Lo strano sequestro del ragioniere di B.

L’Unità: “Il Cavaliere si tinge di giallo”, “Sequestrato il ragioniere di Berlusconi: volevano 35 milioni per documenti e video sul Lodo Mondadori. Il fatto denunciato con 24 ore di ritardo: sei arresti. I pm: forse un ricatto”.

La Repubblica: “Il giallo del cassiere di Berlusconi”, “Sequestrato per una notte. I pm: forse un ricatto di 8 milioni”.

A centro pagina, con foto: “Gaza, i morti sono più di cento, ora Israele discute di tregua”.

Corriere della Sera: “Il giallo del cassiere di Berlusconi”, “Sequestro-lampo. I banditi offrivano carte sul caso Mondadori”.

A centro pagina, grande foto del “caldo abbraccio tra i Nobel”: Obama in Birmania ha incontrato Aung San Suu Kyi. Entrambi sono premi Nobel per la pace.

In taglio basso: “Parigi perde la tripla A, ‘Riforme insufficienti’”. La bocciatura è dell’agenzia di rating Moody’s.

La Stampa: “Sequestro-lampo con riscatto. Giallo sul cassiere di Berlusconi”.

Il Giornale parla di “Trame oscure” e titola: “Chi c’è dietro il sequestro del cassiere di Berlusconi”. Secondo il quotidiano “non può essere malavita, c’è un disegno”.

In prima anche la foto dei candidati Pdl alle primarie: “Pdl batte Pd 12 a 5”.

Il Fatto: “B. e il rapimento Spinelli. Costa caro il bunga bunga”, “Troppi misteri nel sequestro del ragioniere che da 30 anni gestisce le finanze segrete dell’ex premier, compresi i pagamenti di Ruby e Olgettine. I banditi intercettati parlano di 8 milioni di riscatto. B. denuncia con 31 ore di ritardo. Tutto nasce a Bari, la città di Tarantini”.

Libero: “Come difendersi dal redditometro”. Sulle primarie Pdl: “Pdl, la squadra c’è, le primarie chissà”.E sul sequestro del cassiere di Berlusconi: “Ricatto a Berlusconi: ecco i verbali”.

Il Sole 24 Ore: “La febbre della finanza-ombra”, “Derivati, hedge, fondi monetari a quota 67mila miliardi di dollari”, “La denuncia del Financial stability board: troppi rischi sistemici, pronti ad arginare il boom dei circuiti non bancari”.

In taglio basso: “Arriva il redditometro fai-da-te”, “Oggi il software delle Entrate (Redditest): il contribuente può verificare la congruenza tra entrate e spese”, “Italia e Svizzera più vicine all’accordo fiscale: firma entro il 21 dicembre”.

 

Giallo B.

Ieri mattina all’alba, racconta La Stampa, sei persone sono state arrestate dalla polizia, coordinata dai pm Ilda Boccassini e Gianpaolo Storari, con l’accusa di associazione per delinquere e sequestro di persona a scopo di estorsione. Traditi dalle scarpe del capo della banda, Francesco Leone, 51enne barese considerato “il re dei sequestri-lampo” della Penisola. Un ex pentito, milanista sfegatato, tanto da aver compiuto il sequestro indossando un paio di scarpe da ultrà della curva, rosse con le stringhe nere. Il 15 ottobre scorso, dopo una meticolosa preparazione fatta di sopralluoghi e appostamenti iniziati a giugno, la banda si presenta sul pianerottolo della casa del ragionier Spinelli, “lo schivo contabile” di Berlusconi, divenuto noto suo malgrado per esser stato colui che si occupava del pagamento di assegni e affitti delle ragazze delle cosiddette “cene eleganti”. Un mese fa, ricostruisce quindi La Repubblica, Leone e la sua banda entrano nell’appartamento in cui Spinelli si trova con la moglie, e lo tengono sotto la minaccia di tre pistole per 12 ore. Gli ordinano di chiamare direttamente l’ex premier per proporgli un “affare”: in cambio di 35 milioni di euro la banda offre un video e documenti contenuti in una pen drive. Possono ribaltare, dicono, il verdetto con cui il tribunale e la corte d’appello civile hanno condannato Fininvest a risarcire la Cir di De Benedetti, principale azionista del gruppo espresso, con 476 milioni di euro per il passaggio delle azioni Mondadori al Biscione. Spinelli ha raccontato che gli è stato mostrato un foglio A4 con l’intestazione “Lodo Mondadori” e che nel dossier si parlava anche di una “cena di Fini con magistrati”. Spinelli ha spiegato: “Fini avrebbe parlato ai magistrati pregandoli di aiutarlo a mettere in difficoltà Berlusconi e che per questo gli sarebbe stato grato tutta la vita”, “quando l’ho raccontato a Ghedini e a Berlusconi tutti e due si sono messi a ridere… Non era nello stile di Fini”. Spinelli telefona alle 7.30 del mattino al Cavaliere: “Gli ho detto che mi era stato vedere un pezzodi un filmato che io garantivo come autentico, dove si dava atto di un incontro tra Fini e i magistrati della causa civile su Mondadori”. Spinelli racconta che Berlusconi decise allora di non partire per Roma, intenzionato ad aspettarlo ad Arcore con il filmato. Spinelli insisteva con il Cavaliere perché pagasse i 35 milioni richiesti, il Cavaliere invita a chiamare l’avvocato Ghedini

Tanto La Repubblica che il Fatto danno molta evidenza ai misteri non chiariti di questo sequestro lampo, a partire da quelli che Il Fatto definisce “i buchi nella ricostruzione” del ragioner Spinelli, ovvero perché denunciare così tardi il sequestro (31 ore e 22 minuti dopo). Il 15 c’è il sequestro, ma la prima segnalazione alla Procura arriva via fax il 17 ottobre, e il 18 c’è una formale denuncia: “Berlusconi ha voluto verificare se i sequestratori avessero materiale per lui interessante o pericoloso?”. Si ricorda poi che il 16 ottobre il Cavaliere ha addotto motivi di salute per annullare un pranzo con Monti, e il 17 non si è presentato al congresso PPE di Bucarest.

Il Fatto scrive anche che Spinelli ha mentito raccontando a Berlusconi di aver visionato il materiale. Il materiale informatico non potrà essere visionato perché non compatibile con il Pc di casa.

La Stampa scrive che lo scenario in cui si sono svolti i fatti sembra “da commedia, o peggio, da farsa”: “Una via di mezzo tra ‘Romanzo criminale’ e un film di Totò”, con un fido ragioniere venuto alla ribalta per la puntualità con cui versa lo stipendio alle olgettine, e sei balordi (tre italiani e tre albanesi) che vanno a casa sua con la pistola in pugno. E una chiavetta usb che conterrebbe le prove di un complotto del presidente della Camera e dei magistrati ai danni di Berlusconi che nessuno riusce a collegare a un computer”.

Il Fatto ha poi un articolo sul capo della banda Leone, dove si evidenzia che arriva da Bari, la città di Patrizia D’Addario, la città delle ragazze di Giampi Tarantini e del primo bunga bunga con foto e audio da Palazzo Grazioli.

Nella pagina sui “misteri” offerta da La Repubblica si scrive che Leone era legato al clan barese dei Parisi: e qui entra in campo una delle ragazze del team di Tarantini, che sarebbe stata molto amica di uno dei rampolli del clan, tale Radames. In una telefonata intercettata avrebbero parlato di “anelli, bracciali, collane” in regalo e lei avrebbe detto al boss: “Dobbiamo ritornare a Palazzo Ducale, a Palazzo Berlusconi, ci vuole vedere”.

Anche Il Corriere si sofferma sulla “Pista dei legami tra escort baresi e clan”, ricordando chi sia Barbara Montereale, la ragazza delle feste che si era autofografata nel bagno di Palazzo Grazioli.

La Repubblica evidenzia anche che dopo dodici lunghe ore di sequestro, dopo le telefonate in viva voce a Berlusconi e Ghedini, i rapiti, alle nove del mattino di martedì 16 ottobre vengono abbandonati a loro stessi: senza nulla in mano, i rapitori mollano. Ed è ancora La Repubblica a intervistare l’avvocato di Berlusconi, Niccolò Ghedini, che parla anche con La Stampa. A Repubblica respinge l’ipotesi di un “finto sequestro”: “state ipotizzando che volevano indurlo (Spinelli) a pagare comprando qualcosa di fasullo per poi sputtanarlo su un giornale compiacente? Mi dispiace proprio, ma non è così””, “è una vicenda semplice, senza dietrologie, un sequestro vero, uno non rischia venti anni di carcere per una messinscena. Se vuoi fare un trappolone costruisci un finto dossier, lo mandi, lo fai cadere nella rete. Invece qui le carte non sono venute fuori”. Racconta Ghedini che Berlusconi non ha mai ipotizzato che quelle carte potessero esser vere, e spiega perché è stato tenuto tutto segreto per un giorno: parlando con Spinelli “ho capito che era sotto costrizione”, “gli abbiamo chiesto di venire ad Arcore e lui ha risposto che non poteva”, “non ci svela quel che è accaduto nella notte, ed ha raccontato il sequestro solo nel giorno successivo. Anche su La Stampa, Ghedini conferma: “diceva di non poter venire ad Arcore, così ho capito che qualcosa non andava. Ha fatto denuncia in ritardo perché veniva minacciato”, “era sotto choc, non riusciva a raccontare di esser stato rapito”. E conferma: “non abbiamo pagato neppure un centesimo di riscatto”.

Anche Il Giornale considera davvero numerosi i dettagli incongruenti e i tasselli mancanti di questa storia, ma evidenzia una certezza: “L’operazione non è frutto della fantasia criminale di un sestetto di gregari della malavita”, “non è il caso forse di parlare di ‘menti raffinatissime’”. “Ma un livello superiore, una mano più oculata, ha guidato le mosse dei sei, poiché l’altra certezza è che il movente economico non spiega tutto”.

Primarie

I quotidiani raccontano delle preoccupazioni del candidato alle primarie del centrosinistra Matteo Renzi, che ammette di avere sbagliato insistendo troppo sul fatto che le regole fossero “un po’ una fregatura”. A cinque giorni dal voto lo sfidante di Bersani, come racconta il Corriere della Sera, ha fatto un mea culpa in tv: “ho fatto passare il messaggio che votare è complicato. E allora lancio l’appello ad andare ai gazebo”.

Nello staff di Renzi si temono code ai seggi e intoppi alla macchina organizzativa, per cui il sindaco di Firenze sta reclutando un esercito di volontari: almeno 20 mila.

Europa scrive che l’hashtag 15minuti su twitter è cliccatissimo: un quartod’ora per contribuire a decidere chi sarà il candidato del centrosinistra. E’ la valutazione probabilmente ottimistica dei renziani, perché per votare ci vorrà probabilmente di più. Domenica l’elettore tipo del centrosinistra si recherà al suo gazebo munito di due euro e tessera elettorale. Se avrà il certificato di elettore del centrosinistra, ritirato nei giorni precedenti nell’apposito ufficio elettorale, farà una fila sola. Altrimenti ne farà due: una per registrarsi, una per votare. E siccome si prevede una affluenza alta (obiettivo tre milioni alla portata), il tempo per votare uno dei cinque candidati brevissimo non sarà. Secondo Europa le preregistrazioni stanno andando benissimo: siamo a 700 mila persone tra online e uffici elettorali.

Bruno Tabacci, uno dei cinque candidati alle primarie del centrosinistra, viene intervistato da L’Unità: “sono più a sinistra io di tanti altri”. Di Montezemolo e Casini sottolinea la presenza di convergenze, ma ammonisce: “Non è più tempo di furbizie, bisogna dire subito con chi ci si vuole alleare”. Di Monti: “Non è una parentesi ma l’inizio di una svolta possibile. Propongo di eleggerlo capo dello Stato”.

La Repubblica racconta che in casa Pdl i candidati alle primarie sono a quota 11 (Meloni, Santanché, Biancofiore, Cattaneo, Galan, Samorì, Mussolini, Crosetto, Sgarbi, e l’Avvocato Alfonso Luigi Marra. Tremonti non pervenuto). Il giornale aggiunge un dodicesimo sfidante, Alessandro Proto, che ha iniziato vendendo Garzantine nel porta a porta ed è arrivato a creare una società di consulenza per intermediazioni immobiliari e mobiliari. Secondo questo quotidiano i dubbi di Berlusconi sulle primarie permangono ed ora contagerebbero anche gli ex An, che sarebbero tentati di buttare all’aria il tavolo dopo la candidatura di Giorgia Meloni.

Proprio la Meloni viene intervistata da La Repubblica, e dice, in riferimento al segretario del suo partito: “Angelino è ostaggio degli apparati. Se vinco rottamo tutti e spazio a facce nuove”.

Gaza

Scrive La Stampa che nel difficile negoziato al Cairo sulla crisi in Medio Oriente c’è il ricatto dei razzi iraniani, perché Hamas non vuole rinunciare alle armi che minacciano Tel Aviv. Il gruppo non vuol rinunciare ai missili iraniani Fajr-5 ed è convinto che in caso di invasione i Fratelli Musulmani al potere in Egitto non potranno far altro che difenderlo. In pubblico la determinazione di Hamas si legge nelle dichiarazioni fatte ieri al Cairo dal suo leader Meshal. “Se Netanyahu voleva lanciare l’offensiva di terra l’avrebbe già fatto. Invece la usa come minaccia per dettare le sue condizioni”.

Il Cairo è diventato il centro delle trattative, qui è arrivato il segretario generale Onu Ban Ki Moon, mentre una delegazione della Lega Araba è in partenza per Gaza. Fonti del gruppo di Hamas sostengono di aver inviato una bozza di accordo, su cui aspettano una risposta entro 24 ore: chiedono la fine dell’embargo di Gaza e degli attacchi mirati contro i capi dell’organizzazione. Gli israeliani pongono come condizione la fine dei lanci dei razzi, la chiusura dei tunnel e degli altri canali di rifornimento di armi e la creazione di zone cuscinetto lungo il confine.

La Repubblica intervista il capo delle brigate El Salah Eddin: “Non sarà come l’ultima volta, se ci invadono la pagheranno”. Lo stesso quotidiano scrive della maratona dell’Egitto per evitare l’attacco di terra e si ricorda che in appena 24 ore al Cairo si sono alternati gli inviati della Turchia, del Qatar, e i ministri degli esteri del mondo arabo. Ancora su La Repubblica ci si occupa del primo ministro Netanyhau: “Alla guerra prima del voto, la scommessa di Netanyahu apre il fronte delle elezioni”. E si riferisce di un sondaggio del quotidiano Haaretz secondo cui l’84 per cento degli israeliani sostiene l’operazione “colonne di nuvole”; ma solo il 40 vuole un attacco di terra, mentre il 19 spera in una tregua.

L’Unità intervista Nabil Shaat, consigliere diplomatico di Abu Mazen, secondo cui l’Onu deve farsi garante “con una forza di interposizione”. Secondo il quotidiano i riservisti sono già schierati ai confini.

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *