Migranti, anche la Germania fatica

Il Corriere della sera: “Migranti, Berlino ferma i treni”. “Controlli rigidi ai confini austriaci”. E poi: “Strage di bambini nel mare greco: 15 vittime”. E ancora: “Le condizioni dell’Italia sul piano Juncker: prima le quote, poi apriremo i centri”.
A centro pagina la politica interna: “Il muro di Renzi sulla riforma: nessun cambio”. “Premier: ‘scissione, D’Alema non ce la farà'”.
Da segnalare a centro pagina due interventi sulla vittoria di Corbyn alle primarie dei laburisti britannici. Peter Mandelson (“Il mio New Labour ha smesso di lottare”) ed una intervista a Otto Schilly (“Le ricette di Corbyn sono fallimentari”).
L’editoriale è firmato da Angelo Panebianco: “Noi e le guerre. Rimettere i piedi per terra”.
Di spalla un articolo firmato da Federico Fubini: “Tassi & rialzi nel secolo cinese. Dietro le quinte della decisione”.

La Repubblica: “Grecia, strage di bambini in mare. La Germania chiude le frontiere”, “Si rovescia barcone, 39 morti, metà bimbi. I lministro tedesco: ‘Creare zone di attesa in Italia’”.
Sul tema, le analisi di Andrea Bonanni, corrispondente da Bruxelles (“Merkel avvisa l’Ue, l’onere è di tutti”) e del presidente del Parlamento europeo Martin Schulz (“L’Europa ritrovi il suo coraggio”).
In apertura a sinistra un intervento del neoleader dei laburisti Jeremy Corbin: “Così voglio cambiare gli inglesi”.
Sulla colonna a destra, una sintesi della lectio magitralis che Umberto Eco avrebbe dovuto pronunciare al Festival della Comunicazione (il maltempo lo ha impedito): “Continuando abusivamente a darci del Tu il Paese perde la memoria”, “Passati dal Voi al Lei. Oggi una finta familiarità rischia di trasformarci”.
Sulla politica: “Renzi: ho i numeri. Ncd frena: ‘Modificare l’Italicum’”.
In prima anche il richiamo all’intervista a Ilaria Cucchi: “Lotto per Stefano, per fermarmi devono uccidermi”.
A fondo pagina: “Il Pil del Giubileo, 11 miliardi di euro, ecco il tesoretto dei pellegrini”, di Paolo Griseri.
La Stampa: “La Germania ripristina i controlli alle frontiere. Altra strage di bambini”, “Naufragio in Grecia, 34 morti. 42 migranti salvati in un camion frigo in Austria”, “Ue, via le quote vincolanti nella bozza della Commissione. E diventa un rebus come ridistribuire 120 mila profughi”.
“Merkel spieghi come uscire dall’impasse”, è il titolo di un’analisi di Gian Enrico Rusconi.
In taglio basso: “Rinnovo dei contratti per 6,5 milioni di persone”, “Lavoro, ma non si annuncia un autunno caldo”.
E un’analisi di Daniele Marini: “Deboli e meno reattivi: sindacati in crisi di fiducia”.
In grande evidenza la foto di Fabio Aru: “Aru e basket: è bella l’Italia” . E un’intervista alla tennista Flavia Pennetta: “Io, un figlio e le Olimpiadi”.

L’Unità: “Expoi? Capitale del diritto al cibo”, “Vicino l’obiettivo dei 20 milioni di visitatori. Vinta la sfida, si progetta già il dopo. L’idea glocal dell’Expo permanente a Milano contro fame, malnutrizione, povertà”.
A centro pagina, la foto di in gruppo di profughi soccorsi a Lesbo: “Ancora bambini annegati. Berlino: stop a Schengen”, “Strage nel mare dell’Egeo: 15 piccoli tra le 34 vittime. La Germania: troppi arrivi, l’Europa ha fallito”.
Sulla politica italiana: “Renzi: le riforme danno dignità alla politica”, “’Abbiamo i numeri’. Ncd: intervenire sull’Italicum. Guerini: ‘Non si tocca’”.
Sui laburisti britannici e il loro nuovo leader: “Corbyn: ora governo ombra. Aumentano gli iscritti laburisti”, “Appello di Umunna e Ed Miliband: tutto il partito sostenga il leader”.
E sul leader della Fiom: “Landini prova a ripartire stoppando Civati”, “Il leader Fiom boccia la scelta referendaria dell’ex democrat”.

Il Giornale: “L’Europa chiacchiera, intanto muoiono altri 15 bimbi”. “Dopo le belle parole dei leader i profughi continuano e in Grecia è ancora strage”. “La Merkel invasa dai profughi chiude le frontiere. Ma ospita i rifugiati in un lager”.
L’editoriale è dedicato alla politica interna: “Renzi torna dall’America senza voti al Senato e minacciato perfino dal Ncd”.
A centro pagina, sotto una foto-ritratto della parlamentare Pd Anna Ascani: “Bersani vuole la patrimoniale sui ricchi. La vecchia ricetta dell’ex ministro. E la sinistra ha trovato un altro Messia: il nuovo leader laburista Corbyn”.

Il Sole 24 ore dedica l’editoriale alla Fed, ai tassi e al “dilemma dello 0,25 per cento” di Janet Yellen, a capo della Fed Usa. Di spalla: “Nuovo welfare in Cina: l’Inps in prima fila per assistere Pechino”, dove si legge che la Cina, dove le politiche sociali sono nate pochi anni fa, guarda con interesse al modello previdenziale europeo, tanto che l’Inps sta ufficialmente collaborando ad un progetto di riordino del settore. Sotto, un colloquio con il presidente Inps Tito Boeri che spiega come quello italiano sia “un modello di riferimento” per i cinesi.
A centro pagina: “Ritorno a scuola, ecco cosa cambia”.

Immigrati

Sono morti annegati al largo dell’isola greca di Farmakonisi in 39. Fra questi, 15 bambini. Poche ore dopo, poi, scrive il corrispondente da Bruxelles de La Repubblica Andrea Bonanni, è arrivata la decisione di Berlino: la Germania sospende temporaneamente gli accordi di Schengen e ripristina i controlli alla frontiera per far fronte al fiume dei profughi. D’ora in poi si entrerà nella Repubblica federale solo dopo il controllo dei documenti validi. Berlino chiede agli altri europei di fare di più: ripartire meglio i profughi, costruire subito in Italia zone d’attesa per i migranti, come ne esistono già in Grecia. La cancelliera tedesca ha annunciato telefonicamente al presidente della Commissione Ue Juncker la decisione presa. Il commento dello stesso Juncker: “La decisione tedesca appare compatibile con le regole di Schengen in caso di emergenza”. Poi si riferiscono le parole del ministro dell’Interno tedesco De Maizière: “La grande disponibilità della Germania non deve essere sfruttata troppo. Abbiamo deciso di applicare controlli provvisori ai nostri confini per arrivare a una procedura ordinata di afflusso migranti che garantisca la sicurezza”, “L’accordo di Dublino resta in vigore, ma deve essere rispettato anche dagli altri Paesi Ue, che non solo devono registrare i profughi, ma anche avviare la richiesta d’asilo”, “Non è accettabile che siano i migranti a scegliere in quale Paese europeo stabilirsi, magari venendo tutti solo da noi e in Svezia. Occorre ripartire le quote tra tutti”.
E l’analisi di Andrea Bonanni: “L’onere è di tutti, il messaggio della cancelliera a Bruxelles”. La decisione, si legge, fa parte delle “grandi manovre” in vista della riunione dei ministri dell’Interno Ue di oggi.
A pagina 3 un’intervista al vicecancelliere tedesco Sigmar Gabriel, che dice: “Il mio Paese è al limite, colpa dell’inerzia europea”, “nel vertice di oggi dobbiamo ormai ovviamente allentare la pressione legata allo smistamento di 160mila profughi. Devono tuttavia seguire ulteriori alleggerimenti, anche perché 160mila sono solo una goccia nell’oceano”.
A pagina 4, un’intervista al ministro degli Esteri Paolo Gentiloni (copyright Die Zeit): “Troppa pressione su Italia e Germania, l’Europa ora si muova o si rischia il baratro”, “I rifugiati vanno distribuiti equamente. Per salvare Schengen serve un diritto d’asilo dell’Ue”.
La Stampa, pagina 2: “Dopo l’accoglienza dei siriani la Germania blocca le frontiere”, “Berlino decide di ripristinare i controlli: treni bloccati al confine con l’Austria. In 13 giorni entrati 63 mila profughi. Baviera nel caos: non possiamo fare tutto noi”. Scrive Tonia Mastrobuoni che il ministro dei Trasporti tedesco Dobrint, esponente della Csu, ha parlato di “totale fallimento” dell’Europa. A monaco, dove ieri c’è stato anche un allarme bomba alla stazione, la situazione è ormai al limite. I tedeschi, scrive la Mastrobuoni, continuano a dimostrare una generosità incredibile: appena si è diffusa la voce, sabato, che fossero finiti i posti letto, in molti si sono precipitati alla stazione per portare sacchi a pelo, tende e materassini. Tuttavia la responsabile per il Lavoro della Baviera, Emilia Muller (Csu) è esplosa: “Non può essere che la Baviera si prenda carico di tutto”.
E intanto, secondo un “retroscena” del corrispondente da Bruxelles Marco Zatterin, “dalla bozza della Commissione Ue spariscono le quote vincolanti”: in quella circolata ieri, viene infatti accolta la formula delle ripartizione non vincolante dei rifugiati e rinviata la definizione delle modalità al Consiglio dell’8-9 ottobre. In compenso, si procede con determinazione sui controlli per chi arriva nell’Ue e si chiede l’istituzione “immediata” dei siti di registrazione europea (hotspot) in Italia e Grecia, con la condizione che “le strutture di accoglienza siano organizzate per ospitare le persone sino a che una decisione rapida sia presa sulla loro situazione”. Insomma, le due cartelle della bozza sono prive di elementi di obbligatorietà sulla redistribuzione dei 120mila rifugiati che la Commissione Ue vorrebbe ripartiti tra gli Stati con criteri automatici: è il ritorno della volontarietà. Del resto, ricorda Zatterin, Romania, Repubblica ceca, Slovacchia e Ungheria ribadiscono il loro no alle quote imposte dal centro. E la presidenza lussemburghese non vuole strappi. Per compensare il rinvio, si tenterà l’intesa sui 40mila che andavano ripartiti in luglio: gli 8 mila posti mancanti potrebbero saltar fuori in giornata.
“Dove e come saranno lasciati i profughi fermati alle frontiere?”, è la prima delle domande che Gian Enrico Rusconi pone sopo la decisione tedesca di reintrodurre i controlli alle frontiere, soffermandosi sulle conseguenze. La seconda delle quali sarà “politica”: i Paesi dell’Est ostili ad ogni accoglienza, oggi, nel corso della riunione dei ministri dell’Interno, “anziché essere censurati e invitati a modificare linea, passeranno all’attacco contro Germania e Unione europea”. E nascono altri interrogativi, secondo Rusconi: “le autorità tedesche hanno sbagliato i loro calcoli? Sono state troppo prese salla loro stessa buona volontà di risolvere il problema?”. In terzo luogo, fa notare Rusconi, tra le conseguenze vi sarà anche quella di una “turbolenza politica” in Germania: la si sentiva montare nei giorni scorsi non solo nella Csu, visto che “sulla stampa conservatrice, accanto a critiche premonitrici, non mancava il sarcasmo contro la cancelliera che, felice della nuova simpatia internazionale guadagnata dalla Germania, si atteggiava a mater patriae”.
Il Mattino offre una intervista allo stesso Rusconi che ribadisce che sul piano di accoglienza annunciato da Berlino in questi giorni è cresciuto il “sarcasmo dei giornali tedeschi, con in testa la Frankfurther Allgemaine”. La Merkel è stata ingenua nell’annunciare l’accoglienza per 500 mila persone? Quando fece la scelta sul nucleare dopo Fukushima Merkel pure fece una scelta “forte e repentina” che tuttavia “non chiedeva immediati passi organizzativi”. “Una cosa è parlare di 500 mila persone, un’altra è vederli per strada”. Quanto all’Italia, emergerà di nuovo – secondo Rusconi – il tema delle registrazioni dei profughi. I tedeschi sottolineano che i Paesi dove arrivano i migranti devono creare delle “zone di attesa”. “Mi chiedo: in Italia sappiamo quanti rifiutano la registrazione? O li abbiamo solo sistemati in qualche posto augurandoci che nel frattempo scappino e vadano altrove?”.
Questa mattina la Germania ha riaperto il traffico ferroviario con l’Austria.
Sulla Nazione una intervista al sottosegretario con delega all’Europa Sandro Gozi. Alla domanda se la Germania, annunciando la chiusura delle frontiere con l’Austria, abbia fatto una “figuraccia europea” risponde che no, “i tedeschi hanno applicato le regole di Schengen che prevedono una sospensione della libera circolazione temporanea e limitata a casi eccezionali”. Dice che bisogna, già nella riunione dei ministri degli interni di oggi, “andare avanti con il piano Juncker” e che comunque quello che è successo “dimostra che neppure la Germania da sola riesce a rispondere alla crisi”.
Sul Corriere Fiorenza Sarzanini scrive invece delle “condizioni” dell’Italia all’Europa: il nostro Paese non aprirà i nuovi centri di accoglienza (i considdetti hot spot per registrare i migranti) “prima del via libera alla distribuzione dei 160 migranti tra gli Stati dell’Unione europea”. “Roma pone condizioni ma il rischio forte è che non si arrivi ad alcuna intesa” viste le resistenze dei Paesi dell’est che potrebbero crescere dopo l’annuncio di ieri della Germania di chiusura della frontiera con l’Austria.

Corbyn

La Repubblica: “Corbynmania, 15 mila nuovi iscritti nel Labour. Cameron: una minaccia”, “Il nuovo segretario al lavoro sul governo ombra, ieri le prime nomine. ‘Piano per rovesciarlo entro un anno’”. Scrive il corrispondente da Londra Enrico Franceschini che il primo effetto dell’elezione di Jeremy Corbyn a nuyovo leader laburista è stata “un’ondata di iscrizioni”, poiché nelle 24 ore successive alla sua vittoria alle primarie, il Labour ha raccolto 15mila nuovi membri, portando così il totale a 325mila. Ben più freddo è l’elettorato nel suo complesso: secondo un sondaggio del Mail, soltanto il 27 per cento vede Corbyn come futuro primo ministro, contro il 44 per cento che approva l’attuale inquilino di Downing Street, il conservatore Cameron; e il 39 per cento, fra cui un quarto dei sostenitori laburisti, prevede la sconfitta del Labour alle prossime due elezioni generali.
E in prima su La Repubblica compare oggi un intervento dello stesso Corbyn, con copyright The Observer. “L’elezione della leadership laburista -scrive- è stata una straordinaria prova di democrazia popolare e di partecipazione pubblica dal basso, che ha dimostrato l’infondatezza dell’opinione prevalente al riguardo della politica. Abbiamo attirato il sostegno di centinaia di migliaia di persone di tutte le età, di ogni ambiente sociale, in tutto il Paese, ben oltre i ranghi degli attivisti di lunga data e di chi fa campagna. Chi può seriamente affermare, adesso, che i giovani si disinteressano di politica o che non c’è un intenso desiderio di un nuovo tipo di politica?”; “la speranza di un cambiamento e di nuove grandi idee è tornata al centro della politica: porre fine all’austerità, affrontare e risolvere le diseguaglianze, lavorare per la pace e la giustizia sociale in patria e all’estero. Ecco i motivi per i quali oltre un secolo fa fu fondato il Labour. Questa elezione ha infuso nuovo vigore per il XXI secolo all’obiettivo che portò akka sua fondazione: un Partito laburista che dia voce al 99 per cento della popolazione”.
La Stampa: “Corbyn unisce gli elettori ma si trova senza partito”, “Ben 15 mila nuovi iscritti ai laburisti in 24 ore, ma il governo-ombra non c’è”. Almeno una mezza dozzina di moderati -scrive Alessandra Rizzo da Londra- ha fatto sapere che non farà parte del governo ombra.
La Repubblica intervista il politologo francese Yves Mény: “Una crisi ideologica dietro al trionfo delle sinistre radicali”. Corbyn è un populista di sinistra? Mény: “incarna una sinistra radicale che gode di una ritrovata popolarità visto il contesto sociale ed economico. Non è un fenomeno nuovo. L’austerità e la deregulation del mercato del lavoro è molto più forte in Gran Bretagna che in molti altri Paesi europei”, “il risultato di questa vittoria provocherà una maggiore distanza tra militanti e simpatizzanti. E’ una spaccatura nel Labour destinata ad aumentare, come del resto già avviene nel Partito socialista in Francia e nel Pd di Matteo Renzi. Le varie situazioni hanno una causa comune”. Ovvero? “Le primarie enfatizzano la crisi ideologica che attraversa la sinistra. Storicamente, questo sistema elettivo è nato negli Stati Uniti per contrastare i movimenti populisti di fine Ottocento. Negli ultimi tempi, i partiti europei, soprattutto di sinistra, hanno introdotto consultazioni popolari nel tentativo di risolvere la loro crisi di legittimità. Tuttavia, il risultato è stato spesso l’opposto”.
Di fianco, in un’intervista al professor Larry Sabato (Centro per la politica dell’Università della Virginia), si sollecita l’attenzione sulla “corbynmania”, in parallelo con l’ascesa nei sondaggi, negli Usa, del senatore “socialista” del Vermont Bernie Sanders, che pare insidiare Hillary Clinton. Ci sarà un effetto Corbyn nella politica americana? Sabato sottolinea che Corbyn “è molto più a sinistra di Sanders”, che, per esempio, non ha mai ipotizzato di nazionalizzare alcune industrie-chiave del Paese; “e Sanders non metterebbe sotto processo George W. Bush per crimini di guerra, mentre Corbyn minaccia di trascinare in tribunale Tony Blair. Il quale ovviamente non ha nulla da temere, perché con queste posizioni il partito laburista non vincerà mai”.
Da L’Unità segnaliamo due commenti: il primo è firmato da Dario Parrini e si sofferma sul meccanismo delle primarie (quelle del 2010 erano chiuse, riservate agli iscritti al partito laburista e furono in 374mila a votare, quelle di ieri erano aperte agli iscritti, alle organizzazioni sindacali affiliate al partito, ai simpatizzanti che si fossero registrati entro il 4 agosto, pagando 3 sterline e i votanti sono stati 422mila, ovvero il 4,5% dei circa 9,3 milioni di elettori laburisti alle elezioni politiche del maggio scorso); il secondo da Daniele Salvi, che sottolinea che tra le caratteristiche di questa elezione c’è la “discontinuità”, con l’ultimo Labour, quello di Ed Miliband, “che non era né carne né pesce”, e più in generale con la “terza via” di Tony Blair. Ma quella della leadership di Corbyn è innanzitutto la necessità di “prendere di petto il tema delle diseguaglianze che hanno assunto dimensioni sempre crescenti e che stanno all’origine della vera crisi”.
Otto Schilly, ex ministro dell’interno tedesco e padre fondatore dei Verdi poi passato alla Spd, intervistato da Paolo Valentino sul Corriere, definisce “scelta bizzarra” quella del Labour che ha eletto Jeremy Corbyn. “La sinistra europea deve porsi il problema della disuguaglianza ma nel senso di una migliore distribuzione del reddito già nella fase della sua creazione”. Ricorda che i problemi per i laburisti inglesi sono iniziati con la guerra in Iraq, “che la base del partito non ha mai accettato e digerito”. Vista dalla Germania la vittoria di Corbyn “è come se la Spd si fosse data per leader un incrocio tra Oskar Lafontaine e un radicale verde”. E comunque Corbyn “è un’altra espressione del populismo di sinistra che si sta producendo in molti Paesi europei”. Le ricette economiche di Corbyn “hanno già fallito in passato producendo stagnazione, inflazione, disoccupazione, debiti destinati a pesare sulle future generazioni”. Ricorda che anche la Spd perse “migliaia di voti” nel 2005, dopo aver fatto “la più grande riforma economica degli ultimi cinquanta anni”, per la scelta dell’allora leader Lafontaine di allearsi “con gli ex comunisti della Ddr”.
“Ma il mio new Labour si era seduto sugli allori”, ha “messo di lottare”: lo scrive Peter Mandelson, “ideologo del New Labour” con Blair. Si legge nel suo intervento, pubblicato dal Corriere, che con la vittoria di Corbyn il Labour deve “affrontare una questione essenziale”: “continuare a svolgere il suo ruolo storico nel governo o accontentarsi di agire ai margini della politica”. Mandelson scrive che un ritorno “alle posizioni di estrema sinistra degli anni Ottanta non ha senso per il Labour oggi e ci consegnerebbe a un ruolo di protesta anziché di potere” senza dare “risposte realistiche ai problemi con i quali devono misurarsi tanto la Gran Bretagna che il resto del mondo”. Ma – aggiunge – Corbyn ha preso tanti voti anche perché “esiste una profonda delusione verso la politica attuale che non avevamo afferrato appieno” e “tutti i modernizzatori del Labour devono prendersi una parte di responsabilità”. “Siamo riusciti ad alienare il Nord, indebolire la nostra base nelle Midlands, girare le spalle al sud e perdere la Scozia” e “non è stata solo colpa di Miliband”.
“Se il leader incarna solo la protesta” è il titolo di un commento di Giovanni Sabbatucci sul Messaggero

Riforme

La Repubblica, pagina 12: “Renzi: ‘Sul Senato ho i numeri’. Ncd: ‘Solo se cambi l’Italicum’”, “Il capo del governo: l’Italia ha svoltato, ma è servito l’elettroshock. I centristi chiedono il premio di coalizione, no di Guerini. Boschi: ‘Niente scissione’, e attacca i sindacati”. Ha detto la Boschi: “Non credo che ci sarà la scissione”, “Abbiamo il doppio dei voti che aveva D’Alema. I sindacati hann contribuito a bloccare il Paese”. Il “retroscena” di Francesco Bei: “La carta del premier: ‘Vedrete, alla fine Berlusconi dirà sì’”, “La Boschi confida in una ‘parte dell’opposizione’, mentre nel Pd l’intesa appare in salita”.
L’Unità: “Renzi: ‘Abbiamo i numeri per approvare le riforme’”, “Il premier: ‘Portano dignità alla politica’. Boschi: ‘Chi si oppone lo spieghi ai cittadini’. Ncd: ‘Modificare l’Italicum o conseguenze’. Guerini: ‘La legge elettorale non si tocca’”.
La Stampa: “Il premier sul Senato: ‘Abbiamo i numeri, periodaccio per i gufi’”, “Modifiche all’Italicum, Renzi respinge il diktat di Ncd”.
Il Corriere intervista il senatore Roberto Calderoli: “Ho tanti sì al mio testo chirurgico. Un’aula con 21 sindaci e 74 eletti”. “Calderoli: se passa non presento altri otto milioni di emendamenti”. Calderoli spiega che il suo emendamento all’articolo 2 del disegno di legge di riforma costituzionale è un intervento “microchirurgico” che “cancella poche parole e può mettere d’accordo tutti”. Con la tecnica “abrogativa” dei referendum radicali, spiega Calderoli, si cancellano poche parole dell’articolo 2 che così prevederebbe che i Consigli regionali eleggono senatori 21 sindaci. I restanti 74 senatori verranno eletti direttamente sulla base di una legge ordinaria che seguirà. Dice di aver parlato con gli altri gruppi e di ritenere che questo emendamento possa essere votato da Forza Italia, Lega, Ncd, 5 Stelle, Sel, Gruppo Misto e dissidenti Pd. “Avremmo il 70-80 per cento dei voti”, il resto del Pd diventerebbe “minoranza della minoranza”.
Alla pagina successiva una intervista al costituzionalista Augusto Barbera che commenta l’apertura del senatore Tonini (poi parzialmente smentita da altri esponenti del suo partito) su un intervento “chirurgico” sull’articolo 2. Della proposta di Tonini dice “ho faticato a capirla, e da 40 anni mi occupo di Costituzione. Immagino gli elettori”. Tonini propone che i senatori-consiglieri regionali siano eletti in una lista apposita al momento del voto regionale. “Tutte le mediazioni risultano poco chiare”, dice Barbera.
Secondo Il Giornale “Renzi rientra dall’America e perde i numeri al Senato”. Laura Cesaretti scrive che Renzi “ostenta sicurezza”, e ricorda che si diceva che i numeri non c’erano anche sul Jobs Act e sulla Buona Scuola. Anche i pessimisti cominciano a pensare che abbia ragione lui anche perché “nessuno, tanto meno i peones del Senato, vuol correre il rischio di un avvitamento senza uscita della legislatura”. L’articolo ricorda che “lo snodo sta nelle mani” del presidente del Senato Grasso che dovrà decidere sulla ammissibilità degli emendamenti all’articolo 2 della riforma. Il governo “andrà per la sua strada ‘senza alcun rinvio perché se rimandiamo ora la riforma non si farà mai più e noi perdiamo credibilità in Europa’ assicura il premier. Con la ragionevole certezza che, anche grazie alla moral suasion di Mattarella, Grasso non si assumerà la responsabilità di far saltare tutto”.
Sul Corriere il “retroscena” di Maria Teresa Meli: “Renzi: tutto dipende da Grasso. E nessuno bloccherà la riforma”. Il premier non metterà la fiducia sulla riforma, “non si tratta della legge elettorale, è una legge costituzionale quindi niente fiducia” e neppure pensa ad un rinvio. “Vado avanti e la vinco come ne ho vinte altre”, dice secondo il quotidiano. Anche in questo caso si parla del presidente Mattarella, “silente ma presente quando si toccano temi così sensibili politicamente”, e che è “un grande esperto della materia costituzionale ed ha chiaro in mente quello che si può e non si può fare” a proposito della possibilità di emendare l’articolo 2.
Sul Giornale, nell’editoriale firmato da Adalberto Signore, si legge che “non vi è alcun dubbio che per Renzi sia cominciato un lento logoramento destinato ad accompagnarlo di qui alla fine della legislatura, che sia nel 2018 o prima”. “Che ci siano o no i numeri per le riforme”, si legge “il governo è evidentemente in un momento di debolezza, costretto a mercanteggiare con tutti, dai leader di partito all’ultimo dei peones”. Si cita come precedente la sorte del governo Berlusconi. “Gianfranco Fini iniziò a minare l’esecutivo nel 2009 e da allora fu una strada in salita”.

E poi

Sul Corriere ma anche su altri quotidiani si parla di Libia “verso l’intesa per un governo di pacificazione”. I governi rivali di Tripoli e Tobruk hanno raggiunto un accordo sui principali punti politici per formare un governo di pacificazione. Secondo l’inviato Onu Leon questa sarà la settimana decisiva, “siamo alla stretta finale” ha detto il ministro degli esteri Gentiloni.
Sul Messaggero: “Libia a un passo dalla pace. ‘Accordo quasi fatto’. Verso la nascita di un governo unitario con un sostegno militare a guida italiana”
Sul Giornale: “L’ultima mossa di Hillary: un video da nonna per risalire nei sondaggi. Sempre più in affanno, la Clinton gioca la carta della famiglia e posa con la nipote. Ma l’operazione scatena critiche”. Lo spot è costato due milioni di dollari ma rischia di essere controproducente, si legge sul quotidiano. “La strategia di mostrare il lato umano rischia di frantumare l’essenza della Clinton, ovvero della donna forte e distante dai sentimentalismi”.

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