Riforma Senato, primo sì

Il Corriere della Sera: “Merkel sfida Obama ed espelle il capo della Cia. Tensione alta dopo i casi di spionaggio. Chiesto l’allontanamento da Berlino”. Il titolo grande con foto è per il Medio Oriente: “Carri armati di Israele al confine con Gaza. Gli Usa: non invadete”. A centro pagina: “Accordo sul nuovo Senato. Compromesso sul sistema di elezione, lunedì la riforma in Aula. Renzi: straordinario”. In evidenza anche una intervista al Ministro Boschi: “Possibili alcuni ritocchi, non temo agguati”, dice.

La Repubblica: “Senato, primo sì. Renzi: non parlate di autoritarismo”, “Il governo dà il via libera alla riforma degli statali”, “Il premier: niente manovra, 54mila posti di lavoro in più”.
In evidenza, foto di repertorio della cancelliera tedesca Merkel a fianco del presidente Usa Barack Obama, evidentemente nel corso di un vertice. La Merkel ha uno sguardo sospettoso e un auricolare. Il titolo: “Guerra delle spie tra Germania e Usa. La Merkel caccia il capo della Cia”.
In taglio basso: “Le banche affossano le Borse”, “Bce: ripresa a rischio. Gelo sulla produzione industriale”.

La Stampa. Apertura a sinistra sulla politica italiana: “Intesa sul Senato. Renzi: non temo il voto in Aula”, “Il premier: vedrò anche i 5 Stelle”.
La foto a centro pagina raffigura un tank israeliano: “I tank di Israele circondano Gaza”, “Ancora esplosioni, paura a Gerusalemme. I morti salgono a 78”.
Sotto la testata: “Scandalo spionaggio. Merkel caccia da Berlino il responsabile della Cia”.
In taglio basso: “Una banca portoghese manda in rosso le Borse”. Si tratta del Banco Espirito Santo.

L’Unità: “Accordo sul Senato: si cambia”, “Sì in commissione alla riforma: 100 senatori non eletti. Lunedì in Aula. Renzi: giorno straordinario”, “Il governo vara le norme su terzo settore e pubblica amministrazione”, “Approvato il decreto sull’Ilva”.
A centro pagina, foto di palestinesi in fuga. Uno di loro porta in braccio il corpo di un bimbo ucciso: “I tank israeliani assediano Gaza”.
In taglio centrale: “Merkel-Obama, guerra di spie”.
In basso: “In sei anni Alitalia ha bruciato 1,5 miliardi”.

Il Giornale: “Il Senato sbaracca”. “Accordo in commissione, via al voto. Isolati i dissidenti di Pd e Forza Italia”. “Berlusconi avverte: chi non ci sta è fuori”.
A centro pagina, in evidenza: “Il giudice carceriere promosso al Csm”. “Morgigni, magistrato del caso Fastweb”. “Da Gip tenne per un anno agli arresti preventivi il manager Scaglia. Che poi fu assolto”. Il magistrato aveva denunciato i messaggi di propaganda del sottosegretario Ferri, scrive il quotidiano.

Il Foglio: “Merkel caccia l’uomo della Cia a Berlino. Obama ‘all’oscuro’, dice”. Il quotidiano parla di “guerra interna a Washington”.
Il direttore Giuliano Ferrara firma con la sigla dell’Elefantino un editoriale sulla guerra in Israele: “I disperati del mezzo oriente”. “Gli intellettuali illuminati d’Israele vogliono sperare, predicano contro la disperazione dei governi e degli stati maggiori. Ma i veri disperati sono loro, cui sfugge tra le mani il sogno utopico di ragazzi” (dedicato a “David Grossman e gli altri come lui”).
Sulle riforme: “Senato, Italicum, Colle. Indagine sulla speciale chimica tra Renzi e il Cav.”.
In taglio basso: “Vi ricordate Romeo, quello degli appalti napoletani? ‘Il fatto non sussiste’”. (La Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza con cui l’imprenditore Alfredo Romeo era stato condannato a tre anni di carcere per corruzione, turbativa d’asta e rivelazione di segreto).

Il Sole 24 Ore: “Borse e produzione gelano la crescita. Tensione sui tassi in Italia e Spagna: lo spread Btp-Bund in risalita a quota 175”. “Il Portogallo spaventa i listini: le vendite maggiori a Milano e Madrid”. E ancora: “L’attività industriale cade di nuovo a maggio. Calo dell’1,8 per cento rispetto all’anno prima”. I dati del Centro studi Confindustria parlano di un possibile rimbalzo a giugno.

 

Riforme

Maria Elena Boschi, intervistata dal Corriere, dice: “Non temo imboscate in Aula. Abbiamo raggiunto un risultato che in precedenza nessuno, né il centrosinistra che aveva approvato la riforma del titolo V, né il centrodestra della devolution, aveva raggiunto. In entrambi i casi si era arrivati in Aula senza un testo approvato dalla commissione”. Un risultato “importantissimo” dunque, si tratta di una “buona riforma” che in Aula “può essere ancora migliorata con il contributo di tutti”. Da parte di Berlusconi, sia sulla riforma del Senato che su quella elettorale, “c’è stata una prova di serietà e concretezza che non possiamo non riconoscere” e “non penso che Forza Italia possa cambiare idea”. Quanto al rischio di fronda nel Pd, “nel partito c’è una linea chiara” ma “se qualcuno vorrà votare contro lo vedremo, l’Aula è sovrana”. Infine, sulla legge elettorale, parlarne ora sarebbe prematuro e “faremmo solo dei pasticci”.

Su La Stampa: “Senato, primo sì in extremis. Ora tocca all’Aula”, “Stop di Carroccio e Alfano, ma in serata il testo passa”. La Commissione Affari costituzionali ha infatti licenziato il testo del governo: hanno votato contro M5S e Sel. L’emendamento firmato dalla relatrice Anna Finocchiaro, frutto di un accordo tra Pd e Forza Italia per riscrivere l’articolo 2 del testo sulla futura composizione del Senato prevede una proporzionalità nell’assegnazione dei seggi, attraverso elezioni di secondo grado, “tenuto conto della composizione dei consigli regionali”. La “formuletta” ha catturato l’attenzione agli alleati del Nuovo centrodestra e Lega: perché, visti i premi di maggioranza riservati anche nei consigli a chi vince, questa formulazione rischia di favorire le forze maggiori. A metà pomeriggio, arriva una nuova formulazione: la proporzionalità dei seggi si distribuisce tenendo conto della composizione dei consigli, ma anche dei voti espressi. “Gridare al lupo al lupo ala fine è servito a qualcosa”, dice il leghista e co-relatore della riforma, Roberto Calderoli.
La pagina di fianco va oltre la questione riforma del Senato, su cui sembra raggiunto l’accordo, e si proietta invece sulla questione della legge elettorale: “Ma è già scattata l’offensiva dei partitini per cambiare l’Italicum”, “Ncd e Lega: sbarramenti più bassi. Sfida a Berlusconi”.

La Repubblica intervista lo stesso Calderoli: “Ma l’Italicum non passerà, è solo un porcellinissimus”.
Il “retroscena” sottolinea che dietro lo scontro di ieri ci sarebbero i timori di Fi su Berlusconi in relazione al “fantasma del processo Ruby” e di una condanna in appello di Berlusconi, oltre a quelli dei piccoli partiti sulla legge elettorale. Perché nelle stesse ore in cui si deciderà sul caso Ruby, i senatori saranno impegnati nei voti finali sul disegno di legge Boschi. Cosa accade in caso di condanna di Berlusconi? Il premier “è il primo a essere consapevole di questo rischio”: il rischio è che “salti tutto” e per questo, secondo il quotidiano, il ministro delle Riforme Boschi ha spinto ieri fino all’ultimo minuto affinché il testo fosse incardinato. Mentre i “dissidenti” puntano esattamente su questo. Il senatore Pd Paolo Corsini dice: “Il nostro obiettivo è tirarla per le lunghe fino al 18 luglio”, poi cosa accadrà in caso di condanna di Berlusconi? “Forza Italia salterà in aria – dice Corsini – e tutto potrà essere rimesso in discussione”.

Su L’Unità: “Berlusconi vuole chiudere prima della sentenza Ruby”. Il senatore di Fi Paolo Romani svela il piano: “in un percorso di pacificazione ci sta anche la grazia”.

Il Foglio sottolinea che “senza Berlusconi, senza cioè aver portato a forza il partito del Caimano all’interno del perimetro delle riforme, difficilmente Renzi sarebbe riuscito a disinnescare il dissenso maturato all’interno del Pd” su legge elettorale e riforma del Senato, “sarebbe stato ostaggio dei gruppi parlamentari, ostaggio delle vecchie correnti del Pd, delle nuove correnti di Ncd, delle solite cariatidi dell’Udc”.

Alessandro Sallusti su Il Giornale scrive di non essersi “volutamente” tenuto alla larga dal dibattito sulle riforme, negli ultimi giorni, perché “non volevano annoiare” il lettore su un argomento “pesante, quasi respingente”. Ma dice che non si tratta ovviamente di “quisquilie”, che “uscire dal bicameralismo perfetto è cosa fondamentale”. E dunque, rivolgendosi ai dissidenti come Minzolini (per cui ha “grande stima e rispetto, ma qui i fatti personali non contano”), dice che “la riforma perfetta non esiste”, che “si è discusso fin troppo”, e “anche in Forza Italia se ne facciano una ragione”. Non si tratta di “obbedire a Renzi o fare gli esecutori degli ordini di Berlusconi”, ma di “obbedire alla volontà degli elettori di centrodestra che, se delusi, la prossima volta potrebbero essere ancora di meno”.

Sul Sole 24 Ore: “Berlusconi a FI: chi è contro le riforme è contro di me”. Per far rientrare la “fronda dei 23”, come la chiama il quotidiano, sarebbe sceso in campo anche Gianni Letta.

E anche su Il Giornale: “Berlusconi, mi fido di Renzi. E chi vota no è contro di me.

Per tornare a Renzi, un “retroscena” sul Corriere descrive il premier: “Renzi si lascia andare ed esulta per il risultato ottenuto in Senato: ‘Il punto vero è che stiamo dicendo che l’Italia può cambiare e che alcuni tabù, come il bicameralismo, possono essere mutati’. La ‘rivoluzione del buon senso’ la chiama adesso Renzi. Perché è convinto che ‘se l’Italia farà le riforme, non solo uscirà dalla crisi, ma avrà un ruolo di leadership in Europa’.”. “Il Pd versione Renzi ci ha provato, lo ha vinto, e ora il premier può dire con una certa tranquillità: ‘Non ho paura del voto dell’Aula del Senato, anche se ci sarà qualcuno che ci vuole frenare’”. “Il premier è intimamente convinto che la riforma ‘approvata in commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama sia straordinariamente importante’”.

 

Gaza

Per Il Sole 24 Ore “appare imminente” l’offensiva di terra di Israele a Gaza. Oltre 20 mila soldati riservisti sono stati chiamati “ma un attacco di terra sarà l’ultima opzione, solo se lo riterremo necessario”, ha detto ieri il portavoce dell’esercito Peter Lerner. Altre fonti israeliane dicono che l’attacco ci sarà tra due o tre giorni. I morti civili sarebbero almeno 60, secondo fonti sanitarie palestinesi, “anche perché le milizie di Hamas spesso nascondono le loro rampe di lancio e arsenali in aree densamente popolate”. Il segretario generale Onu Ban Ki Moon ha detto: “’Una volta ancora i civili palestinesi sono stretti tra l’irresponsabilità di Hamas e la risposta dura di Israele’”. Ban ha condannato il lancio di missili da Gaza e “l’eccessivo uso della forza” da parte di Israele. Intanto ieri l’Egitto ha aperto il valico di Rafah per consentire alle ambulanze di evacuare i feriti. Per ora quasi silenzio dai Paesi arabi, a parte l’Iran, che ha condannato “il regime sionista”.

Sul Giornale: “Hamas punta sulle disgrazie del suo popolo”. Non può vincere contro Israele e “non punta a vincere”, ma ad attrarre l’esercito a Gaza, “mettere al sicuro la dirigenza e gli arsenali pi importanti”, e poi il resto lo faranno le diplomazie e la propaganda postbellica. Hamas oggi ha “un disperato bisogno di vittime da esibire”, scrive il quotidiano.

Su La Stampa due pagine di reportage dell’inviato ad Ashkelon, Maurizio Molinari: “Ancora missili, paura a Gerusalemme”, “I carri armati ai confini di Gaza mentre continuano i raid. I morti salgono a 78, 14 sono bambini”. E poi: “Nel super bunker di Ashkelon, da dove parte la caccia ai razzi”, “Un team guidato dal sindaco guida a difesa dagli attacchi di Hamas”.
Il quotidiano intervista Ian Bremmer, presidente e fondatore dell’Eurasian Group, secondo cui “invadere la Striscia non conviene a nessuno”. Non conviene al premier Netanyahu “perché sarebbe costosa, farebbe vittime e avrebbe un prezzo politico. Essendo sotto attacco, deve parlare con durezza, ma non ha promesso la distruzione di Hamas o l’annullamento della sua forza militare: queste sarebbero parole in codice che renderebbero necessaria l’operazione di terra, ma Netanyahu ha fatto attenzione a non usarle”. E Hamas non avrebbe interesse a provocare un conflitto, aprendo un nuovo fronte oltre alla Siria e l’Iraq? “Non credo, perché è isolato come mai prima. In Egitto non ci sono più i Fratelli musulmani, e gli altri Paesi della regione hanno altri problemi”. Gli Usa cosa possono fare? “Poco. In Israele e Gaza hanno lanciato appelli alle teste più fredde, ma dopo due anni di frustrazioni Kerry non ha alcun interesse a farsi coinvolgere ancora. Punta soprattutto sui Paesi vicini per evitare la guerra: il nuovo governo egiziano sta lavorando alla tregua”, “in Iraq Washington non sosterrà Maliki, ma ha mandato i militari perché fa sul serio: vuole capire quanto è forte l’Isis e lanciare operazioni anti-terrorismo, per difendere i suoi interessi qualunque cosa accada al governo centrale”.

Su L’Unità il direttore di Limes Lucio Caracciolo sottolinea, tra le novità di questo conflitto, il fatto che “sul fronte interno palestinese” va registrata “l’agonia delle leadership politiche e l’emersione di schegge jihadiste incontrollabili e capaci di dettare l’agenda ai presunti capi della Palestina e allo stesso Israele. Nello Stato ebraico, il pragmatismo di Netanyahu sembra cedere sotto la pressione dell’opinione pubblica angosciata dai razzi che piovono da Gaza, e dell’estrema destra interna ed esterna alla coalizione di governo. Infine, dopo tre anni di ‘primavere’ e controrivoluzioni pilotate dai sauditi, il contesto regionale è instabile, al punto da minacciare persino quei Paesi, come la Giordania, che apparivano fino a ieri immuni dal rischio di disgregazione”.

Su L’Unità un’intervista all’attore e intellettuale Moni Ovadia: “Due debolezze politiche e il peso degli estremismi”.

La Repubblica: “I tank al confine di Gaza. Obama a Netanyahu: ‘No all’escalation’”. Il reportage di Fabio Scuto da Gerusalemme racconta: “Un sms di avvertimento prima delle bombe. Ma moriamo da scudi umani”. E lo scrittore Marek Halter si occupa dell’atteggiamento del premier israeliano Netanyahu: “L’errore strategico di ‘Bibi’ e l’ombra lunga del Califfo nero”. Il premier sbaglia bersaglio, perché dietro il lancio dei razzi sulla Terra Santa c’è Al Baghadi, il “califfo” dell’Isis che agisce in Iraq e Siria: secondo Halter il suo obiettivo è scatenare l’inferno a Gaza come diversivo per penetrare in Giordania: “mentre Israele combatte o invade la Striscia, lui potrà tranquillamente dirigersi verso Amman”.

Sul Corriere un intervento dello scrittore Etgar Keret: “Dio non ci donerà la pace. Insegnerò a mio figlio la parola ‘compromesso’”. Al posto della parola “pace”, dice Keret, che “da tempo ha assunto sia per la sinistra che per la destra un significato trascendentale, quasi messianico”. Compromesso forse è “meno entusiasmante”, ma “perlomeno ci ricorda che la soluzione “non si trova nelle nostre preghiere” ma “nel perseverare in un faticoso e non sempre perfetto dialogo tra noi e l’altra parte”.

 

Germania-Usa

La Stampa: “La Merkel caccia il capo degli 007 Usa”, “Scovata un’altra spia, scatta la ritorsione della Cancelliera”.

Il Foglio scrive che nella storia dell’attrito tra Germania e Usa sulla questione spionaggio c’è anche un secondo aspetto, che ha a che fare con i turbolenti rapporti tra la Cia e Barack Obama: la settimana scorsa il presidente Usa ha chiamato la cancelleria europea per fare pressioni sulla Russia. Obama non sapeva, “almeno così dicono i funzionari della Casa Bianca, che il giorno prima l’agente tedesco (il funzionario dei servizi segreti della Germania arrestato la scorsa settimana con l’accusa di fare il doppio gioco, ndr.) era stato arrestato con l’accusa pesante di aver passato informazioni riservate agli americani. Merkel, che era invece al corrente dell’accaduto, non ha tirato fuori l’argomento. Quando finalmente Obama è stato informato, si è imbufalito non poco e alla Casa Bianca è partito l’ordine di far trapelare all’esterno messaggi di sfiducia verso la Cia, con accuse nemmeno troppo velate di ‘aver tenuto il presidente all’oscuro’, come ha sintetizzato il New York Times”.

Su La Stampa: “Washington smorza le polemiche, ‘Berlino decisiva per la sicurezza’”, “Ma la Casa Bianca è irritata per non essere stata avvertita in anticipo”.

La Repubblica intervista Erich-Schmidt-Eenboom, saggista tedesco esperto di spionaggi. Dice che “Da Adenauer e Willy Brandt a Schroeder, i cancellieri da sempre” sono “sorvegliati speciali”. E “la Germania si sente tradita”. Sulla pagina di fianco, intervista a Jonathan Lawrence, professore di Scienze politiche al Boston College: “È un momento delicato, ma passerà, hanno troppo bisogno l’uno dell’altro”.

In prima pagina sul Corriere (“Una candida arroganza”) Sergio Romano spiega che quel è accaduto tra Usa e Germania è sicuramente il frutto dell’11 settembre, che ha creato negli Usa “un senso di incertezza e vulnerabilità”, e del progresso tecnologico, ma anche della “candida arroganza” degli Usa, che continuano a considerarsi “indispensabili” e dunque “autorizzati a fare ciò che ad altri sarebbe proibito”.
Un altro articolo sullo stesso quotidiano, firmato da Guido Olimpio, racconta di altri “sgambetti tra alleati”: “Storia di amichevoli tradimenti dall’Europa al Medio Oriente”. Un ex agente italiano dice al cronista: “È come nel matrimonio”.

 

Economia

Il titolo dell’editoriale del Sole 24 Ore, firmato dal direttore Napoletano, è “Il coraggio della verità”, dove si legge che la fiducia si costruisce sul “coraggio della verità”, e che la realtà italiana è quella di un Pil in frenata, di un tasso di disoccupazione giovanile che “ha superato da tempo la soglia della insostenibilità”, del “peso della tassazione su imprese e banche”, di una “burocrazia ossessiva”. Napoletano scrive che è “senz’altro positivo” uscire dal “bicameralismo perfetto e dire al mondo che il sistema elettorale italiano garantisce finalmente governabilità”, ma “guai a ridare troppi poteri nel nuovo Senato a quelle stesse Regioni che con il nuovo titolo V si vogliono ridimensionare”.
Ancora sul Sole un articolo di Paolo Bricco si sofferma sulla “linea Maginot della manifattura”.

Sul Corriere della Sera, Francesco Daveri cita l’intervento del Ministro Padoan alla assemblea dell’Abi. Padoan ieri ha detto che il nostro Paese “gode di un estremo interesse da parte degli investitori esteri”, e che per questo la Borsa Italiana è stata la migliore d’Europa nei primi sei mesi dell’anno. Ma Padoan ha anche ricordato che la “luna di miele potrebbe finire”, sia per le debolezze strutturali della nostra economia che per la lunga lista di cose da fare, frenate da “spinte corporative” e da lentezze nella legislazione, scrive Daveri. E per i mercati “il tempo del rinvio sta finendo”. Da qui il titolo: “La finestra si chiude sul cortile italiano”.
Nelle pagine interne un articolo di Danilo Taino: “”L’interesse a tempo per l’Italia. I nuovi timori degli investitori esteri”. Si citano le riflessioni del banchiere Marzo Mazzucchelli della svizzera Julius Bar, che dice che i mercati hanno “poca profondità e sono volatili”, la “ripresa economica stenta a manifestarsi”, e le banche centrali – Bce compresa – “hanno esaurito il loro repertorio di annunci” e “per sostenere i mercati hanno già promesso il promettibile”. Insomma: è il momento di introdurre, e non solo di annunciare, le riforme dell’economia che la rendano più aperta, efficiente, stabile, competitiva e, dunque, attraente, dice Taino.

Per tornare al Sole, si dà conto della risposta di ieri di Renzi in conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri: “In autunno non ci sarà alcuna manovra correttiva”. E ancora: “Mi stupisce che ogni giorno verso le 10, le 11, spunti un nuovo dato. E non sono alla caccia costante dei dati o degli indicatori”.
“Va osservato, ha detto, che il dato secondo cui l’occupazione ‘è aumentata di 54mila unità nel mese di maggio e che abbiamo un sistema che torna ad assumere, è un dato che non passa mentre le varie percentuali di previsioni negative passano sempre”.

 

E poi

Il Corriere intervista George Pell, cardinale prefetto, “nuovo zar delle finanze vaticane”: “’Ce l’hanno chiesto i cardinali. Basta scandali in Vaticano’” è il titolo. “Il Super-ministro economico: no a casi come Calvi e Sindona”. Cita tre parole: “trasparenza finanziaria, professionalità e onestà”. Insieme al “contributo dei laici”, perché “non ci sono solo i sacerdoti”, la “Chiesa è un popolo”.

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