Un sei politico per Atene

Il Corriere della Sera: “Passa la responsabilità civile dei magistrati”. “Tensione sulla Rai, no di Boldrini al decreto”.
Sulla responsabilità civile, Luigi Ferrarella spiega “insidie e paradossi della nuova colpa”.
A centro pagina: “Google, 320 milioni all’Italia”. “Accordo con Guardia di Finanza e Pm: pagherà le tasse per gli anni 2008-2013”. “I profitti della raccolta pubblicitaria nel nostro Paese venivano registrati in Irlanda e Bermuda”.
E poi: “Tsipras strappa un sì alla Ue, via alle riforme”. “Quattro mesi in più per il salvataggio”.
In prima anche un richiamo per lo scontro tra Zaia e Tosi: “‘Abominevole’, ‘miserabile’, Zaia-Tosi sul ring”.
A fondo pagina: “‘Sono stato umiliato, basta concerti'”. “Soldi in Svizzera, Gino Paoli lascia la Siae: fatto fuori perché scomodo, potrei anche picchiare”.

La Repubblica: “Giudici, chi sbaglia paga, scatta la nuova legge. L’Anm: è contro di noi”, “Via alla responsabilità civile. Mattarella: toghe né protagoniste né burocrati”, “Riforma Rai, Renzi sceglie il ddl: troppi dubbi dal Quirinale sul decreto”.
Ancora sulla politica italiana, “il caso”: “Salvini attacca Tosi: ‘O stai con Zaia o fuori dalla Lega’. La sfida veneta spacca il Carroccio”.
In evidenza una foto della direttrice del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde: “La Lagarde e i potenti del mondo: ‘C’è un complotto anti-donne’”. A raccontarlo è Federico Rampini.
A centro pagina: “L’Europa dice sì al Piano Tsipras. Ma Draghi e l’Fmi: deve fare di più”, “Ok a privatizzazioni e incentivi sociali. La Merkel: ritorno alla realtà”.
In prima anche un richiamo al retroscena di Federico Fubini: “’Rischio aiuti di Stato’. La bad bank che Roma prepara sotto tiro a Bruxelles”.
A fondo pagina un sondaggio della Fondazione Unipolis: “Giù l’indice di insicurezza, abbiamo sempre meno paura”.
E il caso di cui si occupa Stefano Bartezzaghi: “’Per favore ditelo in italiano’. La battaglia per arginare l’inglese”, “Troppo usato da enti e pubblicità? Linguisti divisi”.
Nella colonna a destra, un intervento del Premio Nobel Mario Vargas Llosa: “Non soffocate le nostre libertà, solo così si batte la Jihad”, “Le concessioni ai fanatici in nome del multiculturalismo un pericolo per l’Occidente”.

La Stampa: “L’Europa approva il piano della Grecia”, “Ma chiede più impegno sulle riforme: lavoro, evasione fiscale e privatizzazioni”, “Concessi quattro mesi di proroga e sette miliardi di euro di aiuti. La Borsa di Atene festeggia, i mercati tiepidi”.
Poi i richiami alle valutazioni in sede europea della nostra legge di stabilità: “Italia, legge di stabilità verso l’approvazione Ue”, “da Bruxelles promozione con qualche ombra. Ok riforme e tenuta dei conti del Tesoro”.
E, sulla riforma approvata ieri alla Camera sulla responsabilità civile dei magistrati: “Responsabilità civile dei magistrati, si cambia”, “Orlando: ‘I cittadini saranno più tutelati’. Ma l’Anm: ‘Norma contro le toghe”.
A centro pagina, grande foto di Sergio Mattarella, ieri in tram con il sindaco di Firenze Nardella: “Il Presidente della Repubblica viaggia in tram”, “Mattarella a Firenze sceglie i mezzi pubblici per non cerare problemi al traffico”. “Uno stile imposto dai tempi” è il titolo del commento di Ugo Magri dedicato a questo tema.
Di spalla a destra: “Siria, assalto dell’Isis: rapiti 90 cristiani”.
E un’analisi di Roberto Toscano: “E ora l’Iran diventa (quasi) un alleato”.
Ancora nella colonna a destra, un intervento di Alberto Oggé sul caso Eternit: “Perché difendo la nostra sentenza di condanna”.
A fondo pagina: “E gli sceicchi ci portano via pure le estati Mundial”, “Ormai è certo: i campionati mondiali di calcio del 2022 in Qatar si giocheranno d’inverno”. Di Massimo Gramellini.

Il Sole 24 Ore: “Sì dell’Europa al piano di Atene”. “Tsipras convince l’Eurogruppo: aiuti prorogati di quattro mesi”. “Draghi: restano lacune”. “Merkel: la Grecia torna alla realtà”.
“La Borsa greca vola (+ 9,8 per cento), tassi e spread in calo dall’Italia alla Spagna”.
Di spalla: “La responsabilità civile dei magistrati è legge. L’Anm attacca: è contro di noi”.
A centro pagina: “Hitachi conquista Sts e Breda”. “Ai giapponesi le attività ferroviarie di Finmeccanica: deal da 1,9 miliardi con Opa obbligatoria”. “Moretti: lavoro e investimenti garantiti. Moody’s: operazione positiva”.

Il Giornale: “Il Pd riesuma i Soviet”. “Bersani vuole che la politica dica sì o no alla vendita di Rcs Libri a Mondadori”. “La Boldrini cerca di bloccare la riforma Rai”. “Passa la responsabilità civile delle toghe”.
A centro pagina: “Secessione nella Lega, Tosi quasi fuori”. “La guerra fratricida del Carroccio veneto”. E poi: “La Corte dei conti smaschera il bluff del bonus da 80 euro: annullato dalle tasse”.

Il Fatto: “Indovina chi c’era a cena. Renzi nasconde chi lo finanzia”, “Dopo le kermesse di novembre a Milano e a Roma con Buzzi & C. (che fruttarono al Pd 1,5 milioni), il leader aveva promesso: ‘Tutto trasparente, avrete la lista di chi ci sostiene’. Ma a Montecitorio il tesoriere ha comunicato solo 15 donazioni, di cui 8 senza nome. Totale: circa 100 mila euro. E il resto?”.
Sull’approvazione della legge sulla responsabilità civile dei magistrati: “Giustizia, la prima legge di Matteo: per punire i giudici”.
A centro pagina: “Vitalizio ai condannati: lo scandalo alla Camera”, “La Boldrini esce dall’ambiguità in tv: ‘Inaccettabile pagare pregiudicati per mafia e reati gravi’. Oggi si riuniscono i questori di Montecitorio e Palazzo Madama, che però già dicono: ‘Non si può abolire un diritto acquisito, la Consulta potrebbe bocciarci’”.
E un capitolo denominato “Sprechi all’italiana”: “Rai 300 mila euro al film della cricca in tv solo una volta”, “’Il sole nero’ è stato prodotto dalle famiglie Anemone e Balducci, è andato in onda all’una di notte ed è stato visto da 56 mila persone”.
Poi una foto dell’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno e il titolo: “L’Atac di Alemanno: consulenti, cene, lavanderie e kleenex”, “ispezione Ragioneria: 28 irregolarità tra assunzioni a raffica, incarichi esterni e sponsorizzazioni”.

Grecia

La Stampa, pagina 2: “Grecia, l’Europa dice sì agli aiuti. ‘Ma ora servono più impegni’”, “Via libera con riserva al piano da 7 miliardi di euro: scongiurata la bancarotta. Draghi: ‘È un buon punto di partenza’. Ma per il Fondo monetario non basta”. Scrive il corrispondente da Bruxelles Marco Zatterin che è stato “un sei politico” quello delle tre istituzioni un tempo chiamate troika, ovvero Bce, Ue e Fmi, per quella che è un’ambiziosa lista della spesa priva di numeri, un giudizio di incoraggiamento segnato da dubbi ragionevoli che imporranno verifiche sino a giugno, tempo nel quale Atene vorrebbe negoziare un nuovo bailout, il terzo. “Non ci sono proposte concrete su crescita e stabilità finanziaria, fatto comprensibile dato il tempo a disposizione”, ha detto Mario Draghi”, aggiungendo che “però è una base evidente per proseguire nella revisione del piano e pensare ad intese future”. Insomma, scrive Zatterin, si è deciso di non stangare il giovane governo greco, di dargli ossigeno e sperare che serva. La formula concordata fra le tre istituzioni è che l’elenco da 7 miliardi spedito da Atene è “sufficientemente ampio per essere un valido punto di partenza per una revisione positiva del programma”. La frase conclusiva scritta dai ministri dell’Eurogruppo ieri è diplomatica e ricca di significati: “Chiediamo alle autorità greche di sviluppare ulteriormente e ampliare la lista delle riforme, basandosi sugli accordi in vigore, e in piena intesa con le ‘istituzioni’”. Il piano del governo greco, sintetizza Zatterin, parte con la riforma dell’Iva e della tassazione collettiva, dal consolidamento dell’agenzia delle entrate, dall’impegno al riequilibrio del bilancio, la riforma della pubblica amministrazione e una spending review che corregga una situazione in cui solo il 44% della spesa riguarda salari pubblici e pensioni. Questo introduce un’offensiva verso i baby-pensionati e un approccio più contributivo per i vitalizi. C’è poi la lotta alla corruzione, il taglio dei ministeri da 16 a 10, quello dei fringe benefit e i fondi della politica. Avanti poi con privatizzazioni e riforma del lavoro e del catasto e interventi contro la povertà. Per ora nessuna traccia della ventilata tassa patrimoniale. Alla pagina successiva, il reportage da Atene di Roberto Giovannini: “I greci mugugnano ma poi l’80 per cento dà fiducia a Tsipras”.

Il Fatto: “Via libera della Ue, Atene respira 4 mesi”, “La ricetta di Tsipras: riduzione dei ministeri a 10 (da 16), taglio di consulenti e benefit, riforma dell’Iva, lotta a evasione e corruzione. Addio salario minimo e stop privatizzazioni”. Scrive Carlo di Foggia che il documento presentato dal governo greco “fa marcia indietro su quasi tutte le promesse elettorali di bloccare le privatizzazioni (almeno quelle già avviate), incrementare le spese per il welfare ed elevare il salario minimo, e si impegna a consultare i partner prima di qualsiasi modifica”.
Di fianco: “Dopo la sconfitta europea, dentro Syriza parte la resa dei conti”, “La minoranza costringe il premier a convocare il comitato centrale. Alexis ora è sotto accusa”.

La Repubblica: “Sì dell’Eurogruppo ad Atene, ma sul piano di riforme molti dubbi da Fmi e Bce”, “Patrimoniale e Iva, spending review e pensioni posticipate. La Merkel: ‘Non è finita ma almeno il governo torna alla realtà’”.
Il reportage da Atene è firmato da Ettore Livini: “Ora la partita più difficile per Tsipras, riconquistare la Grecia”, “Il premier risponde ai delusi: non vinciamo in Europa con la forza ma con la strategia”. L’articolo suddivide in capitoli le riforme presentate: dalla guerra agli evasori, al condono (che dovrebbe garantire 2,5 miliardi di entrate permettendo di scadenzare in 100 rate gli arretrati con l’erario, privilegiando le famiglie più povere e penalizzando i grandi evasori), dalle privatizzazioni (escludendo una marcia indietro su quelle già avviate come quella del Pireo e degli aeroporti) alla lotta alla corruzione, dai tagli al finanziamento pubblico ai partiti all’abolizione dell’immunità parlamentare. Il documento non fa riferimento a privilegi fiscali per Chiesa ortodossa e armatori.
Di fianco, si riferisce dell’appello del ministro delle Finanze tedesco Schaeuble ai deputati tedeschi che dovranno approvare la piattaforma di negoziato con la Grecia: “Appello di Schaeuble ai democristiani tedeschi: ‘Approvate l’accordo’”. “Si temono gli umori degli euroscettici del Bundestag”, scrive Andrea Tarquini da Berlino.

Sul Corriere “Cosa resta (e cosa no) delle promesse” di Tsipras. Non ci sarà l’annunciata – in campagna elettorale – riassunzione delle migliaia di dipendenti del pubblico impiego licenziati, l’aumento del salario minimo, l’aumento delle pensioni minime. La sanità pubblica per tutti ci sarà, ci saranno tariffe dell’elettricità annullate per i più poveri, ci sarà la difesa dei disoccupati dagli sfratti.

Su La Stampa, un’intervista al deputato della minoranza Dem Stefano Fassina, che dice: “Per sopravvivere devono uscire dall’euro”, “Questa strada non è più sostenibile. E’ un problema che deve porsi anche il nostro Paese”.

Sul Sole, Adriana Cerretelli scrive che non poteva esserci che un via libera di Bruxelles “dopo la conversione forzosa di Alexis Tsipras al realismo”. Ma Tsipras non è stato “non è stato folgorato sulla via di Bruxelles”, perché la sua svolta non è stata “per convinzione”, ma solo perché non poteva fare altrimenti. “La Grecia di Tsipras ha malinconicamente issato bandiera bianca sulle proprie ambizioni politiche per evitare fallimento finanziario e uscita dall’euro. Ma ora ha davanti un nuovo dilemma: come coniugare la scelta di una partnership europea disciplinata e responsabile con il controllo della base del partito Syriza in aperta rivolta contro il premier”. Cerretelli ricorda che il parlamento greco – come quelli di Germania, Olanda, Austria, Finlandia, Slovacchia ed Estonia – dovrà approvare il programma di estensione degli aiuti, e “la maggioranza di 162 deputati che sostiene il governo di Atene potrebbe perderne 31 per strada. L’opposizione di Nuova Democrazia, Pasok e Potami sarebbero pronta a riempire la falla ma per la coalizione guidata da Tsipras, a un mese dalla vittoria elettorale, sarebbe l’ingresso nel regno dell’instabilità politica o delle elezioni anticipate”.

L’editoriale del Corriere, firmato da Sabino Cassese (“Il laccio della Corte tedesca”) si chiede “cosa succede” se le Corti supreme nazionali si “mettono a difendere il proprio backyard, il proprio orticello”, come ha fatto quella tedesca nel caso dell’Omt, Outright Monetary Transactions, misure non convenzionali della Banca centrale europea. Cassese spiega la situazione: “Gli Stati nazionali sono i ‘signori dei trattati europei’, come i condomini lo sono di un condominio. L’Unione ha solo i compiti a essa trasferiti dai suoi ‘padroni’, gli Stati. Nello Stato tedesco, solo il Parlamento può conferire funzioni statali al livello sopranazionale, perché solo esso garantisce il rispetto della volontà popolare e dell’identità nazionale. Ogni passo avanti dell’Unione, ogni suo impegno, deve essere autorizzato dal Parlamento”. Queste motivazioni, scrive Cassese, “annullano le forze endogene di sviluppo dell’Unione”, “mettono al guinzaglio tedesco (e degli altri Paesi che intendano seguire la stessa strada) tutti i passi avanti dell’Unione” e creano “uno squilibrio tra Stati più filo-europei e Stati più guardinghi”. Insomma: “Se ognuno degli Stati europei interpreta in modi diversi i vincoli che derivano dai trattati, allunga o accorcia a suo piacimento il guinzaglio che lega l’Unione agli Stati” la domanda è se non si pongano in dubbio “le premesse stesse su cui è fondato il ‘condominio’ europeo”, scrive Cassese.

Lega, centrodestra

Su La Repubblica: “Salvini, ultimatum a Tosi: ‘Chi va contro Zaia è fuori dal Carroccio”, “Il sindaco ribelle: ‘Se calpesatno il Veneto reagirò, sabato a Roma ci sarò, non presto il fianco ai miserabili’”. Il “racconto” dell’inviato Paolo Berizzi: “Liga contro Lega, il duello finale che divide il Veneto.
Alla pagina seguente il commento di Stefano Folli, nella sua rubrica “Il punto”: “Dietro lo scontro tra i big padani il progetto della nuova Lega”. E sulla stessa pagina: “Berlusconi: Salvini accetti o salta la Lombardia”, “Forza Italia insiste per un accordo in Veneto: ‘Aspetto ancora il segretario leghista ma deve dire sì a un’intesa con l’Ncd’. Patto Alfano-Tosi. Il sindaco di Verona pronto a scendere in campo con una coalizione di moderati e a rompere con la Lega”.

La Stampa: “Salvini lancia l’ultimatum a Tosi”, “’Chi non sta con Zaia si autoesclude’. Ma il sindaco non molla e vede l’Ncd”. E Mattia Feltri racconta “il caso”: “Tutti contro tutti. Se il centrodestra conosce la faida”, “Lega fratricida, Fi implosa, gli ex An in rissa permanente”.

Il Corriere: “Ultimatum di Salvini a Tosi. Il segretario assicura di non voler espellere nessuno. Ma chi è contro Zaia ‘si autoesclude’. Il ‘rivale’ accusa alcuni leghisti ‘miserabili’. Il governatore: abominevole una sua lista”.
L’aggettivo “miserabili” è riservato da Tosi a coloro che lo hanno criticato perché ha detto che forse non avrebbe partecipato alla manifestazione romana della Lega, sabato prossimo. “‘Avevo detto che il mio primo dovere è fare il sindaco, e sabato ho una fiera. Ma farò di tutto per essere a Roma per non prestare il fianco a dei miserabili speculatori'”.

Sul Sole si legge che lo scontro tra Tosi e Salvini “non riguarda solo il Veneto ma l’assetto del futuro schieramento che sfiderà il Pd renziano. La domanda è se Matteo Salvini è davvero pronto a sacrificare il Veneto pur di arrivare fino in fondo nello scontro con Flavio Tosi”, se cioè è disposto a “rischiare di perdere le elezioni”, se conferma la rottura con Tosi. Il quotidiano ricorda che i due erano stati alleati nella battaglia contro Bossi, insieme a Maroni.

Sul Giornale: “Scissione in casa Lega, Tosi con un piede di fuori”. “La guerra fratricida con Zaia sta raggiungendo il culmine”, si legge sul quotidiano.
In un altro articolo si dà conto delle parole di Berlusconi, che “stana il Carroccio: ‘solo uniti si vince'”. “Diplomazie al lavoro per arrivare a una intesa sulle prossime regionali. Ma Salvini resta ancora irremovibile: in Veneto mai con Ncd e Ucd”. Si legge che teoricamente la posizione di Tosi di una alleanza con altri partiti sarebbe la via migliore per Forza Italia, ma se nella Lega si andasse alla rottura proprio su questo “per il Cavaliere sarebbe difficile trovare la quadra facendo digerire a Salvini l’appoggio del Ncd in Veneto”.

Pd, governo

Sul Corriere viene intervistato il capogruppo Roberto Speranza: “Un Pd democratico rispetta il Parlamento. Il governo ha sbagliato”. Il riferimento è alla polemica sui decreti sul Jobs Act. “Ritengo sia stato un errore non seguire l’indicazione che le Commissioni Lavoro di Camera e Senato avevano dato sui licenziamenti collettivi”. Speranza ammette che i pareri delle Commissioni sono consultivi, e dunque “sul punto formale non ho nulla da dire”, ma ne fa una questione di “opportunità politica” nel rapporto tra esecutivo e Parlamento. Dice anche: “Non credo al teorema dell’uomo solo al comando” e “mi sembrano infondate le preoccupazioni di una deriva antidemocratica”, ma invita il governo a costruire un “rapporto vero con il Parlamento” altrimenti “non si va da nessuna parte”.
Sullo stesso quotidiano un “retroscena” di Maria Teresa Meli: “Le mosse della minoranza non preoccupano il premier: manovre per trovare spazi”. Renzi avrebbe detto: “Speranza deve mantenere il punto, ma non può esagerare. Altrimenti rischia di perdere il ruolo”. Insomma, “non può spingersi a fare l’uomo di parte”, visto che è il presidente dei deputati.

Responsabilità civile

La Repubblica, pagina 2: “Svolta per i magistrati, pagheranno i loro errori con la responsabilità civile”, “Con il sì della Camera è legge la proposta sostenuta dal governo. Anm: si tratta di un attacco ai giudici”. A fondo pagina, il “retroscena” di Liana Milella: “L’ultima mediazione di Palazzo Chigi: ‘Tra sei mesi un tagliando’”. E si riferisce dei “dubbi dei democratici che pressano il premier per una revisione in tempi brevi”.
Il quotidiano intervista Ezia Maccora, giudice delle indagini preliminari a Bergamo, che dice: “È incostituzionale, mina la nostra indipendenza”. Dice la Maccora che “nel 1990 la Consulta ha sottolineato l’importanza del filtro di ammissibilità dell’azione civile di responsabilità per escludere azioni temerarie e intimidatorie. Oggi quel filtro viene eliminato, senza alcuno studio sull’impatto della legge”.
Alla pagina successiva, attenzione per le parole pronunciate ieri dal presidente della Repubblica all’inaugurazione dell’anno accademico della Scuola superiore della magistratura a Scandicci: “Mattarella: ‘No a toghe protagoniste o burocrati, evitare l’indifferenza”. Scrive l’inviato a Scandicci Umbero Rosso: “Sfiora soltanto il tema caldissimo all’ordine del giorno, ovvero la responsabilità civile dei giudici, ma Sergio Mattarella un paio di messaggi li lancia”, “nel suo low style”, visto che ha ammonito, citando Piero Calamandrei: “Il pericolo maggiore che in una democrazia minaccia i giudici è quello dell’assuefazione, dell’indifferenza burocratica, dell’irresponsabilità anonima”. Poi l’invito ad evitare tanto il protagonismo che il comportamento burocratico: “si tratta di due atteggiamenti che snaturano la fisionomia della funzione esercitata”.

Il Fatto: “Mattarella chiede legalità. Loro votano contro i giudici”, “Passa a Montecitorio la legge sulla responsabilità civile delle toghe. Presenti solo 379. I favorevoli sono 265, 51 i contrari. 63 gli astenuti (di Fi).
A commentare le parole di Mattarella interviene Marco Travaglio, direttore de Il Fatto, nel suo editoriale in prima pagina (“Migliori attori non protagonisti”). Incipit: “E pensare che cominciava a starci simpatico, Sergio Mattarella”: Travaglio contrappone in qualche modo la discrezione del nuovo inquilino del Quirinale ai “nove anni di logorrea monitoria” di Giorgio Napolitano: “poi purtroppo ieri, dopo tre settimane di letargo, Mattarella ha parlato. Gli è scappato un monito. E ha fatto subito rimpiangere quando taceva. ‘Il magistrato -ha detto alla scuola delle toghe a Scandicci- non dev’essere né protagonista assoluto del processo, né burocratico amministratore di giustizia’. E così, invece di ricordare al governo che la legge sulla responsabilità civile dei giudici è incostituzionale perché cancella l’udienza-filtro sui ricorsi dei cittadini (l’ha detto la Consulta di cui fino al mese scorso lui faceva parte), anche lui ha reso omaggio a un totem che ci portiamo appresso da vent’anni: la lagna sul ‘protagonismo’” dei giudici.

Sul Corriere, Luigi Ferrarella scrive che la legge sulla responsabilità civile dei magistrati “rischia di sospingere le toghe ad assumere una mentalità burocratico-impiegatizia e a praticare una ‘giustizia difensiva’”, come la “medicina difensiva” praticata dai medici per evitare di rispondere in giudizio ai parenti dei malati. Ferrarella scrive che “non è un caso che, pur di preservare l’indipendenza dei propri giudici, nazioni come gli Stati Uniti, Israele o la Gran Bretagna arrivino ad assicurargli una totale immunità rispetto alle decisioni assunte, mentre altri come la Francia ammettano risarcimenti solo in caso di dolo, e altri ancora (come l’Olanda) contemplino casistiche più ampie ma solo a carico dello Stato e mai dei singoli magistrati”. In Italia “l’iter di modifica della vigente legge Vassalli è partito male, viziato dalla leggenda metropolitana secondo la quale l’Europa chiedeva all’Italia che fosse il singolo giudice a dover rispondere direttamente con il proprio patrimonio: in realtà la Corte di Giustizia dell’Unione Europea per due volte aveva invece richiamato l’Italia a prevedere che lo Stato dovesse risarcire anche gli errori commessi dalla Cassazione con violazioni manifeste del diritto dell’Unione Europea. Sull’onda però di questo strumentale equivoco, il Parlamento ha comunque ritenuto di modificare la legge del 1988”. La nuova legge “mantiene lo schermo dello Stato”, ma introduce tra i casi di colpa grave il “‘travisamento del fatto o delle prove'”, aspetto “molto insidioso” perché “potrebbe incentivare giudici-burocrati al quieto vivere di scelte interpretative più accomodanti e di decisioni meno rischiose per le proprie tasche” e perché “confina-sconfina” con “il sindacare l’attività di interpretazione che, argomentata dal giudice nella motivazione dei provvedimenti impugnabili nei gradi successivi”. Inoltre “la nuova legge abolisce” il filtro di ammissibilità, “ritenendolo responsabile del fallimento statistico della legge (7 condanne su 400 ricorsi in 25 anni); ma nello stesso tempo non mette alcuna sanzione a carico di chi risulti aver instaurato azioni di responsabilità palesemente campate per aria, ritorsive, intimidatorie”.

Internazionale

Sul Corriere: “Isis rapisce novanta cristiani assiri. Tra di lora anche donne e bambini”. “Oggi l’Isis sembra optare per la ‘caccia aperta’ ai cristiani, visti come ‘nuovi Crociati'”.
Sulla stessa pagina Roberto Tottoli spiega chi sono i crisiani caldei e assiri, comunità un tempo importanti e numerose della Mesopotamia settentrionale, e in Vicino Oriente, ovvero dove il cristianesimo nacque.

Su La Repubblica, alla pagina delle “Idee”, un lungo intervento dello scrittore peruviano Mario Vargas Llosa: “Nessuno tocchi le nostre libertà, così l’Occidente può battere la Jihad”, “I recenti attentati in Danimarca dimostrano che oggi la sicurezza è precaria. Chiunque rischia di essere ucciso dalla pericolosa ondata di terrore che si sta diffondendo in tutto il mondo”, “Il pericolo è che, per prudenza, alcuni governi comincino a fare delle concessioni, autoimponendosi dei limiti nel campo della libertà di espressione e di critica, con la tesi multiculturalista che i costumi e le credenze degli altri devono essere rispettati (anche a costo di dover rinunciare ai propri?). Se prevalesse questo criterio, i fanatici islamisti avrebbero vinto la partita e la cultura della libertà entrerebbe in un processo che potrebbe culminare nella sua scomparsa”.

Su Il Giornale, Fiamma Nirenstein dà conto dell’esito del processo che si è concluso a New York qualche giorno fa per alcuni attentati che tra il 2000 e il 2004 colpirono cittadini ebrei-americani. Dieci famiglie, i cui cari furono uccisi o gravemente feriti, hanno chiesto giustizi ad un tribunale di Manhattan, che ha riconosciuto colpevoli l’Autorità nazionale palestinese e l’Olp, e li ha condannati a pagare 655 milioni di dollari. Il titolo: “La verità dopo dieci anni: Arafat finanziò gli attentati. Giustizia per le famiglie di decine di vittime di origine americana. Anp e Olp devono pagare 655 milioni di dollari. Ma l’Italia vuole riconoscerli come Stato”.

Sarebbero “a rischio” le forniture di gas russo all’Europa, secondo Il Sole 24 Ore. L’avvertimento viene da Gazprom, per l’ennesima disputa con l’Ucraina: “‘Kiev non ha effettuato per tempo un nuovo versamento anticipato e le restano solo 219 milioni di metri cubi di gas prepagato’, ha dichiarato Alexei Miller, il numero uno della società russa. ‘Le sue forniture termineranno tra soli due giorni, il che solleva seri rischi per il transito di gas verso l’Europa’”. La questione è il gas inviato “per motivi umanitari” ma a spese di Kiev da Mosca ai separatisti del Donetsk, che l’ucraina Naftogaz rifiuta di pagare. Rassicurazioni vengono da Bruxelles, e – scrive Il Sole – comunque “un eventuale stop delle forniture russe via Ucraina oggi provocherebbe ripercussioni molto più limitate rispetto al passato”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *