L’appello di Parigi

La Repubblica: “L’appello di Hollande agli alleati, ‘L’Europa dichiari guerra all’Is’”, “Il presidente annuncia severe misure di sicurezza. Caccia ai kamikaze in fuga, arrestato l’artificiere. Obama: distruggeremo il Califfo, non invierò truppe. Ma Putin: il terrore finanziato anche da Paesi del G20”.

A fondo pagina: “Delitto Moro, ora Cutolo parla”, “L’ex capo della camorra ha deciso di collaborare con lo Stato”.

Sulla politica: “Campania, M5S occupa l’aula. De Luca rinuncia all’intervento. Grillini all’attacco: ‘Deve dimettersi’”.

Anche La Stampa apre con le parole del presidente francese: “’Francia in guerra, l’Europa ci aiuti’”, “Hollande alle Camere riunite: cambio la Costituzione, tre mesi di stato d’emergenza. Finisce il G20, Putin: finanziamenti all’Isis da 40 Paesi. L’ottavo uomo sfugge ai blitz”, “Catturato a Bruxelles l’artificiere che avrebbe armato i kamikaze. Identificati sei attentatori, sono stati tutti addestrati in Siria”.

Il Manifesto ha in prima una grande foto della sessione straordinaria del Congresso a Versailles, con i parlamentari in piedi dopo il discorso di Hollande. Il titolo: “Chiamata alle armi”, “Al parlamento riunito a Versailles Hollande chiede di cambiare la Costituzione e proclama: ‘La Francia è in guerra. La Ue intervenga con noi’. Al G20 gli stessi Paesi che hanno finanziato l’Isis decidono sanzioni contro se stessi. Per la strage blitz in Europa, arrestato in Belgio l’artificiere’. In Italia governo in tilt sull’intervento”.

Più in basso, sul Giubileo: “Alfano: allerta crescente. Polizia: sicurezza a rischio. Nuovi fondi in finanziaria”.

Sul lavoro: “Fiom: ‘Sabato in piazza contro il terrorismo”.

Il Corriere della sera: “’E’ guerra. L’Europa ci aiuti’. Hollande si appella alla Ue e vuole cambiare la Costituzione. ‘Adesso servono poteri speciali’. Ma Obama esclude truppe di terra: l’Isis non è uno Stato. Renzi: agiamo se ci sono Usa e Russia”. “

“L’Occidente disunito” è il titolo dell’editoriale di Angelo Panebianco. “Quelle idee appassite” è il titolo del commento di Antonio Polito.

A centro pagina: “Preso l’artificiere del massacro. Così la ‘mente’ beffò la polizia”.

E ancora: “Schengen, chi esce sarà schedato”. Da segnalare in prima anche un richiamo ad una intervista allo storico Nial Ferguson: “’Perché non credo alla retorica bellica’”.

Il Sole 24 ore: “Hollande: è guerra, la Ue ci aiuti”. “ Imercati tengono, corsa ai bond”. “Acquisti di titoli di Stato di Usa, Germania, Francia, Belgio. Sale Wall Street”. “Il presidente francese invoca il Trattato. Putin: l’Occidente superi le divisioni. Obama: no a truppe di terra in Siria”.

Di spalla: “La cassaforte del terrore: greggio illegale e donazioni”.

Tra i commenti di prima pagina: “Ha deluso il G20 dei rinvii”.

E poi: “Renzi: con equilibrio l’Italia farà la sua parte”.

Da segnalare in alto sulla prima notizie sulla legge di Stabilità: “Modifiche su casa e Sud. La Ue rinvia il giudizio”.

Il Giornale: “L’annuncio della Francia. Iniziata la guerra. Renzi tentenna”. “Hollande cambia la Costituzione, bombarda la Siria e chiama l’Europa. Ma il nostro governo si spacca”. “Arrestato l’artificiere di Parigi, un killer ancora in fuga. Falso allarme su un jihadista in Italia, è panico”.

E poi: “Berlusconi: il cancro dell’Isis va estirpato a ogni costo”.

A centro pagina: “L’Islam festeggia i nostri morti con le caramelle”, di Magdi Cristiano Allam.

A fondo pagina: “Le parole incredibili del sindaco di Bologna. ‘Il Crocifisso roba da Medioevo’. Così abbiamo già perso”. Il sindaco ha risposto ad una cittadina bolognese che proponeva di esporre il crocifisso in tutte le scuole per “imparentare alla grande storia dell’occidente” i morti di Parigi.

Il discorso di Hollande

La Repubblica riproduce a pagina 4 il discorso pronunciato ieri dal presidente francese Hollande ieri al Congresso a Versailles e sintetizza nei titoli. “’Hanno colpito la patria dei diritti’”, “’I terroristi hanno attaccato il nostro modo di vivere. Non siamo impegnati in una guerra di civiltà, loro non ne rappresentano nessuna”. Il discorso di Hollande è iniziato con questa affermazione: “La Francia è in guerra”. E ha proseguito: “Gli atti commessi venerdì sera a Parigi e nei pressi dello Stade de France sono atti di guerra”, “costituiscono un’aggressione contro il nostro Paese, contro i suoi valori, contro la sua gioventù, contro il suo modo di vivere. Sono opera di un esercito jihadista, Daesh, che ci combatte perché la Francia è un Paese di libertà, perché siamo la patria dei diritti dell’uomo. La nostra democrazia ha sconfitto avversari ben più temibili, in realtà, di questi vigliacchi assassini. Non siamo impegnati in una guerra di civiltà, perché questi assassini non ne rappresentano nessuna”. Più avanti: “A partire da questo momento, la Francia intensificherà le sue operazioni in Siria”, “Ognuno ora è di fronte alle sue responsabilità: i Paesi vicini, le potenze, ma anche l’Europa. Ho chiesto al ministro della Difesa di contattare fin da domani i suoi omologhi europei in base all’articolo 42-7 del trattato dell’Unione, che prevede che quando uno Stato è aggredito, tutti gli Stati membri devono apportare la loro solidarietà di fronte all’aggressione, perché il nemico non è un nemico della Francia, è un nemico dell’Europa”; “è vitale che l’Europa accolga in modo dignitoso coloro che hanno diritto all’asilo, ma rimandi nei loro Paesi coloro che non ne hanno diritto”; “lo sappiamo, ed è crudele dirlo: venerdì sono stati dei francesi che hanno ucciso altri francesi”; “in tutta coscienza reputo che dobbiamo far evolvere la nostra Costituzione. Questa guerra di altro tipo richiede un regime che permetta di gestire lo stato di crisi, uno strumento appropriato per basarvi il varo di misure eccezionali per un certo periodo, senza dover ricorrere allo stato d’assedio e senza compromettere l’esercizio delle libertà pubbliche”; a questa revisione della Costituzione “devono accompagnarsi altri provvedimenti. Noi dobbiamo poter privare della sua nazionalità francese un individuo condannato per aver attentato agli interessi fondamentali della nazione o aver commesso un atto di terrorismo, anche se è nato francese. Nello stesso modo dobbiamo proibire a chi ha una doppia nazionalità di tornare sul nostro territorio se egli rappresenta un rischio dal punto di vista terroristico, a meno che egli non si sottoponga a un dispositivo di controllo rigido e severissimo”. Poi Hollande ha sottolineato: “noi dobbiamo poter espellere rapidamente gli stranieri che rappresentano una minaccia di particolare gravità per l’ordine pubblico e la sicurezza della nazione, nel rispetto degli impegni internazionali”; “i magistrati devono avere più ampio accesso ai metodi di indagine più all’avanguardia, per lottare nello specifico contro i trafficanti di armi”, “le condanne saranno inasprite”.

I commenti ad Hollande

Sul Corriere Stefano Montefiori (“Poteri eccezionali”) spiega che ieri Hollande, come fece Bush dopo l’11 settembre 2001, ha spiegato in Parlamento che l’obiettivo non è più “contenere” lo Stato islamico ma distruggerlo. Quanto ai poteri interni, la proclamazione per tre mesi dello stato di emergenza consente di proseguire con le “perquisizioni amministrative come le 168 eseguite tra domenica e lunedì in Francia”. Hollande propone anche la privazione della nazionalità per qualunque cittadino nato in Francia che venga condannato per minaccia degli interessi nazionali, procedure più veloci per l’espulsione, gli arresti domiciliari di quanti tornano dalla jihad in Siria o Iraq.

Per Francesco Merlo, che ne scrive su La Repubblica, si è trattato del “Patriot Act dell’Eliseo”: “un Patriot Act alla francese. Meno costrittivo di quello adottato negli Stati Uniti, ma nella sostanza abbastanza simile. Il socialista François Hollande insegue in queste ore (quasi) le tracce del conservatore Bush jr. Il confronto col terrorismo azzera le differenze”. La situazione, secondo Hollande, esige che lo stato d’emergenza già in vigore, sia integrato nell’articolo 36 riguardante lo stato d’assedio: quest’ultima è una misura estrema che trasferisce il potere all’autorità militare, Un aspetto al momento non d’attualità, poiché quello in corso non è un conflitto convenzionale, quindi non è materia per gli stati maggiori. Coinvolge soprattutto l’intelligence e in generale la polizia e i magistrati. Le misure eccezionali, secondo Valli, potrebbero in sostanza prevedere un potenziamento del ruolo dei prefetti e delle autorità di polizia “senza passare provvisoriamente attraverso le procedure giudiziarie troppo lente. Così le detenzioni amministrative saranno più facili e veloci, quindi più efficaci”.

Su Il Manifesto, Anna Maria Merlo, da Parigi, a pagina 2: “Hollande, passo marziale”. Ormai -scrive- il termine ‘guerra’ è usato da tutti, senza però ulteriori precisazioni: per il momento non c’è lo ‘stato di guerra’, con pieni poteri al presidente come capo dell’esercito, ma Hollande proporrà a breve una riforma della Costituzione, degli articoli 16 e 36, che permetterà di imporre più facilmente lo stato d’eccezione e facilitare, senza decretare lo stato d’assedio, misure di emergenza. Un ‘pacchetto legislativo’ renderà possibile l’imposizione di misure che danno le mani libere a polizia e gendarmeria nella repressione, senza l’intervento del potere giudiziario”.

Su La Stampa ne scrive Cesare Martinetti, corrispondente da Parigi: “Allerta permanente e bombardieri. La metamorfosi guerriera della Francia”, “Ora tutti si sentono un bersaglio e sono disposti a cedere libertà”. Secondo Martinetti la necessità di ritoccare la Costituzione invocata dal presidente significherà dare “alla presidenza e al governo più poteri in materia di libertà personali e sicurezza pubblica. Lo stato di emergenza dichiarato da venerdì per legge non può prolungarsi oltre i dodici giorni, mentre l’Eliseo vorrebbe un termine di almeno tre mesi. Si propongono poi misure amministrative nei confronti di condannati o arrestati con la doppia nazionalità, come è sempre il caso di figli di immigrati nati sul suolo della République, in modo che perdano quella francese e siano costretti alle procedure che toccano agli stranieri per entrare e uscire dal Paese. E infine espulsioni più rapide per gli indesiderati e i sospetti”. C’è poi un capitolo che riguarda il rafforzamento dei mezzi di prevenzione e repressioni: 5mila tra poliziotti e gendarmi in più, 2.500 tra magistrati e personale di giustizia: “il sovraccarico di budget sarà fatto in deficit a dispetto delle regole di Bruxelles”.

E tanto Bernardo Valli che Anna Maria Merlo o Cesare Martinetti ricordano come sullo sfondo ci siano le elezioni regionali francesi, tra un mese: “il trauma” della strage, scrive Valli, “potrebbe tradursi in voti per il Fronte Nazionale”.

Anche sul Sole (“Il fiato sul collo di Le Pen e Sarkozy”) Marco Moussanet ricorda che tra poche settimane in Francia si vota per le regionali. “I sondaggi dicono che la destra (i Républicains di Nicolas Sarkozy, insieme ai centristi) dovrebbe conquistare sette delle dodici regioni frutto della riforma che ne ha ridotto il numero rispetto alle originali 22 (21 delle quali attualmente guidate dalla sinistra), mentre i socialisti dovrebbero conservarne tre. Un tracollo. Politicamente ancora più drammatico se davvero il Front National, come indicano le ultime rilevazioni, dovesse riuscire a vincere in due regioni: il Nord-Pas-de-Calais-Picardie, con la lista capeggiata da Marine Le Pen, e la Provence-Alpes-Cote d’Azur, dove la capolista è la giovane nipote Marion Maréchal-Le Pen. Un clamoroso risultato che rafforzerebbe la prospettiva di una vittoria di Marine al primo turno delle presidenziali del 2017”. Dunque “vanno (purtroppo) letti anche in quest’ottica i tanti annunci fatti ieri da Hollande nel suo muscoloso discorso contro il terrorismo islamico”.

Guerra all’Isis?

Sul Sole un intervento di Dominique Moisi, che scrive: “più lo Stato Islamico viene sconfitto sul campo e perde controllo in Siria e Iraq, più è tentato di esternalizzare la guerra per scoraggiare ulteriori interventi. Gli attacchi sincronizzati a Parigi, per esempio, hanno coinciso con la perdita per lo Stato Islamico della città irachena di Sinjar”. Ma il territorio dell’autoproclamato Califfo rappresentano ancora “quello che l’Afghanistan controllato dai talebani aveva significato per al-Qaeda negli anni Novanta”. Per questo “è imperativo riconquistare il controllo di quel territorio”.

“Quando Parigi viene attaccata come è accaduto venerdì sera, si deve parlare di guerra. Nessuno intende ripetere gli errori commessi dagli Usa durante la presidenza di George W. Bush, ma usare quegli errori come alibi per evitare di affrontare il mondo così com’è, sarebbe solo un errore diverso”.

Sul Corriere viene intervistato lo storico britannico e docente ad Harvard Nial Ferguson: “Con l’Isis gli occidentali sono spietati solo a parole e non hanno le idee chiare sul destino della Siria”. Di Hollande dice: “Non ho molta voglia di applaudire il presidente francese quando dice che il suo Paese sarà ‘spietato’ perché non gli credo”. Dice che è successo lo stesso con gli interventi occidentali in Afghanistan e Iraq, “altro che spietati. Abbiamo affrontato questi conflitti con riserve di ogni tipo. Quando siamo stati davvero spietati, nei nostri Paesi si gridava allo scandalo” e dunque anche contro l’Isis “è possibile che ci sia un attacco su larga scala della Nato” ed “è possibile che ci siano forze mandate sul terreno. Ma dove ci porterà tutto questo? In Occidente ci manca la convinzione per portare queste operazioni fino in fondo”. “Se gli Stati Uniti usassero fino in fondo le loro forze speciali, supportate dall’aeronautica, potrebbero distruggere l’Isis in qualche settimana. Però ci sarebbero molti danni collaterali, perché l’Isis è annidato nelle città e nei villaggi. E ci troveremmo con un problema politico che l’amministrazione di Barack Obama deve ancora sbrogliare: il futuro della Siria.

Ferguson parla anche delle richieste di Cameron all’Ue in vista del referendum sull’uscita del Paese dall’Unione: “L’idea di un’unione sempre più stretta fra Paesi europei non è tale che la Gran Bretagna possa sostenerla. Anzi, mi pare che non sia più un obiettivo sostenibile. Da nessuno. È tempo che l’Europa riconosca che i britannici hanno avuto ragione a non voler entrare nell’Unione monetaria e hanno avuto ragione nel non voler entrare in Schengen, perché nessuno di questi progetti ha funzionato. Abbiamo bisogno di un’Unione meno stretta. Credo che gli eventi stiano facendo apparire la posizione di Cameron meno radicale di come veniva descritta pochi anni fa. È l’eccesso di ambizione nell’integrazione che crea il rischio di disintegrazione”. Ferguson incoraggia anche Renzi a proseguire: “Non criticatelo se prima si sta occupando di più delle misure istituzionali e costituzionali. È il solo modo in cui l’intero processo di trasformazione del Paese possa essere perseguito”.

Su Il Giornale: “Iniziata la guerra, Renzi tentenna”. Dove si legge che il presidente del consiglio italiano “non c’è, svicola, non risponde”, “il nostro governo temporeggia”, Renzi “trova la sponda di Obama” e “alla fine dei conti ‘siamo tutti francesi’ ma solo a parole”, “quelle bare non sono italiane o americane”.

Altro articolo alle pagine interne: “La lotta all’Isis spacca il governo”. Di dice che la linea italiana, illustrata ieri pomeriggio in Aula dal ministro degli esteri Gentiloni, “è di estrema prudenza” e non ha assonanze “con la posizione dura e aperta dall’opzione militare” della Francia.

Il Sole offre le due interviste fatte ieri mattina da Giovanni Minoli a Radio 24 con Silvio Berlusconi ed Enrico Letta.

Anche su Il Giornale: “Berlusconi scuote la Ue. ‘E’ uno scontro di civiltà, sì all’intervento armato’”. Berlusconi ha detto che bisogna “ripartire dall’accordo di Pratica di Mare tra Usa e Russia” del 2002.

L’inchiesta sui fatti di Parigi

Su La Repubblica gli inviati a Parigi Carlo Bonini e Fabio Tonacci si occupano degli sviluppi dell’indagine: “Preso l’artificiere, caccia all’ottavo uomo. Ma il mondo trema: ‘Colpiranno ancora’”, “Salah Abdelslam è fuggito in Belgio dopo il massacro. La sua auto fermata al confine e lasciata ripartire. Il giallo del tweet del Bataclan”. Ci si riferisce al tweet con cui sarebbe stato ordinato l’assalto al Bataclan: è arrivato sui cellulari di tutti gli uomini del commando da un account anonimo. Chi lo ha inviato? Un basista ancora a Parigi? L’ottavo uomo in fuga, ovvero Salah Abdelslam.

La Stampa, corrispondenza da Parigi di Alberto Mattioli: “I kamikaze ora hanno un volto. Arrestato in Belgio l’artificiere”, Identificati sei attentatori, tutti addestrati in Siria. Caccia all’unico superstite. Raffica di perquisizioni e fermi in Francia grazie allo stato d’emergenza”.

E l’inviato a Molenbeek, Belgio, Marco Zatterin: “College, famiglia e lavoro. Ma il belga Abaaoud ha scelto la guerra santa”, “Il capo della cellula di Verviers ha pilotato il gruppo di Raqqa”.

Da Molenbeek scrive anche Daniele Mastrogiacomo su La Repubblica: “Nel covo di Abaaoud, il regista degli attacchi, così aveva annunciato la strage del Bataclan”, “A Molenbeek c’è la casa dell’ex studente modello diventato reclutatore di jihadisti. Dalla Siria aveva detto ai compagni: ‘Abbiamo trovato il luogo dove colpire’”.

A pagina 10, l’inviato a Parigi è Carlo Bonini e descrive il profilo dei terroristi: “Samy Amimour, il foreign fighter che papà Mohamed non poté riportare a casa”, “Giovanissimi e appassionati di calcio o di musica, prima di convertirsi alla jihad. Ecco i ritratti degli attentatori che venerdì notte hanno seminato la morte a Parigi”.

Alla pagina seguente un’analisi di Renzo Guolo: “Piccoli reati e sfide alla polizia, così nasce l’odio per lo Stato”, “La vita di strada, il carcere, l’islamizzazione. Perché l’estremismo recluta chi si sente escluso”.

E ancora su La Repubblica: “L’Italia scarcerò il predicatore che indottrinava i futuri kamikaze”, “L’ima ultrà di Molenbeek fu liberato a Bari nel 2012”.

Da Parigi segnaliamo anche il reportage di Adriano Sofri: “’Libri, non bombe’, quel cartello che ora illumina Parigi”, “Sul monumento della République c’è un foglio che sembra riassumere quel che è successo e lo spirito della Francia. Viaggio nel quartiere delle librerie, dove però non tutti la pensano così”.

La filosofa Agnes Heller, intervistata da Repubblica, dice: “E’ un nuovo totalitarismo, la sua ideologia è il terrore”.

“Ma il califfato sta diventando il nemico di se stesso”, scrive ancora su La Repubblica il politologo ed esperto di Islam Olivier Roy: “L’organizzazione non gode di sostegno tra i musulmani che vivono in Europa, E riesce a reclutarne alcuni soltanto ai margini”.

Sul Corriere Guido Olimpio elenca alcune delle cose che ancora “non sappiamo” dell’attacco di Parigi.A proposito del capitolo “segnalazioni” si legge che “gli iracheni avrebbe fornito a Parigi dettagli su un piano ideato dal Califfo dell’Isis al Baghdati in persona. La Turchia dice di aver avvertito per due volte i francesi ma di non aver ricevuto risposta. Il New York Times ha aggiunto che i servizi americani avevano messo in allarme i colleghi in Francia sul rischio attentati anche se non c’erano dati specifici. È possibile che le note fossero troppo vaghe (ve ne sono a decine ogni settimana) oppure che non siano state valutate con attenzione. È però presto per dirlo e istruire processi agli errori, anche se è chiaro che la rete di sicurezza non ha funzionato in quanto alcuni dei killer erano noti”.

I soldi all’Isis

Sul Sole una inchiesta di Roberto Bongiorni racconta delle “centinaia di autocisterne” che ogni giorno fanno la spola dai giacimenti petroliferi “amministrati dai jihadisti per trasportare il prezioso carico oltre confine”, la prima fonte di finanziamento, oltre alle donazioni “da una miriade di controverse organizzazioni di carità” per l’Isis. “Nel 2014 asset pari a 2 miliardi di dollari”.

E’ lo stesso quotidiano a segnalare i “primi raid contro dell’Isis”, ieri mattina da parte di caccia americani che hanno colpito 166 autobotti nei pressi del polo petrolifero controllato dall’Isis di Dayr Az Zor.

I soldi per combattere l’Isis

Sul Giornale: “Stabilità, arriva il conto del terrore”. “Ai 70 milioni già stanziati per la sicurezza se ne aggiungono 120. Ma l’Ue avvisa l’Italia: la manovra non rispetta le regole”. Si legge che “al momento l’Italia sta spendendo 16 milioni al mese per mantenere i 750 uomini in Iraq e 10 aerei che dal Kuwait sorvolano il Califfato”. Oltre a questo ci sono i costi della missione per “contrastare i barconi”: 11 milioni al mese. I 120 milioni annunciati ieri dal governo per misure sulla sicurezza potrebbero non bastare in caso di impegno più serio nel conflitto in Siria e in Iraq.

Sul Messaggero: “Manovra, sì Ue con riserva”. Si legge che oggi da Bruxelles arriverebbe una “promozione con riserva” della legge di Stabilità, che giudicherebbe “a rischio di non conformità con le regole dei Trattati” la manovra del governo.

La guerra, la libertà e la sicurezza

Su La Repubblica un lungo intervento di Bernardo Valli: “La patria dei diritti che la Jihad odia”. Scrive Valli: “’Siamo in guerra’, ha ragione Hollande, perché hanno osato violentare non la nostra Fede e il nostro Dio, che vale quanto il loro, ma la patria dove il loro Dio ha gli stessi diritti del nostro. ‘Siamo in guerra’, ha ragione Hollande, non perché aggrediscono la Croce, ma perché hanno sparato sulla Marsigliese che ha rifatto il mondo”.

Su La Stampa in prima un commento di Vladimiro Zagrebelsky: “L’equilibrio tra libertà e sicurezza”. Hollande ha elencato una serie di “dover essere” per la polzia, la magistratura, i servizi di sicurezza: “a vedere l’elenco punto per punto si ha la sconfortante impressione di inutilità o impraticabilità. E infastidisce il continuo ripetere, come formula vuota, che tutto avverrà nel rispetto dello stato di diritto”. Recentemente -ricorda il giurista- la Francia ha modificato le sue leggi per consentire ai servizi di sicurezza di utilizzare le più recenti innovazioni tecniche per controllare le comunicazioni di soggetti sospettati di preparare azioni criminali. L’Italia sembra andare nella stessa direzione e “non condivisibili sono le voci che si sono levate per protestare contro la riduzione della riservatezza delle comunicazioni dei cittadini”. Tuttavia “cosa serve dire ai francesi che il presidente ha ‘chiuso le frontiere’ se qualche ora dopo uno dei terroristi in fuga, già registrato come pericoloso, è stato identificato in uscita verso il Belgio e lasciato passare?”. Insomma, Zagrebelsky si chiede se si tratti di mancanza di leggi o di mancanza di coordinamento tra le articolazioni dello Stato.

Sul Corriere Angelo Panebianco ricorda che “nessuno sa come conciliare libertà e sicurezza nel momento in cui la sicurezza subisca un vulnus così pesante. Nelle guerre convenzionali del passato anche le democrazie erano costrette a ridurre l’area delle libertà (censura, controllo degli spostamenti e della corrispondenza, coprifuoco). Solo quando la guerra finiva si poteva invertire la tendenza”. Le leggi antiterrorismo francesi e quelle in via di approvazione in Europa “ci dicono che andiamo verso restrizioni sensibili della libertà”. Si chiede Panebianco se tuttavia avremo anche “la coesione necessaria per fronteggiare coloro che ci hanno dichiarato guerra?”. “Hollande, consapevole che Obama non è disposto a fare molto più di quello che sta facendo, con una mossa a sorpresa, anziché appellarsi all’articolo 5 della Nato (che impone ai membri dell’alleanza di soccorrere militarmente l’aggredito) ha richiamato per la prima volta una norma europea (l’articolo 42 del Trattato) chiedendo l’aiuto (militare) dei partner dell’Unione. È difficile pensare che ciò possa avere un seguito. Ad esempio, né la Germania né l’Italia, verosimilmente, sono pronte a un impegno di quella portata”. Ed è “probabile” che l’Europa torni a discutere tra chi “vuole fare di tutta l’erba un fascio, prendersela con tutti i musulmani” e chi “pretende di trattare l’estremismo terrorista come un fatto estraneo all’islam e comunque isolato”.

Sullo stesso quotidiano Fiorenza Sarzanini si sofferma sulle regole di Schengen che forse verranno riviste: “L’ipotesi di schedare i passeggeri”. “Una banca dati per chi torna dai Paesi al di fuori di Schengen”. Si ricorda che venerdì si incontreranno i ministri dell’interno della Ue e che in vista del vertice la Ue sta pensando ad un “provvedimento che possa essere operativo il prima possibile”. I dati parlando di circa 5000 cittadini comunitari che si sarebbero spostati per unirsi a Daesh, i cosiddetti foreign fighters.

Anche sul Sole: “Ue in bilico tra revoca di Schengen e integrazione”.

Il G20

Sul Sole Alessandro Merli firma un articolo sul vertice di Ankara: “Ha deluso il G20 dei rinvii”. “I segnali da Antalya”, sul terrorismo e sugli altri problemi (economia, clima) sono “deboli” e “forse la nota più significativa” è il rientro in scena di Putin.

Su La Stampa, Maurizio Molinari, da Antalya, dove si è tenuto il vertice del G20: “La verità scomoda di Putin: ‘All’Isis soldi da Paesi del G20’”, “Il leader russo mette in imbarazzo sauditi, Qatar, Emirati e Turchia. Finanziamenti ‘privati’ e complicità nel traffico illegale di petrolio”.

Su La Repubblica ne scrive Federico Rampini: “Obama: ‘Occidente sotto tiro, l’Europa rafforzi l’intelligence’. Dal G20 piano anti-terrorismo”, “Il ledaer Usa: ‘L’Islam non è terrore, le comunità musulmane reagiscano’. Putin: ‘All’Is finanziamenti anche da paesi che sono presenti qui’”.

E ancora su La Repubblica l’analisi di Lucio Caracciolo, che scrive: “i terroristi non possono vincere. Non hanno i mezzi per sopraffarci”, “sarebbe ingenuo scambiare la propaganda di Abu Bakr al-Baghdadi per strategia”, il suo obiettivo non è la conquista di Roma, Parigi o Washington, bensì quello di 2radicarsi nel territorio a cavallo stra due Stati defunti -Siria e Iraq- espellendone o liquidandone le minoranze refrattarie al proprio dominio”. E’ prioritario “ricompattare gli atlantici e comunicare ai sauditi e alle altre cleptocrazie del Golfo che il tempo del doppio gioco è scaduto” ed è “ovvio che su questo scacchiere russi e iraniani sono risorse, non avversari”.

Su Il Manifesto Giuseppe Acconcia sottolinea che al G20 si sono seduti allo stesso tavolo i leader dei paesi che negli ultimi anni più di ogni altro hanno favorito l’ascesa dei gruppi jihadisti attraverso finanziamenti diretti e indiretti. I provvedimenti contro l’Is prevedono il blocco degli asset finanziari, il rafforzamento della sicurezza aerea, l’incremento dei controlli di frontiera per contenere il numero crescente di foreign fighters.

Su La Repubblica Vittorio Zucconi descrive “l’assedio dei falchi a Barack”: “ma per il presidente della pace niente soldati sul terreno”.

Su Il Manifesto Etienne Balibar: “Bisogna rimettere la pace al centro dell’agenda”, “Occorre costruire insieme il linguaggio di un nuovo universalisno”.

E alla pagina precedente, Gian Paolo Calchi Novati: “Apprendisti stregoni”, “Da quando gli Stati Uniti e l’Europa sono impegnati così direttamente e così pesantemente, la ‘guerra’ non potrà più avere come solo teatro operativo il Medio Oriente”, “Il protagonismo di Hollande -con un occhio agli Usa e un altro alla Russia- appare disastroso”.

Islam italiano

Da segnalare su Avvenire una intervista al parlamentare Pd Khalid Chaouki, di origini marocchine e di fede islamica. “Per noi musulmani è l’ora di manifestare”. Dice che “non basteranno né gli eserciti né l’intelligence a combattere una ideologia della morte che ha manipolato la religione”, “serve anche una risposta religiosa e culturale dal basso”, “oggi il mondo islamico italiano deve rispondere al salto di qualità del terrorismo”, “dobbiamo trovare forme e modi più espliciti che non lascino alcun alibi”, “i comunicati stampa di condanna non sono più sufficienti”, “i musulmani devono scendere in piazza a manifestare a fianco di tutti gli altri cittadini”.

E poi

Sul Corriere si dà conto della lettera che l’ex presidente Giorgio Napolitano ha inviato a Sergio Fabbrini, direttore della School of government alla Luiss, che ha promosso un convegno scientifico su una fase recente della nostra storia parlamentare: la nascita del governo Monti. “Il confronto tra i ministri di quel governo e la lettera dell’ex presidente che respinge l’accusa di complotto”. “’Anche Berlusconi mostrò di comprendere, responsabilmente, l’inevitabilità delle sue dimissioni’”. Napolitano spiega di tornare “per la prima volta” a parlare di quei giorni, non avendo in passato “ritenuto degne di commento o di replica le presunte ricostruzioni in chiave ‘complottistica’ del periodo 2011-2013 che sono state messe in circolazione con dovizia di mezzi pur risultando grossolanamente manipolative e mistificatorie dei fatti realmente avvenuti’”.

Su tutti i quotidiani la cronaca delle tensioni ieri al Consiglio regionale della Campania. Il Sole 24 ore: “De Luca dimettiti”, “il M5S occupa il Consiglio regionale”. I consiglieri regionali del M5S chiedevano di discutere la mozione di sfiducia al presidente della Regione, ma mancavano 4 firme. Alla obiezione che erano necessarie per poter discutere la questione la consigliera regionale Ciarambino, leader del M5S in Regione, ha risposto: “Appunto, chiediamo a tutti di firmarla e, se non lo fanno, staniamo chi non è pronto ad assumersi le sue responsabilità”. Il M5S fin dal mattino ha occupato l’Aula. Su Twitter il presidente De Luca ha commentato: “Una giornata persa a causa della sceneggiata dei 5 Stelle”.

Il Mattino ricorda che per la verità ieri l’Aula del Consiglio regionale ha approvato “in pochi minuti” un disegno di legge sul ciclo delle acque, sul quale il M5S aveva presentato 300 emendamenti “che avrebbero potuto inchiodare la maggioranza per settimane”. Sulla votazione finale però “si scatena la bagarre”, una consigliera del M5S “si avventa” sulla presidente del Consiglio regionale che “accusa un malore”.

Su La Repubblica, a pagina 29, “la storia” raccontata da Paolo Berizzi, inviato a Parma: “La verità di Cutolo, ‘Pronto a collaborare, vi svelerò i segreti del sequestro Moro’”, “L’ex capo della Nuova camorra organizzata, 13 ergastoli, da 23 anni in regime di 41 bis, ha iniziato a parlare da due mesi. E le sue rivelazioni si annunciano esplosive”.

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