Una ‘ripresina’, per Confindustria.

Il Sole 24 Ore: “’Ripresa più vicina, ridurre il cuneo’”. Si parla del rapporto del Centro studi Confindustria, che rivede al rialzo il Pil per quest’anno (-1,6 per cento) e 2014 (+0,7) , ma parla di “tasse a livelli record”. “Saccomanni: su spread pesa il rischio politico”. “Squinzi: situazione preoccupante, ora stabilità, 4-5 miliardi per tagliare il carico fiscale”. Di spalla: “Letta: l’incertezza può costare miliardi per imprese e famiglie. ‘In un attimo si possono rovinare i sacrifici fatti da tutti gli italiani’”.

 

Il Corriere della Sera: “Gli industriali: aiutare la ripresa. E Lupi chiede al Tesoro risorse per le grandi opere. Per le imprese crisi superata a fine anno. Redditometro, come comportarsi in caso di accertamenti”. A centro pagina: “Decadenza, tregua già rotta. Alfano: Berlusconi non lascia”.

 

La Stampa: “Letta: l’instabilità costa miliardi. La Ue: ormai siamo vicini a tornare a crescere, possiamo essere fiduciosi. Saccomanni: paghiamo ancora l’incertezza politica. Confindustria vede la ripresa, stop al calo del Pil. Renzi: stabilità, non immobilismo. Berlusconi, scontro sui tempi in Giunta, oggi mediazione. Grillo: via i ladri, si voti”. In alto, sulla Siria: “La Francia ad Assad: hai due settimane per consegnare i gas.Mosca dà agli Usa il suo piano di disarmo. Obama, sì al dialogo ma pronti al raid”. A centro pagina una grande foto dell’ “italiano che piace agli afroamericani di NY”, Bill De Blasio. “Sostenuto anche dai Clinton, ha vinto le primarie democratiche per il sindaco di New York”.

 

La Repubblica: “Berlusconi, ultimo scontro. Alfano: non si dimetterà. Renzi: il premier pensa alla seggiola”. “Braccio di ferro in Giunta sulla decadenza. Pd: voto entro martedì. Il sindaco: la durata del governo è un tic andreottiano”. Di spalla il quotidiano offre la risposta di Eugenio Scalfari alla lettera di Papa Francesco a La Repubblica: “Il coraggio di Papa Francesco che apre alla cultura moderna”. A centro pagina: “Confindustria vede la ripresa. Letta: la crisi ci costerebbe cara”.

 

Il Giornale: “’Berlusconi resterà in campo’”. La dichiarazione è attribuita al vicepremier e segretario Pdl Alfano, ieri ospite della festa de Il Giornale “Controcorrente”: “Decadenza? La vicenda non è chiusa, ci sono modi per riolverla. Comunque vada il Cavaliere sarà il nostro leader. Siamo pronti: si torna a Forza Italia”.

 

L’Unità: “Il Pdl non sa più cosa fare. La battaglia in Giunta è ora sul calendario delle votazioni: tre giorni in più o in meno. Alfano: il Pd vuoel esibire una macabra coppa, Berlusconi non si dimetterà. Il Pd: così state danneggiando il Paese. Letta: l’instabilità ha costi pesanti per i cittadini”. A centro pagina: “Renzi a Letta: stabilità non è immobilismo. Il sindaco: il premier non pensi solo alla seggiola. ‘Mi candido perché il Pd è a rimorchio del Pdl’”.

 

Il Fatto quotidiano: “Prendono tempo per reclutare franchi traditori. Il rinvio del voto in Giunta sulla decadenza del Caimano, imposto dal quirinale con due telefonate al Pd, nasconde un piano ben preciso del Pdl: ingaggiare una quarantina di senatori, magari tra i 101 che impallinarono Prodi sulla via del Colle, per salvare l’ex premier quando l’aula del Senato si pronuncerà sul voto segreto”.

 

Libero: “Altro che far fuori il Cav. Le trappole nascoste del redditometro. Mentre l’economia va giù e le tasse crescono, si scopre che il fisco trasformerà gli amici in spie e renderà la vita impossibile ai conviventi. Ma il Pd ha in testa slo una cosa”. A centro pagina si parla della lettera di Papa Francesco a La Repubblica: “Francesco spiega la coscienza a Scalfari”.

 

 

Economia

 

Ieri il Centro studi di Confindustria ha diffuso i dati del suo rapporto annuale. Secondo il CsC “la ripresa è più vicina”, nel 2014 il Pil dovrebbe crescere dello 0,7 per cento, ma la pressione fiscale rimane a “livelli record”, essendo arrivata nel 2013 al 53,5 per cento (se si esclude il sommerso). Il Sole 24 Ore scrive che Confindustria chiede già dalla imminente legge di stabilità un intervento sul “cuneo fiscale”, che “oggi pesa sul lavoro e sull’impresa”. In un altro articolo il quotidiano di Confindustria scrive che la ripresa prevista nel 2014 non avrà ricadute positive sull’occupazione, perché la domanda ricomincerà a crescere solo nella primavera del prossimo anno.

In prima pagina Guido Gentili parla di “ripresina pallida, sostenuta solo dall’estero e dall’export, e non dalla domanda interna. Uno ‘zerovirgola’ che non risolve da solo alcun problema e che indica la necessità di una scossa forte per imprese , lavoro e famiglie”. I dati presentati ieri dal direttore del Centro Studi Paolazzi fanno “il conto di ciò che abbiamo perso dallo scoppio della crisi (2007) a giugno 2013: -8,9 per cento di Pil, -7,6 i consumi, -27,1 per cento gli investimenti, -7,2 l’occupazione, -25,1 la produzione industriale. Cifre da brivido, dietro le quali c’è un Paese pietrificato dal rigore senza crescita e dove risuona il campanello dello spread e dei tassi di interesse”.

 

Ieri il Presidente della Commissione Europea Barroso ha tenuto il suo discorso sullo “Stato dell’Unione” Ue, e nel corso del suo intervento – scrive Il Sole 24 Ore – ha rilanciato il progetto di Unione bancaria. Secondo Barroso “il rischio maggiore sulla strada della ripresa economica è politico. Il riferimento è sembrato ai difficili negoziati sull’unione bancaria ma anche alla instabilità in Italia e in altri Paesi, così come al pericolo di una affermazione dei partiti più estremisti ale prossime elezioni europee”. Barroso ha detto che la realizzazione dell’Unione bancaria è “fondamentale per la ripresa del credito alle imprese e alle famiglie” e per “concretizzare l’obiettivo prioritario della occupazione e della crescita”. Proprio oggi l’Europarmanento voterà sul “trasferimento della vigilanza creditizia dagli Stati membri alla Banca centrale europea”, dopo il raggiungimento di un accordo con l’istituto monetario sul fatto che quest’ultimo informerà i deputati del modo in cui avviene la sorveglianza creditizia. Il voto, scrive il quotidiano, è un passaggio cruciale, ma per completare l’unione bancaria molto rimane da fare.

 

Scilipoti

 

Su Il Giornale si dà conto della decisione della Procura di Roma di chiedere l’archiviazione del fascicolo aperto a carico di ignoti per istigazione alla corruzione nei confronti di Domenico Scilipoti e Antonio Razzi: un esposto di Antonio Di Pietro ipotizzava che i due politici avessero lasciato Italia dei valori in cambio di soldi o altri favori alla vigilia del voto di fiducia sul governo Berlusconi. In mancanza di un concreto passaggio di denaro, i magistrati hanno fatto notare che non è possibile valutare l’ipotesi della corruzione. Gli interessati, ascoltati dagli inquirenti, avevano spiegato che la decisione di cambiare partito (sono stati rieletti lo scorso 25 febbraio in quota Pdl) era maturata per ragioni strettamente politiche. Secondo i Pm, peraltro, in base all’articolo 67 della Costituzione, la scelta dei senatori non è sindacabile, poiché un eletto non ha alcun vincolo di mandato.

 

Siria

 

Scrive Umberto De Giovannangeli su L’Unità che oggi il ministro degli esteri russo Lavrov mostrerà, nel suo incontro a Ginevra con il suo omologo americano Kerry, le carte in tavola. Il governo russo attende questo incontro, che potrebbe durare due o tre giorni, prima di intraprendere nuove mosse alle Nazioni Unite. L’incontro di Ginevra sarebbe alla base della cancellazione della riunione del Consiglio di sicurezza Onu di martedì, richiesto proprio da Mosca. Ma la richiesta è stata ritirata per “mutate circostanze”. Ad irritare la Russia è stata soprattutto la menzione del capitolo 7 della Carta Onu nella bozza di risoluzione presentata dalla Francia. Esso prevede come ultima ratio la possibilità di usare la forza nel caso non vengano rispettati i dettami del documento, oltre che l’attribuzione specifica a Damasco dell’attacco con le armi chimiche del 21 agosto scorso. La bozza francese stabilisce in 15 giorni dall’approvazione della risoluzione il tempo massimo per la Siria per fornire l’elenco completo del suo arsenale chimico, nonché la loro localizzazione precisa e l’elencazione di tipo e numero delle armi. Obama ha deciso di rinviare il voto del Congresso ed ora la parola passa alla diplomazia per verificare se le aperture di Russia e Siria non siano fallaci. Ma la Casa Bianca, secondo quanto scrive L’Unità, non pone alcuna scadenza sulla risoluzione Onu. Lo si dedurrebbe dalle dichiarazioni del portavoce presidenziale Carney che, rimarcando che gli Usa non sono interessati alle tattiche dilatorie, ha ammesso anche che mettere sotto controllo internazionale le armi chimiche “ovviamente richiede tempo”.

La Stampa: “Disarmo, Parigi dà 15 giorni al rais, la Russia dice no”, “Mosca rilancia con un suo piano”. Si riferisce ancora delle parole di Carney, positive sulla svolta: “Per due anni Siria e Russia si sono opposte ad ogni concessione, ora il disarmo chimico è una strada positiva, il merito è della nostra scelta di minacciare la forza, serve una risoluzione garante di un disarmo credibile, immediato, verificabile”. Quindi per Obama, come per l’alleato francese Hollande, l’opzione diplomatico è il risultato delle minacce militari, e questo doppio binario deve riflettersi nella risoluzione Onu. Il Cremlino è su posizioni opposte, come si evince dalle dichiarazioni del presidente russo Putin a una tv russa. “La nostra proposta per il disarmo siriano – ha detto – può funzionare se gli Stati Uniti e tutti coloro che li sostengono rinunciano all’uso della forza, in quanto è difficile obbligare la Siria o qualsiasi altra nazione a disarmare unilateralmente sotto la minaccia di un attacco”. Di qui la scelta del ministro degli esteri Lavrov di definire “inaccettabile” la bozza francese, minacciando il veto per bloccarla. C’è quindi un testo russo, che Lavrov ha recapitato al Dipartimento di Stato ieri, basato sulla intesa con Assad, i cui dettagli restano al momento top secret. Sulla stessa pagina, in un altro articolo, si spiega che servono 75 mila uomini per smantellare l’arsenale: sono stime del Pentagono. Nel testo, secondo alcuni esperti americani, è che si ripeta una situazione simile a quella dell’Iraq dopo la guerra del 1991, con gli ispettori impegnati per anni in una caccia agli arsenali chimici di Saddam. Quanto al paragone con la Libia e il suo disarmo, uno dei supervisori di quella operazione del 2003, Paula de Sutter, spiega: “Allora però il colonnello Gheddafi decise di dichiarare praticamente tutto. Non credo che ciò si ripeterà in Siria”.

Anche sul Corriere della Sera, Guido Olimpio: “Smantellare l’arsenale? Una missione (quasi) impossibile”, “servirebbero centinaia di tecnici Onu. Tra le ipotesi: spedire i veleni in Russia affinché possano essere distrutti da ‘speciali inceneritori’”.

 

Due analisi sono dedicate al ritorno della Russia nel gioco geopolitico del Mediterraneo: Ferdinando Salleo su La Repubblica (“La strategia russa e la mossa del cavallo”) e Antonio Ferrari sul Corriere, “Lo zar Putin torna in Medio Oriente grazie alla crisi siriana (e a Obama)”. +

Scrive Ferrari: “In sostanza, la guerra che nessuno voleva, a cominciare da coloro che all’inizio l’avevano preannunciata (Usa, Gran Bretagna, Francia) probabilmente non si farà più”. E nel nuovo clima potrebbe essere rilanciata la possibilità di giungere finalmente a una conferenza internazionale per mettere assieme le parti in Siria, privilegiando i moderati ed escludendo gli estremisti.

Ferdinando Salleo scrive che “la mossa del cavallo della diplomazia russa” sembra prefigurare una “cornice complessiva dove, attorno alla soluzione siriana, si assestino i possibili protagonisti di un concerto mediterraneo, entro cui possa collocarsi anche la ripresa dei contatti e della trattativa nucleare con Teheran”.

Ancora su La Repubblica segnaliamo una analisi di Thomas Friedman: “L’Hitler mediorientale e il Churcill che non c’è”. Scrive Friedman che è impossibile immaginare una soluzione al conflitto siriano senza qualche forza esterna che invii truppe sul campo, essendo la Siria in preda ad un collasso statale e sociale, ed essendo essa una società multi-tribale e multi-confessionale. Serve quindi “una levatrice”, o “un Mandela”, o “un esercito che goda della fiducia della popolazione (all’egiziana) per arbitrare la transizione al nuovo ordine”. Ma non avendo la Siria né un Mandela né un tale esercito serve la levatrice esterna. La domanda che gli americani dovrebbero porsi è, secondo Friedman: “Ci sono migliaia di giovani musulmani moderati che vengono da ogni dove, perfino dall’Australia, per unirsi alle milizie jihadiste che combattono per creare uno stato islamista sunnita in Siria. Ma quanti giovani arabi e musulmani sono affluiti nel Paese mediorientale per combattere insieme agli elementi più decorosi dell’Esercito Libero Siriano per creare una Siria multiconfessionale, pluralista e democratica, cioé la Siria che speriamo e immaginiamo che nasca? Nessuno, a quanto si legge. Armi sì, ma non persone pronte a mettere in gioco la vita. Io sono felice che i leader dei Paesi del Golfo ci diano pubblicamente il loro sostegno (nella maggior parte dei casi sono dei moderati, nel contesto mediorientale) ma tutti sanno che in quegli stessi Paesi moschee e organizzazioni di beneficenza stanno finanziando i jihadisti”.

 

Egitto

 

Sul Corriere della Sera: “L’Egitto dei generali mette fuori legge oltre 40 mila imam”, “il governo vieta i ‘predicatori d’odio’”. Dove si spiega che il governo egiziano ha tolto ad un numero stimato tra i 40 mila e i 55 mila imam il diritto a predicare in moschea, dichiarando che devono chiedere e ottenere la licenza da istituzioni sotto supervisione governativa. E’ l’ultima tappa del giro di vite contro i sostenitori del deposto presidente Morsi. La nuova misura, annunciata lunedì scorso dal ministro per gli affari religiosi Mohamed Ali Gomaa e da lui spiegata come un tentativo di arginare “i fondamentalisti” sembra intesa a neutralizzare i predicatori che, nei sermoni, hanno continuato a parlare, più o meno velatamente, contro il rovesciamento di Morsi.

L’organizzazione Amnesty International stima che almeno 1000 membri della Fratellanza siano stati arrestati, e il governo stia valutando la dissoluzione del movimento, formalmente registrata da marzo come Ong. Molti sostenitori dei Fratelli Musulmani sembrano aver scelto la clandestinità, mentre altri hanno scelto la violenza, come dimostrano gli attacchi alle stazioni di polizia e le immagini – ampiamente trasmesse dalla tv di Stato – di individui mascherati armati di pistole in mezzo alle proteste. L’attacco ha poi scatenato vendette più radicali, come quelle che hanno dato alla fiamme le chiese e i jihadisti armati nel Sinai, che hanno ucciso decine di soldati e rivendicato l’attentato al Cairo contro il ministro dell’Interno Ibrahim. Molti egiziani, soprattutto in città, appoggiano l’esercito, ma episodi come il recente arresto di Haithman Mohamedein, avvocato socialista (rilasciato dopo due giorni) e la notizia, prima pubblicata dalla stampa locale e poi negata, che 35 noti attivisti laici sono sotto inchiesta, stanno portando anche diversi oppositori di Morsi a criticare le autorità

 

 

Germania

 

La Repubblica: “altro che noia”, scrive il corrispondente a Berlino in riferimento alle elezioni tedesche, previste per il 22 settembre. Il flop annunciato dei Verdi, che rischiano di attestarsi per la prima volta sotto il 10 per cento, sarà più importante che mai per tutta l’Europa. La loro immagine di partito “alternativo” è insidiata dalle scelte politiche compiute da altri partiti: la cancelliera Merkel ha ordinato la chiusura dei reattori dopo Fukushima, ha aperto alle coppie gay e alle coppie di fatto; i socialdemocratici chiedono più giustizia sociale per il popolo dei precari e dei mini-job; il primato dell’ambiente non lo mette in discussione più nessuno. E la Linke, quindi, potrebbe sorpassare i Verdi.

 

E poi

 

Su La Repubblica, alle pagine R2 cultura, attenzione per il festival di Babel che si apre oggi a Bellinzona: quest’anno è dedicato alla francofonia africana: “Gli scrittori della rivoluzione. Così la primavera araba diventa letteratura”.

 

Giuliano Amato è il nuovo membro della Corte Costituzionale. E’ stato nominato dal Presidente Napolitano, e sostituirà Franco Gallo, che termina il suo mandato il prossimo 14 settembre. Lo scrive il quirinalista del Corriere della Sera Marzio Breda, che ricorda che ora la Corte dovrà scegliere il nuovo presidente, al posto di Gallo.

 

Molti quotidiani si occupano del carteggio tra il Papa e Scalfari (oggi il fondatore de La Repubblica risponde al Papa).

Da segnalare Marco Politi, su Il Fatto quotidiano (“La fede laica di Francesco che abbatte tutti i muri”), Gian Enrico Rusconi (“Un nuovo sguardo tra laici e religiosi”), su La Stampa, Padre Antonio Spadaro (“Il cristianesimo non è una ideologia”), su L’Unità .

Il Corriere intervista il filosofo Salvatore Veca: “Ma il confronto può essere utile solo se autentico”.

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