Dismissioni per ridurre il debito, rinvio per l’Imu

La Repubblica: “Ruby, le bugie di Berlusconi. ‘Fece sesso con lei e pagò i testimoni’. Verso un’altra inchiesta”, “le motivazioni della condanna: provata la concussione. Insorge Forza Italia. Ghedini: ‘surreale l’Appello la cancellerà’”. A centro pagina: “Sì alle privatizzazioni, rinvio per l’Imu”. “Letta annuncia: 12 miliardi dalle vendite di Stato. Sul mercato quote Eni, Sace e Fincantieri”. In prima anche un articolo dedicato a Renzi: “Renzi attacca: ‘Cancellieri salvata dal vecchio Pd’. I grillini: sfiducia anche al Senato”.

 

Il Corriere della Sera: “Imu e acconti, labirinto fiscale. Letta annuncia privatizzazioni per 10-12 miliardi. Un altro rinvio sull’abolizione della seconda rata: rischio caos per il saldo di dicembre”. A centro pagina: “Le accuse a Berlusconi sul caso Ruby. Il centrodestra insorge”.

 

La Stampa: “Lo Stato vende per 12 miliardi: Dalle quote di Fincantieri al 3 per cento di Eni, c’è il via libera alle dismissioni. Privacy, cambia il redditometro: solo spese certe, no alle medie Istat”.

 

Il Sole 24 Ore: “Fisco leggero per cultura e ricerca”. “Letta: via libera ai privati per la Scala e meno vincoli per i teatri, ogni anno una capitale italiana della cultura. Squinzi: bisogna puntare sulla innovazione”. A centro pagina: “Slitta ancor all’addio all’Imu. Governo diviso su terreni agricoli e Comuni. Rinviato anche il decreto Bankitalia”. “Via alle privatizzazioni: 3 per cento di Eni per Sace in campo Generali”.

 

Il Giornale: “Soldi solo ai clandestini”. “Nella manovra più fondi agli immigrati. Le risorse? Tolte alle vittime della mafia”. “Letta piazza un ingegnere idraulico agli enti lirici. Blitz a sinistra: 300 milioni per riaprire i consorzi”. Il titolo di apertura è dedicato alla sentenza del processo Ruby: “Ruby, giudici scatenati: su Berlusconi fango senza una prova”.

 

Il Fatto quotidiano: “Decadenza e prostituzione. B. trema: ‘mi vogliono dentro’. ‘Regista di un collaudato sistema’: le motivazioni della condanna per Ruby sono infamanti per il Caimano. A 5 giorni dal voto che lo caccerà dal Senato, a Palazzo Grazioli si teme il peggio: sarà più facile arrestarlo. L’ultima mossa: show da Vespa”. Il taglio basso: “Testimone al processo Trattativa. Ora Napolitano ci ripensa”.

 

L’Unità: “Via libera alle vendite di Stato”. In taglio basso, le motivazioni della condanna a Berlusconi: “’Berlusconi pagava Ruby per fare sesso’”.

 

Privatizzazioni, Imu

 

Secondo L’Unità quello varato ieri dal Consiglio dei Ministri con un pacchetto di privatizzazioni è un piano da 10-12 miliardi per abbattere il debito. Saranno cedute quote di otto società, alcune delle quali detenute direttamente dal Tesoro (Eni, St Microelectronics ed Enav), quattro attraverso la Cassa Depositi e Prestiti (Sace, Fincantieri, Cdp Reti, Tag) e una delle Fs (Grandi Stazioni). Il quotidiano spiega che St Microelectronics è uno dei gioielli della industria nazionale, controllata pariteticamente dallo Stato italiano e da quello francese. Fincantieri, uno dei grandi protagonisti dell’industria cantieristica europea, era un tempo controllata dall’Iri. Oggi il suo capitale fa capo al Ministero dell’Economia attraverso Fintecna. Nel 2012 ha acquistato per 900 milioni Stxosv, il più grande costruttore di mezzi di supporto per l’estrazione di petrolio e gas. Cdp Reti è la branca della Cassa Depositi e Prestiti che controlla Terna e Snam. Quest’ultima, dopo lo scorporo da Eni, opera esclusivamente in Italia ed ha una rete di gasdotti di 31700 chilometri. Enav è la società che gestisce il traffico aereo civile, il cui capitale sociale è interamente detenuto dal Ministero dell’Economia. Sace è una società finanziaria e di assicurazioni pubblica controllata al 100 per 100 dalla Cdp: si occupa in prevalenza di assicurazione del credito e di protezione degli investimenti per le imprese italiane che operano sui mercati esteri. Tag è l’acronimo di Trans Austria Gasleitung Gmbh: è controllata al’89 per cento da Cassa Depositi e Prestiti ed è stata rilevata dall’Eni. Gestisce in esclusiva il trasporto di gas del tratto austriaco che dalla Russia giunge in Italia entrando dallo snodo di Tarvisio. Grandi Stazioni fa parte del gruppo Ferrovie dello Stato e il ministro Saccomanni ha annunciato che verrà dismessa l’intera quota in mano pubblica. Il restante 40 per cento è detenuto da Eurostazioni Spa, di cui sono azionisti Benetton, Caltagirone, Pirelli e la società ferroviaria francese Sncf. Quanto ad Eni, il governo ha deciso di vendere il 3 per cento del capitale: Letta prevede di incassare dalla cessione di questa quota circa 2 miliardi di euro.

Su questo quotidiano segnaliamo un intervento di Massimo Mucchetti, ora senatore Pd, che considera un errore vendere così in fretta il 3 per cento di Eni: “Saggiamente il Tesoro non vuole scendere sotto il 30 per cento per non correre il rischio di scalate ostili ed anche per meglio controllare le assemblee dove il voto dei Fondi sta assumendo un peso crescente in seguito al diritto loro riconosciuto di votare anche senza avere il possesso materiale delle azioni nel giorno dell’assemblea. Ma per vendere il 3 per cento e non scendere sotto il 30 che il Tesoro e la Cdp detengono, lo stesso Tesoro deve consentire all’Eni di acquistare azioni proprie per il 10 per cento del capitale” (è il cosiddetto buy-back).

E allora Mucchetti commenta: “Per una società indebitata, sia pure in misura non grave, investire in azioni proprie è una scelta opinabile. Siamo sicuri che l’Eni non abbia destinazioni produttive migliori per le proprie risorse in un momento in cui fatica ad avvicinarsi all’obiettivo dei 2 milioni di barili al giorno, da anni proclamato e mai raggiunto?”.

Anche Il Sole 24 Ore solleva critiche sul senso di questa operazione, che considera difficile da mettere in pratica ed ha una serie di ripercussioni negative per quanto riguarda l’Eni. Il maxi riacquisto di quote da parte della stessa Eni portererebbe l’indebitamento da 15 a 18,5 miliardi. Quanto alla cessione di Enav, il quotidiano sottolinea che ben poco potrebbe fruttare.

Il governo ieri ha deciso il rinvio al prossimo martedì delle decisioni sulla seconda rata dell’Imu: “Rinvio formale”, ha spiegato Letta. A bloccare il decreto Imu, che viene finanziato con un aumento degli acconti fiscali per le banche, sarebbe stato, secondo La Repubblica, lo slittamento, in attesa del parere Bce, del provvedimento sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia in portafoglio alle aziende di credito. E siccome entrambe le misure riguardano le banche, ha osservato Letta, si è ritenuto di far avanzare i due provvedimenti in parallelo. Resta comunque sempre in ballo la questione dei 900 milioni che mancano per coprire l’eliminazione dell’Imu per i fabbricati agricoli. Su questo, spiega ancora il quotidiano, ci sono state “scintille” nell’esecutivo. E di scintille si parla, a leggere sulla stessa pagina le resistenze sollevate ieri da alcuni ministri di fronte alla possibilità che il Commissario alla spending review Cottarelli sollecitasse tagli ai ministeri. A scattare per primo è stato il ministro del lavoro Giovannini: sul welfare non si scherza. Il ministro dell’istruzione Carrozza: “Ma come, abbiamo appena investito nella scuola dopo anni di tagli e ora ricominciamo?”. Massimo Bray: “Da noi hanno già tagliato tutto, tra un po’ non avremo nemmeno i soldi per tenere aperti i musei”. La battaglia si è poi infiammata sull’Imu da far pagare ai proprietari di terreni agricoli: il ministro De Girolamo ieri avrebbe minacciato di andarsene.

 

Pd

 

La Stampa si occupa delle primarie Pd e scrive che “scatta la guerra delle liste”. “E’ un girone infernale – spiega il quotidiano – perché in palio ci sono mille posti per l’assemblea nazionale. Mille delegati che verranno votati alle primarie nelle liste di Renzi, Cuperlo e Civati in base alle percentuali che usciranno dai gazebo”. E’ il cosiddetto “parlamentino Pd” che, una volta eletto e proclamato, nominerà, con identiche percentuali, la Direzione nazionale: “Tradotto: se Renzi avrà il 65 per cento dei voti alle primarie, in Direzione avrà dalla sua i due terzi necessari per le decisioni cruciali, quelle che segnano il potere assoluto sulla ‘ditta’, prima fra tutte l’approvazione delle liste elettorali, cioè quelle dei candidati del Pd che siederanno in Parlamento. Vero che di solito la direzione vota le liste all’unanimità, ma si capisce con quale ansia i suoi avversari aspettino il verdetto dell’8 dicembre, perché con il rottamatore le prassi possono cambiare”. Ogni candidato avrà una sola lista a sostenerlo.

Il Corriere della Sera scrive che, archiviato il caso Cancellieri, i rapporti tra Letta e Renzi restano difficili. Ieri Renzi ha dichiarato: “Non chiederemo poltrone, ma faremo proposte”. Primo tema su cui potrebbe esserci lo scontro, le privatizzazioni: “E’ sbagliato farle adesso per fare cassa”, ha detto il sindaco di Firenze. Sulla spending review: “Chi dice che la spesa pubblica non può essere toccata vuole conservare l’esistente, cioè un sistema ingiusto e inefficiente”.

 

De Luca

 

La Repubblica intervista il sindaco di Salerno Vincenzo de Luca, indagato per un presunto abuso d’ufficio nella costruzione dell’edificio Crescent nella sua città. “Dimettersi se indagati? In un paese nel quale le iniziative giudiziarie durano 15 anni e si concludono nel nulla? Sarebbe pazzia, barbarie giudiziaria. Ci si dimette per condanne definitive, salvo che per ipotesi di

reato infamanti”, dice il sindaco nonché viceministro dei Trasporti. Altro argomento: i risultati elettorali di Renzi a Salerno e il tesseramento: “La verita’ e’ che di fronte ai nostri risultati c’è chi e’ impazzito. Sono disgustato dalla strategia della diffamazione”, “tutti sanno che qui c’è una realtà di Pd, fra le poche al Sud, fatta di correttezza, militanza, di tessere non gonfiate e non finte, di partecipazione. A Salerno ho avuto al Comune il 75% dei voti fra tutti i cittadini”. E insomma “il

problema vero non e’ questo: è che a votare per Cuperlo sono andati in 50”. Infine su Cancellieri: “Chi impediva al presidente Letta di indicare, in 24 ore, un ministro autorevole e non di parte? Ho sentito dire che il governo è piu’ forte perché piu’ compatto. Come si fa a non vedere il campo minato parlamentare che si prospetta?”.

 

 

Cancellieri

 

La Repubblica continua ad occuparsi della polemica sul ministro Cancellieri, e dà conto della “stoccata di Renzi”. “’L’ha salvata il vecchio Pd’”: “Sulla vicenda è stata la stessa Cancellieri a fare una sintesi perfetta. Lei ha detto: ‘il vecchio partito Democratico mi avrebbe difeso’. E alla fine il partito ha votato a favore. Il nuovo Pd credo che no difenderà più casi di questo genere, ma non dipenderà da quello che poi accadrà l’8 dicembre”. Per questo, scrive il quotidiano, Renzi promette un “deciso cambio di rotta – ‘se voteremo il cambiamento si cambierà davvero’ – e brandisce ancora una volta il caso che ha imbarazzato il ministro”.

La mozione di sfiducia individuale nei confronti del Ministro, promossa dal Movimento 5 Stelle, sarà riproposta anche al Senato, informa il quotidiano. Da Palazzo Madama però, scrive La Repubblica, fanno notare che la prassi non prevede che il Senato si esprima su una mozione di sfiducia individuale già messa ai voti alla Camera.

Un’altra pagina del quotidiano, a firma di Alberto Statera, è dedicata al “network della famiglia Ligresti, quella scuderia di prefetti amici dalla Cancellieri a Lombardi” (ex prefetto, “fu lui a ricevere l’olgettina Polanco’”, dice il quotidiano).

 

 

 

Ruby

 

Sul Corriere una intera pagina è dedicata alle motivazioni della condanna a sette anni a Silvio Berlusconi (sei anni per concussione e un anno per prostituzione minorile, per via del caso Ruby). Nelle 326 pagine i giudici chiedono ai PM di valutare la posizione di 32 testi della difesa per “falsa testimonianza” o “sistematica attività di inquinamento probatorio dal 6 ottobre 2010, attuata anche corrispondendo ingenti somme di denaro ad alcune testi ed a Karima El Maghrub”, ovvero Ruby, che, secondo i giudici, “ha mentito perché dall’imputato pagata per recitare, a fronte di una promessa di 5 milioni, un copione concordato con l’emissario di Lui”, evocato in una intercettazione (“Io gli ho detto posso passare per prostituta, per pazza, per tutto quello che vuoi, l’importante è che ne esco con qualcosa”). Scrivono ancora i giudici che, “grazie alle intercettazioni, è possibile affermare, con sicurezza confinante con la certezza, che Berlusconi era a conoscenza della minore età della ragazza”. Poi le pressioni sulla questura di Milano per il rilascio di Ruby: “Berlusconi ha abusato della qualità di premier quando ha rappresentato falsamente un proprio interessamento personale dietro l’asserita parentela con Mubarak”, mentre invece “aveva un interesse personale di sottrarre la ragazza dalla Questura al più presto”. Il quotidiano spiega che nella richiesta di valutare la posizione di altri testimoni perché si valuti la possibilità di una eventuale falsa testimonianza non compaiono solo le ragazze di Arcore ma anche l’attuale viceministro degli esteri Archi, le parlamentari Ronzulli e Rossi, il giornalista Rossella, la poliziotta Iafrate, il cantante Apicella.

 

Germania

 

Sul Corriere della Sera si dà conto dei negoziati in corso in Germania tra Cdu e SocialDemocratici per la grande coalizione: “Berlino: resta il rigore, ma sì al salario minimo”. Il quotidiano racconta come sia partito un applauso dalla platea nel corso del convegno annuale promosso dalla Suddeutsche Zeitung quando Angela Merkel ha detto, replicando alle critiche sul surplus commerciale tedesco, che “non è assolutamente possibile provare a diminuire artificialmente il grado di competitività raggiunto dalla Germania”. La decisione della Commissione Ue di aprire una procedura di indagine sullo squilibrio delle partite correnti tedesche continua ad irritare Berlino ed è questa la risposta della Merkel, proprio mentre, nelle stesse ore, a Bruxelles il commissario Ue agli affari economici Rehn replicava ai malumori tedeschi: “Mai detto che volevamo rendere deboli i Paesi forti”, ha detto, aggiungendo che la Germania deve rafforzare la domanda interna con un sostenibile aumento delle retribuzioni. In un certo senso, però, commenta il Corriere, un passo verso Bruxelles la Cancelliera lo ha compiuto, annunciando il via libera ad un salario minimo generalizzato che potrà aiutare nella ripresa dei consumi. Era la richiesta avanzata dai socialdemocratici in vista della formazione di un nuovo governo”. Ha spiegato la Merkel: “Una valutazione realistica della situazione ha dimostrato che i socialdemocratici non concluderebbero le trattative senza questa misura”. La Merkel ha sempre avuto dubbi su questo tema, sostenendo che più che una legge servono accordi tra imprenditori e sindacati. “La Grande coalizione – ha spiegato ancora la Merkel – non è un desiderio dei politici. Ma è il risultato del voto degli elettori”.

Su La Repubblica: “Merkel contro la Ue: ‘giù le mani dall’export’. Ma apre al salario minimo. Draghi: ‘Non favoriamo alcuni Paesi, qui siamo solo europei’”. Draghi, spiega il quotidiano, ha risposto che sono ingiuste le critiche secondo cui con i tassi bassi la Bce aiuterebbe i Paesi deboli contro i Paesi forti: “E’ ingiusto attribuire interessi nazionali alla Bce.

In consiglio non ci sono tedeschi, francesi o italiani. Ci sono solo europei”. Ma Draghi ha anche citato la Germania come “un buon esempio di come si possano dare buone basi alla crescita a imprese grandi ma anche piccole e medie”, oltre che come esempio da seguire per competitività e produttività.

 

Ucraina

 

Spiega Il Sole 24 Ore che l’Ucraina ha sospeso i preparativi che avrebbero dovuto condurre, la settimana prossima a Vilnius, alla firma di un accordo di libero scambio con l’Unione Europea. Il quotidiano sottolinea che sarebbe stata una scelta di campo senza precedenti, ma si è rivelata prematura: “L’Ucraina sceglie la Russia, sospesi i negoziati con la Ue”. Il governo di Kiev, con un comunicato, ha spiegato che la decisione “ha lo scopo di preparare un complesso di misure volte a ristabilire i volumi di produzione perduta e i legami economico-commerciali con la federazione Russa e gli altri Stati della Confederazione degli Stati Indipendenti (Cis, nata alla fine dell’Urss). Kiev chiede più tempo per prepararsi. Si tratta di un rinvio, ed era stato chiesto al Presidente nei giorni scorsi da una delegazione di imprenditori ucraini, preoccupati per la concorrenza europea con cui avrebbero dovuto misurarsi”. Nel Paese c’è chi sostiene che Bruxelles non ha offerto gli aiuti adeguati ad affrontare lo scontro con Mosca.

Il Corriere della Sera scrive che i più preoccupati sono gli industriali, che avevano espresso perplessità in un vertice con il governo il 12 novembre scorso. E il Parlamento si è subito mosso, respingendo le proposte id legge che avrebbero consentito alla leader della opposizione Tymoshenko di essere liberata e di curarsi in Germania, condizione imprescindibile posta dalla Ue. Ma senza aspettare il no dall’Europa, ieri è arrivato un drammatico comunicato del governo. Nell’incontro del 12 novembre scorso gli imprenditori avevano spiegato come le aziende si fossero fermate in tutto il Paese: niente più esportazioni di vagoni ferroviari, di mezzi di trasporto, di aerei, serissimi problemi per i tubi di acciaio e per l’industria dolciaria. In un’analisi, sulla stessa pagina, Franco Venturini illustra le pressioni messe in atto dalla Russia di Putin (“il bastone del Cremlino”) come la riduzione di importazioni dall’Ucraina fino a bloccarle o la richiesta di pagamenti arretrati del gas. Ma poi spiega che “quel che più contava per Kiev era che l’Europa prometteva 500 milioni di euro di risparmi doganali l’anno, 186 milioni per avviare le riforme richieste (tra cui l’indipendenza della Procura, una rivoluzione) e altri 610 milioni a riforme completate. Noccioline, se paragonate alle perdite di molti miliardi sul fronte opposto. In realtà Bruxellese sembra aver condotto una operazione tanto delicata senza mai aver fatto bene i conti. E la questione ucraina è stata affidata ai polacchi e ali baltici, ferventi sostenitori dell’associazione, mentre a Berlino, a Parigi, a Roma, dietro l’appoggio di facciata ci si chiedeva chi avrebbe domani ‘pagato la fattura ucraina’”. E questa era, per Venturini, “la carota avvizzita” che l’Europa offriva all’Ucraina in alternativa al legame con la Russia.

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