Oggi Renzi alla Camera sul programma di governo

La Repubblica: “L’Ocse gela l’Italia: ‘Ha la crescita peggiore d’Europa’”, “Consulta, fumata nera per Violante e Bruno”, “Renzi oggi annuncia un nuovo Lingotto”.
A centro pagina, foto di gruppo dei leader ieri al vertice di Parigi: “Il patto tra Occidente e Paesi arabi: ‘Uniti fermeremo l’Isis’”.
In taglio basso: “Migranti, strage infinita, 800 morti in cinque giorni”.
A destra, sul referendum per l’indipendenza scozzese: “Testa o cuore, il voto spezzato della Scozia”, del corrispondente Enrico Franceschini e “Io che da piccolo prendevo in giro gli scozzesi” di John Lloyd.

Il Corriere della Sera: “Il caso Consulta non è chiuso”. “Il patto Pd-Forza Italia ieri non ha retto in Aula: veti e assenze. Eletti, però, tre membri del Csm”. “Fumata nera per Violante e Bruno, oggi si vota di nuovo”. “Scherzare con il fuoco” è il titolo dell’editoriale del quotidiano milanese, firmato da Michele Aini.
In alto: “‘L’Italia in piena recessione’. Siamo l’eccezione tra i grandi”. “Le previsioni dell’Ocse: nel 2015 crescerete solo dello 0,1 per cento”.
In prima anche la riunione di Parigi sull’Isis: “‘Siamo pronti a tutto per sconfiggere l’Isis. A Parigi il fronte comune di 30 Paesi”.

La Stampa: “Tasse, un aiuto agli artigiani”, “L’ipotesi del governo: scorporare dall’Irpef il reddito di impresa”, “Consulta, altra fumata nera. Ma il Pd insiste: Violante passerà”.
A centro pagina, foto di un guerrigliero curdo: “Trenta Paesi daranno la caccia all’Isis”.
Sotto la testata: “Migrante, la strage senza fine: ‘800 morti negli ultimi cinque giorni’”. E la scuola: “Scuola al via, precario un docente su sei. Renzi: 149 mila assunzioni”.
La colonna a destra: “Ucraina, il peso di bugie e propaganda”, di Mark Franchetti. E il “Sì del Belgio all’eutanasia che ha chiesto lo stupratore”. E’ Frank Van Den Bleken, 52 anni, da 30 in carcere perché pluristupratore seriale e assassino. Ha ottenuto il via libera della giustizia per l’eutanasia.

Il Fatto titola: “Rivolta contro Renzusconi”, in riferimento alla decima fumata nera per la Consulta.
A centro pagina: “Annegano a centinaia, ma ormai è diventata una strage silenziosa”.
In taglio basso: “Il lavoro diventa cronaca nera: uccisi dal padrone”. E’ accaduto a Fermo. Il quotidiano intervista Luciano Gallino, che dice: “Dietro queste tragedie ci sono decenni di norme contro chi fatica”.

Il Giornale: “Basta aumenti Iva. Ipotesi di alzare le aliquote dal 4 al 10 per cento. Commercianti in rivolta”. “Vogliono uccidere il Paese”. “Allarme sui conti, il Pil continua a crollare”. L’articolo è firmato dal professor Francesco Forte, che scrive delle “due notizie inquietanti” che “circolano”: l’Ue avrebbe chiesto all’Italia di alzare dal 4 al 10 l’aliquota per i beni alimentari e altri generi di prima necessità, e il Pil – secondo l’Ocse – decrescerebbe nel 2014 dello 0,4 per cento.
Il titolo di apertura è dedicato alla politica: “Alfano apre a Forza Italia. ‘Ma mai con la Lega’”. E poi: “Consulta, niente di fatto”.
A centro pagina: “Armi italiane all’Irak, siamo al fronte. L’annuncio del ministro Mogherini. Ai curdi mitragliatrici e proiettili. E l’Europa vara leggi più dure contro il terrore”.
La foto è per Angelina Jolie, ieri tra i profughi a Malta: “Angelina, che tristezza quello show tra i disperati”.

Il Sole 24 Ore: “Ocse: Italia in recessione. Eurozona a crescita debole. Subito le riforme. S&P: inefficaci gli stimoli italiani”.
A centro pagina: “Jobs act in salita, Pd diviso. Damiano frena: niente deleghe in bianco al governo. Poletti vede i capogruppo”. “Renzi oggi alla Camera: avanti su lavoro, giustizia e Italium. Più equità”.

Isis

La Repubblica, alle pagine 2 e 3: “’Siamo pronti a tutto’. Trenta ministri insieme per la guerra ai jihadisti”, “A Parigi il vertice dei Paesi occidentali e arabi. ‘Raid aerei, non soldati’. Mogherini: armi dall’Italia”. E un’analisi di Vittorio Zucconi: “Ma in quella strana alleanza troppi fiancheggiatori dell’Is”. “Costruita sull’orrore, ma resa possibile dall’ambiguità dei partecipanti, nasce a Parigi la Strana Alleanza fra Occidente e mondo arabo per combattere lo spettro che si aggira in Medio Oriente, il Califfato dei Tagliagola”. Si tratta di una “strana creatura”, visto che l’armata del califfato che minaccia le capitali del Medio Oriente non ci sarebbe se non fossero state “quelle stesse capitali o loro componenti, ad alimentarlo, nella speranza di evitarne i colpi o di usarlo contro gli avversari. Come fecero anche gli strateghi americani in Afghanistan, subendo gli effetti del boomerang”.
Da segnalare, a proposito di Afghanistan, ancora su La Repubblica, un’analisi di Ahmed Rashid, giornalista pakistano grande esperto di Taliban. Il tema è l’uccisione del messaggero, “un antico metodo che usavano i re per sfogare la loro frustrazione per una sconfitta o un insuccesso politico”. Quando Osama Bin Laden voleva inviare un messaggio -ricorda- convocava un giornalista occidentale o una rete televisiva e prima dell’11 settembre convocava addirittura una conferenza stampa: “la sua ‘disponibilità’ con i media era una presenza fisica. La gente credeva a quel che diceva perché lo diceva di fronte a giornalisti affidabili”. Quando Aby Bakhr Al-Baghdadi, il capo dell’Is, vuole inviare un messaggio, “lo fa attraverso le molteplici piattaforme di social media, rendendo impossibile per le autorità di tutto il mondo eliminare il messaggio”. Le tragiche decapitazioni dei giornalisti e dei cooperanti dell’Is fanno parte di un rivoltante gioco politico che Al Qaeda tentò brevemente nel 2001 con la decapitazione del giornalista americano Daniel Pearl, e ora l’uccisione con l’Is è diventata di rigore: “nessun giornalista in futuro potrà incontrare faccia a faccia Al-Baghdadi, o visitare i suoi accampamenti, o vedere come governa il suo nuovo califfato. Non avremo nessuna reale informazione o notizia con cui convincere le potenziali giovani reclute di quale Stato orrendo stia creando l’Is”.

La Stampa: “Contro l’Isis 30 Paesi: pronti a tutto”, “L’Iraq: subito l’intervento. Russi disponibili, ma Turchia e Iran confermano il no”. Il quotidiano intervista il generale Jay Garner, il primo governatore dell’Iraq dopo la caduta di Saddam. Dice che la coalizione è “monca”: “senza i soldati a terra non vinceremo mai”, “abbiamo invaso l’Iraq per poi ritrovarcelo alleato degli ayatollah”. Il partner chiave sarebbe Teheran, 2ma per i Paesi sunniti è indigeribile”. In Iraq, dice Garner, “possiamo annientare l’Isis, ma in Siria è molto più difficile, senza mandare soldati americani sul terreno. Se poi ci riuscissimo, dovremmo cominciare già da ora a preparare una grande forza di intervento con gli europei per tenere in piedi il Paese”.

Il Corriere scrive che nel vertice Hollande e Fabius “si sono sforzati” di usare – invece che Isis – il termine arabo Daech, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante in arabo. Lo hanno fatto “con qualche difficoltà ed errori di pronuncia”, nel tentativo di togliere il carattere di “Stato” alla azione dei terroristi. E aggiunge che dopo il vertice “restano le divisioni sulle azioni concrete” da intraprendere, visto che gli unici a condurre azioni concrete per ora sono francesi ed americani, che gli arabi non hanno partecipato alla conferenza e che hanno ottenuto che l’Iran non partecipasse. Il Qatar per esempio, scrive il quotidiano, esita a concedere agli americani l’uso della loro base di Al Udeid.

Sul Sole una analisi di Gian Andrea Gaiani: “Ma solo via terra il conflitto potrà essere breve”. “I limiti della scelta statunitense di volersi concentrare sulle missioni aeree”, e si scrive anche dei limiti delle forze aeree di alcuni Paesi arabi disposti a volare accanto a Usa e Francia: l’azione di Qatar ed Emirati durante la guerra in Libia nel 2011 fu “talmente penosa da far ritenere il loro impiego bellico più pericoloso per i piloti stessi che per i miliziani del Califfo”, scrive.

Sul Corriere ci si sofferma anche sulle due cooperanti italiane rapite in Siria: “I rapitori di Greta e Vanessa: ‘Pagate o le cederemo all’Isis’. Sarebbero in mano ai ribelli siriani. ‘Stanno bene'”. Il messaggio, da fonte anonima, sarebbe stato diffuso dopo la decapitazione degli ostaggi Usa e britannico. Sugli “ambigui alleati arabi” .

Ocse, economia

“Italia in rosso, il Pil nel 2014 a -0,4%”, titola La Stampa riferendo che l’Ocse “taglia le stime sulla crescita per l’Eurozona: siamo gli unici col dato negativo. Frenano Germania e Francia”. E “per Roma si complica il rispetto dei parametri sul deficit concordati con Bruxelles”.

La Repubblica: “L’Ocse vede nero per l’Italia, ‘Unico Paese in recessione, il Pil scenderà dello 0,4%”. E il quotidiano riferisce anche delle stime Standard & Poor’s: secondo cui le misure annunciate in marzo dal governo Renzi (oltre agli 80 euro, anche il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione) “non hanno avuto effetti” sui consumi in Italia. Si pensava che potessero aumentare dello 0,3%, invece ora la stima è ridotta ad un risicato più 0,15.

Secondo La Stampa sarebbe allo studio, da parte del governo, un taglio delle tasse per artigiani e commercianti: si tratterebbe di scorporare il reddito d’impresa dalla tassazione Irpef per queste categorie. Chi non ha una società, oggi infatti paga tutto attraverso la tassa sulle persone fisiche: l’idea è invece di scorporare il reddito d’impresa e su quello applicare l’aliquota Ires (l’imposta sulle società), nettamente più bassa.

Restando ancora alle misure e alle riforme ipotizzate dal governo, La Repubblica scrive che sulla questione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori lo scontro verrebbe “rinviato”: la delega alla riforma sarà “generica”. Si tratterebbe per i governo di ottenere dal Parlamento la delega con l’indicazione di alcuni criteri generali per rivedere lo Statuto, per poi riscrivere le regole sui licenziamenti attraverso i decreti delegati: “nel merito, cioè sul come, deciderà il governo”. Che non ha alcuna intenzione di infilarsi ora in una battaglia fortemente condizionata da fattori ideologici: lo farà semmai dopo, quando potrà dimostrare, norme alla mano, che l’articolo 18 è diventato marginale in un contesto legislativo orientato alla promozione attiva dell’occupazione, che costituisce “i cuore del Jobs Act”.

Il Messaggero scrive che “questa volta” le previsioni Ocse “non fanno arrabbiare più di tanto” Renzi, e nel titolo dell’articolo si para di “strappo” del premier sui patti con la Ue.

Sul Corriere si ricorda – analizzando il rapporto Ocse – che per tutta Europa la crescita 2014 dovrebbe rimanere “frenata”, mentre la ripresa è “solida” negli Usa. Quanto alle famose riforme, scrive l’Ocse – “per rafforzare sostanzialmente la crescita alcuni Paesi stanno cogliendo l’opportunità di riforme strutturali e devono ora assicurarne l’effettiva implementazione, mentre altri devono essere più ambiziosi per aumentare la competizione e l’occupazione”. In ogni caso “deludente” è la condizione dei “Paesi più grandi”, ovvero Italia, Francia e Germania

Consulta, politica

Alle Camere i due candidati alla Corte costituzionale, Luciano Violante e Donato Bruno, si sono fermati rispettivamente a 530 e 529 voti: “ma oggi Pd e Fi insistono”, scrive La Repubblica spiegando che la convinzione è che l’accordo regga. Sul quotidiano un “retroscena” di Liana Milella sottolinea che si tratta di franchi tiratori inazione “contro il Patto del Nazareno”: e si tratta quindi di uno “strano asse tra i dissidenti forzisti e dem”. La Stampa: “E il Pd non obietta su Bruno, berlusconiano doc e amico di Previti”, “studio legale con clienti Ricucci e Renato Della Valle. Ma consociativo quanto basta per non indispettire nessuno”. Il quotidiano intervista Roberto Giachetti, vicepresidente della Camera e renziano doc: “Dentro Forza Italia si vendicano del no a Catricalà”, dice. E sottolinea che il Pd è “compatto” su Violante, “ma col voto segreto c’è chi si sfoga”.

La Repubblica intervista il capogruppo Fi alla Camera Renato Brunetta che, riferendosi a Violante, dice: “Luciano? Un gran giurista ed è anche garantista, ci può rappresentare bene”.
Durissimo sui nomi per Corte costituzionale e Csm Il Fatto: “I Cesaroni” è il titolo dell’editoriale in prima firmato da Marco Travaglio (“Violante, participio presente per tutte le stagioni”, “Donato Bruno, membro della grande famiglia dei Cesaroni”, essendo amico di Cesare Previti, oltre che “padre di un giovanotto inquisito per le baby squillo dei Parioli”). Per il quotidiano “il patto Renzusconi non tiene”), ma “Renzi tira dritto: oggi li votiamo di nuovo”. E scrive Il Fatto che “alle dieci va in Aula per illustrare il piano dei mille giorni, alle 18 fa la segreteria, poi i suoi tornano in aula a far notte per i giudici” (costituzionali, ndr.).

Il “retroscena” de La Stampa: “Renzi: il patto reggerà. E rilancia sul programma”. Va ricordato infatti che oggi il presidente del Consiglio parlerà alle Camere con quello che La Repubblica presenta come il “discorso programmatico” dei mille giorni, per illustrare il percorso di governo da qui al 2017. La Stampa scrive che oggi ci sarà un “affondo” di Renz, specialmente sulla riforma della giustizia. Nel pomeriggio, poi, si riunirà la Direzione del Pd, nel corso della quale il segretario-premier “valuterà se fare entrare anche i lettiani”.

La Repubblica parla di un “nuovo Lingotto di Renzi”, facendo riferimento ad una Conferenza nazionale “per riscrivere la linea Pd”: “in Direzione la segreteria unitaria e l’annuncio di un percorso per aggiornare statuto e programma”.
Sul Messaggero Nino Bertoloni Meli scrive nonostante la “nuova fumata nera”, “dalle parti dei due partiti si respira adesso aria di ottimismo”. “Hanno votato in 802. Son mancati all’appello 148 parlamentari, un bacino talmente vasto entro il quale pescare da far pensare che oggi alle 18, quando è stata riconvocato il Parlamento in seduta comune, sarà fumata bianca”.

Su Il Giornale: “Tra i circa 150 parlamentari assenti alla votazione sono 13 tra le file dei democratici, 18 quelli di Forza Italia, 11 quelli della Lega, 13 del Ncd, 3 di Gal e 6 di FdI, 23 i senatori M5S assenti”. Insomma: la maggioranza dei tre quinti non sarebbe un obiettivo facile da raggiungere.

Il quotidiano romano invece dà conto delle voci per cui ci sarebbe qualche “sofferenza” tra i renziani, magari tra gli ex Margherita, ma, come dice il non renziano D’Attorre, “‘Se qualcuno crede che si può far fuori Violante così, senza pagare pegno, si sbaglia di grosso, non è che poi arriva un altro candidato e viene votato come se nulla fosse'”. Oggi Renzi presenta la Direzione del Pd, ricorda il quotidiano, in un clima che appare “pacificato”.

A proposito della Direzione Pd, il Corriere scrive oggi che nel partito si “tratta ancora” per una “gestione unitaria”, e che, come dicono anonimi citati nell’articolo, gli organigrammi sono ancora tutti nella testa del premier-segretario. In ogni caso è lui che decide e i telefoni dei prescelti sono “destinati a squillare nel cuore della notte”. “Incarichi alle donne e niente stipendi”, titola il quotidiano.

Secondo Stefano Folli, sul Sole 24 Ore, “l’asse Berlusconi Renzi è più debole, e non solo perché ieri era lunedì” (e c’erano meno parlamentari a Roma ndr). Nel senso che “Donato Bruno, il nuovo candidato di Berlusconi per la Corte Costituzionale, non è Antonio Catricalà”, e se il primo “incarnava” l’intesa di sistema, “la candidatura di Bruno è emersa in Parlamento e fotografa lo scollamento in atto in quella che fu un tempo la monarchia assoluta di Arcore”.
Sul Corriere un “retroscena” di Maria Teresa Meli si sofferma sulle “scelte” del governo. “‘Le riforme hanno un senso solo se si fanno tutte insieme'”, avrebbe detto Renzi, che dunque non accetterebbe i consigli di chi gli dice di lasciar “decantare” la riforma del Senato e quella della legge elettorale per occuparsi delle riforme economiche, nonostante “incombano” Ocse e S&P.

E poi

Sul Corriere, una lettera dell’ex presidente del Consiglio Enrico Letta (“Se la Scozia ci ricorda l’attentato di Sarajevo”), dove ci si sofferma sulle “conseguenze per noi e per l’Europa” di quella che Letta chiama “scelta disgregratice, figlia di un populismo istituzionale che offre soluzioni semplici con l’illusione di risolvere problemi” che invece uscirebbero aggravati.
Sullo stesso quotidiano: “Cameron: no a un divorzio doloroso. Anche gli Usa contro la secessione”. Si scrive che finalmente “anche il mondo degli affari” si schiera sul referendum, e che ieri il premier scozzese Salmond ha incontrato “top manager ‘amici'”.

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