deputato del Pdl e tra i fondatori di Forza Italia, intervistato da La Stampa, dice: “è una débâcle dei candidati del Pdl, non del Pdl, perché basta vedere i sondaggi: Silvio Berlusconi vince. Ma non i candidati: il che vuol dire che sì, è una débâcle vera”. Insomma, vince solo Berlusconi? “Questo è il dramma”. Forse è ora di cambiare qualcosa nel partito? E’ ora di cambiare da molto tempo a questa parte, ma lo abbiamo sempre voluto nascondere”, “va avviata una discussione che andava avviata dopo le regionali del 2010”. Poi fa l’esempio di Treviso: “abbiamo regalato tutto alla Lega, la Regione, le candidature… e siamo al 5,5 per cento, ed è la città dell’ex ministro Sacconi, del Presidente Zaia”. Per Galan è necessario “tornare allo spirito del 94”, “sono convinto che se ci fossimo presentati con il simbolo di Forza Italia alle politiche avremmo preso quei voti che ci separano dalla sinistra e avremmo vinto”.

Secondo La Repubblica Berlusconi considerava questa una “sconfitta annunciata”. Sarebbe convinto che così com’è il Pdl non funziona e non serve più. Ma a chi lo chiama, secondo il quotidiano, ripete che il governo non rischia, che anzi “il vero sconfitto è Grillo, che ha gridato in tutte le piazze contro l’inciucio ed ha straperso”. Si rafforzerebbe quindi l’idea di un rilancio del partito “leggero”. Anche per L’Unità il ritorno a Forza Italia sembra davvero imminente nel Pdl e l’opzione più probabile è quella dell’affiancamento al segretario Alfano dell’ex ministro Raffaele Fitto alla guida del partito.

 

Il direttore de Il Fatto Antonio Padellaro commenta così i dati dei risultati elettorali: “Le larghe intese non c’entrano nulla, la catastrofe del Pdl è la fotografia di un partito padronale che quando il padrone non scende in campo è costretto a schierare vecchi catorci o giovani nullità e i risultati si vedono”. E ancora: “Le larghe intese non c’entrano nulla: il 16 a zero del centrosinistra è frutto di candidature mediamente decenti che al confronto con gli impresentabili dell’altra sponda fanno per forza un figurone. Poi c’è Ignazio Marino, marziano a Roma come Pisapia a Milano o De Magistris a Napoli o Zedda a Cagliari, solo che questa volta il Pd ci ha messo il timbro”.

Se ne occupa su La Stampa anche Federico Geremicca, secondo cui ci sono due scuole di pensiero, nel Pd, circa il voto con il quale “un partito che pareva (e resta) in difficoltà ha letteralmente sbriciolato il nemico-alleato Silvio Berlusconi, secondo la prima – maggioritaria – il 10 giugno va celebrato come il giorno in cui un funerale che pareva annunciato si trasforma in una festa, nell’avvio del riscatto. Per la seconda – minoritaria e prudente nel coltivare la preoccupazione – benissimo la festa e il riscatto. Ma, paradossalmente, si è vinto troppo. 16 a zero è una bellissima esagerazione, che infatti rischia, adesso, di creare qualche problema al governo di Enrico Letta”. Non a caso è stato lo stesso Letta ad affrettarsi a spiegare che non è successo nulla: “E’ un risultato che rafforza lo schema delle larghe intese”. Geremicca sottolinea anche che il Pd che esce da questa importante tornata amministrativa non somiglia a quel partito in estinzione che il sindaco di Firenze a volte sembra tratteggiare. E’ un partito radicato sul territorio”.

 

Il Corriere intervista Claudio Scajola, all’indomani della sconfitta del candidato da lui sostenuto, Erminio Annoni (è finita 75 a 25 per Claudio Capaci, sostenuto dal Pd e da una macedonia di liste civiche che comprende anche i ribelli fuoriusciti dal centrodestra). Imperia non è più feudo di Scajola, che ammette la sconfitta, e ammette anche di avere commesso “una grave leggerezza” sulla famosa casa al Colosseo, perché non aveva seguito con attenzione la compravendita. Come spiega il risultato negativo del centrodestra? “La sinistra ha struttura di territorio pur nelle difficoltà. Nel centrodestra c’è solo Berlusconi”. Ma è anche colpa “della attuale legge elettorale. La classe dirigente può crescere solo se si misura sul territorio. Ma quella cresciuta con il porcellum è una classe di nominati. In questo modo si depaupera il territorio. Le astensioni sono tutte nostre”.

 

Su Il Sole 24 Ore Roberto D’Alimonte scrive che la debolezza locale di Pdl e Movimento 5 Stelle non deve illudere i Dem. Era prevedibile che la sinistra vincesse, perché “quando la partita elettorale si gioca sul terreno delle elezioni locali, la sinistra ha un vantaggio sia nei confronti della destra che del Movimento 5 Stelle. Questi ultimi dipendono da Berlusconi e da Grillo: senza i loro leader i candidati di Pdl e M5S sono abbandonati a se stessi”. Il Pd, per quanto indebolito e diviso, conserva una organizzazione territoriale ed ha candidati capaci di mobilitare il proprio elettorato ma, fa notare D’Alimonte, vince con relativamente pochi voti e per abbandono degli avversari”, “questa vittoria non può e non deve far dimenticare che la base di consensi del Pd non si è allargata, ma si è ristretta”.

 

Internazionale

 

Secondo La Stampa la Casa Bianca si trova davanti a un bivio, per quel che riguarda Edward Snowden, l’analista della NSA autore delle rivelazioni sul sistema Prisma, che sorveglia elettronicamente milioni di cittadini americani: richiesta di estradizione o cattura. Il portavoce del direttore nazionale dell’Intelligence, Shawn Turner, ha affermato che “è in corso la valutazione del danno arrecato” alla sicurezza dalla “violazione dell’obbligo legale di proteggere informazioni classificate”. Questo significa che il Ministero della giustizia sta valutando l’incriminazione di Snowden per violazione delle leggi sullo spionaggio, puntando ad una condanna fino a 20 anni di carcere. Pete King, capo della commissione intelligence alla Camera, ha affermato che “Snowden è un disertore, e come tale va trattato”. Questa è la strada che può portare Holder a presentare una richiesta di estradizione ad Hong Kong sulla base di un trattato bilaterale, che riguarda soprattutto la lotta al traffico di droga. Ma in passato Hong Kong ha resistito alle pressioni Usa, ed inoltre la Cina ha voce in capitolo sulle estradizioni da Hong Kong. Tanto che Washington teme che Snowden possa chiedere asilo in Cina. Un reportage sullo stesso quotidiano racconta come Hong Kong sia al centro di un giallo e che sia in corso la caccia a Snowden hotel per hotel. Era in città dal 20 maggio, ma si è dileguato da ieri pomeriggio, seminando i cronisti. E ancora, sulla stessa pagina, si spiega come la vicenda abbia origine nella “privatizzazione” dell’intelligence: dal 2001 migliaia di aziende lavorano a fianco della Cia. Secondo una inchiesta condotta dal Washington Post nel 2010 erano 1931 le aziende private impegnate a lavorare nel settore dell’intelligence, antiterrorismo e sicurezza nazionale, in circa 10 mila sedi sparse per tutto il Paese. Una di queste aziende, tra le più importanti è la Booz Allen Camington, cioè quella per cui lavorava da tre mesi Snowden. Il Sole 24 Ore scrive che in questa azienda Snowden era pagato 200 mila dollari l’anno, che viveva alle Hawaii per seguire operazioni segretissime per conto del governo americano. Della vicenda si occupa anche La Repubblica, alle pagine R2, definendo la talpa Snowden “la spia venuta dal web”, e ne ricostruisce il percorso personale, gli studi, il lavoro alla Cia. Un mese fa ha comunicato alla NSA che si sarebbe assentato per un paio di settimane per curare l’epilessia, ma si reca ad Hong Kong e da lì contatta il WP per pubblicare il suo dossier. Usa il nome in codice “Verax”, colui che dice la verità. Ma il WP mette condizioni, rimanda, e allora lui si rivolge al Guardian di Londra.

 

L’inviato del Corriere ad Hong Kong raccoglie l’opinione di Patricia Ho, funzionario dell’immigrazione di Hong Kong e avvocato di uno studio specializzato in diritti umani: dice che Snowden potrebbe invocare lo status di rifugiato in base a una procedura nota come CIDTP contro tortura, trattamenti crudeli, disumani o degradanti in caso di estradizione negli Usa. Il quotidiano scrive anche che Bob Baer, famoso ex agente della Cia, è convinto che dietro il Datagate ci sia la mano dei servizi segreti cinesi. Una clausola del trattato tra Hong Kong ed Usa dà a Pechino il potere di veto sulle estradizioni.

Su La Stampa Marco Bardazzi ripercorre le origini della parola whistleblower, emerso negli anni 70. Fu il presidente Bush padre a firmare nel 1989 il whistleblower protection act, una legge che prevede la protezione dei dipendenti pubblici che segnalino attività illecite. La legislazione è stata rafforzata anche sulla scia degli scandali di Wall Street e della Enron. Bradley Manning (il militare che passò a Wikileaks i segreti) ed Edward Snowden sono whistleblower (termine che evoca una impronta etica positiva) o leaker (irresponsabili gole profonde)? E’ difficile che vengano considerati whistleblower, perché hanno compiuto atti che vengono considerati illegali per denunciare programmi governativi che, fino a prova contraria, risultano legali, gestiti dal governo e votati dal Congresso.

Né regge, secondo Bardazzi, il confronto che viene fatto con i “Pentagon papers”. Si spiega che Daniel Ellsberg, l’analista militare che nel 1971 fece avere al NYT i documenti riservati del Pentagono sul Vietnam oggi loda l’azione di Snowden, ma in quel caso si trattava di carte che dimostravano come il ministero della Difesa americano sapesse da tempo che non era possibile vincere la guerra in Vietnam, e che proseguirla avrebbe portato ad una perdita di vittime enorme.

Più avanti Bardazzi chiede: cosa è rimasto del ciclone Wikileaks? Identità bruciate in Pakistan, imbarazzi nella diplomazia internazionale, e Assange ancora rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra.

Segnaliamo peraltro che proprio nell’inserto R2 de La Repubblica dedicato alla “talpa Snowden”, compare un commento di Ellsberg, sotto il titolo “Golpe contro la Costituzione. Obama non ha giustificazioni”.

 

Il Foglio racconta da Istanbul la rivolta contro il premier turco Erdogan e scrive che “battersi per i propri diritti” è la colla della piazza turca. Per Erdogan sono tutti “çapulcu”, sciacalli, ma a a manifestare sono sempre di più. Ieri peraltro è arrivata la prima apertura che tutti aspettavano: Erdogan incontrerà la piazza. Scrive il quotidiano che il primo ministro è soprattutto un leader populista. Oggi vuole trasmettere ai turchi di avere la situazione sotto controllo, ma nel 2014 il premier avrà bisogno di voti e di qualche buona idea per sostenere lo sviluppo del Paese. A quel punto anche il movimento di Taksim deve avere una sua voce in politica, altrimenti il premier, che aspira a diventare presidente, non avrebbe più chance. Il quotidiano cita l’opinione dell’economia Kemal Dervis, secondo cui gli scontri non smonteranno il modello turco, ma contribuiranno a migliorarlo. Molto, però, chiosa il Foglio, dipenderà da come reagirà Erdogan.

 

Su La Repubblica: “Turchia, la svolta di Erdogan, ‘incontrerà i manifestanti’”. A fare l’annuncio è stato il vicepremier Arinc, il quale già martedì scorso aveva incontrato i leader delle proteste nelle ore in cui Erdogan si trovava in Marocco. Secondo un sondaggio, il partito del premier sarebbe sceso dal 50 al 38,5 per cento.

 

La Stampa intervista il vicepremier del governo di Assad e ministro dell’Economia Qadri Jamil. Claudio Gallo, che lo ha avvicinato a Beirut, lo descrive come uno degli uomini più vicini ai russi. Ai ribelli che chiedono come condizione per una trattativa le dimissioni di Assad, risponde: “mettere delle condizioni prima del dialogo è inaccettabile. Una volta che il dialogo è aperto ognuno può esprimere le sue opinioni, non prima”. E’ il presidente russo Putin la vostra carta vincente? “Non c’è niente di nuovo in questo, abbiamo uno stretto rapporto con Mosca dal 1956”. Dice poi che l’embargo e Ue verso la Siria, è un crimine che colpisce molto più la popolazione del governo. Quanto cruciale è stata la vittoria del fronte di Assad nella recente battaglia di Qusair? “A Qusair c’è stata una battaglia come tante altre, la soluzione non è su campo, l’unica via è far tacere le armi e aprire una trattativa”.

 

E poi

 

La Repubblica si occupa della legge per il matrimonio gay approvata in Francia e spiega che, archiviata la protesta nelle piazze, ora entrano in scena i sindaci obiettori, che si rifiutano di celebrare le nozze gay.

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