Proteste anti-corruzione in Russia:
un risveglio della società civile?

Da Reset Dialogues on Civilizations

Le recenti proteste anti-corruzione in Russia hanno acceso un barlume di speranza in molti osservatori, specialmente in coloro che vedono il sostegno alla società civile come strumento di pressione per una trasformazione politica e per combattere la guerra di informazione di Mosca.

Il leader dell’opposizione Alexey Navalny – che ha organizzato le proteste del 12 giugno e la cui notorietà è dovuta ai suoi documentari sulla corruzione statale – è spesso dipinto come l’ultima (o unica) speranza della Russia.

Leader carismatico, Navalny ha dimostrato di essere un elemento di diversificazione nel panorama politico russo e di poter offrire – forse – un’alternativa alla leadership di Putin. A un’occhiata più attenta, tuttavia, collegare le proteste guidate da Navalny a un generale “risveglio” della società civile che chiede un cambiamento di regime è fuorviante.

Flop della manifestazione a Mosca

La scelta del 12 giugno come data di mobilitazione contro l’establishment non è una coincidenza. In questo stesso giorno, noto come “giorno della Russia” den’ Rossii, nel 1990 sotto la presidenza di Boris Yeltsin, il Soviet supremo della Repubblica socialista sovietica russa – la più grande delle repubbliche dell’Unione sovietica – ha adottato una dichiarazione di sovranità sulla base del principio della separazione dei poteri. Il messaggio dietro questa data doveva essere chiaro: invitare i russi a chiedere con forza un nuovo corso della politica con tutte le premesse e l’entusiasmo dei primi anni ’90.

La manifestazione di Mosca doveva inizialmente avere luogo su Sakharov prospekt, ma all’ultimo momento Navalny ha scelto di spostare l’evento sulla via Tverskaya – dove si stava celebrando il giorno della Russia – sostenendo che il governo avesse fatto pressioni su delle compagnie locali affinché non fornissero il palco e gli allestimenti necessari. Questo spostamento last-minute e la sovrapposizione con l’evento del giorno della Russia, si è rivelato infelice nel bilancio della protesta. Lo stesso Navalny è stato arrestato e condannato a 30 giorni di carcere per aver spostato la manifestazione senza alcuna autorizzazione, mentre circa 700 persone non hanno avuto accesso alla Tverskaya.

Di conseguenza, la folla che si è radunata sulla via Tverskaya era solo parzialmente interessata alla protesta. In generale la voce dei manifestanti anti-corruzione è stata attutita dalla sovrapposizione con le lamentele contro i piani di lavori pubblici di Mosca e altre rimostranze relative alle elezioni locali del prossimo settembre.

Se è molto difficile stabilire fino a che punto le persone che hanno partecipato alla manifestazione abbraccino davvero la causa dell’anti-corruzione, dall’altro il numero significativo di arresti avvenuti non solo a Mosca ma anche in altre città russe – 900 a San Pietroburgo e altri 100 tra Nizhny, Tagil, Lipetsk, Tula, Tambov, Sochi, Kaliningrad e Vladivostok –  fa sicuramente luce sulle preoccupazioni delle autorità e l’intenzione di evitare che le proteste raggiungano un volume troppo ampio da diventare incontrollabile.

Navalny – niente di speciale

Nonostante il suo carisma, molti russi semplicemente non hanno fiducia in Navalny. Il 63% dei rispondenti in un recente sondaggio del Levada center, ha dichiarato che non voterebbe per lui alle prossime elezioni. La percezione generale è che Navalny manchi di idee concrete e abbia una conoscenza limitata della situazione economica attuale in Russia. Altri detrattori lo accusano di non aver fornito prove sufficienti alle accuse di corruzione contro l’ex presidente russo Dmitry Medvedev nel sul documentario investigativo.

Il movimento di Navalny ricorda alcune delle recenti tendenze populiste in altre parti del mondo: la base politica giovane, l’uso estensivo dei social network, le campagne per la “pulizia” della classe dirigente e, naturalmente, la lotta alla corruzione. La differenza, però, sta nel modo in cui questi sentimenti abbiano preso piede nella società russa, che storicamente è sempre stata scettica sul ruolo del singolo individuo nella formulazione di un cambiamento politico.

Precedentemente, né leader dell’opposizione, né gli attivisti della società civile hanno avuto successo nel mobilitare una società tendenzialmente apatica e disillusa. In generale, tentativi di indurre una trasformazione politica sono stati interpretati come perdite di tempo, perché secondo i russi nulla può realmente cambiare. Anche nelle cosiddette “democrazie occidentali”, a prevalere sono le logiche della politica di potenza e il singolo non ha voce in capitolo, contrariamente a quanto si crede.

Gran parte dei russi, infatti, resta disinteressata nei confronti della politica e non ha intenzione di essere coinvolta. Si potrebbe dire che ciò derivi dalle politiche che impediscono alla società civile di esprimersi – come la legge sulle ONG o gli ostacoli alle manifestazioni, giusto per dare qualche esempio.

Tuttavia, a parere di chi scrive, l’attitudine negativa dei russi verso il cambiamento trova le sue radici in una tendenza storica e specialmente nel timore che si ripeta l’esperienza dei torbidi anni ’90. Anche in assenza di restrizioni all’aggregazione, sembra difficile immaginare un coinvolgimento attivo dei russi verso il cambiamento.

Vero è che in tempi recenti i russi hanno espresso la propria frustrazione nei riguardi della corruzione statale. I dati del Levada Center rivelano un quadro piuttosto contraddittorio: da un lato, 2/3 dei russi sostiene che dopo il terzo mandato di Putin la corruzione sia aumentata in maniera significativa, dall’altro 27% degli intervistati ha fiducia nelle politiche anticorruzione del presidente, mentre il 45% considera la corruzione come un fenomeno endemico a cui non è possibile porre rimedio.

Di conseguenza, è difficile credere che questo sentimento e queste proteste possano da soli condurre a un cambiamento della verticale del potere.

Le opzioni del Cremlino

Si potrebbe sostenere che presto o tardi, la situazione dell’economia russa sarà talmente deteriorata da indurre le persone ad essere più assertive nelle loro richieste di cambiamento. Infatti, anche se l’economia russa è tecnicamente fuori dalla recessione (+ 0,3% PIL), la spesa privata è ancora molto bassa perché si tende a risparmiare di più in previsione di una nuova crisi economica e le prospettive di crescita – per quanto riguarda il reddito privato – non sono affatto positive.

Naturalmente, come tutti gli altri elettori, i russi sono preoccupati per il loro benessere. Fino a questo momento il Cremlino non ha fatto promesse circa una reale crescita economica e ripresa future. La sua narrativa, invece, ha puntato il dito contro un Occidente sanzionatore che vuole la rovina della Russia, e si è appellata allo spirito di sacrificio e di resistenza dei russi, ai quali questo depistaggio non è sfuggito. Secondo il Levada Center , circa il 61% dei russi si lamenta della copertura mediatica della politica interna, che è davvero trascurabile se si paragona a quella della politica estera (che occupa circa il 70% delle notizie) e non si fida delle notizie relative all’economia.

Per il momento la retorica anti occidentale del Cremlino si è dimostrata efficace e ha raccolto un consenso di massa. Per quanto questo meccanismo possa reggere non è dato sapere, specialmente perché la Russia sta dimostrando di padroneggiare tecniche avanzate di manipolazione dell’opinione pubblica.

Il Cremlino ha attualmente due opzioni per stroncare anche la possibilità di risveglio dell’opposizione: limitare Navalny e le sue proteste continuando ad accusare gli organizzatori di infrangere la legge, o pensare a un compromesso. Un compromesso in questo caso implicherebbe un decisivo rafforzamento delle leggi anti corruzione – di cui la legge di de-offshorizzazione è un primo tentativo – e dimostrare al popolo che il Cremlino presta orecchio alle rimostranze, o offrire a Navalny una carica politica in modo da tenerlo sotto controllo e manovrare le sue mosse.

Se nel breve periodo queste proteste non pongono nessuna minaccia credibile alla rielezione di Putin, stessa cosa non si può dire nel lungo periodo. Data l’innata resistenza dei russi al cambiamento politico, molto dipenderà da come il Cremlino deciderà di rispondere alle proteste e dall’abilità di disegnare un percorso di ripresa e sviluppo per tutti i cittadini russi, principalmente preoccupati dalle condizioni attuali dell’economia e del proprio benessere più che del confronto con l’Occidente.

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