Egitto, elezioni e confusione istituzionale

Fino ad ora la transizione egiziana è sopravvissuta a una serie di sorprese legali, ma attualmente il paese deve affrontare una turbolenza giudiziaria che secondo Natahn Brown, professore di Scienze Politiche all’università Georges Washington, potrebbe condurre l’Egitto nel baratro della confusione.

Lo scorso novembre milioni di entusiasti elettori sono andati ai seggi per scegliere il nuovo Parlamento, eppure mentre inserivano la scheda nell’urna non sapevano ancora quale sarebbe stato il ruolo dell’organo che stavano eleggendo. Sei mesi dopo, quanti sabato 15 e domenica 16 giugno andranno a eleggere il successore del deposto presidente Hosni Mubarak si trovano nella stessa situazione, visto che nessuno ancora conosce i poteri che deterrà il nuovo raís.

Da quando il paese è in mano al Consiglio Supremo delle Forze Armate (Scaf) è stata sospesa la costituzione in vigore dal 1971 e l’Egitto si regge su una dichiarazione costituzionale provvisoria emanata dai militari e composta da sessantatre articoli tra i quali compaiono gli emendamenti approvati con un referendum popolare del marzo 2011. È per questo che molti, denunciando l’assurdità di votare per un presidente senza sapere quali saranno le sue funzioni, hanno deciso di boicottare le elezioni in corso.

A rallentare la redazione del nuovo testo sono state anche le difficoltà incontrate nella composizione dell’Assemblea Costituente. Questa battaglia ha toccato il suo apice lo scorso 24 marzo quando Saad El-Katatny, membro del partito islamista della Fratellanza Musulmana e Presidente dell’Assemblea del Popolo egiziana, ha annunciato la lista dei futuri redattori. La rosa dei nomi presentata da Katatny ha scatenato le critiche di quanti hanno accusato gli islamisti di voler monopolizzare il processo costituente. Il fatto che le critiche siano state numerose ed eterogenee ha costretto il parlamento a iniziare nuovamente la selezione dei costituenti. Proprio martedì le camere hanno cominciato a votare la nuova lista.

Ciononostante, non è escluso che anche questa volta il processo si blocchi visto che molti continuano ad accusare il Parlamento di non aver formato un’assemblea bilanciata. Tra questi si trova Alaa al Aswany, celebre intellettuale e scrittore egiziano, che ha declinato l’offerta di far parte della Costituente. “La nuova lista proposta non è diversa dalla precedente e almeno il 67% dell’Assemblea continua a essere nelle mani del partito della Fratellanza” ha spiegato Aswany. “Gli egiziani non si sentiranno rappresentati da questa assemblea perché è il risultato di un processo di negoziazione tra islamisti e gruppi civili. “Quello in corso è un tentativo di distruggere la rivoluzione” ha scritto su Twitter Mohammed El Baradei, l’ex segretario generale dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica che negli ultimi anni ha cercato di creare un fronte alternativo di matrice laica. A non essere convinta della nuova formazione è anche la Suprema Corte Costituzionale egiziana (SCC).

In mancanza di una vera e propria fonte di diritto, dalla caduta del presidente Mubarak molte importanti decisioni sono state prese dal Consiglio di Stato, un organo che ha giurisdizione in casi in cui lo Stato è un soggetto in causa. È stata questa istituzione a dissolvere il partito Nazionale Democratico del vecchio presidente e a costringere la maggioranza parlamentare in mano agli islamisti a creare una nuova Costituente tramite un processo più consensuale.

Inoltre, all’inizio dell’anno il Consiglio si è rivolto alla SCC per mettere in discussione la costituzionalità della legge con la quale è stato eletto il parlamento. Secondo un sistema misto, gli elettori egiziani hanno ricevuto due schede. Nella prima, utile per determinare i due terzi del deputati, gli elettori hanno indicato la lista preferita. Nella seconda, usata per eleggere il terzo dei parlamentari rimanenti, gli elettori hanno indicato solo il nome di un candidato individuale. Gli aspiranti parlamentari che facevano parte di una lista potevano correre sia come membri di quest’ultima che come candidati individuali, mentre gli indipendenti che non si appoggiavano a nessun partito vedevano quindi ridotte le loro possibilità di essere eletti. “Nessuno ascolterà il Consiglio di Stato” diceva la settimana scorsa un membro della Fratellanza. Eppure sia nel 1987 che nel 1990 la SCC aveva sciolto il parlamento proprio dopo aver dichiarato anticostituzionale la legge con la quale questo era stato eletto. “La situazione odierna è diversa. In passato il parlamento era un’istituzione debole e dipendente dal regime. Ora un eventuale scioglimento avrebbe implicazioni politiche più importanti” aggiungeva Nathan Brown. Eppure proprio giovedì la SCC ha accettato il parere del Consiglio, sciogliendo di fatto il parlamento.

Alla vigilia del ballottaggio presidenziale, gli egiziani hanno quindi appreso che dovranno recarsi nuovamente alle urne per eleggere nuovamente il parlamento. Quanti fanno fatica a districarsi in questa confusione istituzionale continuano a esprimere la loro rabbia contro la candidatura di Shafiq, mentre i più esperti ricordano che prima ancora di aggiudicarsi la presidenza, l’esercito si è assicurato il potere legislativo, riservandosi anche la possibilità di redigere la nuova costituzione. Secondo un decreto emanato dal ministero della giustizia mercoledì sera, fino a quando la nuova carta non sarà in vigore i militari potranno arrestare chi sarà accusato di “creare disordini”.

Immagine di nickbygon

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