A caccia di Grilli

Il Corriere della Sera: “Ora Grillo spaventa i partiti”. “Folla in piazza Duomo: ‘Politici, arrendetevi’. Lettera del Cavaliere sull’Imu, è polemica”. “La 7 in vendita, scambio di accuse tra Berlusconi e Bersani”. A centro pagina: “Investitori dai sondaggisti per valutare il rischio Italia”. “Gli emissari di Blackrock domani in missione nel nostro Paese”.

Il Giornale: “La carta falsa di Monti”. “Pronto l’ennesimo aiuto dall’Europa: venerdì un documento per dire che il Prof ha salvato l’Italia. A Giannino un altro Oscar del tarocco: si è inventato anche le due lauree”. A centro pagina si parla invece della carta “vera del Pdl”: “Rimborso Imu, la promessa (scritta) di Berlusconi. Agli elettori una lettera con l’impegno a restituire l’odiata tassa sulla casa”.

Il Fatto quotidiano: “Imu, c’è truffa per te. L’ultima di Berlusconi. Il Caimano invia agli elettori milioni di lettere con il timbro. ‘Avviso importante. Rimborso Imu 2012’”. “Non la solita bufala, ma il tentativo di far credere che la restituzione dei soldi sarà reale. Fioccano le denunce, ma è solo l’esempio più clamoroso di una campagna elettorale taroccata”.

La Repubblica: “Berlusconi, l’imbroglio dell’Imu. Lettera agli elettori, così vi rimborso. Bersani apre ai grillini in Parlamento. Grillo riempie piazza Duomo, sul palco anche Dario Fo. Giannino: penso al passo indietro, decide la direzione”. Di spalla una intervista a monsignor Scicluna, “il monsignore anti-pedofili: ‘Non crocifiggete Mahony’”. A centro pagina: “LA 7, scontro Pd Cavaliere. La redazione: libertà a rischio”. E poi: “’Indagate sui governi per il crac Alitalia’”.

La Stampa: “Imu, la lettera della discordia. Berlusconi scrive agli italiani: ‘Modalità per il rimborso’. Il Pd: è una truffa. Bersani: dubbi sulla trattativa La7-Cairo. Il capo del Pdl: ‘Messaggio mafioso’”.

L’Unità: “Per il Cav le regole sono mafia. La7, Bersani chiede di valutare la cessione. Berlusconi: così minaccia. Lettera truffa sull’Imu”.

Libero: “Fermate Giannino, finte pure le lauree. Non solo il master. Il candidato di Fare per fermare il declino confessa l’autogol e offre le dimissioni”.

Il Sole 24 Ore: “Borse, sprint da ‘ripresa’. Piazza Affari (+1,57 per cento) spinge le banche, Wall Street in zona record”.

Il Foglio: “Dal Fondo monetario s’ode una nuova melodia di politica Tutti gli studi del FMI che consigliano più mercato e non più austerity. E le previsioni sempre più convincenti”.

Grillo

Due pagine del Corriere della Sera sono dedicate allo “tsunami tour” di Grillo, in cui si racconta il “popolo dei 30 mila e più” che ieri ha affollato piazza Duomo a Milano. “Quei delusi di Lega e Sinistra”, “lui ci vendicherà”, in cui si raccontano “lessico, ideali e speranze di un popolo trasversale”, da quello che ha votato Lega fino al 2010 ai delusi dal Pd, da quelli ex Pdl ai giovanissimi “debuttanti all’urna”. “La folla di Grillo è fatta di strati trasversali che in comune hanno solo il lessico, l’utopia del popolo contro l’istituzione, la voglia di sentirsi al centro di qualcosa, e una delusione più dolente che rabbiosa verso la politica di ieri e di oggi”. Secondo il cronista, nel popolo grillino manca il “rancore che il sociologo Bonomi poneva alla base del successo leghista”. Questo rancore “non si è travasato nella moltitudine grillina, che si dimostra meno aggressiva nelle parole e nei gesti, spesso consapevole e informata, seppure da un’unica fonte. Qui prevale il fascino della proposta nuova, mischiato alla speranza di sentirsi parte di un progetto, sentimento prevalente quando l’età si abbassa”.

Secondo La Repubblica la base grillina in Lombardia sarebbe tentata dal voto disgiunto: alle politiche votare per Grillo, alla presidenza della Regione il candidato del centrosinistra Ambrosoli.

Anche su La Stampa: “In piazza la tentazione del voto disgiunto”. La piazza è ancora quella di Milano dove, si scrive, c’erano anche tanti curiosi e sostenitori di Berlusconi.

Un retroscena de Il Giornale firmato da Laura Cesaretti porta questo titolo: “Il Pd pensa già a ‘comprare’ i grillini dissidenti”. Il segretario, prevedendo il flop di Monti, dice che “con i 5 stelle ci sarà da fare scouting”. Le parole di Bersani: “Se in Parlamento ci saranno anche i grillini ci sarà da fare scouting, per capire se intendono essere eterodiretti o partecipare senza vincoli di mandato. Se si controlla il dizionario inglese, per scouting si intende la valutazione di un candidato, as for possiible hiring, per una eventuale assunzione. Insomma, visto che i numeri dei sondaggi ballano, che il trend grillino è in crescita e quello montiano è in calo, e che sulla futura maggioranza pesano molte incognite, il Pd si guarda previdente intorno”. “Anche a Bersani ora piacciono i grillini”, titola Il Fatto, anche qui ci si cimenta nella traduzione: quella letterale di scouting è “esplorazione, ricerche, indagine”. E nella cultura pop che va per la maggiore ricorda il talent scout, scovare talenti. Ma al di là della terminologia, “il quadro è chiaro”, scrive il quotidiano: i 5 stelle sono la vera incognita di queste elezioni, e con Monti ormai in caduta libera, dato ormai per certo al quarto posto, la maggioranza in Senato sarà risicata, con o senza Scelta civica di Monti.

La Repubblica: “Bersani apre ai grillini. Discutiamo dopo il voto”, “’Vediamoli alla prova dei fatti. Renzi: meglio 100 di loro che cento leghisti”. Scrive il quotidiano che anche Renzi, che oggi terrà un comizio con Bersani, sta valorizzando i 5 Stelle: “E’ sempre meglio avere 100 grillini in parlamento che 100 leghisti. Il Pd faccia propri i temi dei costi della politica, e della innovazione ambientale e digitale”.

Su Europa Filippo Sensi: “Dovevano essere le elezioni del web, sono state quelle della tv e – chi se lo aspettava? – della piazza”. Piazza che viene seguita in streaming, certo, come ovviamente non c’è candidato, leader o scalcagnato, che non si sia dotato di profilo twitter, spot su youtube, blog di campagna.

Da segnalare anche su La Repubblica l’analisi Barbara Spinelli dal titolo “Il tempo della retecrazia” in cui si esplora il fenomeno Grillo, passando per l’appello che lo accomuna a Berlusconi del “tu per tu” con il popolo che è “fusione nell’Uno”. Scrive la Spinelli: “Grillo farà eleggere molti parlamentari, ed è un bene, perché il Parlamento è la sede dove gli interessi imbrigliano le passioni. Non gli interessi economici, ma l’interesse come lo si intendeva nel 500: la passione razionale che controbilancia quelle irrazionale e secerne l’interesse generale e la separazione dei poteri”. “Grillo e Casaleggio scrivono che sarà la rete a scrivere leggi e Costituzioni. Ma la rete cos’è? Come delibera precisamente? Se la rete vuole la pena di morte, la reintroduciamo? In Islanda (un modello, per Grillo) la Costituzione è stata ridiscussa in rete, ma riscritta da più piccoli comitati. In ogni mutazione c’è qualcosa da preservare, da non uccidere, altrimenti entriamo nella logica del potere indiscutibile, legibus solutus, anelato da Berlusconi”. La Spinelli scrive anche che a questa mutazione i partiti reagiscono con smarrimento, se non con afonia, il centrosinistra in particolare “ripudia il modernismo della personalizzazione”, ma sul mondo che cambia “è terribilmente indietro, senza vocabolario né inventività”. Dopo il voto tutto sarà diverso, la democrazia toccherà reinventarla, l’antico dibattito ottocentesco sul suffragio universale andrà ripreso, perché la scatola tonta (termine mutuato dagli spagnoli per definire la televisione, ndr) e il web l’hanno sfinita”.

Giannino

Ieri il leader di Fare per fermare il declino ha tenuto una conferenza stampa per dar conto delle contestazioni a lui venute da Luigi Zingales, professore della Università di Chicago, che aveva condiviso con lui l’esperienza politica nel movimento. Zingales aveva lanciato il caso di un presunto master che Giannino non ha mai conseguito nella stessa università. Il Giornale: “Il ‘dottor’ Giannino lascia. Inventate pure le due lauree”. Il quotidiano scrive che l’ammissione in diretta è arrivata dallo stesso Giannino nel corso dell’incontro con la stampa: “Mi sono state attribuite online lauree e master a Chicago. Sono cose messe lì, il mio errore è non essermene accorto”. Ancora parole di Giannino: “Ho scoperto poi che su wikedia c’era una discussione da tempo, per errore mi è stato attributo un titolo che non ho”. Ma da chi, si chiede Il Giornale. E come è possibile che nessuno se ne sia accorto tra i suoi collaboratori? E ancora Giannino ha precisato: “A Chicago ho preso lezioni private di inglese, ma per dimostrarlo dovrei trovare le ricevute dell’insegnante”.

Il Fatto quotidiano scrive che è già caccia ai voti di Giannino, poiché il partito da lui guidato è stimato intorno al 2 per cento. Può essere decisivo in Veneto e in Lombardia. Ma secondo Renato Mannheimer, analista di flussi elettorali e sondaggista dell’Ispo, non sarà comunque Berlusconi ad avvantaggiarsi dei guai di Fermare il declino: l’atteggiamento dei suoi sostenitori è molto negativo verso il Cavaliere”.

Sul Sole 24 Ore Stefano Folli si rammarica della vicenda Giannino in questi termini: “Al di là dei passi falsi del personaggio, sulle cui ragioni potrà pronunciarsi uno psicologo, resta la necessità di non disperdere un patrimonio di idee che Giannino ha saputo immettere in una delle più brutte campagne elettorali degli ultimi anni”. Ricorda le parole di Mario Ferrara all’inizio degli anni 50 sul Mondo di Pannunzio, quando reclamava un personaggio in grado di dare una scossa all’universo nobile ma statico al liberalismo italiano: ‘Date un matto ai liberali’”.

Grilli-Finemccanica

Sulla prima pagina de Il Sole 24 Ore la lettera del ministro dell’economia Vittorio Grilli sul caso Finmeccanica: “Caro direttore, sono costretto di nuovo ad intervenire sulla fantomatica vicenda di presunte consulenze che sarebbero state elargite alla mia ex moglie, signora Lisa Lovenstein, dalla quale sono separato dal 2008 ed ufficialmente divorziato”, “non ho mai chiesto favori per me o per la mia ex moglie”, e “le autonome iniziative economiche della mia ex moglie non solo non sono state mai condivise, ma sono state causa, non ultima, della mia separazione”. Tale circostanza “è stata confermata dall’audit interno di Finmeccanica” commissionato in data settembre 2012 dall’allora presidente ed ad della stessa ingegner Giuseppe Orsi, al fine di ‘evidenziare ed analizzare’ l’affidamento di incarichi professionali da parte delle società del gruppo alla signora Lovenstein, nel periodo 1 gennaio 2005-30 giugno 2012. Le verifiche effettuate hanno dato esito negativo”.

La7-Cairo

Sulla vicenda La 7 Il Fatto scrive: “La 7 di Cairo non piace al Pd. E B. si preoccupa per Mediaset”. Si riferiscono le parole del segretario Pd sulla decisione del cda di Timedia di procedere con la trattativa esclusiva con Cairo: “Non saprei dire se Cairo è collegata a Mediaset. Ci sono delle autorità che si occupano di queste cose. E’ una settimana cruciale e io tendo a ragionare come se fossi al governo. Devo preoccuparmi che le decisioni avvengano senza conflitti di interessi e che ci sia una traiettoria industriale”. La reazione di Berlusconi: “E’ un messaggio mafioso contro Mediaset. Non ho rapporti con Cairo, ma ci siamo lasciati bene, spero che La 7 sarà meno di sinistra”. Il quotidiano intervista lo stesso Urbano Cairo: “Ascolti, cosa dovrei fare per dimostrarvi che non sono amico di Berlusconi. Mi ha licenziato, lo capisce? Dovrei buttargli una statuetta addosso? Datemi tempo, farò una tv di qualità, conferma in blocco per Mentana, Santoro, Gruber, Formigli”.

Il Fatto si chiede ancora: Quanto spende Cairo? E la risposta è: nulla. Telecom si impegnerà a ridurre il debito e consegnerà una dote di circa 100 milioni, carburante utile per un giro, un anno, perché corrisponde esattamente alla perdita di un esercizio: “Sì,, confermo, avrò questi soldi, perché – spiega Cairo al Fatto – risolvo un problemone a Telecom. Ho una stagione per rimettere in ordine i conti, dovrò lavorare per intervenire con efficacia, per raddrizzare una barca che si piega da dieci anni”. Enrico Mentana ha incontrato i giornalisti del tg e li ha rassicurati: “Cairo raccoglie la pubblicità de La7, non può fare come lo scorpione che punge e uccide la rana che lo sta trasportando in acqua”.

Anche sul Corriere una intervista all’editore Cairo: “In questi anni sono stato un acerrimo concorrente di Fininvest”, evidentemente in riferimento al fatto che raccogliesse la pubblicità per La 7. Il quotidiano intervista anche Tarak Ben Ammar: “La tv andava ceduta, non è mestiere del gruppo Telecom”. Ben Ammar siede nel board di Telecom e di Mediobanca.

 

Su La Repubblica, in riferimento ad Urbano Cairo: “Il Presidente del Toro rischia l’autogol, il suo impero può andare in rosso fisso”. Si scrive che Cairo deve risanare un canale tv che nel 2012 ha perso circa 100 milioni, con una casa editrice ed una concessionaria pubblicitaria che in totale hanno fatturato 319 milioni di euro e ne hanno guadagnati 18 nell’anno appena trascorso. “Se non interviene immediatamente sui costi del palinsesto, portato a 120 milioni di euro dall’ex ad Gianni Stella. Cairo rischia di portare in rosso tutta la casa editrice. Con un mercato della pubblicità in forte contrazione sarà inoltre necessario lanciare nuove trasmissioni in grado di attirare nuovi inserzionisti. Tuttavia questa è da sempre la spirale in cui si avviluppa la 7 di oggi e Tmc una volta: lo share non basta ad attirare pubblicità, e se si investe per aumentare lo share, come ha fatto l’ad Stella, si rischia di allargare il buco. La Repubblica scrive anche che il presidente Bernabè non ha neanche letto la lettera di Della Valle perché non la considerava una offerta compiuta ma solo un interessamento. Se avesse indicato un prezzo, anche non vincolante, sarebbe stato diverso”.

 

Internazionale

 

Le pagine R2 de La Repubblica ospitano un reportage di Francesca Caferri dalla Nigeria, tra i cristiani di Ios, minacciati dagli estremisti di Boko Haram che fanno saltare le chiese e sequestrano stranieri. Migliaia di morti fra cristiani e musulmani moderati. Ma dietro allo scontro tra le religioni ci sono i conflitti economici e sociali mai risolti, e i fondamentalisti ne approfittano per prendere spazio.

La Stampa dà conto del rapimento in Camerun di una famiglia francese, ad opera di un gruppo islamista. Parigi non ha dubbi, i rapitori sono i nigeriani, probabilmente del gruppo Boko Haram. E l’attacco in Camerun viene collegato ad una possibile vendetta dopo l’intervento francese in Mali, sebbene Hollande tenda ad evitare questa relazione: “Penso che ci sia un pericolo terrorista in gran parte dell’Africa occidentale”, ha detto.

Il Corriere della Sera si occupa di Tunisia all’indomani delle dimissioni preannunciate dal primo ministro Ahmad Jebali: sono stati “i cecchini islamici” ad impallinare la speranza pragmatica dell’ingegner Jebali, loro premier e compagno di partito che, dopo l’assassinio eccellente di uno dei capi dell’opposizione, il laico Belaid, stava tentando la via difficile di un governo tecnico. Insomma, “trionfano i falchi”. Sostenuto “solo a parole” dalla maggioranza turbomusulmana di Ehnnada, più attento alla crisi economica che alle riforme politiche, Jebali ha perso la sua sfida impossibile al padre padrone di Ehnnada, Rachid Gannouchi, formazione francese, co-fondatore del movimento islamico, incarcerato sotto la democratura di Ben Ali, l’ingegnere aveva capito che non va lontano se in testa si ha solo la tabaa, il callo sulla fronte dei musulmani osservanti, e non una idea riformatrice del Paese.

Alessandro Minuto Rizzo sulle pagine di Europa si occupa della primavera araba, e in particolare della Tunisia, dove comunque sembra ancora aperta una finestra di opportunità perché avanzino riforme democratiche e pluralismo, malgrado il partito islamista Ehnnada sia accusato dalla opposizione, ancora divisa, di consolidare il potere con tutti i mezzi possibili. Ma “non dimentichiamoci che in Europa ci è voluto un buon secolo per consolidare la democrazia parlamentare”.

 

E poi

 

La Repubblica scrive che dopo il lancio del sondaggio su Famiglia Cristiana hanno vinto i no alla partecipazione del cardinale Mahony, accusato di aver coperto lo scandalo pedofilia, nel prossimo Conclave che dovrà eleggere il Papa. Il quotidiano intervista monsignor Scicluna, che per dieci anni è stato promotore di giustizia del Sant’Uffizio, occupandosi della lotta ai preti pedofili. Dice che Mahony è “un cardinale molto umile” che non “è riuscito ad arginare i casi di pedofilia nella sua diocesi come sarebbe stato giusto”. Ricorda che dopo il 2002 i vescovi americani riuniti a Dallas decisero per la prima volta di inaugurare la linea della tolleranza zero sul tema e Mahony, come tutti i vescovi, “cercava di capire come comportarsi dopo anni in cui la Chiesa non aveva agito correttamente”. Vuol dire che prima del 2002 si copriva la pedofilia? “Non c’erano linee chiare”, “ognuno agiva come poteva, e purtroppo in alcuni casi Mahony ha sbagliato”. Ricorda che Mahony ha pubblicato i nomi di tutti i preti accusati, e non condivide questa scelta, perché un conto è comunicare i nomi dei colpevoli, un altro quelli di coloro che sono accusati di esserlo. Tra gli accusati ha messo anche se stesso, perché due monsignori del Vaticano avevano sospettato di lui”. Entrerà in Conclave? “Credo di sì, ma in ogni caso deciderà in coscienza cosa fare”.

Il Corriere della Sera intervista il cardinale Walter Kasper, per dieci anni responsabile in Vaticano dei rapporti con le altre confessioni cristiane e con gli ebrei. L’intervista verte sul dopo Ratzinger. Dice che serve più collegialità e che il ruolo del Papa va ripensato: “IL fatto che si sia dimesso, che abbia liberamente rinunciato, getta una nuova luce sul papato”, “la natura, l’essenza del ministero petrino è data da Gesù e non può essere cambiata. Quella che cambia è l’aura sacrale intorno al papato che si è avuta soprattutto negli ultimi due secoli. Quell’aura si è un po’ perduta”. Dice ancora Kasper: “vediamo la crescente secolarizzazione in Europa, sappiamo che la maggior parte dei cattolici sta dall’altra parte, nell’emisfero sud del pianeta”. E’ necessario riformare anche la Curia romana: “Certo, è fondamentale che sia organizzata in modo più adatto ad affrontare le sfide del nostro tempo. Ci vuole un miglior coordinamento tra i dicasteri, più collegialità e comunicazione”.

Il Foglio intervista il filosofo Roger Scruton: “Il Papa si è dimesso per una debolezza strategica della Chiesa, e per la sua incapacità di far fronte agli attacchi subiti in Europa dai laici militanti, dalla lobby gay, dalla propaganda sulla pedofilia, dalla Ue, dagli intellettuali benpensanti”, “il cattolicesimo è stato intimidito”, dice Scruton. Che paragone Ratzinger all’Arcivescovo protestante di Canterbury: Williams è una figura molto simile a quella di Ratzinger, entrambi sono degli intellettuali, ed entrambi sono stati messi sulla difensiva dagli attacchi. Non sono due combattenti”.

 

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