Storia delle televisioni in Italia. Dagli esordi alle web tv

Una storia della televisione vista da un’ottica sociologica, storica, giuridica. Una costante attenzione alle fonti giornalistiche, oltre che librarie, per delineare tutte le fasi della storia del medium. E, inoltre, una posizione equilibrata nella querelle tra apocalittici e integrati che da sempre, tranne qualche eccezione negli anni Sessanta, ha caratterizzato gli studi teorici sulla tv. Infine un forte rilievo, nella televisione delle origini, attribuito a Ettore Bernabei, direttore generale della Rai dal 1961 al 1974. Sono questi i tratti distintivi del libro di Irene Piazzoni Storie delle televisioni in Italia. Dagli esordi alle web tv (Carocci 2014).

L’autrice, professore associato di Storia della Radio e della Televisione all’Università “Statale” di Milano, ha strutturato il volume in quattro parti: “Gli esordi e gli esuberanti sviluppi nel segno della Rai” (si parla degli albori della tv), “Apogeo e crisi: la televisione di Bernabei”, “Dalla rivoluzione dell’etere al duopolio”, periodo caratterizzato dalle radio libere e dal consolidamento del monopolio di Berlusconi, e “Verso più fertili e delicati equilibri”, in cui viene preso in esame il periodo da Tangentopoli alla discesa in campo del leader di Forza Italia.

Tra le informazioni presentate nel libro spicca quella del primo tentativo di creazione di televisioni private che, si badi bene, non risale alla metà degli anni Settanta, bensì agli albori della nascita della televisione. Sono gli anni Cinquanta: Milano si sente esclusa dalla leadership romana sulla tv, legata al potere politico. Per questo ecco i primi fautori del servizio privato a Milano: nel 1957 nasce Televisione Libera (TVL), società per azioni che vede il gotha dell’imprenditoria, della finanza e della politica milanese per i capitali e di know how statunitense per quanto riguarda la fornitura degli impianti e di alcuni programmi. Ma questa non è l’unica iniziativa: c’è anche Tempo – TV, di Renato Angiolillo, direttore del quotidiano Il Tempo, che dovrebbe coprire, con il suo segnale, Lazio, Campania e Toscana, mentre a Napoli Achille Lauro pensa a una tv per il Sud. Tutto questo sulla base di precedenti europei, come quello che autorizza, nel 1955, la nascita nel Regno Unito della tv commerciale ITV (Independent Television). Ma dopo varie vicende e prima che possano cominciare le trasmissioni la storia si conclude con una sentenza della Corte Costituzionale del 1960 che riafferma il monopolio della Rai.

A differenza di altre opere che si occupano di comunicazioni di massa, che citano soprattutto testi, dalle note a margine di Storia delle televisioni in Italia risulta un notevole utilizzo, come fonti, di quotidiani e di riviste specializzate, prime tra tutte Problemi dell’informazione e Prima comunicazione. “Un lavoro gravoso, alle cui spalle ci sono circa dieci anni di ricerca, afferma Irene Piazzoni. Per esempio il periodo della formazione delle tv private negli anni Settanta per la mancanza di archivi e documenti aperti si ricostruisce molto bene con il materiale a stampa, anche se questa è una fonte che va maneggiata bene.”

Il climate of opinion degli studi mass mediologici afferenti alle varie epoche non è stato, sempre per la Piazzoni, sufficientemente equilibrato, in quanto caratterizzato soprattutto da tendenze apocalittiche, specie per il periodo berlusconiano, in cui molti hanno gridato al golpe mediatico, in primis da sinistra.

“Il mondo della cultura italiana si pone su posizioni piuttosto arretrate per ragioni complesse, sostiene Irene Piazzoni. Negli anni Cinquanta – Sessanta lo era a maggior ragione: gli uomini di cultura si sentivano appartenenti a un’élite. Il sentirsi tali è avvenuto senza che gli intellettuali avessero strumenti adeguati per avvicinarsi al tema della comunicazione. C’è un momento felice negli anni Sessanta, con Umberto Eco, Tullio De Muro, la rivista Pirelli, le edizioni di Comunità, legate agli olivettiani, periodo in cui si lavora su vari piani, sociologico, semiotico, linguistico. Ci sono poi i contributi della Scuola delle Comunicazioni Sociali dell’Università Cattolica di Milano e gli studi di Francesco Alberoni con un approccio diverso dal mainstream, ma senza dubbio proficuo. Ma, se ci si pensa bene, non a caso questo momento è anche un periodo di grande slancio economico per il paese: proprio in quel momento gli intellettuali della cultura laica, cattolica, marxista si interrogano sul significato di cultura popolare, cultura per tutti, in un’ottica di mediazione che cerca di venire incontro a un pubblico medio.” “La mia sensazione, prosegue Piazzoni, è che negli anni successivi questa limpidezza si sia un po’ perduta per vari fattori: innanzitutto l’alta temperatura ideologica che caratterizza il dibattito culturale dal Sessantotto in poi, poi la crisi economica degli anni Settanta e quella della società in generale. In questi anni si ritorna a una polarizzazione tra cultura alta e bassa, in un ritorno al cinema d’essai o a qualcosa di profilo molto basso, mentre negli anni Sessanta c’era la commedia all’italiana, c’era il bestseller medio per tutti. E penso che gli anni Ottanta – Novanta non siano usciti da quest’ottica.”

“Per quanto riguarda Berlusconi, sostiene Irene Piazzoni, le norme antitrust sono il segno distintivo di una democrazia e in questo senso la nostra classe politica non si è dimostrata all’altezza del compito. Per ciò che concerne le teorie sul berlusconismo e quindi sul golpe mediatico, sul partito tv, che si concentra su un unico mezzo, la tv appunto, l’attenzione va posta invece su elementi più importanti. Nella attuale comunicazione politica addirittura si è ritornati al comizio, conta la famiglia. Il problema in tutte le campagne elettorali non è lo strumento, ma sono gli argomenti e le linee scelte. È la sostanza della proposta politica che dal 1994 ha vinto grazie a vari fattori: la fine della DC, il vuoto politico che si è creato al centro, la formazione di un aggregato sociale e ideologico che faceva riferimento a Berlusconi. Le tv semmai hanno rassicurato questo tipo di elettorato, non convinto, perché già lo era.”

Infine, nel libro grande rilievo, nella storia della tv degli anni Sessanta e primi anni Settanta è dato a Bernabei. Questo va in controtendenza con opinioni come quella di Massimo Scaglioni che assegna invece un ruolo fondativo a Filiberto Guala, amministratore delegato della Rai dal 1954 al 1956. “Guala gestisce la Rai per soli due anni, afferma Piazzoni, ed oltre a ciò Bernabei è più raffinato e più abile di lui nel portare a compimento il progetto della sinistra DC di una tv come agenzia culturale e di entertainment, capendo che tutto passava attraverso la qualità dei programmi. Si capisce ancor meglio la sua figura esaminando la sua dirigenza, dal 1956, a Il Tempo, prima dell’incarico in Rai. Questo giornale della DC, piuttosto bacchettone, grazie a Bernabei e ad altri suoi collaboratori che poi entreranno in Rai diventa interessante, riflette una grande apertura di orizzonti, guarda moltissimo anche al cattolicesimo francese di carattere molto più aperto rispetto al nostro ed è molto attento ai mass media nell’ottica di una cultura per tutti. Quella di Bernabei è una figura su cui è pesata l’ombra del lottizzatore, ma non va dimenticato che è stato guardato con attenzione da tutti, dai socialisti e anche dai comunisti. Poi Bernabei è importante per il momento in cui assume la direzione della Rai. È il periodo del centro sinistra, siamo in pieno boom economico. Una battuta d’arresto – Bernabei ha “portato avanti l’asticella” ma a un certo punto c’è un limite – si registra quando ci sono mutamenti politici, nel 1964, quando il centro sinistra ripiega perché si rumoreggia di colpi di stato, c’è il Presidente della Repubblica Segni che trama, l’opinione pubblica moderata conservatrice del paese guarda con sospetto alle trasformazioni, per non parlare della destra pura. La seconda fase del suo mandato è più problematica, più controversa, ma perché si muove in un contesto diverso dai primi anni Sessanta. Fanfani stesso, che è il suo referente, si attesterà su posizioni molto più moderate e si avvicinerà ai dorotei.”

Titolo: Storia delle televisioni in Italia. Dagli esordi alle web tv

Autore: Irene Piazzoni

Editore: Carocci

Pagine: 320

Prezzo: 19 €

Anno di pubblicazione: 2014



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