“Se ti chiami Mohamed”. Il dramma dell’immigrazione si fa fumetto

Da Reset-Dialogues on Civilizations

“Quando entri alla Renault, guardano come ti chiami. Se ti chiami Mohamed, ti mandano in catena di montaggio. Mohamed o Khémais, eh, è la stessa cosa!”

Per l’illustratore Jérôme Ruillier l’immigrato della nostra epoca è come un disabile. La sua vita è condizionata dall’impossibilità di essere come gli altri, la maggioranza, e dalle barriere create dalle differenze di cui è portatore. La diversità diventa così un handicap e rende difficile la convivenza con la comunità di appartenenza.

Ruillier ha sviluppato questo tema nel racconto a fumetto “Les Mohamed” (Sabarcane) in cui ricostruisce con semplicità e immediatezza la storia dell’immigrazione maghrebina in Francia dal 1950 a oggi, arrivato questo mese in Italia con il titolo “Se ti chiami Mohamed”, che inaugura la collana Altriarabi migrante de Il Sirente, con il patrocinio di Amnesty International Italia.

Il volume, tradotto da Ilaria Vitali, è basato sulla raccolta di testimonianze del documentario e del libro di “Mémoires d’immigrés di Yamina Benguigui, ma al lavoro della regista di origine algerina, Ruillier aggiunge la sottile, quasi invisibile, ma significativa, assimilazione del mondo dell’immigrazione a quello dei portatori di handicap. Bisogna andare a cercare nella sua vita privata per capire da dove nasca questa esigenza che risulta convincente.

Jérôme Ruillier, nato nel 1966 a Fort-Dauphin in Madagascar, ha studiato all’Istitut d’Arts Décoratifs di Strasburgo e ha scritto libri per ragazzi, ha una figlia portatrice di trisomia 21, anomalia genomica più nota come Sindrome di Down, della quale racconta la nascita nel suo precedente graphic novel “Le cœur-enclume”, pubblicato sempre da Sabarcane.

“Mia figlia fa la stessa esperienza degli immigrati: ha difficoltà di integrazione e si sente differente – dice l’illustratore -. La differenza è il vero tema del mio libro. Quello che mi interessava raccontare era la paura dell’Altro, del diverso da se’”. E ci è riuscito egregiamente e con la forza che hanno i reportage a fumetti, capaci di parlare a tutti con la potenza dell’immagine simbolica che richiama il mondo dell’infanzia.

I personaggi, che Ruillier chiama “teste di orso”, sono animali indefiniti. “Operano come simbolo – spiega l’autore. Sono una specie di maschera che pone una distanza, una sorta di neutralità e anonimato, che consente l’identificazione e un po’ di complicità tra il lettore e i personaggi”.

La scelta stilistica di rappresentare i protagonisti come animali antropomorfi avvicina il suo lavoro a capolavori come “Maus” di Art Spiegelman che ha raccontato l’Olocausto per immagini.

I protagonisti della storia sono i tanti “Mohamed” arrivati in Francia da Algeria, Tunisia, Marocco per lavorare nell’edilizia, in fabbrica, in miniera, e le loro vicende mostrano un mondo di aspettative e di sogni, di rapporti e di disagi ancora attuali. Razzismo, esclusione sociale, solitudine, ingiustizia e miseria sono problematiche presenti in molte delle storie narrate di fianco ad altri temi centrali e costanti come la ricerca identitaria, il bisogno di convivenza, il desiderio di mantenere un legame con il Paese d’origine.

“Il clima nauseabondo creato da alcuni partiti politici e l’abuso di stereotipi mi ha fatto venire voglia di cominciare questo lavoro sulla storia dell’immigrazione maghrebina che fa integralmente parte della storia della Francia – spiega il disegnatore. Quello che mi ha interessato particolarmente del tema è l’uso di “capri espiatori” per scopi elettorali. Ho sentito, inoltre, il bisogno di confrontare l’immaginario con la realtà”.

Con i suoi disegni Ruillier ci porta nelle case dei maghrebini, vicino ai loro sentimenti più intimi, e ci mostra le loro preoccupazioni. Ci sono i padri che non vogliono far vedere ai figli la sofferenza della migrazione (“Non voglio che portino rancore. Voglio che diventino buoni cittadini”). Ci sono le madri impegnate a insegnare alle figlie lo studio, la libertà e la bellezza (“Sono rimasta tutta la giornata a guardare delle cose così belle che mi facevano male gli occhi”). E infine ci sono i figli e le figlie, costretti a vivere in bidonville e case provvisorie, tra fango e rifiuti, impegnati a rivendicare le umiliazioni subite dai genitori e a lottare per l’eguaglianza e contro il razzismo come nella celebre marcia dei beurs del 1983.

Con i loro racconti Ruillier sa commuoverci usando un linguaggio semplice e naturale, ma incisivo e profondo. “Noi figli del Maghreb periferico – dice uno dei personaggi –, abbiamo proprio bisogno di rivedere i valori basilari della psicanalisi. Nel mito di Edipo bisogna uccidere il padre, ma noi, invece, dobbiamo farlo rivivere. È stato ucciso socialmente dal Colonialismo, dalle guerre, dall’immigrazione. Invece di ucciderlo, è compito nostro, di noi figli, farlo rivivere, fargli risollevare la testa, che stia dritto e fiero come quando si faceva fare una foto nel suo bel completo, per inviarla alla famiglia rimasta al paese e rassicurarla”.

“Non ho legami particolari con la storia del Maghreb, a parte che mio padre ha fatto la guerra di Algeria, ma sono stato fortemente attratto dalle testimonianze raccolte da Yamina Benguigui – racconta Ruillier. Lei riesce a dar voce alle persone, a mettere gli esseri umani dove altri mettono i numeri”.

“Les Mohamed”, che nel 2012 ha ottenuto il dBD Award per il miglior fumetto reportage, conferma la potenza evocativa dei graphic novel, adattati a raccontare qualsiasi storia, e al momento d’oro che vivono attualmente anche in Italia, basta pensate all’inedita candidatura al Premio Strega di quest’anno di “Dimentica il mio nome” (Bao Publishing) di Zerocalcare.

Vai a www.resetdoc.org

Titolo: Se ti chiami Mohamed

Autore: Jérôme Rouillier

Editore: Il Sirente

Pagine: 160

Prezzo: 20 €

Anno di pubblicazione: 2015



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