Gaza, aspettando la tregua

Il Corriere della Sera: “Scatta l’ora del Redditest. Befera: un milione di famiglie dichiara quasi zero, ma spende di più. Guida all’uso del nuovo strumento online per calcolare se si è in regola con le imposte” A centro pagina, Gaza: “Ancora fuoco, aspettando la tregua”.

Il Foglio dedica a Gaza il titolo di apertura: “Perché Hamas sostiene di essere uscito vincitore dai negoziati del Cairo”.

La Repubblica: “Fisco, evade una famiglia su cinque. Il 20 per cento ha un ‘tenore di vita incoerente con le proprie entrate’. Al via il Redditest. Befera: ‘Saremo cauti’”. “’Un milione spende e dichiara zero’”, dice il direttore dell’Agenzia delle entrate. E poi: “Eurogruppo verso l’accordo su Atene”, e “Anche il fondo salva Stati richia la tripla A”. In realtà questa mattina l’incontro dell’eurogruppo ha rinviato, a lunedì, un nuovo vertice sulla Grecia. L’accordo non c’è stato.

La Stampa: “’Il 20 per cento a rischio evasione’. Via al Redditest, a gennaio il redditometro. Befera: siamo prudenti”. “La simulazione delle agenzie delle entrate sul nuovo strumento: un milione di famiglie dichiara zero eppure spende”.

Il Sole 24 Ore: “Redditest, così l’autodiagnosi fiscale”. Di spalla: “Sul bilancio europeo l’Italia avverte: pronti a usare il veto. Moavero: la linea rossa sono i fondi alla Pac”. L’Italia chiede un accordo “equo per i nostri cittadini”. Il commento di Adriano Cerretelli è titolato: “Perché alzare la voce serve”.

“Strumento pericoloso” per Libero quello proposto da Befera. “I buchi del redditometro. Abbiamo provato il nuovo test dell’Agenzia delle entrate: è del tutto inaffidabile e non serve a un accidente contro i grandi evasori. Però fa del terrorismo: l’ultima cosa di cui c’è bisogno”.

L’Unità: “Berlusconi, il mistero del video”. “Tanti punti oscuri nel sequestro del ragionier Spinelli: dubbi sul fatto che il cd e il dossier promessi riguardassero il lodo Mondadori”.

Il Giornale: “Nessuno ha pagato. Ghedini e Spinelli negano qualunque versamento di denaro alla banda: ‘Non c’è stata alcuna trattativa’. L’ipotesi di truffa diventata rapimento. Nuovi indagati”.

Pubblico apre con una intervista a Matteo Renzi: “Mi feriscono gli attacchi sulle Cayman”.

Redditi

Scrive La Stampa che il Redditest è un software di autovalutazione della conformità delle proprie spese con il reddito dichiarato, che permetterà di fare in proprio ai contribuenti questa verifica. Basterà scaricare e installare il programma per capire se si è “coerenti” (semaforo verde) o “incoerenti” (semaforo rosso). Il software è anonimo e i dati inseriti saranno noti solo a chi compila il test. Non è obbligatorio, serve solo a sciogliere un dubbio, anche perché l’eventuale incongruenza non si traduce automaticamente in evasione fiscale. Spiega il direttore dell’Agenzia delle entrate Attilio Befera: “E’ uno strumento che non misura la ricchezza, anche perché sappiamo che ci sono situazioni di non coerenza che sono giustificate”. Il quotidiano cita un esempio preciso: “Se si abita in una villa e si guadagnano mille euro al mese e non si possiede una macchina, basterà dimostrare che la villa è frutto di una eredità per tornare nei parametri”. Il vero strumento anti evasione non è certo il test casalingo, ma il nuovo redditometro che – dice Befera – sarà utilizzabile a gennaio e sarà usato con la massima cautela e solo per differenze eclatanti tra spese ed entrate: la legge prevede che l’allarme sull’incoerenza tra spese ed entrate scatti nel caso in cui il divario superi il 20 per cento, e le convocazioni da parte dell’Agenzia delle entrate parte da scostamenti decisamente superiori. Il redditometro rende obbligatorio il dialogo con il contribuente mediante il contraddittorio.

Il Corriere evidenzia il fatto che ieri, durante la conferenza stampa di presentazione del Redditest, Befera ha sottolineato che quasi un milione di famiglie dichiara redditi pressoché nulli: “Molte vicine allo zero, pur avendo spese rilevanti e ricorrenti”.

Su Libero Franco Bechis spiega che il Redditest, oggetto di quasi tutti i titoli di apertura oggi, è un “giochino”, un “semplice software che l’Agenzia per le entrate ha messo sul proprio sito internet e tutti possono scaricare gratuitamente. Sarà costata alle casse dello Stato l’idea e la realizzazione del modellino, ma la distribuzione nelle case dei contribuenti per fortuna è costata zero. Almeno non si buttano via tanti soldi pubblici per realizzare idee così bislacche. A Befera una certezza possiamo darla fin d’ora: i grandi evasori non giocheranno con il suo Redditest se non altro per non sentirsi imbarazzati da quel diabolico semaforo rosso con verdetto senza appello: ‘Non conforme’. Quindi non ne pizzicherà uno in quel modo. In compenso tanta gente normale un po’ sventata, e sull’onda della campagna della Agenzia delle entrate, proverà a fare quel test”, e “se si accenderà il semaforo rosso i contribuenti inizieranno a tremare”. Bechis spiega che il software “è pieno di bachi come tutti”, a partire dal fatto che anche dichiarando spese superiori alle uscite, in alcuni casi si viene promossi e in altri bocciati. “Ma come, noi i soldi ce li abbiamo e tu contesti come li spendiamo?”.

Il Corriere della Sera ha in grande evidenza un titolo incentrato sui dati forniti dall’Inps, secondo cui il 52 per cento dei pensionati (7,2 milioni di cittadini) ha redditi inferiori ai mille euro. Nel 2011, inoltre, 3,9 milioni di lavoratori sono stati toccati per periodi più o meno lunghi da un ammortizzatore sociale (cassa integrazione, indennità di mobilità o di disoccupazione). Ovvero quasi un terzo dei 13 milioni di lavoratori iscritti all’Inps. Nel 2011 per gli ammortizzatori sociali sono stati spesi 19.1 miliardi, compresi 8,3 miliardi di contributi figurativi. 5 miliardi sono andati alla cassa integrazione, 11,6 alla indennità di disoccupazione, 2,4 alla indennità di mobilità. Ancora dati sull’impatto della crisi il Corriere li trova nel fatto che le italiane “tornano a fare le conf”. Quelle regolarmente registrate all’Inps sono aumentate di 23 mila negli ultimi 3 anni, arrivando a 143 su 699 mila.

Primarie

La Repubblica si occupa delle primarie Pd: “Renzi: Bersani votato dai vecchi”. Il leader Pd: “Roba da psicanalisi”. Le parole pronunciate dal sindaco di Firenze sarebbero state le seguenti: “I sondaggi ci danno testa a testa, ma lui è in vantaggio nelle fasce più avanzate”. Renzi avrebbe ammesso anche di aver sbagliato insistendo troppo sulla rottamazione: “E’ stato uno slogan di grande impatto ed efficacia ma andava sganciato da ogni connotazione anagrafica. Non significa ‘facciamo a meno degli anziani’, ma ‘mandiamo a casa questi politici’”. La risposta di Bersani: “Temo che se la mettiamo così, giovani contro vecchi, arriverà l’Onu a metterci tutti sul lettino dello psicanalista”.

Sulla prima pagina de La Stampa Massimo Gramellini fa notare che sulla copertina del settimanale Oggi il rottamatore Renzi si è fatto riprendere in compagnia del nonno ottuagenario. E il messaggio sarebbe: Non c’è l’ho con gli antichi, ma con gli eterni. Il 68 perché a quel tempo in Italia c’era il triplo dei ragazzi di adesso, il cambiamento di cui nessuno parla è anche generazionale: nel 2020 il primo partito italiano saranno gli ultra-65, ovvero i sessantottini invecchiati.

Renzi viene intervistato da Pubblico. Parla del possibile afflusso ai gazebo: “Credo voteranno almeno tre milioni di persone”, “sotto i due milioni sarebbe una sconfitta”. Sulle possibili deroghe per parlamentari come Bindi e Fioroni o sul possibile apporto di persone come Matteo Orfini e Fassina, Renzi risponde che “ci sarà posto”: “ma, se vinco io, è anche ovvio che le loro idee non sono quelle vincenti: chi conquista le primarie fa il programma. E per scegliere i parlamentari secondo me bisognerà fare le primarie. Quindi saranno scelti dal territorio”. Un pronostico sul risultato? “Si arriva al ballottaggio, dove ci sarà un testa a testa”. E chi vince? “Spero io”. Poi Renzi ricorda, regola per regola, come si vota alle primarie. Il 25 novembre dalle 8 alle 20 e se nessuno dei candidati ottiene il 50% più uno dei voti, il 2 dicembre si terrà il ballottaggio. Potranno votare tutti coloro che avranno compiuto 18 anni entro il 25 novembre.

La Stampa scrive che nessuno è in grado di prevedere se il segretario del Pd, superando il 50 per cento dei voti domenica prossima, sarà in grado di chiudere la partita oppure no. Le previsioni restano difficili perché legate alla affluenza. Ma secondo Marcello Sorgi con l’ufficiosa, ma praticamente certa scelta di Prodi a suo favore, Bersani ha con sé il 90 per cento del partito.

Tanto la Repubblica che L’Unità danno rilievo alle dichiarazioni di ieri di Bersani, che ha rifiutato di utilizzare un “bilancino” con Renzi, escludendo ogni accordo: “No al ticket col sindaco”, sintetizza La Repubblica. “Se vinco niente bilancini”, secondo L’Unità.

L’Unità intervista Laura Puppato, unica donna candidata alle primarie del Pd. Rivendica il merito di aver evitato, con la sua candidatura, “una certa ripetitività degli argomenti” che sarebbe stata prodotta dal dualismo Bersani – Renzi e dalla “conflittualità” generata dalla candidatura del sindaco di Firenze. “E’ vero che il litigio in diretta fa audicence, ma alla fine porta alla disaffezione. Penso di aver contribuito a rendere più serio e costruttivo il confronto sui temi veri del cambiamento: la green economy, la fiscalità ecologica, le politiche per l’innovazione, il sostegno alle nuove imprese, il lavoro dei giovani e delle donne, la messa in sicurezza del territorio, la rivoluzione necessaria dei trasporti. E siccome ritengo la mia candidatura la più vicina alla società civile, sento di aver dato una mano al Pd nella apertura strategicamente più importante in questo momento”.

L’Unità ricorda che nel 2007 la Puppato fu premiata da Beppe Grillo come primo sindaco a Cinque Stelle. “Se il Pd avesse avuto negli anni passati la capacità di far sue alcune delle buone proposte avanzate da Grillo, oggi avrebbe più voti, e il movimento 5 Stelle ne avrebbe meno”, risponde la candidata. Dice anche di esser stata sempre favorevole ad un bipolarismo sul modello anglosassone: “Chi sta da una parte, chi dall’altra. Le alleanze si dichiarano prima del voto, e chi governa lo fa pensando soprattutto al suo programma, anziché ad estenuanti trattative parlamentari”.

Pubblico offre anche un colloquio con Romano Prodi, che dice: “Le polemiche tra Bersani e Renzi? La disputa sui finanziamenti? La verità è che non ho seguito nulla di tutto questo. Per fortuna”. Prodi dice che andrà a votare alle primarie. “Ho fatto anche il biglietto aereo (dall’Africa, ndr) per domenica, in modo da essere presente ai gazebo” “Quindi se non ci saranno problemi logistici, farò il mio dovere di elettore di centrosinistra”. “Ho detto e confermo che non dirò né farò sapere per chi ho votato”.

Per quel che riguarda il centrodestra, secondo La Stampa le primarie Pdl sono “a un passo dall’essere messe nel cassetto” e oggi potrebbe arrivare l’annuncio. “Non ci sarebbe più tempo e l’election day avrebbe bruciato ogni possibilità di farle”. Oggi Berlusconi dovrebbe incontrare Alfano per decidere cosa fare. Il Cavaliere insiste da tempo nel metterci una pietra sopra, il segretario Pdl ha resistito e c’è stata una esplosione di candidature. Quel che pare abbia fatto cambiare idea ad Alfano sulla opportunità di tenere le primarie non è stata tanto l’esplosione delle candidature, quanto la necessità di cominciare a pensare alle elezioni politiche e regionali del 10 marzo.

Il Giornale riassume: “Silvio: ‘Un errore le primarie’. Ma Alfano non cambia rotta”. Tanto che il quotidiano considera archiviato o in stand by il vertice Pdl previsto per la giornata di oggi.

Gaza

I quotidiani, che hanno tutti inviati a Gerusalemme o a Gaza, raccontano tutti dei tentativi di tregua messi in campo nella giornata di ieri. Il Corriere parla di tre telefonate di Obama al presidente egiziano Morsi, pubblicamente lodato, e della mediazione di tutte le grandi firme della diplomazia orientale – dalla Clinton a Ban Ki Moon, dai ministri francesi e tedeschi al ricomparso Blair, poi i turchi, i marocchini, i qatarioti, perfino i libici intruppati nella Lega Araba – per partorire il topolino di una tregua che forse non è una tregua ma solo un po’ di calma.

Morsi è ansioso di dimostrare agli Usa un ruolo nell’area. Ma lo stop converrebbe a tutti. Anche perché turchi e arabi vogliono sottrarsi alle critiche in casa loro, per aver armato l’opposizione siriana, limitandosi a dare solo farina e cemento ai palestinesi di Gaza.

Fabio Scuto da Gaza per la Repubblica scrive che “slitta la tregua”. E nel frattempo ieri pomeriggio i miliziani hanno giustiziato sei traditori. Gli uomini del braccio armato di Hamas, le brigate Al Qassam, si sono resi protagonisti di una scena “agghiacciante” che tale non è nel racconto dei testimoni: “alcuni uomini armati – dice uno di loro – sono arrivati a bordo di un minibus, sono entrati nel quartiere (la centralissima via Nasser), arrivati a quell’angolo lì hanno spinto fuori sei uomini e gli hanno sparato in mezzo alla strada. Poi sui loro corpi è stato attaccato un messagio che li chiamava traditori per aver ‘dato informazioni al nemico’”. I cadaveri – racconta Scuto – sono stati abbandonati sul posto, e subito circondati da una folla di passanti: c’era chi scattava foto con il telefonino, chi li prendeva a calci. Alla fine il corpo di uno dei sei è stato trascinato nelle strade vicine da un gruppo di miliziani a bordo di motociclette. Un messaggio in stile afgano, “come quando a Kabul comandavano i taliban”.

Il Corriere della Sera intervista il filosofo politico americano Benhjamin Barber che, in riferimento a Netanyahu, dice: “Il premier non poteva non reagire alla pioggia di missili di Hamas. Ma ho un dubbio: voleva anche dimostrare che un accordo è impossibile, che deve rioccupare Gaza, che Israele e la Palestina non coesisteranno mai come stati indipendenti? Preghiamo di no”. Chi uscirà vincitore dal conflitto? “E’ troppo presto per dirlo, bisogna che il cessate il fuoco venga attuato ovunque e soprattutto che duri a lungo. Se ciò avverrà, credo che sarà un punto a favore di Netanyahu e a sfavore di Hamas, che ha acquistato forse più potere negoziale ma non penso si aspettasse una reazione israeliana così spietata. Sarà anche un punto a favore dell’Egitto, il cui presidente Morsi risulterebbe capace di conciliare le esigenze di pace con la sua base, i Fratelli Musulmani, che sono alleati di Hamas”. Ritiene giustificata la controffensiva israeliana? “Una cosa è la questione morale, altra la questione militare. A mio giudizio, sulla questione morale Israele ha torto: gli insediamenti israeliani in Cisgiordania devono ridursi, non crescere, e il premier deve tornare al tavolo delle trattative per un assetto definitivo a Gaza. Ma sulla questione militare aveva ragione: l’attacco di Hamas doveva essere stroncato”.

Su L’Unità una analisi di Janicki Cingoli: “Hamas oggi è più forte, Israele dovrà farci i conti”. E “sull’uscio” resta Mahmud Abbas, il presidente dell’Anp: “Il suo emissario incaricato di seguire le trattative, Nabeel Shaath, sta sullo strapuntino, mentre i negoziati avvengono per via indiretta tra Israele ed Hamas, con la mediazione egiziana. La stessa iniziativa politica di Abbas, in vista della assemblea generale Onu del 22 novembre, sembra improvvisamente marginale e astratta, malgrado le minacce di ritorsione israeliane e americane. Abbas e il suo partito, Al Fatah, sono diventati irrilevanti e residuali, nel mondo arabo e anche nelle piazze della Cisgiordania, che hanno visto ricomparire i manifestanti con le bandiere verdi dei movimenti islamici. Non si tratta, probabilmente, di un fenomeno contingente: Fatah è espressione di una diversa fase storica, quella del nazionalismo arabo e dei movimenti di liberazione nazionale di imprinting sovietico. Abbas è certamente più vicino a Mubarak che a Morsi. Di fatto, la possibilità di giungere alla realizzazione di due Stati pare oggi sempre meno attuale: Fatah non controlla Gaza e non ha prospettive di riuscirci. E’ possibile il contrario, che Hamas prenda il controllo anche della Cisgiordania, riunificando i due spezzoni palestinesi. Israele allora si troverà a trattare con questo nuovo e difficile interlocutore, come d’altronde ha già fatto per Shalit, liberando mille prigionieri palestinesi, e come fa in questi giorni al Cairo. Come se l’unico linguaggio che è disposto ad ascoltare fosse quello della forza.

 

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