La riscoperta dei confini

Il Corriere della sera: “Russia in Siria, tensione nei cieli”. “L’Ucraina vieta lo spazio aereo ai voli di Mosca. Gli Stati Uniti: pronti ad accogliere diecimila profughi”. “L’Austria blocca i treni dall’Ungheria: troppi migranti. Un altro muro in Macedonia”.
In prima il richiamo ad un reportage di Bernard-Henry Lévi: “Così i barbari dell’Isis perderanno”.
In alto: “Crac delle banche, ecco chi pagherà. Spunta il rincaro della tassa sui turisti”
Due editoriali: uno, firmato da Antonio Polito è titolato “Test di maturità per i Cinque Stelle”. L’altro, di Pierluigi Battista, “Il destino incerto del Centrodestra” tra “Berlusconi, Ncd, Salvini”.
In prima anche la scoperta dell’Homo Naledi, “l’antenato che riscrive l’evoluzione”.

La Repubblica: “Austria, un altro no. Renzi: sui profughi serve una svolta Ue”, “Europa divisa, Vienna blocca i treni dall’Ungheria. Obama apre: pronti a accogliere diecimila siriani. Putin: aiuti ad Assad contro l’Is ma non combattiamo”. Il quotidiano oggi è in edicola con una lettera dello stesso Renzi: “Superare Dublino”.
In prima anche l’incipit di un commento di Slavoj Zizek: “Il diritto di sognare”.
A centro pagina: “Fuga dall’Ncd, è allarme per il governo. Il premier: la coalizione non rischia”.
Di spalla a destra: “Onu, viaggio nel palazzo della pace di vetro”, “Riapre dopo sette mesi di lavori anti-terrorismo ma è un simbolo fragile”. Di Federico Rampini.
In prima anche la scoperta di un’altra specie di ominide, con una foto che è la ricostruzione di quello che potrebbe esser stato il suo volto: “Neladi, l’antenato arrivato dal Sudafrica”.
La Stampa ha in apertura un’intervista con il segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon: “’L’Europa apra i confini per accogliere chi fugge dalla guerra in Siria’”.
“Le frontiere e la corsa all’indietro” è il titolo di un lungo commento di Roberto Toscano.
A centro pagina: “Boom di contratti fissi e calano le partite Iva”, “Scuola, finora solo 16 prof hanno detto no all’assunzione”.
In prima ancora il caso della trasmissione “Porta a porta” con i familiari di Vittorio Casamonica. Il quotidiano ha intervistato Bruno vespa, che dice, parlando del sindaco di Roma: “Marino chiede la mia testa perché teme per la sua”, “Non ho offeso io Roma”.
Anche qui la ricostruzione del volto dell’Homo naledi: “Viso da scimpanzé e piedi umani, riemergono 15 ‘nuovi’ antenati”.

Il Manifesto, con la foto di un rifugiato siriano in fuga verso il confine con la Macedonia: “Fatta con i piedi”, “Un altro muro sta per dividere l’Europa. Stavolta è la Macedonia a volerlo al confine con la Grecia. Ufficialmente è per fermare i migranti, ma rispolvera pericolosi nazionalismi. Intanto l’Europa si prepara al vertice dei ministri degli Interni sollecitando i rimpatri di chi non può chiedere asilo”. Titolo e foto alludono tanto all’Europa che alla “marcia dei piedi scalzi”, iniziativa che il quotidiano ha contribuito a lanciare e che oggi viene ricordata dal direttore Norma Rangeri nel suo editoriale (“Un lungo cammino”).
Sul conflitto siriano: “Gli strateghi russi spaccano il fronte” (di Chiara Cruciati) e “Il sapone di Aleppo” (di Tommaso di Francesco).
Di spalla a destra: “Sinistre”, “A Parigi parte ‘il piano B per l’Europa’”. Si terrà domani alla festa de L’Humanité il lancio di un nuovo manifesto per le sinistre: a firmarlo sono il francese Mélenchon, il tedesco Lafontaine, l’ex ministro greco Varoufakis e Stefano Fassina.
Sul caso Cucchi: “’Due carabinieri testimoniano contro i colleghi’”. L’avvocato della famiglia rivela al quotidiano un particolare che potrebbe portare ad una “svolta” nell’inchiesta.

Il Giornale: “Salvini a Berlusconi: “Pronto alla lista unica. Il leader della Lega a ‘ControCorrente’ de Il Giornale: ‘Potremmo lavorare bene'”. Alfano ha parlato alla “kermesse” del quotidiano diretto da Sallusti, a Marina di Pietrasanta.
E poi: “Alfano sta con la sinistra. ‘E chi vuole lasci pure l’Ncd'”.
A centro pagina: “La follia del capo della Cgil: ‘Tagliare le tasse non è di sinistra’. Camusso si fa male da sola”.
Ancora a centro pagina: “L’Islam censura il National Geographic solo perché in copertina c’è il Papa”. E ancora: “Profughi, nella Chiesa fronda contro il Papa

Il Sole 24 ore: “Brasile declassato a ‘junk’. Pechino apre sullo yuan”. “S&P abbassa a ‘spazzatura’ il rating dei bond brasiliani, crolla il real. Borse europee in calo”. “Le banche centrali potranno acquistare valuta cinese”.
Di spalla: “La guerra all’Isis non sarà la terza guerra mondiale”.
Sui profughi “la Polonia accetta le quote. L’Austria blocca i treni dall’Ungheria”.
A centro pagina: “Spa locali, scure sulle prime 3035”. “Chiusure dal 2016 per le partecipate che hanno più amministratori che dipendenti. Pa, ipotesi di blocco del turn over”. “Legge concorrenza, sì dalla Camera. Sconti Rc auto, più notai e Spa nelle farmacie”.

Immigrazione, Ue

Alle pagine 2 e 3 de La Repubblica: “Renzi: ‘Il Trattato di Dublino ora va cambiato’. Usa: sì a 10 mila profughi”, “Oggi prevertice europeo in vista del summit dei ministri degli Interni Ue. E anche l’Austria ha deciso di bloccare i treni”. In una lettera al quotidiano il presidente del Consiglio scrive che “L’Europa è a un bivio, non può più voltare le spalle o le sue ragioni spariranno”. L’Europa -scrive ancora Renzi- “si è concentrata negli ultimi anni molto sull’allargamento ad Est, ottenendo risultati altalenanti. Personalmente credo che oggi sia un dovere morale proseguire nell’allargamento, cominciando con Serbia e Albania. Ma è anche arrivato il momento per l’Europa di fare un focus sul Mediterraneo, utilizzando tutti gli strumenti a sua disposizione (cooperazione internazionale, aiuti allo sviluppo, moral suasion) a cominciare dal prossimo summit a Malta dell’11 e 12 novembre fra i Paesi dell’Unione e africani. Occorre, infine, superare la logica dell’egoismo nazionale. E dunque superare Dublino. Giusto che gli hotspot siano gestiti a livello europeo, ma ciò sarà possibile solo se ogni Paese accoglierà un certo numero di ospiti (quote) e i rimpatri per chi non ha diritto di asilo verranno organizzati dall’Unione europea e non da singoli Stati”.
Il Manifesto, pagine 2 e 3: “Ue, ognuno va per conto suo”, “Divisa su come accogliere i profughi, l’Europa si prepara al vertice di lunedì. La presidenza lussemburghese spinge su rimpatri e immediata ricollocazione dei profughi e valuta una possibile flessibilità del patto di stabilità”. Scrive Carlo Lania che l’Ue si prepara al vertice dei ministri degli Interni di lunedì e che a Bruxelles circola una bozza della nota che la presidenza di turno lussemburghese presenterà al vertice. Sarebbe basata essenzialmente su due punti: rimpatri dei migranti non riconosciuti come aventi diritto all’asilo e avvio della divisione dei primi 40 mila profughi arrivati in Italia e in Grecia dal 15 agosto scorso. Non è esclusa anche la possibilità di valutare una flessibilità del patto di stabilità per i Paesi che hanno sostenuto le spese per rifugiati e migranti. La questione dei rimpatri, che preoccupa non poco le organizzazioni che si occupa di migranti, punta soprattutto sul ruolo di Frontex: viene proposta la creazione immediata di un ufficio europeo per rimpatri senza escludere la possibilità di creare nei Paesi maggiormente coinvolti dagli sbarchi e insieme all’Ufficio europeo per l’asilo, centri di accoglienza co-finanziati dal budget europeo dove esaminare le richieste di asilo. Sul fronte del ricollocamento, per ora si parlerebbe solo dei 40 mila profughi e non si farebbe parola degli ulteriori 120 mila previsti dal presidente della Commissione Ue Juncker: “silenzio anche sull’intenzione di rendere il meccanismo dei ricollocamenti obbligatorio”, visto che su questo i Paesi dell’Ue sono divisi. Oggi se ne parlerà a Praga, dove è previsto un pre-vertice dei Paesi del gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia) al quale parteciperà anche il ministro lussemburghese Asselborn e il ministro degli Esteri tedesco Stenmeier: e si dà conto di indiscrezioni secondo cui la Polonia sarebbe disponibile ad accettare il sistema delle quote, per cui si registrerebbe una perdita dell’unità finora mostrata dal gruppo Visegrad.
Sulla stessa pagina, un articolo di Massimo Congiu da Budapest: “Il governo Orbàn: Bruxelles inviti tutti gli Stati membri a difendere i confini”. E a pagina 3: “Il nuovo muro è Macedone”, “Il governo della Fyrom sta pensando di blindare il confine con la Grecia”, “Il ministro degli Esteri di Skopie: ‘Ci sarà bisogno o di soldati o di una barriera’”.
Su La Stampa in prima l’editoriale di Roberto Toscano, dove si legge: “l’Europa riscopre le frontiere. Frontiere da chiudere, da pattugliare con la polizia e se necessario l’esercito. Per tenere fuori gli indesiderati”, “e se è poco sorprendente che lo faccia l’Ungheria, con il suo governo nazionalista e xenofobo, colpisce che anche la civilissima Austria e l’evoluta Danimarca stiano applicando misure di controllo e blocco che da tempo non si erano viste”; “ci piacerebbe poter attribuire il fenomeno a un solo fattore: l’emergenza migranti”, che forse grazie soprattutto “alla coraggiosa svolta di Angela Merkel, in qualche modo riusciremo a gestire”. In realtà la scoperta delle frontiere si spiega con qualcosa di più ampio”, è “il prodotto di una catena di sconfitte e soprattutto del fallimento di quella che si era sperato potesse essere una postiva evoluzione epocale nelle relazioni internazionali”.
La Repubblica intervista Lech Walesa, che dice: “Servono dieci comandamenti per salvare questa Europa”, “E’ necessario un manifesto, un decalogo laico vincolante come base del futuro della Costituzione e della carta fondamentale che manca ancora al nostro Continente. Quale economia, quale democrazia, quali valori? Parliamone insieme. Togliamo così ai troppi Orbàn ogni argomento. Anche ricordando che in un futuro senza migranti nessuno pagherà più il nostro welfare”. L’Ovest -chiede Andrea Tarquini- vi accusa di egoismo verso i migranti. “C’è del vero in quelle critiche. Ma dovete capirci, usciamo da un sistema terribile, anche nel boom polacco si vive di stipendi modesti in piccole case”, “domani a Danzica, culla della rivoluzione, saremo tutti in piazza per il sì ai migranti”.
Su La Stampa, pagina 4: “Battaglia sul piano Juncker. I Paesi dell’Est si coalizzano contro le quote obbligatorie”, “L’Austria blocca i treni ma dall’Ungheria partono bus verso Vienna”.
E a pagina 4: “Destra xenofoba e modello in crisi. La Danimarca si sveglia intollerante”, “Sindrome ungherese nella nazione che teme di perdere la sua identità” (di Francesca Schianchi).
Sul Corriere viene intervistato Antonio Lopez-Isturiz, segretario generale del PPE spagnolo: “Attenti ai populisti il nostro passato insegna che sono pericolosi”. Die che resta convinto “che le elezioni si vincono, e un Paese si governa dal Centro”, che “le crisi economiche sono un campo predilettoper populisti, nazionalisti, opportunisti in generale” ed “è dovere del Ppe evitare che tutti costoro, coloro che tanto male fecero in passato all’Europa, abbbiano di nuovo la possibilità di resuscitare gli odi tra di noi”.
Sul Sole: “Ma il Nord si scopre sempre meno accogliente”, di Michele Pignatelli. Dove si ricorda della “accogliente” Scandinavia, “bastione liberale d’Europa e modello di integrazione culturale”, il cui modello “oggi scricchiola di fronte all’ultima ondata di profughi”. Pignatelli cita il dibattito ieri nel Parlamento olandese, dove si discuteva se innalzare da 2 a 9 mila la quota di migranti di cui farsi carico. Geert Wilders contrario, “ma anche il fragile governo liberal-laburista si mostra tiepido e orientato ad accogliere più rifugiati solo se tutti gli altri Paesi Ue faranno altrettanto”. Infine, il caso della Danimarca, che mercoledì ha fermato i treni provenienti dalla Germania per poi riaprire i confini.

Siria

La Stampa, pagina 2: “Elicotteri e ufficiali: il blitz russo per salvare Damasco dall’assedio”, “Isis e Al Qaeda conquistano basi strategiche. Mosca teme la caduta della capitale. Il segretario Nato Stoltenberg ‘preoccupato per gli aiuti’. Kerry chiama Lavrov. Ad occuparsene è anche oggi Maurizio Molinari. E a pagina 3 il quotidiano offre ai lettori l’intervista di Paolo Mastrolilli a Ban Ki Moon, segretario generale dell’Onu, dedicata tanto alla Siria che alla crisi dei rifugiati: “Per la tragedia della Siria non c’è soluzione militare. L’Europa accolga i profughi”, “Bisogna ripartire dai colloqui di Ginevra. L’accordo con l’Iran sul nucleare è solido, aiuterà la pace”, dice. “Sollecito i leader europei -dice Ban Ki Moon- ad aprire i confini e dare la necessaria assistenza umanitaria per salvare queste vite, mostrando compassione”.
La Repubblica dedica al ruolo della Russia nel conflitto siriano le pagine 6 e 7: “Mosca: tecnici per l’esercito di Assad, ‘Aiuti contro l’Is, non combattiamo’”, “Il ministro Lavrov: ‘Siamo lì da 20 anni’. Così Putin usa la lotta al Califfato per uscire dall’isolamento”. A scriverne è Nicola Lombardozzi. Sul tema anche un’analisi di Alberto Stabile: “Dal caviale alle armi, la storica alleanza tra i russi e Damasco per il Mediterraneo”, “I primi contatti nel dopoguerra. Poi l’accordo per la base della flotta sovietica”, nel 1971. Il fatto che nella città di Tartous “siano ancorate le navi di Putin”, scrive Stabile, “potrebbe offrire al presidente siriano una possibilità di sopravvivenza”. Che l’alleanza resti solida sembra chiaro, “ma che Bashar sia il cavallo vincente su cui Mosca continuerà a puntare è tutto da vedere”, si legge però nella conclusione.
Ancora su Russia e Siria segnaliamo l’analisi di Anna Zafesova su La Stampa: “la rischiosa partita di Putin”: rischiosa partita “in proprio” lanciata dalla Russia “inserendosi come ‘terza forza’ senza aspettare la formazione della coalizione internazionale anti-Isis” invocata da tutte le parti e, solo pochi giorni fa, dallo stesso Putin. Mosca si oppone au un “regime change” in Siria: la situazione di quel che resta del regime siriano è disastrosa e questo fa presupporre ad alcuni analisti russi che i movimenti militari a Latakia e Tarus servivano essenzialmente ad aiutare Assad a creare una roccaforte alawita in Siria se il resto del Paese cadesse in mano agli islamisti, o nel peggiore dei casi a garantire una via di fuga al presidente: “scontentando così sia l’Isis che gli Usa”, conclude Zafesova.
Il Sole: “Mosca, armi ad Assad da anni”. Mosca ribadisce che l’unico modo per battere l’Isis è attraverso le “forze armate siriane”. Il ministro degli esteri Lavrov ha detto che gli aerei cargo russi portano in Siria “in linea con i contratti esistenti”, sia aiuti umanitari che materiale militare. Personale militare russo è presente in Siria, e particolarmente nella base navale di Tartous, “da anni”, come dice Lavrov. E la Russia non ha mai negato di vendere armi alla Siria, con cui “non c’è un embargo sulla cooperazione tecnico-militare”.
Sul Corriere Fabrizio Dragosei dà conto delle parole delle autorità russe: “E’ tutto alla luce del sole, rispettando le leggi internazionali e gli accordi di fornitura che con Damasco esistono da anni” secondo le dichiarazioni delle autorità di Mosca. Nessun impegno di truppe russe in Siria. Fino al 17 settembre ci sarà una esercitazione con lancio di missili sulla costa siriana. “Del tutto fantasiosa” viene definita l’ipotesi di soldati russi che combattono a fianco dell’esercito di Assad contro l’Isis. Anche gli israeliani ieri hanno fatto sapere che secondo le loro informazioni i russi, oltre a consiglieri militari ed istruttori, stanno mandando solo le “truppe necessarie per creare una base militare”.
Un altro articolo, firmato da Guido Olimpio, si sofferma sull’apparato di difesa siriano e sulla presenza russa nel Paese.
Sul Corriere Bernard-Henry Lévi racconta la sua esperienza perché dieci giorni fa si trovava “con i peshmerga davanti agli uomini dell’Isis”. Insieme ai curdi iracheni (e a una troupe televisiva) ha la convinzione che “i barbari che per ora si sono creati un quasi Stato a cavallo tra Iraq e Siria saranno sconfitti” per moltissimi motivi tra cui: perché “sono buoni terroristi ma pessimi soldati”, perché “non amano la morte quanto i curdi la vita”, sono “meno numerosi di quanto si creda a poter dire ‘perché combattiamo’”, perché “non conoscono altra politica se non quella della terra bruciata”, perché nei loro ranghi “ci sono traditori che passano le informazioni ai peshmerga” e perché se ci si imbatte nelle loro conversazioni in radiofrequenza “si è portati a pensare che finiranno come i khmer rossi, con l’uccidersi a vicenda nella più grande confusione”.
Sul Giornale: “L’Isis maledice chi scappa: ‘Rifugiarsi in Europa è un peccato gravissimo’”. In un articolo dal titolo “Il pericolo di abbandonare le terre dell’Islam”, con la foto del piccolo Aylan Kurdi, pubblicato sull’ultimo numero della rivista dell’Isis in lingua inglese Dabiq, i jihadisti scrivono che chi va via dalle terre dell’Islam “mette a rischio la vita e le anime dei figli”.
Sul Sole Alberto Negri scrive Assad non è amato neppure dai russi, ma “oggi appare il male minore, unica alternativa alla vittoria dei jihadisti. Non per questo Mosca, rafforzando il suo sostegno militare a Damasco, intende far esplodere la terza guerra mondiale, come sembrava sfogliando ieri le prime pagine di alcuni giornali. Anzi la Russia, insieme all’Iran sciita, ha intuito che Assad non può vincere la guerra, e che serve trovare un compromesso per la transizione. Questo era il senso dell’offerta del Cremlino di costituire un coalizione internazionale contro lo Stato Islamico: ma è stata sdegnosamente respinta, come se qui dalle nostre parti avessero la soluzione in tasca”. Secondo Negri “l’idea che gli americani possano costituire sul terreno una forza moderata in grado di sconfiggere sia il Califfato che Assad si è rivelata un’illusione che come i raid aerei della coalizione serve soltanto a salvare la faccia. Una delle possibilità per venirne fuori, forse l’unica, è negoziare con i russi, gli iraniani e Damasco”, perché “è evidente che non si può combattere il Califfato e allo stesso tempo il suo avversario”.

Centrodestra

La Repubblica: “Ncd mina per il governo. Alfano sfida i ribelli: ‘Chi vuole se ne vada’”, “Renzi sdrammatizza: ‘Solo 3 o 4 torneranno in Fi’. Toti: ‘Accoglierli? Non si può stare sempre al caldo’”. Scrive Carmelo Lopapa che “i dissidenti centristi a Palazzo Madama sono già una dozzina ma potrebbero aumentare”. Il quotidiano intervista Roberto Formigoni, senatore del Ncd (“faremo saltare la riforma, mai andremo con Matteo”). Formigoni invita il premier ad accettare la mediazione sulla elettività del Senato, “magari col listino da noi proposto”. Si riferisce alla richiesta Ncd di modificare la legge elettorale con l’introduzione del premio alla coalizione anziché al partito: “questo ci consentirebbe di costruire la nostra casa dei moderati”. Di fianco, intervista a Clemente Mastella: “L’ho detto ad Angelino: ci salverà la Margherita 2.0”, è pronta, “ho già preparato un documento”.
La Stampa, pagina 8: “Scoppia il caos Ncd. Alfano attacca i dissidenti: ‘Se ne vadano pure’”, “In attesa del voto sul ddl costituzionale, battaglia sulle unione”. E alla pagina seguente: “Rimpasto e aiuti alle famiglie le carte per tentare i centristi”, “Sulle riforme prosegue prosegue lo scouting di Lotti e Verdini tra i senatori”.
Sul Corriere interviste a Roberto Formigoni e Maurizio Lupi. Sulla riforma costituzionale il primo dice il Senato deve essere elettivo. Sul Ncd dice che fino al 2018 “può cambiare tutto”, che non ha senso parlare ora di alleanze e che comunque “noi siamo un partito di centrodestra che temporaneamente collabora con Renzi per fare le riforme, come ha detto Alfano”. “Se uno si convince che Alfano vuole andare a sinistra reagisce, ma io dico che non è vero”.
Lupi: “Sto con Angelino, nessuno andrà via”. “Se uno vuole andare con Renzi, Berlusconi o Salvini ha tutto il nostro rispetto ma non credo che accadrà”. Dice di non credere che dieci senatori del Ncd, come si è scritto nei giorni scorsi, voteranno contro la riforma costituzionale.
IL Giornale riassume così le parole di Alfano: “Basta, io sto col Pd. Chi vuole lasci pure il partito”. “E il ministro dell’interno fa lo spavaldo sui senatori in fuga: noi restiamo con Renzi. FdI lo diffida: non usi la parola ‘destra’”.
Sul Corriere Pierluigi Battista scrive che “le convulsioni che scuotono il Ncd di Alfano sono l’ennesima testimonianza nel caos del centrodestra orfano della leadership di Berlusconi”. Battista ricorda che “il Pdl prese da solo il 38% dei voti nelle elezioni nel 2008 e con la Lega di Bossi si arrivava al 45; oggi Forza Italia è a poco più del 10, e il resto si frantuma tra Lega, astensionismo e partitini microscopici, senza futuro, senza coesione, grandi apparati per piccoli consensi”. Quanto alla Lega e alla “tentazione” di “mettersi una felpa e di affidarsi al vigore mediaticamente efficacissimo di Salvini”, Battista ricorda che “il voto a Salvini è classicamente un voto ‘identitario’, cancella la possibilità di ogni rassemblement, rompe i rapporti con il resto dei moderati d’Europa, consegna la destra alla sua natura più radicale ed oltranzista, forte nel suo insediamento ma incapace di parlare al resto del Paese e a costruire una maggioranza in gradi di scalzare il dinamismo di Matteo Renzi”.
Sul Giornale le prime pagine sono dedicate alla iniziativa del quotidiano “Controcorrente”, una festa che si sta tenendo a Marina di Pietrasanta. Ieri Matteo Salvini è stato intervistato da Alessandro Sallusti e Salvatore Tramontano. “L’apertura di Salvini: ‘Alle prossime elezioni alleanza con Forza Italia. Renzi ci porta in Grecia’”.
“‘Disponibile a non fare tutto da solo ma senza perdere l’identità. Il premier sta svendendo il Paese. Non arriva al 2018. Sono stufo di fare opposizione, mettetemi alla prova. L’anno prossimo spero di tornare qui come Presidente del Consiglio'”.
Quello che divide Lega e Forza Italia è l’Europa, “io sto con Marine Le Pen, loro con la Merkel”, ma Salvini dice che in politica estera “Berlusconi batte Renzi dieci a zero”. Sul personale politico azzurro: “Non mi piacciono quelli che tradiscono alla prima difficoltà come è accaduto con Berlusconi, c’è chi ha fatto fortuna grazie a lui e poi lo ha accoltellato alle spalle”. Salvini ha anche parlato della individuazione del candidato sindaco per le elezioni a Milano. “Penso a uno che non è nato troppo lontano da qui”, ovvero Paolo Del Debbio, che oggi sarà sullo stesso palco. “Posso chiedervi di non farlo alzare da qui prima di avergli fatto prendere un impegno pubblico a fare il sindaco di Milano?”.

E poi

Sul Sole, sulle primarie Usa, si dà conto del vantaggio dei sondaggi del candidato Bernie Sanders, senatore del Vermont, avversario di Hillary Clinton nella corsa alle primarie Dem, che è dato in vantaggio anche nell’Iowa, lo Stato che sancì l’ascesa di Obama contro la stessa Clinton nel 2008.
Sul Sole: “Da locomotiva dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) a fanalino di coda. Il Brasile di Dilma Rousseff vive una stagione di crisi più acuta di quanto gli economisti immaginassero. Il downgrade di Standard & Poor’s rilancia preoccupazioni interne e qualche timore di contagio internazionale.Il ministro dell’Economia Joaquim Levy ha parlato chiaro e non ha dissimulato le sue inquietudini: ‘Se la nostra affidabilità viene considerata in declino, sarà più difficile recuperare, risalire la china’”.
Altro articolo: “Cina e commodities affossano il Brasile”. Il crollo dei prezzi delle materie prime, “innescato proprio da Pechino che ne era diventato il principale partner commerciale”, ha innescato la crisi. Ferro, petrolio, semi di soia e zucchero grezzo sono scesi di prezzo ai minimi dal 2009. E’ sceso anche il prezzo del caffè.
Ancora sul Sole: “La crisi c’è ma l’austerity di Dilma dà buoni risultati”. Aumenti delle tasse, meno sussidi di disoccupazione e razionalizzazione della Pa brasiliana sono le misure che stanno caratterizzando il secondo mandato della presidente brasiliana.

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