Primarie, stasera il confronto tv (Sky)

La Repubblica: “Esodati, altra beffa: mancano i soldi. Dietrofront dopo l’accordo. La Ragioneria stoppa l’emendamento alla legge di stabilità: ‘Sono troppi’. Scuola, per i docenti restano le 18 ore”. Nel sommario anche una notizia sulle trattative sulla legge elettorale: “Elezioni, Casini apre al bonus del 10 per cento”. A centro pagina: “Alfano resiste sulle primarie. ‘No a Fini e al Monti-bis’”. E poi il confronto tv tra i cinque candidati alle primarie del centrosinistra, previsto per questa sera su SkyTg24: “Bersani e Renzi nell’arena tv; va in onda la grande sfida”.

Il Corriere della Sera: “Sull’orario vincono i docenti. Salta la nuova norma. Dubbi di copertura per gli esodati”. “Non cambiano i tempi di lavoro dei prof”. E poi: “Monti alla Ue: inaccettabile il blocco dei fondi all’Emilia”. A centro pagina: “Ancora divisioni sul voto. Il Quirinale incalza i partiti. Apertura di Casini sul premio del 10 per cento”.

L’Unità: “Salvi i professori, non gli esodati. Profumo riformula la proposta: risparmi ‘intelligenti’ al posto dei tagli lineari e niente più aumenti dell’orario. Esodati ancora in bilico: per la Ragioneria dello Stato non ci sarebbero le coperture”. In prima pagina anche un richiamo ai sondaggi elettorali: “Il Pd supera il 30 per cento. Grillo davanti al Pdl”. E poi una intervista al candidato del Pd alla Regione Lazio Zingaretti: “Si voti presto, la destra abusa del potere. L’argomento dl risparmio non regge: il consiglio dimissionario costa 350 mila euro al giorno”.

La Stampa: “Monti all’UE: inaccettabile lo stop ai fondi per l’Emilia. Terremoto, per gli aiuti il premier chiama Barroso e Schulz”. “Dopo lo scontro a Bruxelles sui 670 milioni. Il via libera dovrebbe arrivare domani”.

Il Giornale: “Alfano: no a Fini e Monti. Il segretario del Pdl si accontenta dei militanti: porte in faccia al leader Fli e a un nuovo governo dei tecnici. Poi pensiona Berlusconi: ‘E’ come Scalfari per Repubblica’”. A centro pagina: “Primarie Pd: Sky arruola anche ilcalcio”. Si parla della diretta del dopocampionato ieri: “La domanda agli ospiti: ‘Voterà? E per chi? Ma nessuno i casca”.

Su tutte le prime pagine “Frane e allagamenti. Centinaia di sfollati. Nubifragi al Nord e al Centro, emergenza a Massa. Clini: per le risorse allentare le regole dell’Unione”, scrive il Corriere della Sera

Politica

Sul Corriere della Sera un “retroscena” del quirinalista Marzio Breda si sofferma sulla legge elettorale: “Napolitano preme ancora sui partiti: sul ‘lodo’ l’intesa è possibile”. Il lodo consiste nella proposta del professor Roberto D’Alimonte: se nessuna coalizione ottiene almeno il 40 per cento dei consensi (che nell’emendamento Pdl-Lega-Udc sarebbe il 42,5) il partito che prende più voti avrebbe un “premio di consolazione” del 10 per cento. Ai leader Alfano, Bersani e Casini Napolitano avrebbe manifestato “interesse e attenzione” per questa ipotesi, che garantirebbe anche una vera governabilità.

Secondo La Repubblica Casini “apre al bonus del 10 per cento” allorché dice: “Sul premio del 10 per cento eravamo d’accordo ieri, siamo d’accordo oggi, non è cambiato nulla”. Ma nello stesso tempo avverte: “Si vuole un centro subalterno e vassallo della sinistra”, che Repubblica traduce così: “significa che un premietto può andar bene, niente però che possa sbilanciare gli equilibri in favore della coalizione Pd-Sel”. Lo stesso quotidiano intervista Ignazio La Russa, capofila degli ex An, che dice: “Ha ragione la sinistra, la soglia del 42,5 per cento per raggiungere il premio di maggioranza, la dobbiamo abbassare”, “anche nel centrodestra c’è ragionevolezza, siamo disposti ad abbassarla fino a un punto in cui non sia pleonastico metterla”. Quel che invece La Russa contesta è “stabilire comunque un premio al primo partito nel caso nessuno vinca il premio di maggioranza”. Con questo “premiolino”, secondo La Russa, verrebbe meno la spinta a coalizzarsi per raggiungere la soglia, e poi “la sera delle elezioni nessuno avrebbe vinto”, “partirebbero le trattative per formare una maggioranza” e questa è la strada battuta per chi vuole il Monti bis.

 

Il vicepresidente dei senatori Pdl Quagliariello dice che il premiolino “non può essere enorme”, “se lo prende Grillo si va di nuovo alle elezioni”.

 

Su L’Unità un sondaggio realizzato da Tecnè dice che il Pd avrebbe oggi il 30,8 per cento, in crescita di quasi due punti rispetto allo scorso mese. Il Movimento 5 Stelle il 15,2 (rispetto al 14,2 di ottobre), il Pdl il 14 (15,6 ad ottobre). In calo anche Idv (4,1 rispetto al 5,5 di ottobre, e al 7.5 un anno fa). Secondo questo sondaggio solo cinque partiti (Pd, Pdl, 5 Stelle, Udc e Sel) supererebbero la soglia di sbarramento del 5 per cento.

Primarie

La Repubblica ricorda che oggi ci sarà quello che definisce “l’X factor del centrosinistra”: su SkyTg24, alle 20,30, nel teatro milanese in cui si registra proprio X factor, i cinque candidati alle primarie del centrosinistra si confronteranno, in vista dell’appuntamento delle primarie del 25 novembre.

L’Unità si occupa delle candidature per le regionali in Lombardia, per cui erano state lanciate le primarie di coalizione Pd-Idv-Sel. La decisione di Umberto Ambrosoli, figlio di Giorgio, avvocato liquidatore del Banco Ambrosiano assassinato, di candidarsi a capo di una lista civica, cambia però la situazione. Il quotidiano lo sollecita a misurarsi con altri, mentre lui vorrebbe proporsi come candidato di tutti, oltre i partiti, non contaminato dalla politica. Scrive L’Unità: “Umberto Ambrosoli, rispettando quell’appuntamento, potrebbe godere di una legittimazione che altrimenti non avrebbe o avrebbe solo per decisione delle segreterie di quei partiti, che lo preoccupano tanto”.

 

L’Unità intervista il deputato Pdl Guido Crosetto, che ha deciso di candidarsi alle primarie e che del segretario del suo partito Alfano dice “non nego la mia amicizia con lui ma serve un confronto sulle idee”. Crosetto è sempre stato molto critico sulla politica di Monti e, prima ancora, di Tremonti: “Il Pdl paga lo scotto di non essersi opposto quest’anno alle scelte del premier. Io il fiscal compact e l’Esm (il fondo salva Stati) non li volevo”. Poi insiste sulla necessità del “ricambio” della classe dirigente: “andare avanti con decisione su una forte pulizia nel partito e più coraggio sulla laicità e i diritti individuali”.

 

Secondo Il Giornale, il Berlusconi che oggi torna dal Kenya per concentrarsi sulla legge elettorale continua a non dimostrarsi entusiasta del ricorso alle preferenze. E secondo il quotidiano, la tentazione del Cavaliere è quella di tenersi il Porcellum che, peraltro, sarebbe una “soluzione gradita a molti partiti e al Pd in particolare, al di là delle dichiarazioni ufficiali”. Il quotidiano spiega così il ragionamento di Berlusconi: “Il timore di procedere a modifiche che, in ultima analisi, finirebbero solo per favorire l’Udc e rendere indispensabile il sostegno di quest’ultima a Pierluigi Bersani esiste. Meglio, a quel punto, votare con un sistema che favorisca il mantenimento della golden share della trattativa nelle mani del Pdl.

 

Il Giornale parla anche della posizione della Lega, espressa ieri dal suo segretario Roberto Maroni a Bologna: una volta approvata la legge elettorale e quella di stabilità, i leghisti lasceranno il Parlamento. Maroni proporrà al Consiglio federale di ritirare le delegazioni alla Camera e al Senato. Maroni conferma peraltro di voler correre per la carica di Governatore in Lombardia.

 

Sul Corriere della Sera si dà conto anche del preannuncio di Maroni di una serie di azioni di protesta contro il patto di stabilità (potranno arrivare alla protesta fiscale, allo sciopero). E il nodo della candidatura di Gabriele Albertini per il centrodestra alle regionali lombarde continua ad occupare il centro della scena: l’ex sindaco di Milano insiste sul suo profilo da società civile ed auspica un “Monti bis” come unica ipotesi possibile. Maroni dice: “Non si può pensare che i partiti, in particolare la Lega, rinuncino al loro ruolo, quasi dovessero vergognarsi. Io rivendico per la Lega un ruolo politico con la p maiuscola”.

Petraeus

La Stampa torna ad occuparsi del “Petraeus gate”, che ha spinto il generale eroe dell’Iraq e del’Afghanistan a dare le dimissioni da direttore della Cia. Spiega il quotidiano che è stata una 37enne del Dipartimento di Stato Usa a far scattare le indagini su Petraeus. Jill Kelley (questo il suo nome) curava i contatti tra il Dipartimento di Stato e il Joint Special Operations Command, l’apparato militare incaricato delle operazioni speciali, come quella in cui è stato eliminato Bin Laden. E’ lei la destinataria delle email minatori inviate da Paula Broadwell, l’ex amante del generale, ed è lei che ha sporto denuncia alle autorità giudiziarie, dando inizio di fatto alle indagini dell’FBI. Broadwell, biografa di Petraeus, si sentiva minacciata, temeva che le portassero via il suo David, mettendo a repentaglio tanti ambiziosi progetti. Per questo tempesta di email minacciose la Kelley, convinta che sia rivale in amore e quindi in affari. Scrive il quotidiano che non è chiaro quando il capo dell’FBI Robert Mueller o il ministro della giustizia Holder siano stati informati, ma sembra certo, invece, che a Washington nessuno sapesse, a cominciare dalla Casa Bianca. Al Nytimes un funzionario governativo ha spiegato: “Se e quando l’FBI debba informare amministrazione e congresso è una valutazione fatta caso per caso, in base alle politiche e alle procedure previste”.

Ricorda L’Unità che tutto gira intorno ai messaggio che Petraeus si era scambiato dall’estate 2011 fino a qualche mese fa con Paula Broadwell e che dopo i successi alla guida delle forze Usa in Iraq e Afghanistan si era parlato di lui come possibile candidato Repubblicano alla Casa Bianca quattro anni fa, e come vice di Romney quest’anno. Il quotidiano ricorda che comunque il momento suscita sospetti, perché la settimana prossima Petraeus avrebbe dovuto essere sentito dal Congresso sull’assalto all’Ambasciata Usa a Bengasi. A riferire sull’attentato, giovedì, sarà il vice di Petraeus.

I quotidiani danno conto delle prime cannonate di Israele sulla Siria: “Colpi di avvertimento”, li definiscono i generali israeliani, secondo quanto riferisce La Stampa. Parallelamente gli oppositori di Assad si sono riuniti in Qatar per dar vita ad una Coalizione nazionale che riunisce vari gruppi attivi all’interno del Paese sotto la guida del neo eletto sceicco Al Khatib. Secondo La Stampa questo si porrebbe in altenrativa al Consiglio nazionale siriano, a capo del quale è stato nominato il cristiano ex comunista Georges Sabra. Ed è proprio Sabra ad essere intervistato da L’Unità. E’ stato eletto con 28 voti su 41 dai membri del Consiglio nazionale siriano: “L’unità – dice – è un bene preziosa, e per raggiungerla ciascuno deve rinunciare a qualcosa. Per questo l’intesa raggiunta a Doha è un passo in avanti”. Sabra ricorda come l’atteggiamento di Russia e Cina abbia finora bloccato ogni soluzione politica, e denuncia che il presidente Assad agita “lo spauracchio jahdista per giustificare una brutale repressione”. Soprattutto, Sabra rivolge quello che definisce “un appello accorato” al presidente Obama: “Non chiuda gli occhi di fronte alla carneficina in atto da 20 mesi”, ma “ponga la questione siriana ai primi posti della sua agenda internazionale. Aiuti il popolo siriano a liberarsi del dittatore”, “ad ispirarti non sia solo un senso di umanità e di giustizia, ma anche la difesa degli interessi americani nell’area”, “ci servono armi, dateci le armi”.

Islam

Il Corriere della Sera si occupa di istruzione in Belgio e in particolare della preferenza dei musulmani per le Chiese cattoliche: i religiosi, a differenza dei professori laici, tollerano il velo, e tra loro alcuni hanno proposto l’insegnamento della fede coranica. Le scuole cattoliche bocciarono i corsi alternativi di “morale laica”, vengono considerate di miglior livello rispetto a quelle pubbliche e poi, dicono i genitori musulmani, vi si venera un solo Dio, al di là di ogni scetticismo laico. Malgrado il segretariato delle scuole cattoliche non permetta l’uso del velo, e anzi raccomandi di vietarlo, l’input giunto dai vertici viene ignorato da alcuni presidi, senza mai troppa pubblicità.

Sulla prima pagina de La Repubblica lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun scrive della immagine che alcuni serial e film danno dell’Islam. Nella celebre serie “Homeland”, premiata con vari Oscar e distribuita in tutto il mondo, un agente della Cia si reca a Beirut, “una caricatura”: “Fin dall’aeroporto, nient’altro che donne velate di nero”, cosa che non corrisponde, secondo Ben Jelloun, alla realtà. Lo scrittore cita poi il grande successo che sta riscuotendo il film Argo, che racconta come nel 1979 la Cia riuscì a far uscire dall’Iran sei funzionari dell’ambasciata Usa rifugiatisi presso quella canadese: “Può darsi che all’epoca i guardiani della rivoluzione fossero veramente individui fanatici e brutali. Ma ciò che questo film suggerisce allo spettatore in maniera molto efficace è l’immagine di un Islam selvaggio. Secondo Ben Jelloun “nell’immaginario americano oggi l’islam e il mondo arabo hanno preso il posto del comunismo” e “al Qaeda è il miglior alleato di quell’America che ha reso tutti gli arabi sospetti e vede in ogni musulmano un potenziale terrorista”.

Da ieri la compagnia di bandiera Egyptair consente alle hostess di indossare il velo: al momento su voli diretti in altri Paesi musulmani, poi sarà esteso a tutti, a prescindere dalle destinazioni. Lo scrive La Stampa.

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *