Il Quirinale spacca il Pd

Corriere della Sera: “Renzi boccia la linea Bersani”, “No del sindaco a Marini e Finocchiaro. E poi dice: il segretario cerca l’insulto, vorrei sfidare il Cavaliere”, “Colle, si tratta ancora ma Berlusconi teme la carta Prodi”.

A centro pagina, intervista a Monsignor Marcello Semeraro, che è il “segretario” degli 8 cardinali che consiglieranno il Papa: “’Avrà poteri ridotti il Segretario di Stato del nuovo Vaticano’”.

 

La Repubblica: “Renzi boccia Marini e Finocchiaro”, “’Non vadano al Quirinale’. Attacco a Bersani: pensa ai suoi destini personali”. In prima sul quotidiano proprio una lettera del sindaco di Firenze sotto il titolo: “’Non basta la fede per salire al Colle’”.

Di spalla, un richiamo alle pagine R2 con un intervento dello scrittore Roberto Saviano: “Processo a Napoli sette anni dopo”.

In prima un richiamo al racconto di Susan Dabbous, la giornalista italo-siriana sequestrata in Siria per 10 giorni.

 

La Stampa: “Amato-Prodi, volata per il Cole”, “Renzi boccia Marini e Finocchiaro. Poi attacca Bersani: ‘Cerca l’insulto’”, “Quirinale, il fondatore dell’Ulivo favorito in caso di rottura tra Pd e Pdl. E oggi i democratici incontrano i grillini”.

 

L’Unità: “Quirinale, i giorni dei veti”, “Il Pd e Vendola: ‘Inaccettabile il diktat di Berlusconi su Prodi’. Lo strappo di Renzi: no a Marini e Fnocchiaro. La consultazione dei parlamentari democratici: cercare l’intesa per l’elezione al primo turno”.

A centro pagina: “Allarme cassa integrazione: a rischio 500mila lavoratori”.

 

Il Giornale, sul “rebus del Colle”: “Tre nomi e un jolly”, “Il Pd stringe su Amato, Marini e Prodi. Ma qualcuno pensa a un colpo di scena che coinvolga Berlusconi. Renzi: da Bersani solo insulti. Il partito vuole il Cav in galera, io voglio sfidarlo”.

 

Quirinale.

 

In una lettera al direttore de La Repubblica, Matteo Renzi boccia la candidatura di Franco Marini al Quirinale: dapprima ricorda che ha chiesto l’ennesima deroga allo Statuto Pd per farsi ricandidare al Senato, “ma clamorosamente non è stato eletto”: “difficile, a mio avviso, giustificare un ripescaggio di lusso, chiamando a garante dell’unità nazionale un signore appena bocciato dai cittadini d’Abruzzo”. Ma il nocciolo dell’opposizione di Renzi alla candidatura Marini vien spiegato più avanti: è “gravissimo e strumentale il desideri odi poggiare sulla fede religiosa le ragioni di una candidatura a custode della Costituzione”. Il sindaco di Firenze peraltro precisa di essere cattolico: “nell’esperienza di sindaco, naturalmente, agisco laicamente: ho giurato sulla Costituzione, non sul Vangelo. Rappresento la città tutta intera, non solo quelli con cui vado a Messa la domenica. E sono tuttavia convinto che l’ispirazione religiosa, non solo cattolica, non solo cristiana, possa essere molto utile alla società”. Cita poi l’esempio di Papa Francesco, che “parla anche alle altre confessioni, ai non credenti, agli agnostici”: “i politici che si richiamano alla tradizione cattolica, invece, sono spesso propensi a porsi come custodi di una visione etica molto rigida”. Il sindaco critica quindi “chi utilizza la propria fede per chieder posti”: “non mi interessa che il prossimo presidente sia cattolico. Per me può essere cristiano, ebreo, buddista, musulmano, ateo, agnostico. Mi interessa che rappresenti l’Italia”.

Il Corriere della Sera spiega che Pierluigi Bersani sta lavorando su una rosa con tre petali: Giuliano Amato, Franco Marini e Romano Prodi. Dovrebbe invece esser caduto il nome di Anna Finocchiaro, anche se la scelta non è ancora definitiva. Il segretario Pd punta ad inserire il nome di Prodi nella rosa in vista dell’incontro che domani avrà con Berlusconi: l’opinione del Cavaliere su Prodi è nota, ma Bersani manterrà la proposta per due motivi: per non attirarsi le critiche dei prodiani nel suo partito e perché in caso di rottura con il centrodestra, Prodi potrebbe diventare il candidato di Pd e Sel al Colle. “La vera partita, però, Bersani la sta giocando dentro il partito con Matteo Renzi”, spiega il Corriere. Non è un mistero che il sindaco di Firenze faccia il tifo per Prodi, anche se preferisce non farne il nome per non bruciarlo: al limite gli andrebbe bene anche Amato, perché ha statura internazionale. Che manca tanto alla Finocchiaro che a Marini. Insomma, Renzi tenterà di puntare su Prodi al Quirinale e, secondo il Corriere, Bersani avrebbe avvertito i fedelissimi: “vogliono usare Romano come uno strumento congressuale, per questo sul Quirinale intendono giocare una partita per conto loro”. E il pensiero di Renzi sarebbe questo : “Bersani non vuole

Prodi al Quirinale perché è troppo autonomo. E invece con uno come Marini è convinto di poter ricevere un nuovo incarico”.

Su Il Giornale si spiega che Bersani ha davanti a sé due ipotesi: blindare in accordo con il centrodestra su un nome condiviso (Finocchiaro, D’Alema, Mattarella, Marini, Amato, e qui il problema è trovare un nome che piaccia a tutto il partito) e poi dar vita ad un governo con la benedizione di Berlusconi; oppure rompere, e andare su un candidato del solo centrosinistra (Prodi) sperando nell’apporto dei grillini. Quanto a quella che il quotidiano definisce “la variabile Renzi”: il sindaco ha impallinato Finocchiaro e Marini, ha accusato Bersani di cercare solo l’insulto ed ha spiegato: “qualcuno vuol mandare Berlusconi in galera, io voglio sfidarlo alle elezioni”.

Sullo stesso quotidiano si descrive “l’ultima battaglia di D’Alema: incoronare Renzi”. Si spiega che fino alle elezioni, la prospettiva era quella di una vittoria del centrosinistra,: a questo fine D’Alema ha orientato le sue mosse, a partire dall’autorottamazione, che tolse a Renzi un argomento simbolico molto forte. Ma con la sconfitta elettorale lo scenario è cambiato. D’Alema -scrive il quotidiano- non ama affatto Renzi ma, per salvare l’unità del Pd e per garantirgli un futuro, D’Alema, cui non fa difetto il realismo, sa che non esistono alternative. L’invenzione di Fabrizio Barca gli deve sembrare un’autentica sciocchezza. Il Pd ha già un nuovo leader ed è Renzi. Il problema è ora spiegarlo al partito stesso: convincerlo cioè “che Renzi non è solo un ottimo viatico per una futura vittoria elettorale, ma è anche una garanzia per tutte le anime del partito e soprattutto, è una robusta iniezione di stabilità in un sistema politico ormai collassato”.

L’Unità, dando conto dei niet di Renzi ai nomi di Finocchiaro e Marini, offre questa spiegazione: al Pd si sospetta che il sindaco di Firenze stia lavorando solo allo scopo di far saltare ogni accordo sul Presidente della Repubblica, perché in quel modo si aprirebbe un’autostrada verso il voto anticipato. E “c’è chi è sempre più convinto che uno dei motivi per i quali Renzi aspirava ad arrivare a Roma come grande elettore era soltanto uno: gestire il suo pacchetto preferenze in Parlamento per condizionare il dibattito interno al partito”, scrive L’Unità. Il quotidiano, nella pagina di fianco, intervista, sui due fronti del Partito Democratico, Stefano Fassina (“Eleggere subito un presidente di garanzia”, “Inaccettabili le sortite di dice no a questo o a quel nome: si antepone l’ambizione personale all’interesse generale”) e la deputata renziana Simona Bonafé (“Noi renziani non saremo franchi tiratori”, “Siamo abituati a dire certamente chi ci piace e chi no. Prodi è in campo ma non faremo giochini”).

Quanto ai grillini, oggi si tiene il “secondo turno” delle “Quirinarie”: “ma in Aula il verdetto può cambiare”, scrive il Corriere sottolineando che Stefano Rodotà è favorito. Dal quarto scrutinio Prodi potrebbe essere ripescato dai 5 Stelle, spiega il quotidiano. La Repubblica descrive l’imbarazzo dei deputati 5 Stelle di fronte alle scelte dei votanti del movimento al primo turno: “Prodi e Bonino? Meglio Gino Strada”, dicono alcuni parlamentari. Più d’uno, ricorda il quotidiano, in queste ora ha tentato di sapere quanti voti si nascondano dietro le facce di Bonino, Fo, Gabanelli, Grillo, Prodi, Zagrebelsky, Rodotà, Strada, ovvero le personalità scelte al primo turno delle Quirinarie. Ma la classifica è segretissima, come il numero dei votanti (gli aventi diritto sono un po’ più di 48mila, ma il numero dei votanti per ora non è stato comunicato).

 

Internazionale

 

 

“C’è un partito a Berlino ed è tutto contro l’euro”, scrive in prima pagina L’Unità dando conto dell’ascesa della nuova formazione, “Alternativa per la Germania” che ha l’obiettivo di demolire la moneta.

Su La Stampa un reportage da Seul: “Corea, in gita al 38esim parallelo aspettando il missile di Kim”. Viaggio con i turisti che da Seul sfidano le minacce del Nord per il brivido della guerra.

Sullo stesso quotidiano si spiega che Occupy Wall Street ha messo a segno un’importante vittoria legale, prendendosi la rivincita nei confronti dei “poteri forti” contro cui si è battuta. Le autorità della città di New York dovranno pagare 230mila dollari al gruppo di attivisti per risarcirli dei danni causati dallo sgombero effettuato dalle forze dell’ordine il 15 novembre 2011 a Zuccotti Park, in cui avevano stabilito il quartier generale. La città dovrà poi sborsare 186.350 dollari di spese legali per liquidare gli avvocati che in questi anni hanno perorato la causa del movimento. I danni riguardano in particolare la “biblioteca popolare”, ovvero i 5500 libri che il movimento aveva raccolto e messo a disposizione di chiunque, purché aderente o simpatizzante. Durante l’intervento di sgombero gran parte dei volumi sono stati danneggiati in modo irrecuperabile.

L’Unità intervista il vicepresidente del Consiglio nazionale siriano, George Sabra: “Dateci le armi contro Assad, non andranno alla jihad”, dice l’oppositore, spiegando che “gli islamisti sono pochi”. E aggiunge: “non lottiamo contro un regime per instaurarne uno peggiore”.

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