Riforma Senato, via libera di Berlusconi

Il Corriere della Sera: “Riforme, si stringe sul nuovo Senato. Renzi a Grillo: ci incontreremo mercoledì”. “Sel nel caso: fuga dei parlamentari verso il Pd”. E poi: “Berlusconi teste in aula: voi giudici incontrollabili. L’ex Cavaliere e il processo contro Valter Lavitola”.

Il titolo più grande: “Il delitto di Yara. Il presunto assassino resta in carcere. Il giudice: è malvagio”. “‘Non mi arrendo al Dna’. La madre di Bossetti: è innocente, non tradii mio marito”.
Il quotidiano intervista la madre del presunto assassino, che nega di aver tutto: “La scienza ha sbagliato. Massmo non è un killer ed è figlio di mio marito”. “So che vado alla gogna ma non ho niente da nascondere”.
In prima pagina del quotidiano milanese da segnalare anche un intervento di Hillary Rodham Clinton, tratto dal suo libro di memorie. Una intera pagina del Corriere è dedicata alle anticipazioni dal libro.
La Repubblica: “Berlusconi torna all’attacco. Vuole la grazia”, “L’ex Cavaliere in aula a Napoli: giudici irresponsabili”, “Altri lasciano Sel. Renzi a Grillo: vediamoci mercoledì”, “Ue, scontro su Juncker: spunta l’ipotesi di una donna”.
In taglio basso: “Yara, il Gip conferma le accuse: ‘Bossetti poteva uccidere ancora’”.
La copertina dell’inserto R2 racconta con Vittorio Zucconi “l’odissea dei bambini di frontiera” tra Messico e Usa.
La Stampa: “Senato, c’è l’accordo. E Renzi chiama Grillo”, “Lettera al leader 5 Stelle: vediamoci mercoledì”, “Tiene l’asse con Berlusconi: solo un aventina di sindaci su 100 membri”.
Sulla Procura di Milano: “Scontro tra pm a Milano, il Csm archivia”.
E su Berlusconi ieri al processo a Napoli nel processo a Lavitola: “Il leader di FI in aula: giudici irresponsabili”.
In prima anche un richiamo con foto del nuovo sovrano spagnolo con la moglie Letizia al balcone del Palazzo reale: “Felipe giura, riflettori su Letizia”.
L’altra foto è dedicata al “miracolo italiano nel sottosuolo”: uno speleologo tedesco finito per 12 giorni in una grotta è stato salvato dai nostri volontari.
Il Fatto: “Renzi & Madia. Il decreto fantasma”. “Si infittisce il mistero sull’epocale riforma della Pubblica amministrazione. Al Quirinale sostengono di aver ricevuto solo delle bozze molto confuse mentre gli uffici del Colle chiedono lo spacchettamento in due provvedimenti distinti e falcidiano un centinaio di articoli. Insomma, un gran casino. Una settimana dopo il Consiglio dei ministri e l’annuncio del premier, ancora si naviga a vista”.
In taglio basso: “Il costituente B. sbrocca in tribunale” al processo Lavitola: “’Voi magistrati siete fuori controllo’”.
E il richiamo ad un’intervista all’ex segretaria di Giancarlo Galan, Claudia Minutillo, sul caso Mose: “’Vi racconto tutte le tangenti che ho incassato per Galan’”.
L’Unità: “Riforme, Renzi stana Grillo. Il premier scrive ai capigruppo M5S: bene il dialogo, vediamoci mercoledì. Palazzo Chigi fa sapere che si parte dall’Italicum e non si ricomincia da capo. Boschi incontra Fi e Ncd: l’accordo a un passo”.
A centro pagina: “Bufera Sel: via Migliore e Fava”. “In quattro lasciano il partito: ci sono anche Di Salvo e Piazzoni. Altri sei pronti a seguirli. Vendola: una verita dolorosa, ma sostenere Renzi è sbagliato”. A fondo pagina: “Bossetti: non sono il killer”. “Il Gip non convalida il fermo, ma il muratore resta comunque in carcere”.
Il Giornale: “Yara, giudici allo sbando. Il caso non è chiuso”. “Il Gop non convalida il fermo del presunto killer, ma lo lascia comunque in carcere. Dietro c’è una guerra tra magistrati. L’avvocato Bongiorno: il Dna non è una prova”. A centro pagina: “Toghe all’assalto, Berlusconi rischia grosso”. “Il Csm obbedisce ai diktat di Napolitano e ‘salva’ il procuratore di Milano”. E poi: “Oggi al via l’appello del processo Ruby”.
Il Sole 24 Ore: “Fmi: la Bce acquisti bondo. Lagarde: il patto Ue scoraggia gli investimenti, non a nuova austerity”. “Padoan: non chiederemo di cambiare le regole. Telefonata Renzi-Merkel su temi europei e internazionali”. Di spalla il quotidiano dà spazio alla giornata degli “Stati generali della cultura”: “Franceschini: nei musei cambiano tariffe e orari. Riapre il cantiere della cultura: la spinta della leva fiscale. Giannini: ok a più storia dell’arte, si studierà in tutti i licei”. A centro pagina: “Expo, Confindustria in campo. Squinzi: occasione imperdibile. Bracco: in mostra un’Italia all’avanguardia. Accordo di partnership con Padiglione Italia: contribuirà a sviluppare il tema della rasegna”.

Berlusconi

Le prime tre pagine de La Repubblica sono dedicate alle esternazioni di Berlusconi ieri al processo Lavitola a Napoli (“Berlusconi: ‘Pm impuniti’. I giudici di Milano avvisano: ‘A rischio i servizi sociali?. Attacco dell’ex premier sentito a Napoli come testimone nel processo Lavitola. La reazione dei giudici milanesi”) e al ruolo che potrebbe avere nel percorso di riforme. Ma non solo. Si legga a tal proposito il “retroscena” di Francesco Bei: “’Noi stiamo riscrivendo la Costituzione per la terza Repubblica e questi mi trattano come un volgare delinquente!’. Uscito dal tribunale di Napoli dopo essere stato trattato senza troppi riguardi dal presidente Giovanna Ceppaluni, l’umore di Silvio Berlusconi era sotto i tacchi. Ma la coincidenza temporale tra le giornate calde sul fronte giudiziario -ieri Napoli, oggi l’appello a Milano su Ruby- e la chiusura dell’accordo con Renzi sulle riforme riporta in primo piano ad Arcore il sogno sempre inseguito di un patto di ‘pacificazione’ nazionale”. Secondo questo retroscena Berlusconi si è ormai rassegnato rispetto all’attuale presidente della Repubblica sul fronte di una grazia ‘motu proprio’ “e punta direttamente al prossimo”: se da Napolitano non si aspetta più nulla, da Renzi ancora moltissimo. A torto o a ragione, Berlusconi è convinto che se parteciperà alla riscrittura dell’edificio istituzionale questo non potrà non avere conseguenze anche sul suo destino giudiziario: e visto che Napolitano si dimetterà una volta assicurato l’iter delle riforme (costituzionale ed elttorale), il leader di Forza Italia punta al ruolo di king maker del prossimo capo dello Stato. E se non sarà possibile la grazia, in alternativa vi potrebbe essere un provvedimento generalizzato di clemenza sotto forma di indulto, anche perché i forzisti sono convinti che la condanna in primo grado a 7 anni andrà riducendosi in appello. A tale provvedimento sarebbero disponibili -e interessati- non solo esponenti di Fi ma anche del Pd.
Anche Il Corriere si sofferma sull’interrogatorio di Berlusconi, da testimone, al processo napoletano a Lavitola: “Quella domanda su Lavitola che ha fatto irritare l’ex premier”. “Il giudice ha più volte chiesto a Berlusconi perché, da premier, riferì a Impregilo informazioni su richiesta di Lavitola”. La Procura di Napoli considera Berlusconi “vettore inconsapevole” di minacce (di Lavitola) nei confronti di Impregilo, testimoniate da una telefonata all’ex Ad dell’azienda, Ponzellini. E con questa minaccia che si sarebbe consumata la tentata estorsione nei confronti di Impregilo, per cui Lavitola è sotto processo. Su questa insistenza Berlusconi “Ha finito per tradire un nervosismo perfettamente celato nelle due ore precedenti”, scrive il quotidiano.
Il Giornale: “Il Cav sfida i giudici in Aula: ‘Magistrati irresponsabili’. Berlusconi sentito come testimone in tribunale al processo Panama-Impregilo. Risponde a tutte le domande e contrattacca: ‘Godete dell’immunità piena’”. “L’affondo di Silvio: ‘Non capisco queste domande… La magistratura è cintrollabile, irresponsabile e ha l’immunità piena’. La replica del giudice: Ma la magistratura è ancora tutelata dal codice penale. Non c’è bisogno che lei capisca, non deve capirlo”.
Per tornare al Corriere, si ricorda che oggi si apre il processo d’appello per il caso Ruby. Si scrive che la sentenza potrebbe arrivare a fine luglio o a metà settembre, e che in caso di condanna definitiva pure nel processo Ruby i tre anni di condanna per il processo diritti tv che sta scontando con l’affidamento ai servizi sociali “tornerebbero a rivivere”, visto che il cumulo assommerebbe a 10 anni. Che Berlusconi dovrebbe scontare in carcere anziché in detenzione domiciliare.
Il Giornale intervista Kharima El Mahroug, ovvero Ruby: “Berlusconi condannato per nulla”. “La giovane alla vigilia dell’appllo: se mi avesse dato cinque milioni non dovrei chiedere soldi ai suoceri per fare la spesa”. Alla domanda sul fatto che nelle intercettazioni telefoniche abbia raccontato dei rapporti sessuali con Berlusconi, risponde: “Avevo diciassette anni, ero totalmente allo sbando, e in quelle telefonate mi attaccavo ad amiche che poi amiche non erano, mi inventavo cazzate per darmi arie. Errori di gioventù, che non credo di dover pagare in eterno”. Sui pm: “Ho capito subito che di me non gli interessava assolutamente niente, volevano solo e a tutti i costi questo signor Berlusconi, e io gli ho dato quello che volevano”. “Sono stata anche pittoreca, certo. Faccio mea culpa, va bene? Ma da qui a prendere per oro colato le parole di una ragazzina di diciassette anni scappata di casa ce ne corre”. Berlusconi “mi ha rispettato più di tutti gli uomini che ho incontrato nella mia vita precedente”.

Riforme, Renzi. M5S, Sel

L’Unità: “Cento eletti e più poteri. C’è l’accordo sul Senato”. Si parla dell’incontro di ieri tra il ministro Boschi e il capogruppo di Forza Italia al Senato Romani. I senatori saranno scelti dai consigli regionali (74), 5 saranno di nomina quirinalizia, e 21 saranno sindaci. Tutti saranno eletti dai consigli regionali, a parte i cinque monimati. Il Senato avr tra i suoi poteri quello di voti sulle leggi di revisione della costituzione, sulla legge elettorale, e poteri di controllo e ispettivi sull’attuazione delle leggi, sulla Pa, sui ondi strutturali europei. Il quotidiano Pd scrive che sarà “il cane da guardia del governo e della Camera dei Deputati”. Tra oggi e domani i relatori Finocchiaro e Calderoli dovrebbero depositare i circa 20 emendamenti che contengono le modifiche.
Il Giornale: “Berlusconi: sì con riserva al nuovo Senato dei 100”. Il quotidiano scrive che ovviamente “si aspetta di leggere bene gli emendamenti che stanno per essere scritti dal governo e poi valutare quali altre limature fare tramite dei sub-emendamenti. Il via libera ufficiale tarda ad arrivare. Perché? Qualcuno pensa che si preferisca attendere il momento mediaticamente propizio. Questi giorni, infatti, per Berlusconi sono momenti caldi dal punto di vista giudiziario: oggi si apre a Milano il processo d’Appello per il caso Ruby e il Cavaliere ha la testa lì. Ma più che gli esiti processuali l’ex premier teme una nuova ondata mediatica tesa a distruggere la sua immagine rievocando le serate di Arcore”. Escluso invece che c’entri qualcosa la legge elettorale: “L’Italicum s’è impantanato a Palazzo Madama ma si nega che la legge elettorale sia stata ieri oggetto di discussione”.
La Stampa: “Senato, vicina l’intesa Pd-Forza Italia”. Il quotidiano intervista il senatore leghista Roberto Calderoli: “Ma Calderoli profetizza: ‘alla fine Berlusconi si sfilerà’”, “Non credo che Silvio voglia davvero regalare le riforme. E da qui al 2015 ci potranno essere disgregazioni varie’”. Quanto ai parlamentari di Fi, Calderoli ricorda e sottolinea come in Commissione Affari costituzionali al Senato abbiano votato dapprima l’ordine del giorno Calderoli che chiedeva l’elezione diretta dei senatori e poi il testo-base del governo che non la prevede.
Ancora sul fronte riforme segnaliamo il titolo de Il Fatto: “Renzi risponde a Grillo. Ma il tempo è scaduto”, “Il premier incontrerà mercoledì la delegazione di M5S, il nuovo Senato però è già quasi deciso. Boschi e Romani limano l’accordo del Nazareno”. Spiega il quotidiano che saranno 100 i membri de nuovo Senato, 21 i sindaci, 75 i rappresentanti delle Regioni, 5 i senatori di nomina presidenziale, più i senatori a vita: “un primo effetto della trattativa in corso tra Pd e Forza Italia: diminuiscono i primi cittadini, su richiesta dei berluscones”. Insomma, l’accordo tra Renzi e Berlusconi regge: regge il patto del Nazareno nonostante le voci dentro Forza Italia non siano tutte conformi. E proprio nel momento in cui questo appare chiaro, Beppe Grillo decide di dare dal suo blog la disponibilità a ragionare non solo sulla legge elettorale ma anche sul Senato. L’incontro fissato dal presidente del Consiglio, in risposta, per mercoledì prossimo, arriva quindi ad accordo del Nazareno confermato e quindi “con Grillo di fatto fuori gioco”.
Su La Stampa, Fabio Martini descrive l’atteggiamento di Renzi: sa bene che resta imprevedibile il percorso della riforma del Senato e della legge elettorale, quindi offre una replica dialogante a Grillo, anche perché questo è il migliore degli scenari possibili per un leader, ovvero il poter disporre del maggior numero di interlocutori intercambiabili. Nuovo Centrodestra, Forza Italia, Lega, Cinque Stelle: “ben quattro ‘forni’ dove impastare il pane delle riforme”.
Su La Repubblica: “Renzi-M5S, sì all’incontro. Riforme, 100 i senatori, i sindaci saranno solo 20”.
Massimo Franco sul Corriere della Sera scrive che “è un segno di forza” il sì di Renzi ad un incontro con il Movimento 5 Stelle. Perché Grillo “sa che l’accordo tra Palazzo Chigi e il leader di FI è in dirittura d’arrivo”, e dunque “cerca di prevenire aprendo al dialogo”. Se tra sei giorni l’accordo con Forza Italia sarà perfezionato “i rischi del confronto li corre più Grillo” di Renzi.
Ancora su La Stampa Marcello Sorgi sottolinea come nel giro di poche settimane il consenso attorno a Palazzo Chigi si sia allargato e il premier si trovi a disposizione non soltanto i quattro forni citati ma anche, a sorpresa, quelli di una parte consistente di Sel che ieri, capeggiata dall’ex capogruppo Gennaro Migliore, “ha preso il largo e ha deciso di separarsi da Vendola,e di Scelta civica, che ha già esponenti di rilievo come l’ex capogruppo Andrea Romano in marcia di avvicinamento verso il Pd”.
“Sel si sgretola, in quattro lasciano”, “Altri dieci deputati pronti ad andare al gruppo Misto. Renzi apre le porte del Pd: pronti ad accoglierli”. Da qualche mese -scrive il quotidiano- convivevano nel partito visioni molto diverse, soprattutto nella valutazione dei rapporto con il Pd. E si ricorda l’incidente, due giorni fa, quando il gruppo si è spaccato sulla decisione di votare il decreto Irpef che contiene il bonus di 80 euro. Il capogruppo Migliore si è dimesso dall’incarico, Claudio Fava ha dato le dimissioni dal partito e ieri hanno dato l’addio a Sel anche le deputate Titti Di Salvo e Ileana Piazzoni.
Il Fatto: “La sinistra in frantumi. Sel, addio di 12 ‘riformisti’”, “Rottura sugli 80 euro. La lite nell’ex gruppo dirigente di Bertinotti. Le sirene di Renzi: ‘Rispetto, porte aperte nel partito della nazione”.
Con due interviste a confronto: Guido Viale dice che “il futuro adesso è la Lista Tsipras” e Claudio Fava che nega di aver ceduto al fascino di Renzo spiegando che non si può ridurre tutto ad una caricatura ‘Renzo sì, Renzo no’, c’è spazio “per una sinistra autonoma dal Pd che sappia entrare nel merito di ciò che accade giorno per giorno”.
La Repubblica intervista Nichi Vendola, che di Sel è presidente: “Ma non siamo morti e non finirò renzista”, “per chi pensa che la vera innovazione sia Renzi, capisco sia difficile sottrarsi all’attrazione”, “siamo in una fase di terremnoto per tutto il sistema politico italiano”, ma “quando il premier squaderna il suo programma, com Blair come riferimento, ebbene noi siamo nati contro quelle tesi”.
Sul “terremoto in Sel” L’Unità intervista Gennaro Migliore. “A Vendola voglio bene ma abbiamo visioni diverse”. Alla domanda se andrà nel gruppo misto o nel Pd dice “vedremo”, ma dice che le due uscite individuali di ex Sel entrati nel Pd “non c’entrano con la nostra discussione”.
Stefano Folli scrive sul Sole che “la secessione di Migliore è l’effetto, non la causa, della crisi. Il premier oggi come una calamita”. Scrive ancora che non è importante se Migliore e i suoi entreranno o meno nel Pd, è interessante capire se “riusciranno ad occupare uno spazio politico che in effetti esiste”, perché se Renzi “vuole essere una specie di Tony Blair all’italiana” e “evidente che ci sono i margini per un’ala sinistra che serva a coprire il ‘renzismo’ su quel versante”.

Giustizia, Csm

Il Fatto intervista l’ex segretaria di Giancarlo Galan. Sapeva che Galan prendeva le tangenti? “Sì, certo, me lo confidava lui e chi gliele dava”. E chi gliele dava? “Imprenditori vari, ho fatto i nomi ai magistrati. Durante una campagna elettorale gli portai io una busta consegnatami da Baita” (l’ex presidente della Mantovani costruzioni).
Un’intera pagina de La Repubblica è dedicata alla vicenda che ha visto contrapposti il procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo e il capo della Procura Edmondo Bruti Liberati: “Il Csm archivia il caso Bruti-Robledo”.
La Stampa: “Scontro in procura a Milano. Il Csm archivia il caso”, “Vietti: accolte le indicazioni del Colle. Atti rinviati al Pg della Cassazione”.
La Repubblica intervista il vicepresidente del Csm Michele Vietti che, riferendosi a Bruti Liberati, dice: “Da Edmondo comportamento corretto, così ha vinto la procura di Milano”
“Il pressing del Colle funziona. Il Csm salva Bruti Liberati”. Il Giornale sintetizza così la decisione del Consiglio superiore della magistratura, che “si compatta in difesa del procuratore di Milano”, archiviando l’esposto dell’aggiunto Robledo sulle irregolarità nella gestione delle cause. “Decisiva la lettera di Napolitano”, scrive il quotidiano.
“Scontro Bruti-Robledo, il plenum archvia. Ma il caso non è chiuso”, scrive il Corriere della Sera. “Vietti: è stato dato ascolto al Quirinale”. E poi: “Atti al Pg della Cassazione e in commission incarichi”. A favore della relazione che “assolve” Bruti e “in buona misura” anche l’aggiunto hanno votato 16 consiglieri: quelli del “centrosinistra” giudiziario delle correnti, i laici dicentrodestra, con l’eccezione di Zanon e Albertoni, e il laico indicato dal Pd.

Europa
Su L’Unità un intervento di Rocco Cangelosi: “Ma Juncker resta un uomo del passato”. E’ stato “uno dei più strenui sostentori della politica di austerità che ha incarnato acome presidente dell’Eurogruppo”, e dunque “c’è da domandarsi cosa abbia ottenuto o possa ottenere Matteo Renzi dando il suo beneplacito alla nomina di Juncker”, visto che l’Italia da sola potrebbe far scattare, con il suo voto contrario, la minoranza di blocco per bocciare Juncker, come vorrebbe il premier britannico Cameron. Cangelosi ricorda che oltre alla eventuale nomina del Presidente del Consiglio europeo e del rappresentante della Politica estera e di Sicurezza comune, c’è il posto lasciato vuoto da Tajani, “problema immediato”, visto che l’esponente di Forza Italia tornerà al Parlamento europeo.
Sul Corriere Danilo Taino ricorda che alle elezioni del 25 maggio le grandi famiglie europee hanno avanzato i loro “spitzenkandidaten”, candidati alla Presidenza, e che dunque se verrà scelto Juncker “il Parlamento otterrà un riconoscimento di centralità finora mai avuto”. Cosa che non piace “a un buon numero di leader di governo, che preferirebbero mantenere più poteri possibili in capo al Consiglio”. E non sonolo inglesi, olandesi e svedesi sono di questa opinione: gli stessi dubbi iniziali di Angela Merkel erano fondati sul rischio che il Parlamento e la Commissione da esso incoronata potessero diventari “un contropotere eccessivo rispetto a quello dei governi nazionali”.
Sul Sole 24 Ore Adriana Cerretelli scrive che “in una Unione in crisi di consenso e di legittimità né la Merkel né tutti gli altri leader Ue possono permettersi (anche se molti lo vorrebbero quanto Cameron) di ignorare il responso delle urne.
Da La Repubblica segnaliamo anche le notizie sulla “faida” tra i fratelli laburisti Ed e David Miliband: ne riferisce Enrico Franceschini. “La faida dei Miliband torna a spaccare il Labour, ‘Solo David può salvarci’”, “nel partito crolla la popolarità del leader, tutti reclamano il fratello. Che nei sondaggi nazionali batte anche il premier Cameron”

E poi

Su La Repubblica due pagine sull’Iraq. “Obama: ‘Mando 300 uomini, ma non sarà un intervento. Pronti attacchi aerei mirati’”. E poi si scrive che il presidente “scarica” il premier sciita Al Maliki e “apre” all’Iran. Il segretario di Stato Usa Kerry saraà in missione in Europa e Medio Oriente. Il reportage di Marco Ansaldo racconta i sentimenti dei “delusi da Al Maliki”, che dicono: “la colpa è sua se il Paese va in pezzi”.

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