Anna e Yusef, una fiction RAI
racconta l’Italia multiculturale

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Immigrazione, Primavera Araba, barconi verso le coste della Sicilia, caporalato, decreti di espulsione: ci sono tutti gli elementi della stringente attualità nelle mini serie tv “Anna e Yusef – un amore senza confini”, di Cinzia TH. Torrini appena andata in onda su Rai Uno, lunedì e martedì sera. Ma non mancano neanche gli ingredienti tipici del feuilleton: la storia d’amore, l’eroe e l’eroina, il cattivo e la cattiva, gli intrighi familiari e il colpo di scena finale.

Un uomo e una donna: lui un giovane tunisino, bello e colto, affettuoso padre di famiglia e ingegnere di buone speranze; lei altrettanto bella (il volto è quello ben noto di Vanessa Incontrada), amorevole, devota e innamorata; pronta a sfidare famiglia, convenzioni sociali e una certa, serpeggiante diffidenza nei confronti del suo compagno.

Anna e Yusef si trovano ad affrontare una serie di questioni che porteranno lui a essere espulso – a causa di uno scambio di persona – e lei a seguirlo in Tunisia dove incontra un’altrettanta ostilità da parte della ricca famiglia del compagno. A fare da cornice il caos della Rivoluzione dei gelsomini.

Il tema, anzi i temi sono scottanti; l’estetica e lo stile narrativo, invece, particolarmente rassicuranti. Forse sarebbe stato difficile (o sconsigliato) portare nella prima serata del primo canale tv nazionale, dopo il gioco dei pacchi, i “brutti, sporchi e cattivi”.

Quel che è certo è che la mini serie, nonostante parecchi elementi eccessivamente semplificatori tanto da essere stranianti (ultimi, solo in ordine temporale, sono l’immagine del ponte costruito dall’ingegnere, simbolo e stereotipo al tempo stesso, e la dedica a fine film per tutti coloro che “hanno tentato di costruire il proprio ponte e non ce l’hanno fatta”), alcune corde le ha toccate; così almeno pare ad andare a leggere alcuni dei commenti della rete. E quello che è ancora più certo è che il livello di coinvolgimento del pubblico, a parte coloro che si emozionano solo per il polpettone amoroso e per le sorti dei due bei protagonisti (Romeo e Giulietta postmoderni che rischiano di perdersi per sempre quando il destino si accanisce e fa credere a lei che lui sia morto, spingendola a compiere così scelte pericolose, avventate e poco realistiche), rimane al momento quello di pancia, supportato da alcune testate più o meno ufficiali (si va da Libero a Imola Oggi) che della battaglia contro l’immigrazione hanno fatto una bandiera.

C’è chi sostiene che “Ogni volta che vedo la pubblicità di Anna e Yusef è come se vedessi la Boldrini o la Kyenge…. divento talmente irresponsabilmente irascibile” o chi oppone che se “l’intento della serie è quello di far commuovere…. Io ho visto l’illegalità della clandestinità …. Ho visto case occupate abusivamente ed extracomunitari fare da padroni nelle città italiane !!!!… Insomma, questa serie per me ha sortito l’effetto opposto rispetto a quello che voleva far vedere !!!!!”.
Lo spot per l’invasione in prima serata” o la “propaganda ai matrimoni misti tramite il solito indottrinamento multietnico” sono in generale i temi che vanno per la maggiore.

C’è chi poi mescola un po’ di cronaca e di politica internazionali con un po’ pizzico di stereotipi, conditi di confusione: “Un amore senza confini ditelo all’italiana che dopo aver sposato un arabo ed essersi trasferita in Arabia Saudita, è stata ripudiata dal marito che le ha sequestrato il passaporto, impedendole di tornare in Italia. Ditelo alle tante donne europee a cui i mariti musulmani hanno sottratto i figli. Ditelo alle tante bambine schiave sessuali dell’ISIS” o chi avverte: “Non esiste integrazione con chi pretende di essere sempre nel giusto e ti costringe a fare ciò che vuole lui.. Attente, ragazze italiane, informatevi dalle donne che hanno sposato uomini stranieri e di religione diversa!“.

Qualcuno, invece, coglie il messaggio positivo: “…rispecchia la realtà come è realtà la cattiveria degli scafisti, prendendosi gioco di questa povera gente che fugge dal proprio paese per salvare la loro pelle e quella dei propri figli, lasciando gli affetti nel proprio paese”; “è un messaggio a chi vive di pregiudizi…..”.

Quando il cinema, la tv o la finzione narrativa eleggono certe porzioni di realtà a propria fonte d’ispirazione vuol dire che il mondo della cultura, la società e l’opinione pubblica forse stanno iniziando a metabolizzarla e che il presente si sta trasformando in storia. Basti pensare al tabù sulla Guerra in Vietnam che Hollywood ha superato in maniera definitiva solo alla fine degli anni ’70. Se questo è vero, e se sono rappresentative le reazioni come al solito polarizzate della rete di fronte alla fiction di Rai Uno, significa che in Italia il processo di digestione sull’interculturalità, l’integrazione e sulle migrazioni sta vivendo probabilmente le sue fasi iniziali.

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