COSE DELL'ALTRO MONDO

Riccardo Cristiano

Giornalista e scrittore

Se tra Vaticano e Cina Trump diventa “il facilitatore”

Che la Santa Sede persegua con attenzione e determinazione il raggiungimento di un accordo religioso con la Cina non è un mistero per nessuno. Tanto papa Francesco che il suo segretario di stato, cardinale Pietro Parolin, sanno benissimo quanto sia vitale per il futuro della Chiesa trovare una strada che mantenendo le prerogative di Roma salvaguardi anche quelle oggi irrinunciabili per Pechino: un accordo di questo tipo sarebbe un balzo in avanti di secoli per la Cina, e la lunga storia occidentale tra papi e imperatori ci conferma che non solo sarebbe proficuo per la Chiesa, ma anche che non ci sarebbe nulla di strano. A guadagnarne sarebbero solo i cattolici cinesi, nell’immediato; e il mondo nel medio periodo.

Chi ritiene invece che la religione cristiana si definisca nell’essere “contro” Pechino e il suo regime si oppone a questo sviluppo. E poco stranamente trova sostegno in chi ritiene che la religione cristiana si definisca nell’essere “con” altri regimi, o poteri. Qui abbiamo una rappresentazione di quello che è il vero, nuovo conflitto globale: da una parte i sostenitori di “chiese nazionaliste”, alleate di “governi nazionalisti”, etnicisti, che hanno bisogno dell’identitarsimo che solo un’alleanza trono-altare può dare, con gerarchie che in cambio di simboli difendono visioni che nulla hanno a che fare con la sacralità di ogni essere umano, ma con il primato dell’etnia, della nazione, in nome di “Dio, patria, famiglia”.  E’ il cesaropapismo, che si è diffuso a macchia d’olio da certi patriarcati orientali, non solo moscoviti, in America e ora in Europa.

Dall’altra parte ci sono papa Francesco, il suo segretario di stato e i fautori di una universalità che è cattolica per definizione e che quindi non può che passare per la difesa dei diritti di cittadinanza, in Oriente come in Occidente, e per il disgelo con Pechino. Un disgelo che oggi, in tempi di guerre commerciali, potrebbe salvarci da altre, successive guerre.

In questo senso possiamo capire la nuova nuova frontiera cinese del Vaticano come la nuova frontiera di chiunque difenda il pluralismo contro i fautori di “costantinismi nazionalisti” capaci di farci arretrare di secoli nel giro di poche settmane, quelle che arrivano.

Ecco allora che leggere su un giornale ufficiale cinese della possibilità di un viaggio di papa Francesco in Cina colpisce, deve colpire, non può che colpire. Forse Trump, involontariamente, ha fatto da facilitaore. La sua politica aggressiva nei confronti di Pechino potrebbe aver aiutato chi a Pechino ha capito che aprisi, soprattutto oggi, serve a Pechino, gli serve come il pane in tempi di fame. Inutile sognare, ma leggere quel che si scrive e che viene detto non certo per caso su giornali ufficiali fa bene.

La salvaguardia dell’epoca della divisione tra stati e altari oggi passa da San Pietro: il mantenimento di un mondo plurale, di un dialogo tra civiltà, tra culture e religioni, altrettanto. La deriva identitarsita si avverte, si percepisce ormai a livello planetario e se la Santa Sede davvero potesse presentare in questi tempi una riprova che credere nel dialogo è un rischio che a volte dà frutti sarebbe cruciale per tutti noi.

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